Cap. 1. Una disciplina chiamata storia economica

La disciplina chiamata “storia economica” (histoire économique in francese, economic history in inglese, Wirtschaftsgeschichte in tedesco, historia economica in spagnolo e portoghese, okonomischeskaya istoryia in russo, jinji shi in cinese, keizai shi in giapponese) è la storia dei fatti e delle vicende economiche a livello individuale o aziendale o collettivo. Come tale si differenzia dalla “storia delle dottrine”, cioè dalla storia delle teorie economiche. Una definizione come quella or ora fornita necessita di una precisazione nel contempo limitativa ed esemplificativa. La precisazione limitativa consiste nella constatazione del fatto che per storia economica si intende storia economica dell’uomo. Si possono immaginare storie economiche di formicai o di società di api. La natura stessa del suo insieme ha un’economia la cui storia varrebbe certamente la pena di essere scritta. Ma per “storia economica” noi comunemente si intende la storia dell’uomo, sia esso bianco, giallo, moro o rosso, paleolitico, neolitico o industriale. Questa osservazione, che a prima vista pare se non proprio cretina almeno banale, significa però che nell’analisi storico economica bisogna tener conto anche delle peculiari caratteristiche fisiologiche e psicologiche dell’uomo, della sua razionalità come della sua irrazionalità, delle sue caratteristiche mentali, sociali e culturali, sia a livello individuale che collettivo.
D’altra parte, come si è detto, la definizione, la definizione di storia economica fornita prima va considerata in senso lato, nel senso cioè che con ess si deve intendere non solo la narrazione dei fatti economici, ma anche la storia di uomini e istituzioni oltre che delle strette e spesso inestricabili relazioni tra istituzioni e vicende economiche e tra quest’ultime e le vicende sociali, politiche e culturali.
P. 13

Per questa ragione non trovo scorretta la definizione di storia economica data nel Dictionary of modern economics di Horton, Ripley e Schnapper per il quali “Storia economica è lo studio degli avvenimenti passati e presenti in uno o più paesi”.
P. 16

Per chiarire le relazioni tra l’economia e la storia economica generale è utile considerare;
a) la problematica delle due discipline e l’uso degli strumenti concettuali d’analisi
b) il fine a cui mirano le due discipline

Per essere giustificatamente considerata opera di storia economica una ricerca deve rispondere ad una problematica di tipo economico cioè, in prima approssimazione, a una problematica che trovi riscontro nei tre quesiti fondamentali dell’Economica: 1) cosa produrre; 2) come produrre; 3) come distribuire quando prodotto
P. 18

La teoria economica deve “fornire alla storia economica i criteri teorici che le sono indispensabili per la scelta, la coordinazione e l’apprezzamento dei fatti, delle condizioni e degli istituti che ne costituiscono la materia”.
P. 18

Il lavoro dell’economista è quello di spiegare come si muove l’economia: quello dello storico economico è di spiegare come si è mossa nel passato.
P. 19

Parafrasando Pascal, sarei portato a suggerire che gli ingredienti dell’esprit de finesse sono una attitudine ad avvertire la presenza e la rilevanza di un infinito numero di variabili tra le quali molte non misurabili e non definibili; una penetrante consapevolezza dell’elevata frequenza di associazioni di tipo non lineare che i fisici chiamerebbero caotico; un profondo sospetto verso rigorosi rapporti di causalità; e infine, la capacità di avvertire la continua presenza di condizioni in cui il caso e il caos giocano un ruolo importante. L’esprit de finesse è in un cetto qual modo un sesto senso che si sviluppa nello storico di  valore grazie alla familiarità delle fonti, che gli permette di essere flessibile delle conclusioni, cauto nelle spiegazioni, sempre cosciente delle imprecisioni insita e non misurabile nella ricostruzione storica.
P. 25

Come scrisse Huizinga, la storia non è soltanto un ramo del sapere ma anche una “forma intellettuale per comprendere il mondo”. Anzitutto lo studio della storia permette di vedere nella loro corretta dimensione storica problemi attuali con cui dobbiamo confrontarci e, come disse Robert Lodge nel 1894, “esso offre l’unico strumento con il quale l’uomo può comprendere a fondo il presente”.
P. 26

Viaggiare apre gli occhi, arricchisce di conoscenze, invita ad aperture mentali. Più lungo è il viaggio e più distanti i paesi visitati, più robusto è il challenge alla nostra visione del mondo. Per questo io credo che gli storici che si occupano di società più lontane nel tempo dalla nostra abbiano, a parità di altre condizioni, un senso storico più sottile ed affinato degli storici di età a noi vicine. Con questo non voglio, né intendo dire, che lo studio della storia o il viaggiare bastino a fare di un uomo un saggio. Se così fosse i professori di storia sarebbero tutti dei saggi – il che è ben lungi dall’essere vero. Il viaggio e una conoscenza della storia sono condizioni necessarie ma non sufficienti alla comprensione degli eventi umani.
P. 26

Cap. 2. La problematica

L’impostazione problematica iniziale riflette paradigmi teorici e ipotesi di lavoro che rappresentano la stazione di partenza dello studioso. Nel corso della raccolta dei dati che scandisce il progredire dell’indagine possono facilmente emergere, e di regola emergono, elementi ed informazioni inaspettate che denunziano imperfezioni, incompletezze o addirittura errori nei paradigmi teorici e/o nelle ipotesi di lavoro di partenza. Intestardirsi su una problematica preconcetta è indice di chiusura mentale. Lo studioso deve stare sempre attento ed essere pronto a cogliere dai dati che va via via cumulando i segnali che suggeriscono l’opportunità di modifiche e di ridefinizioni della problematica da cui si è partiti. In altre parole, vi deve essere un continuo feed-back tra impostazione problematica e raccolta dei dati. Modificare i punti di partenza – problematica, paradigma teorico, ipotesi di lavoro – non è segno di volubilità o incoerenza, bensì di elasticità mentale e di onestà intellettuale. Il fine di ogni ricerca non è la deformazione dei fatti per provare una teoria, bensì l’adattamento della teoria per la miglior comprensione della realtà fattuale.
P. 31-32

Cap. 3. Le fonti

Quando documentazione viene prodotta, può venir successivamente distrutta. Ciò può accadere perché qualcuno ha interesse a farla scomparire onde non lasciar traccia di vicende cui la documentazione si riferisce. La distruzione volontaria di documenti peraltro non sempre è di origine dolosa. Spesso la distruzione avviene perché non si ritiene che valga la pena e la spesa di conservare il materiale documentario. Nel 1692 e più decisamente nel 1720 il governo della Repubblica di Venezia, che pur era attentissimo alla conservazione dei documenti della propria amministrazione, diede istruzione all’archivista che aveva cura dell’archivio della organizzazione sanitaria della Serenissima di “separare l’utile dall’inutile”, e scartare “l’inutile” per far posto alla nuova documentazione che continuava ad accumularsi. Non è affatto detto che il materiale che l’archivista del tempo giudicò “inutile” e mandò al macero sarebbe considerato “inutile” dagli storici d’oggi giorno.
P. 34-35

Cap. 4. La critica delle fonti

Questa metodologia, basata fondamentalmente sulla distinzione tra fonti primarie e fonti derivate, sulla ricostruzione critico-filologica del testo archetipo tramite lo studio di genealogie di manoscritti e sui tests di concordanza o di compatibilità tra fonti diverse, viene chiamata “critica delle fonti”.
P. 48

Gli storici economici di prevalente formazione economicistica si dimostrano normalmente forti nell’impostazione teorica e deboli nella critica delle fonti. Il compito di base di una buona storia economica dovrebbe essere quello di combinare gli aspetti positivi delle due impostazioni. Cominciando dalla critica delle fonti.
Per critica delle fonti si intende sostanzialmente l’interpretazione letterale dei testi (decifrazione), l’interpretazione sostanziale o contenutistica degli stessi, la determinazione della loro autenticità e la specificazione del loro grado di attendibilità. I quattro processi sono inestricabilmente interdipendenti.
P. 49

Lo storico generale ha a che fare soprattutto con testi narrativi e la sua critica si è perfezionata di conseguenza nel mettere a nudo deformazioni dell’informazione dovute a opinioni partigiane, giudizi di valore, interessi costituiti, posizioni politiche e posizioni ideologiche. Le sue armi nella critica intrinseca (cioè della sostanza) delle fonti sono il criterio di coerenza e compatibilità (o per converso di contraddizioni e incompatibilità) della fonte e il criterio di concordanza (o per converso di discordanza) tra la fonte considerata e altre fonti indipendenti dalla prima.
P. 59

Cap. 5. La ricostruzione storica

Lo storico lavora sul presupposto di essere capace di ricostruire e capire i fatti del passato Se un epistemologo riesce a convincerlo del contrario lo storico deve cambiare mestiere
P. 79

La prima dote dello storico di razza è quella di avvertire il senso ed il significato dell’esistenza o della scarsità o addirittura della mancanza di documentazione e di saper condizionare intelligentemente la propria problematica allo stato ed al tipo delle fonti disponibili.
P. 80

Si è riferito nel cap. 2.3 che normalmente lo storico parte da una serie iniziale di problemi più o meno intuitivamente concepiti e che poi, se è sufficientemente intelligente, nel corso della ricerca, dialogando con le fonti e rintracciandone di nuove, può modificare man mano rispondendo alle sollecitazioni del materiale documentario. Se ciò accade, la scelta dei dati e dei fatti operata dallo storico ne è corrispondentemente influenzata. La cosa è provata da un’esperienza che ciascuno studioso conosce: quante volte lo studioso trova nelle fonti notizie che in un primo momento ritiene irrilevanti e che poi, a seguito della riformulazione della sua problematica, è forzato a rivalutare per cui, mordendosi le dita, deve rifare a ritroso il suo cammino di ricerca onde rintracciare le notizie trascurate. E per converso quante volte lo studioso prende nota di fatti e notizie che ritiene rilevanti e che in seguito elimina a seguito della riformulazione della sua problematica.
P. 81

Il problema dello storico economico è quello di saper elaborare in base a quella “branca della logica” che è l’Economica il paradigma o modello teorico interpretativo adatto alla situazione storica specifica. Ciò comporta: 1) elasticità e creatività mentali, cioè la pronta disponibilità a rinunciare ai modelli attuali e di moda e la capacità di creare modelli adatti all’epoca studiata; 2) una profonda conoscenza del contesto storico in cui si inserisce la vicenda studiata, cioè le strutture e le istituzioni non solo economiche ma anche giuridiche, politiche e sociali della società analizzata. Tale contesto socio-culturale costituisce la struttura del sistema economico e ne condiziona il funzionamento e lea reattività a determinati stimoli.
P. 85

Lo storico di valore è quello che, pur forzato dalla natura stessa del suo compito a fornire una ricostruzione semplificata della realtà storica, riesce a trasmettere al lettore il senso che la storia è di gran lunga più complessa e complicata di quanto lui la racconti. In essenza, il senso storico è il senso della tremenda complessità della vicenda umana.
P. 89

Quando c’è di mezzo una tesi da sostenere, può capitare che lo studioso si appassioni alla tesi sposata e perda il barlume critico. Strumenti di supporto anche a tesi strampalate non sono difficili da reperire. A cominciare dalla retorica delle citazioni. Per quanto sballata possa essere una tesi, il suo autore troverà sempre nella vastissima bibliografia esistente un libro o un articolo che presenti punti di vista analoghi al suo. La citazione di testi di seconda e terza mano che non hanno alcun significato effettivamente probatorio sono il marchio di fabbrica di camuffamenti del genere.
P. 93-94

Una forma di tesismo è rappresentata dalla ricostruzione storica condizionata da un’ideologia. Come si è già detto, dietro ogni ricostruzione storica c’è sempre una teoria per quanto inconscia ed informe, così dietro ogni ricostruzione storica sta l’ideologia dello storico, sia essa religiosa, politica, economica o sociale. In altre parole, la ricostruzione storica è inscindibile dalla personalità e dalle convinzioni socioculturali dello storico. Ma vi sono storici e storici e vi sono ideologie e ideologie. Ci sono storici che sanno esercitare un adeguato autocontrollo sulle proprie convinzioni e non permettono loro di interferire intensamente sulla ricostruzione storica e ci sono storici invece che fanno della ricostruzione storica il campo di battaglia delle loro convinzioni politiche o religiose o sociali. Ci sono ideologie poco ingombranti ed ingombranti ad altre che prepotentemente si impongono alla ricostruzione storica. Nel corso dell’ultimo secolo le due ideologie più marcatamente pervasive sono state il nazionalismo e il marxismo.
P. 96

Quanto alla scelta dei fatti e dei dati su cui impiantare la ricostruzione, il ricercatore non può muoversi in modo completamente arbitrario. Se è onesto con sé stesso prima ancora che con gli altri non può ignorare né deformare fatti rilevanti che fonti valutate attendibili gli porgono o che sono stati acquisiti da altri studiosi. Se tali fatti e dati sono in contrasto con il modello teorico adottato in partenza, è tale modello che va modificato e non i dati ribelli. La qualità dello storico la si misura appunto su questi parametri. In altre parole, un buon lavoro di storia economica così come un buon lavoro di qualsiasi altra disciplina è il risultato non solo di intelligenza, acume e perizia ma anche di onestà intellettuale.
P. 100

Vi sono ovviamente storici e storici. I migliori sono quelli che non solo offrono al pubblico una descrizione accurata e documentata di quanto è avvenuto con le inevitabili limitazioni indicate nei paragrafi precedenti. Gli storici migliori sono quelli che con la magia della parola sanno anche suscitare nel lettore il senso di dette limitazioni, sanno produrre il senso della prospettiva storica e della indescrivibile complessità della vicenda umana, sanno suscitare il senso che c’è un qualcosa di più profondo e imperscrutabile di quanto viene meramente descritto, sanno evocare nella mente del lettore fantasmi di un mondo scomparso ed il senso che questo mondo passato “is a foreign country: they do things differently”: in altre parole, sanno trasformare il lettore da entità passiva in partecipe attivo nel grande giuoco della rievocazione storica. Saper fare questo, però, non è più soltanto scienza: è anche arte
P. 105

Cap. 6. Epilogo

Il mondo socioeconomico è caratterizzato da un grado di complessità ancora maggiore in cui si sommano la complessità del mondo fisico, quelle del mondo biologico e quelle proprie del mondo socioeconomico. La rivoluzione galileo-newtoniana ebbe un notevole successo adottando lo strumento analitico logico-matematico per la comprensione del mondo fisico. Lo strumento logico-matematico si dimostrò uno strumento sufficientemente potente per la comprensione di detto mondo. Ma lo strumento logico-matematico, per quanto potente, si è dimostrato necessario ma non sufficiente per la comprensione dei fenomeni di complessità ben maggiore del mondo biologico e di quello socioeconomico. È come adoperare un paio di occhiali là dove occorre un telescopio. Quelle che impropriamente vengono chiamate “scienze sociali” sono ancora in attesa della loro specifica “rivoluzione” che non può essere meramente galileo-newtoniana. Fin quando questa più complessa “rivoluzione” non avverrà, la storia economica continuerà a trovarsi scomodamente stiracchiata tra le “due culture”.
P. 109-10

Parte seconda

Saggio sulle fonti di storia economica europea

Fornire un inventario, per quanto sommario, di tale documentazione, ho già detto che è un’impresa improponibile. Ci contenteremo di qualche accenno fugace. Per rendere meno confuso un discorso che pur nelle sue limitatissime ambizioni resta quanto mai difficile e complesso sembra opportuno distinguere tra 1) fonti pubbliche; 2) fonti di enti semi-pubblici quali le corporazioni e gli ospedali; 3) fonti ecclesiastiche; 4) fonti private; 5) fonti di organismi internazionali. Il lettore deve tener peraltro conto che questa partizione risente di un’ottica moderna. Soprattutto nel Medioevo, ma per molti versi anche nei primi secoli dell’età moderna, il confine tra pubblico e privato fu spesso molto vago e confuso.
P. 132

Tasse e moneta. I modi classici di raccattar denaro per lo Stato erano tradizionalmente questi due: tasse e/o svilire la moneta. Nel 1. secolo le città stato italiane ne inventarono un terzo: il debito pubblico.
P. 155

Affinamento delle tecniche di analisi, affinamento delle tecniche di rilevazione, istituzione di uffici centrali di statistica e di società statistiche, tutto ciò produsse quella che, senza esagerazione, si può chiamare una vera e propria esplosione dell’informazione statistico-economica. Come Joseph Schumpeter osservò nella sua classica Storia dell’analisi economica, “tutti i generi di informazione sono cresciuti oltre i limiti dei più rosei sogni delle generazioni passate, ma la nostra epoca si è particolarmente distinta per un aumento di informazioni statistiche che è stato talmente grande da aprire orizzonti completamente nuovi alla ricerca”. In termini più melodrammatici, il prof. Jean Stengers scrisse “lo storico che si occupa di storia contemporanea e specialmente di storia a partire del 1850 circa, vede montare verso di lui un flusso crescente di dati statistici. L’abbondanza si traduce presto in diluvio: le cifre affluiscono da tutti i punti dell’orizzonte”.
P. 174

Lo storico, come il detective, deve gettare la sua rete a raggio molto largo. In altre parole, non gli è lecito limitarsi alle sole fonti di natura economica. Ciò per due ordini di ragioni. Anzitutto l’azione economica non si svolge nel vuoto, bensì in un contesto politico, sociale e culturale della cui natura e delle cui caratteristiche lo storico economico deve essere cosciente e che può conoscere a fondo solo tramite un adeguato studio delle fonti riguardanti i diversi settori della società. In secondo luogo, molte e preziose informazioni di carattere economico e sociale si ritrovano in fonti di natura none economica.
P. 218

Bibliografia

L’imprenditorialità italiana dopo l’Unità: l’inchiesta industriale del 1870-74 / M. Abrate … et. – Milano, 1970
Le monete della Repubblica Fiorentina / M. Bernocchi, 1974-78
Apologia della storia o mestiere di storico / M. Bloch. – Torino, 1949
Lineamenti di una storia monetaria d’Europa / M. Bloch. – Torino, 1981
Società romana e impero tardoantico / a cura di A. Giardina. – Bari, 1986
L’inchiesta agraria Jacini / A. Caracciolo. – Torino, 1958
Storia economica dell’Italia nel Medioevo / A. Doren. – Padova, 1937
Storia economica dell’Europa / C. M. Cipolla. – Torino, 1970
Antichi e moderni: la nascita del movimento scientifico nell’Inghilterra del 17. secolo / R.F. Jones. – Bologna, 1980
La conoscenza storica / H. I. Marrou. – Bologna, 1962
Credito e sviluppo economico in Italia dal Medioevo all’età contemporanea / F. Piola Caselli. – Verona, 1988
Tecnica e società nel Medioevo / L. White. – Milano, 1976

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