Gli ultimi Borboni di Napoli
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Citazioni
“Gli uomini non si battono con tanta tenacia senza un ideale. La guarnigione che difese l’estremo baluardo borbonico con lievi speranze di vittoria non si sacrificò soltanto per riscattare il suo prestigio perduto non fu soltanto martire dell’onore militare. Quei soldati combattevano nel nome di un re amato a donta di ogni manchevolezza, per una regina nella quale si incarnnava l’idea medesima della femminilità, per un’indipendenza che i loro corrivi compatrioti avrebbero di lì a poco amaramente rimpianto”
- 602
Bibliografia
Carlo Pisacane / Giuseppe Ardau. – Milano, 1948
Scritti storici / Luigi Blanch. – Bari, 1945
Il paradiso dei diavoli: Napoli dal 400 all’800 / Edmondo Cione. – Milano, 1949
Vita popolare a Napoli nell’età romantica / C. A. Meyer. – Bari, 1948
Il brigantaggio politico delel puglie dopo il 1860 / Antonio Luccarelli. – Bari, 1946
Carlo Pisacane nel risorgimento italiano / Nello Rosselli. – Milano, 1957
Così finirono i Borboni di Napoli / Michele Topa
Primati del Regno di Napoli / Michele Vocino. – Napoli, 1960
Gli ultimi Borboni di Napoli
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Citazioni
“Gli uomini non si battono con tanta tenacia senza un ideale. La guarnigione che difese l’estremo baluardo borbonico con lievi speranze di vittoria non si sacrificò soltanto per riscattare il suo prestigio perduto non fu soltanto martire dell’onore militare. Quei soldati combattevano nel nome di un re amato a donta di ogni manchevolezza, per una regina nella quale si incarnnava l’idea medesima della femminilità, per un’indipendenza che i loro corrivi compatrioti avrebbero di lì a poco amaramente rimpianto”
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Bibliografia
Carlo Pisacane / Giuseppe Ardau. – Milano, 1948
Scritti storici / Luigi Blanch. – Bari, 1945
Il paradiso dei diavoli: Napoli dal 400 all’800 / Edmondo Cione. – Milano, 1949
Vita popolare a Napoli nell’età romantica / C. A. Meyer. – Bari, 1948
Il brigantaggio politico delel puglie dopo il 1860 / Antonio Luccarelli. – Bari, 1946
Carlo Pisacane nel risorgimento italiano / Nello Rosselli. – Milano, 1957
Così finirono i Borboni di Napoli / Michele Topa
Primati del Regno di Napoli / Michele Vocino. – Napoli, 1960
Il secolo breve
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Dello stesso autore, che precedono il volume
Le rivoluzioni borghesi, 1789-1848 ST. 919
Il trionfo della borghesia, 1848-1875 ST. 920
L’età degli imperi, 1875-1914 ST. 2363
Bibliografia
Storia del mondo moderno / F. Salvatorelli. – Ed. riuniti, 1985. – 3 v.
Storia delle società islamiche / V. Negro. – Einaudi, 1993
Cento anni d’Europa, 1870-1970/ James Joll. – Laterza, 1980
Ascesa e declino delle grandi potenze / Paul Kennedy. – Garzanti, 1989
Prometeo liberato / David Landes. – Einaudi, 1978
La prima guerra mondiale, 1914-1918 / Gerd Hardach. – Etas, 1982
Da Versailles a Wall Street / Derek Aldcroft. – Etas, 1983
La grande depressione del mondo, 1929-1939 / Charles Kindleberger. – Etas, 1982
Guerra, economia e società, 1939-1945 / Alan Wilward. – Etas, 1983
Economia mondiale tra crisi e benessere, 1945-1980 / Herman van der Wee. – Hoepli, 1989
La grande guerra, 1914-1918 / Marc Ferro. – Mursia, 1972
Storia della seconda guerra mondiale / Peter Calvocoressi. – Rizzoli, 1980
Guerre contadine del 20. Secolo / Eroc Wolf. – Istituto Librario Internazionale, 1971
I rivoluzionari / E. J. Hobsbawm. – Einaudi, 1975
Storia della rivoluzione russa / Lev Trockij. – SugarCo, 1987
Storia della rivoluzione russa, 1917-1921 / W. H. Chamberlin. – Einaudi, 1976
La rivoluzione del 1917: la caduta dello zarismo e le origini della rivoluzione d’ottobre / Marc Ferro. – Sansoni, 1974
Storia della Russia sovietica / E. H. Carr. – Einaudi, 1972-1984
Storia economica dell’Unione sovietica / E. H. Carr. – UTET, 1970
L’economia di un socialismo possibile / Alec Nove. – Ed. riuniti, 1986
Storia della Cina contemporanea / John K. Fairbank. – Rizzoli, 1988
La rifondazione dell’Europa borghese / Charles S. meier. – De Donato, 1975
Come scoppiò la guerra / Donald Cameron. – Leonardo-De Luca, 1989
Lo sviluppo del welfare state in Europa e in America / P. Flora, A. J. Heidenheimer.- Il Mulino, 1983
La decolonizzazione: il dibattito e l’avvenire delle colonie tra il 1919 e il 1960 / Rudolf von Albertini. – SEI, 1971
L’Europa e i popoli senza storia / Eric Wolf. – Il mulino, 1990
L’Europa del Novecento: storia e cultura / George Lichteim. – Laterza, 1973
Gli anni di Weimar / John Willet. – Garzanti, 1984
Mi pare un secolo: ritratti e parole di centosei protagonisti del Novecento / Agosti/ Borgese. – Einaudi, 1992
La storia segreta del KGB / Andrew/Gordvievsky. – Rizzoli, 1991
La mafia imprenditrice / Pino Arlacchi. – Il mulino, 1983
Gli insegnamenti economici del decennio, 1930-1940 / H. W. Arndt. – Einaudi, 1949
L’armata a cavallo / Isaac Babel. – Einaudi, 1977
Los Angeles: l’architettura di quattro ecologie / R. Banham. – Costa e Nolan, 1983
La fine dell’ideologia: il declino delle idee politiche dagli anni Cinquanta a oggi / D. Bell. – SugarCo, 1991
Le contraddizioni culturali del capitalismo / D. Bell. – Einaudi, 1978
L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica / W. Benjamin. – Einaudi, 1980
Strada a senso unico / W. Benjamin. – Einaudi, 1983
Guerra fredda: Kennedy e Kruscev / M. R. Beschloss. – Mondadori, 1991
Storia dell’Italia partigiana: settembre 1943-maggio 1945 / G. Bocca. – Laterza, 1966
La distinzione: critica sociale del gusto / P. Bourdieu. – Il Mulino, 1983
Storia economica dell’imperialismo / M. B. Brown. – Mazzotta, 1977
Il mondo fuori controllo: gli sconvolgimenti planetari all’alba del 21. Secolo / Z. Brzezinski. – Longanesi, 1993
La ndrangheta dall’unità ad oggi / E. Ciconte. – Laterza, 1992
Il caso Sorge / F. W. Deakin, G. R. Storry. – Einaudi, 1966
Rivoluzione nella rivoluzione? / R. Debray. – Feltrinelli, 1967
America latina: alcuni problemi di strategia rivoluzionaria? / R. Debray. – Feltrinelli, 1967
Darwin / A. Desmond, J. Moore. – Bollati Boringhieri, 1992
Vecchi quadri e nuovi politici: chi comanda davvero nell’URSS? / R. Di Leo. – Il Mulino, 1992
La nuova classe: un’analisi del sistema comunista / M. Djilas. – Il Mulino, 1957
Il nuovo stato industriale / J. K. Galbraith. – Einaudi, 1968
Le rovine dell’impero: Europa centrale, 1980-1990 / T. G. Ash. – Mondadori, 1992
L’età della meccanizzazione / S. Giedion. – Feltrinelli, 1967
I giovani e la storia: tradizione e trasformazioni nei comportamenti giovanili….. / J. R. Gillis
Caos / J. Gleick. – Rizzoli, 1989
La vita meravigliosa: i fossili di Burgess e la natura della storia / S. J. Gould. – Feltrinelli, 1990
Il sangue e la terra: comunità di villaggio e familiari nell’europa dell’800 / M. Guidetti, P . M. Stahl. – Jaca Book, 1977
Nazioni e nazionalismo dal 1780: programma, mito e realtà / E. J. Hobsbawm. – Einaudi, 1991
Prigionieri della speranza: alla ricerca dell’identità ebraica nella letteratura italiana contemporanea / H. S. Hughes. – Il Mulino, 1983
Abbassa la radio per favore: storia dell’ascolto radiofonico nell’Italia fascista / G. Isola. – La nuova italia, 1990
L’imperatore: caduta di un autocrate / R. Kapuczinski. – Serra e Riva, 1991
La prima guerra del football e altre guerre di poveri / R. Kapuczinski. - Serra e Riva, 1990
La grande depressione del mondo, 1929-1939 / C. P. Kindleberger. – Etas, 1982
La galassia Gutenberg: la nascita dell’uomo tipografico / M. Macluhan. – Armando, 1991
Il medium è il messaggio / M. Macluhan. – Feltrinelli, 1968
Caccia al potere: tecnologia, armi, realtà sociale dell’anno mille / W. H. McNeill. – Feltrinelli, 1984
Lo sviluppo economico in Giappone e nell’URSS / A. Maddison. – Giannini, 1972
Effetto Gorbaciov: la politica internazionale degli anni ottanta / G. Montagni. – Dedalo, 1989
Nazionalismo e bolscevismo: la guerra civile europea, 1917-1945 / E. Nolte. – Sansoni, 1989
Una guerra civile: saggio storico sulla moralità della resistenza / C. Pavone. – Bollati Boringhieri, 1991
La grande trasformazione: le origini ecinimiche e politiche della nostra epoca / K. Polaniy. – Einaudi, 1974
Storia della popolazione mondiale / M. Reinhard …et al. – Laterza, 1971
Mao Tse-Tung e la Cina moderna / S. Schramm. – Il Saggiatore, 1968
Scianza e umanesimo: che cos’è la vita / E. Schrodinger. – Sansoni, 1970
Storia della guerra civile spagnola / H. Thomas. – Einaudi, 1963
Donne, lavoro e famiglia nell’evoluzione della società capitalistica / L. Tilly, J. W. Scott. – De Donato, 1981
L’economia mondiale tra crisi e benessere, 1945-1980 / H. van der wee. – Hoepli, 1989
Storia economica d’Europa / diretta da C. M. Cipolla. – UTET, 1979-1980
Coem scoppiò la guerra / D. C. Watt. – Leonardo-De Luca, 1989
Gli anni di Weimar / J. Willett. – Garzanti, 1984
Citazioni
Ciò che emerse dal crollo dell’impero zarista fu un vuoto rivoluzionario: da un lato un “governo provvisorio” impotente e dall’altro una miriade di “consigli” (soviet) che sorgevano spontaneamente dovunque come funghi dopo la pioggia e che erano composti da gente comune, priva di esperienza politica.
[Sembra la descrizione del M5S]
P. 78
“La mancanza di gravi agitazioni sociali durante gli anni ’80 si dovette, in larga misura, a un altro provvedimento preventivo che era stato introdotto durante e dopo la grande crisi e che era stato preso in conseguenza di esso: la creazione di un moderno stato assistenziale”
P. 119
Tuttavia questo strano fenomeno dovrebbe farci venire alla mente un grande aspetto della storia che esso esemplifica: la incredibile brevità della memoria sia dei teorici sia degli operatori dell’economia. Esso offre anche una chiara dimostrazione di come la società abbia bisogno degli storici, i quali assolvono il compito professionale di ricordare ai loro concittadini ciò che questi desiderano dimenticare.
Pp. 127-128
Va detto che questo fu dovuto in qualche misura alla politica suicida del Comintern, che non soltanto sottovalutò grandemente il pericolo del nazionalsocialismo in Germania, ma proseguì una politica di isolamento settario che oggi ci appare incredibile, decidendo che il nemico principale erano i movimenti e i partiti di massa socialdemocratici e laburisti (definiti social-fascisti)
- 129
Winston Churchill, che era un tory fortemente di destra a quell’epoca, sebbene fosse un personaggio anomalo, espresse una certa simpatia per l’Italia mussoliniana e non si persuase a sostenere la repubblica spagnola contro le forze del generale Franco, ma la minaccia tedesca alla Gran Bretagna lo trasformò in un campione dell’unione internazionale antifascista
P. 140
Si è spesso rilevata la ambiguità dell’atteggiamento della Chiesa verso il razzismo hitleriano: meno spesso si è posto in luce l’aiuto considerevole offerto dopo la guerra da uomini di Chiesa, che ricoprivano talvolta incarichi di rilievo, ai nazisti o ai fascisti in fuga, compresi alcuni tra coloro che furono accusati di orribili crimini di guerra.
P. 141
Inoltre, una volta che i governi fascisti si furono legittimamente installati con il consenso popolare, come accadde in Italia e in Germania, molti operai un tempo socialisti e comunisti – in numero assai maggiore di quanto piaccia credere alla tradizione di sinistra – si allinearono ai nuovi regimi
P. 150
Quanto alla tesi che il fascismo come espressione del “capitalismo monopolistico”, la questione è che il grande capitale può venire a patti con qualunque regime che non intenda effettivamente espropriarlo, e dunque ogni regime deve venire a patti con esso. Il fascismo non fu “l’espressione del capitalismo monopolistico” più di quanto non lo fossero il New Deal americano, il governo laburista inglese o la Repubblcia di Weimar.
Pp. 157-158
Certamente alcune caratteristiche del fascismo europeo trovarono un’eco negli altri continenti. Non possiamo sorprenderci se il gran muftì di Gerusalemme e gli arabi, che si opponevano alla colonizzazione ebrea della Palestina (a agli inglesi che proteggevano gli ebrei), trovarono di loro gradimento l’antisemitismo di Hitler, sebbene non avesse alcun rapporto con le tradizioni islamiche di coesistenza pacifica con altri popoli e altre religioni
P. 160
La politica dei paesi occidentali – mi riferisco all’Europa inclusa l’URSS e alle America – può essere meglio compresa se la si interpreta non come una lotta tra stati ma come espressione di una guerra civile ideologica internazionale. In questa guerra civile la divisione fondamentale non era quella tra il capitalismo in quanto tale e la rivoluzione sociale comunista, ma era quella che separava due diverse famiglie ideologiche: da un lato i discendenti dell’illuminismo settecentesco e delle grandi rivoluzioni, compresa ovviamente la rivoluzione russa; dall’altro i suoi oppositori. In breve il confine non opponeva capitalismo e comunismo bensì ciò che in termini ottocenteschi si sarebbe definito “progresso” e “reazione”, anche se questi termini non erano perfettamente appropriati.
P. 175
La reductio ad absurdum di questa logica anticolonialista si ebbe nel tentativo di una frangia di estremisti ebrei in Palestina di negoziare un aiuto da parte dei tedeschi (per il tramite di Damasco, allora sotto il governo francese di Vichy) allo scopo di liberare la Palestina dagli inglesi, obiettivo che essi consideravano prioritario per il movimento sionista
P. 207
Così i Fratelli Musulmani (1928) di Hassan al-Banna, un movimento fondamentalista fortemente ostile al liberalismo e al comunismo, divenne negli anni ’40 il principale portabandiera del risentimento delle masse egiziane e le sue potenziali affinità con le ideologie nazifasciste erano più che tattiche, soprattutto vista la sua ostilità al sionismo.
P. 208
L’abbandono del linguaggio potenzialmente universale del film muto, con i suoi codici di comunicazione interculturale ormai assodati, fu probabilmente una delle cause principali della diffusione internazionale dell’inglese e contribuì a fare di questa lingua il gergo mondiale della fine del ventesimo secolo
P. 234
Il mondo postcoloniale è perciò quasi interamente diviso dalle frontiere dell’imperialismo
P. 248
Per questo motivo il mondo ha un enorme debito di gratitudine verso Michail Gorbacev, che non solo prese l’iniziativa, ma ebbe successo da soo nel convincere il governo americano e gli altri governi occidentali che egli parlava con intenzioni sincere. Comunque non dobbiamo neanche sottovalutare il contributo del presidente Reagan, il cui semplice idealismo seppe aprirsi un varco tra la schiera mai così fitta di ideologi, fanatici, carrieristi, avventurieri e guerrieri di professione che lo circondava e lo indusse ad agire seguendo le sue personali convinzioni. Ai fini pratici la Guerra fredda finì con i due vertici di Reykjavik (1986) e di Washington (1987)
P. 295
La maggior parte degli essere umani si comporta come lo storico: riconosce la natura della propria esperienza solo alla fine, retrospettivamente.
P. 303
La sola indipendenza acquisita attraverso una secessione è quella di separarsi dallo stato nazionale con cui tali territori erano prima associati. Economicamente una tale separazione li renderebbe quasi certamente più dipendenti dalle entità transnazionali che fanno sentire sempre di più la loro presenza determinante in simili contesti. Il mondo più comodo per i giganti multinazionali è un mondo popolato di staterelli nani o un mondo del tutto privo di stati
P. 331
Sfortunatamente nei travagliati anni ’70 e ’80 fu sempre più difficile distinguere gli emigranti in cerca di lavoro dalla fiumana di uomini, donne e bambini che venivano sradicati dai propri territori perché costretti alla fuga dinanzi alla carestia, alla persecuzione etnica e politica, alla guerra e alla guerra civile
P: 427
Per combinazione i regimi più impegnati in politiche economiche di laissez-faire erano talvolta anche profondamente e visceralmente nazionalisti e diffidenti verso le altre nazioni: segnatamente questa era l’abitudine degli USA di Reagan e della Gran Bretagna della Tatcher. Lo storico non può non rilevare che le due attitudini sono contraddittorie. In ogni casa il trionfalismo neo-liberista non sopravvisse alle contrazioni dell’economia mondiale all’inizio degli anni ’90 e forse fu anche messo a tacere dalla inattesa scoperta che l’economia mondiale più dinamica e in rapida crescita dopo la caduta del comunismo sovietico era quella della Cina comunista. Per questo in occidente gli autori di manuali di management (un genere letterario assai fiorente) e i conferenzieri delle scuole d’impresa si misero a scandagliare le dottrine di Confucio per scoprirvi i segreti del successo imprenditoriale cinese,
P: 482
Quando l’economia transnazionale stabilì la sua presa sul mondo, essa pregiudicò il funzionamento di una importante istituzione, estesasi dopo il 1945 a livello universale: lo stato nazionale territoriale, dal momento che tale stato non poteva più controllare se non una parte sempre più piccola degli affari economici
P. 495
Il secondo elemento che contribuì al sorgere del nuovo nazionalismo può essere definito l’egoismo collettivo della ricchezza ed era il riflesso delle crescenti disparità economiche dentro i continenti, i paesi e le regioni.
P. 498
Il terzo elemento fu una reazione alla “rivoluzione culturale” della seconda metà del secolo, cioè a quella straordinaria dissoluzione del tessuto, delle norme e dei valori tradizionali, che ha lasciato orfani così tanti abitanti del pianeta, privandoli di n sicuro riferimento.
P: 499
La politica dell’identità e il nazionalismo di fine secolo non sono perciò programmi e ancor meno sono programmi efficaci, per affrontare i problemi della fine del ventesimo secolo, ma sono piuttosto reazioni emotive a questi problemi. E tuttavia mentre il secolo volge al termine, diventa sempre più evidente l’assenza di istituzioni e meccanismi effettivamente capaci di affrontare questi problemi. Lo stato nazionale non è certo più in grado di farlo. Chi o che cosa potrà esserlo?
P. 502
Se come sostenevano i teorici del “sistema mondiale” le radici dei problemi mondiali non stavano tanto nel sorgere del moderno capitalismo industriale, quanto nella conquista del terzo mondo dei colonialisti europei del 16. Secolo, allora il rovesciamento di questo processo storico nel ventesimo secolo sembrava offrire ai rivoluzionari frustrati del primo mondo una via d’uscita dalla loro impotenza. Non c’è da stupirsi che gli argomenti più forti per questa teoria vennero prodotti dai marxisti americani, i quali difficilmente potevano sperare in una vittoria del socialismo grazie a forze interne agli USA.
P. 517
Alla fine del secolo breve il mondo si trova in uno stato di crollo sociale piuttosto che di crisi rivoluzionaria, bencé naturalmente non manchino paesi nei quali,come in Iran negli anni ’70, sono presenti le condizioni per il rovesciamento di regimi odiati che hanno perso legittimità, da parte di insurrezioni popolari guidate da forze capaci di sostituire i vecchi regimi.
P. 535
Alla fine del secolo è diventato chiaro che i media sono una componente della vita politica più importante dei partiti e dei sistemi elettorali ed è probabile che rimangano tali a meno che la politica si evolva bruscamente in senso antidemocratico. Comunque mentre i mass media sono contrappeso molto potenti all’occultamento della verità da parte dei governi, esso non sono in alcun senso un mezzo di democrazia
P. 671
Quando la procedura decisionale non è già presa al di fuori del contesto politico sempre più essa dovrà scavalcare il processo elettorale o meglio eludere i condizionamenti costanti che da esso derivano sull’attività di governo. Le autorità che devono essere rielette tenderanno sempre più a celarsi e a mimetizzarsi per confondere l’elettorato.
P. 673
Il biennio rosso
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Citazioni
Autonomia e spontaneità operaia contro le organizzazioni tradizionali (1919).
Nel 1919 la classe operaia torinese dimostra, attraverso diversi sintomi, di non riconoscersi più nelle sue organizzazioni tradizionali, Il partito socialista italiano e la Confederazione generale del lavoro. Il movimento dei consigli di fabbrica è un’espressione del conflitto latente tra base e vertici sindacali. Il gruppo riunito attorno alla rivista “Ordine Nuovo” si fa interprete di questo malcontento, lo guida, gli da un indirizzo politico, lo sottomette alle sue teorizzazioni ideologiche.
Lo scopo della presente ricerca è pertanto duplice: in primo luogo ci si propone di cogliere le manifestazioni della ostilità operaia nei confronti del Partito socialista italiano e della Confederazione generale del lavoro; in secondo luogo di verificare fino a che punto il gruppo ordinovista sia stato realmente espressione delle esigenze profonde che erano alla base della insofferenza del proletariato per i suoi rappresentanti.
Ma a tale fine è necessario essere persuasi che le esplosioni di collera operaia che punteggiano il biennio rosso e che ne fanno il momento di massima tensione rivoluzionaria in Italia (se non l’occasione mancata per l’insurrezione vera e propria)nascono da precise e “minute” rivendicazioni “sindacali”; che quindi i contenuti di queste ultime, il modo col quale gli operai le accolgono o le respingono, il modo infine col quale le gestiscono, assieme o contro i sindacati, debbono essere al centro della interpretazione politica degli avvenimenti.
P. 7
L’occupazione delle fabbriche
Nel settembre 1920 la classe operaia italiana si trovò dinanzi al compito di dirigere verso l’insurrezione armata il malessere sociale che investiva tutti gli strati del proletariato. L’autonomia operaia era posta dinanzi a responsabilità ardue, e nuove rispetto al terreno di fabbrica su cui era nata: ora la sua azione andava a scontrarsi con i delicati equilibri del sistema politico e ne provocava la naturale reazione di difesa. Più che mai avrebbe avuto bisogno di una avanguardia politica in grado di guidarla attraverso tutte le svolte della situazione con intelligenza e versatilità tattica. L’avanguardia torinese è investita di colpo di problemi sociali, di portata nazionale, che richiedono una risposta in tempi brevi, mentre la situazione precipita.
L’occupazione delle fabbriche del 1920, esaminata sullo sfondo della crisi capitalistica e dal lato dell’autonomia operaia, consente forse una interpretazione diversa da quelle tentate finora, e in ogni caso la presentazione di una nuova serie di nuovi problemi.
P. 179
Nessuno a quell’epoca avrebbe potuto intravvedere nel minuscolo partito di Mussolini l’alternativa governativa e istituzionale alle vecchie classi dirigenti. Nessuno del pari avrebbe potuto prevedere che la borghesia, per aver subito in Italia il più violento e pericoloso attacco al suo potere che si fosse verificato in Europa, avrebbe potuto dar vita, per risollevare le sue fortune, alla più nuova, oppressiva e, per quei tempi, inaudita forma di dominio politico che si fosse mai vista.
P. 279
Le note che seguono hanno lo scopo di istituire un confronto tra la conoscenza che i dirigenti del PSI hanno della crisi europea e la realtà effettiva di questa, quale appare dalla letteratura corrente dell’epoca e dallo stesso dibattito in seno all’Internazionale comunista. Questo nella convinzione che i limiti della azione politica del PSI non possano essere giustificati se non dall’assenza di una teoria della crisi capitalistica in generale e di un’analisi delle classi in Italia, in particolare. Difatti una spiegazione del fallimento del settembre 1920 che si limitasse ad individuare una serie di errori tattici sarebbe non solo incompleta, ma anche tautologica. La rivoluzione fallisce perché manca una direzione rivoluzionaria.
Che il requisito essenziale di quest’ultima sia il possesso di una teoria della rivoluzione nel senso che abbiamo detto è ciò che in queste pagine vogliamo suggerire, anche se il riferimento sarà piuttosto all’”Ordine Nuovo” che ai capi massimalisti, per i quali l’assenza completa di ogni sforzo teorico esime da una indagine dettagliata delle loro posizioni.
Per questa ragione la presente analisi vale anche come studio sulla formazione del futuro gruppo dirigente del Partito Comunista Italiano, e fornisce una serie di informazioni sull’itinerario intellettuale di Gramsci e compagni, quale appare ai suoi inizi.
Bibliografia
La lotta sindacale per l’industrializzazione in Italia / M. Abrate. – Torino, 1967
Bruno Buozzi / G. Castagno. – Milano-Roma, 1955
Torino operaia nella grande guerra / P. Spriano. – Torino, 1960
Il dopoguerra in Italia e l’avvento del fascismo, 1918-1922 / R. Vivarelli. – Napoli, 1967
Agnelli / V. Castronovo. – Torino, 1971
Il ritorno al potere di Giolitti nel 1920 / C. Vallauri
Il trionfo della borghesia
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Citazioni
Così, nel 1848-1849, i liberali moderati dell’Europa occidentale fecero due importanti scoperte: che la rivoluzione era pericolosa e che, per ottener soddisfazione ad alcune delle loro principali richieste, soprattutto in campo economico, se ne poteva fare a meno. La borghesia cessò d’essere una forza rivoluzionaria
P. 24
Le rivoluzioni del 1848 chiarirono infine che la borghesia, il liberalismo, la democrazia politica, il nazionalismo, perfino la classe operaia sarebbero stato d’ora innanzi aspetti permanenti del paesaggio politico. La sconfitta delle rivoluzioni poteva allontanarli temporaneamente dalla vista ma, quando fossero riapparsi, avrebbero determinato il modo di agire e il comportamento di quegli statisti che meno simpatizzavano per essi
P. 32
Ma nell’era della costruzione di nazioni si pensava che ciò implicasse la logica, necessaria, non meno che desiderabile, trasformazione di “nazioni” in Stati-nazione sovrani, con un territorio compatto definito dall’area occupata dai membri di una “nazione” a suo volta definita dalla sua storia passata, dalla sua cultura comune, dalla sua composizione etnica e sempre più dalla sua lingua.
P. 103
Il paradosso del nazionalismo era che, nel costruire la propria nazione, esso creava automaticamente il contro-nazionalismo di coloro ai quali imponeva la scelta fra assimilazione e inferiorità
…
Perciò il nazionalismo sembrava ancora facilmente controllabile entro la cornice di un liberalismo borghese e compatibile con esso. Un mondo di nazioni sarebbe stato, si pensava, un mondo liberale e un mondo liberale sarebbe stato composto di nazioni. L’avvenire doveva mostrare che il rapporto fra i due termini non era affatto così semplice
P. 119
Il razzismo imbeve il pensiero del nostro periodo in una misura oggi difficile da valutare e non sempre faciel da capire.
…
Forse lo si spiega meglio come meccanismo grazie al quale una società fondamentalmente inegualitaria, basata su una ideologia fondamentalmente egualitaria, razionalizzava le sue ineguaglianze e cercava di giustificare e difendere i privilegi che la democrazia implicita nelle sue istituzioni doveva inevitabilmente mettere in discussione. Il liberalismo non aveva alcuna difesa logica contro la democrazia e l’eguaglianza; ecco perché si elevava la barriera illogica della razza. La stessa scienza, l’asso nella manica del liberalismo, poteva dismostrare che gli uomini non sono eguali.
P. 329
E lo Stato non più controllato dall’autonomia e legittimità morale conferitagli dalla tradizione o dalla credenza che le leggi economiche non potessero essere infrante sarebbe divenuto sempre più in pratica un Leviatano onnipotente benché in teoria mero strumento per conseguire le aspirazioni delle masse.
P. 377
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