Manuale di storia medievale di Andrea Zorzi
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Snodo 1. Mille anni di storia
La nozione di Medioevo è un’invenzione intellettuale moderna, successiva al millennio – tra Quinto e Quindicesimo Secolo dopo Cristo – convenzionalmente indicato come tale, e costantemente rielaborata nelle idee e nell’immaginario dell’Occidente.
Sul Medioevo grava un forte pregiudizio negativo, che perdura fino ai nostri giorni, che lo identifica come periodo di decadenza.
Per reazione, in più momenti, esso è stato oggetto di rivalutazione, come testimonia l’attrazione che continua a esercitare – più di ogni altra epoca del passato – nella società attuale.
La storia medievale è innanzitutto la storia del lungo periodo in cui venne formandosi l’identità storica dell’Europa come originario incontro di civiltà (quelle romana, barbarica e cristiana) e come confronto continuo con le culture altre con cui venne in rapporto: quelle bizantina e islamica in ambito mediterraneo, quelle asiatiche e africane in una prospettiva di mondializzazione.
La storia medievale appartiene dunque alla storia dell’Occidente, senza che ciò implichi postularne la superiorità sulle altre civiltà: al contrario costituisce, in primo luogo, una storia di mondi connessi e di scambi di uomini e di idee.
Distinguibile dall’età antica e da quella moderna per una serie di caratteristiche peculiari, il Medioevo è però privo di coerenza interna.
Il millennio appare piuttosto come un insieme di età che gli storici usano distinguere perlomeno in tre periodi: quello iniziale, dove si colloca la sua genesi tra il Quarto e il Settimo Secolo; quello intermedio, che conobbe le trasformazioni più significative; e quello finale, tra il Quattordicesimo e il Quindicesimo Secolo, di transizione verso l’età successiva.
Lungo il millennio si individuano inoltre cicli climatici, demografici ed economici tra loro coerenti, che possono essere rappresentati come una parabola inizialmente depressiva, seguita da una lunga fase di espansione e da una crisi repentina, con le punte minime toccate nei Secoli Settimo e Quattordicesimo e con il picco raggiunto nel Tredicesimo.
All’interno di queste ciclicità strutturali si collocarono trasformazioni profonde delle società europee e delle loro istituzioni politiche, ed evoluzioni rilevanti dei quadri culturali e di vita quotidiana.
La cristianità, nella pluralità delle sue Chiese, vi convisse, spesso in modo conflittuale, con l’ebraismo e con l’islam.
Cap. 1. L’idea di Medioevo e le sue interpretazioni
Medievalismo: termine, coniato dal critico d’arte inglese John Ruskin, alla metà del Diciannovesimo Secolo, per identificare la riproposizione in forme e di contenuti ispirati al Medioevo in diversi campi delle arti e del sapere.
La nozione è stata progressivamente estesa a comprendere le immagini e le reinvenzioni del Medioevo nei mezzi di comunicazione e nella cultura di massa della società contemporanea.
Il medievalismo non va confuso con il termine Medioevo, con il quale si indica nella storiografia occidentale il periodo compreso tra la fine del monto antico e gli inizi dell’età moderna, vale a dire i mille anni di storia che vanno dal Quinto al Quindicesimo Secolo.
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Cap. 2. Quadri generali
Focus. Un’Europa di popoli
Negli orizzonti della cultura mediterranea antica il termine Europa indicava uan delle tre parti del mondo conosciuto senza che a esso corrispondesse una caratterizzazione culturale o politica.
Era semmai l’Occidente, cui appartenevano l’Europa e l’Africa, a essere contrapposto all’Oriente, cioè all’Asia: sia i greci sia i romani si ritenevano padroni di sé stessi e capaci di difendere la propria autonomia politica con le armi, mentre i popoli asiatici apparivano loro privi di volontà e pertanto destinati a soccombere alla schiavitù delle tirannidi.
L’Occidente imperiale, però, non coincise con l’estensione dell’Europa geografica, che pure era stata esplorata dalla campagne militari romane.
Ad appropriarsi del termine per indicare un’area di civiltà fu, per primo, papa Gregorio Magno (590-604), secondo il quale l’Europa costituiva quella porzione di mondo da cui i bizantini si erano autoesclusi lasciando che cadesse nelle mani dei popoli germanici.
Il successore, Bonifacio Quarto, fu chiamato “capo di tutte le chiese d’Europa” dal monaco irlandese Colombano, che volle così indicare il complesso delle chiese istituite nei regni barbarici e ricordare al pontefice che il suo ruolo doveva essere quello di guardare non tanto a Bisanzio, cioè all’Impero, quanto alle nuove forze emerse con la cristianizzazione delle popolazioni barbariche.
Tra Settimo e Nono Secolo maturò intorno all’esperienza politica dei franchi la nozione di Europa che sarebbe poi ricorsa per secoli nella cultura del Medioevo.
La sintetizzò efficacemente un anonimo autore sassone: quella riunificata da Carlo Magno era l’”Europa dei popoli i cui nomi erano rimasti sconosciuti ai romani”, un’Europa estesa fino al Mare del Nord, di cui l’Italia dei longobardi (ora integrata nell’Impero carolingio) e la Roma dei papi costituivano l’estrema propaggine meridionale.
Carlo Magno si guadagnò dai letterati della sua corte gli appellativi di “padre”, “apice”, “faro” dell’Europa: fu infatti grazie a lui che per la prima volta si costituì in Europa uno spazio politico unitario, cui il titolo imperiale conferì l’autorità della tradizione.
Non si trattava più di un Occidente mediterraneo, bensì di un’entità ideale di portata continentale.
Tanto che dopo la dissoluzione dell’Impero carolingio fu proprio il concetto di Europa che continuò ad indicare il complesso di popoli e regni che ne avevano ereditato la tradizione e che seguitavano a formare un ambito di relazioni politiche e di valori religiosi e culturali comuni.
Peraltro, era diffusa la consapevolezza che l’Europa come quadro di civiltà cristiana non coincidesse con l’Europa geografica.
Parlando al Concilio di Clermont nel 1095, papa Urbano Secondo si riferì, per esempio, alla Spagna “conquistata” dagli arabi nell’Ottavo Secolo come a un territorio sottratto alla cristianità e all’esistenza di regioni che si estendevano “fino alle isole remote dell’oceano glaciale” coem a territori ancora abitati da popolazioni pagane.
Dai secoli centrali del Medioevo i confini dell’Europa cristiana si dilatarono a comprendere nuovi popoli: da Nono fu avviata la cristianizzazione delle popolazioni slave: nel Decimo-Undicesimo Secolo i normanni provenienti dalle regioni scandinave si convertirono e si integrarono a tal punto da formare nuove dominazioni politiche in Inghilterra e nell’Italia meridionale; dall’Undicesimo riprese in modo deciso, per iniziativa dei regni cristiani spagnoli, il recupero dei territori della penisola iberica assoggettati dagli arabi.
Nel tardo Medioevo l’Europa si configurava dunque come una congerie di popoli, di lingue e di costumi, caratterizzata dall’intensa circolazione di uomini e id idee: un contenitore di regni sempre più definiti nelle proprie individualità e spesso in violento conflitto, per quanto portatori di tradizioni di caratteri comuni.
Di fatto – allora come oggi – l’identità dell’Europa nn si identificò con gli “europei”.
Il termine appare infatti solo due volte nei documenti medievali.
La prima in una cronaca della metà dell’Ottavo Secolo: l’autore, un monaco di Toledo, celebrava la battaglia di Poitiers del 732 in cui Carlo Martello aveva respinto un’incursione degli arabi di Spagna come uan contrapposizione tra “europei” e arabi.
Il riferimento geografico marcava l’identità per differenza – “europeenses” in quanto cristiani -, ed è significativo che questa definizione provenisse da una regione che da pochi decenni era stata inquadrata nel mondo musulmano.
Eclissatosi per secoli, il termine “europei” ricomparve a metà del Quindicesimo Secolo nelle lettere del papa Pio Secondo (1458-1464), nella accezione di coloro “che sono reputati cristiani”: l’eco della caduta di Costantinopoli nel 1453 vibrava ancora nelle coscienze degli occidentali e l’avanzata dei turchi nel Balcani costituiva uan minaccia concreta.
Il pontefice riteneva “europei” tutti i membri della comunità politica e culturale cristiana, e li sollecitava ad agire uniti contro l’Islam dominato dai turchi.
L’Europa era ormai un’entità storica fuori discussione, pronta a proiettarsi verso nuovi mondi, dove l’identità degli “europei” avrebbe continuato a definirsi, una volta di più, per “differenza”.
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Burocrazia: il termine è moderno, ma viene usato dagli storici per indicare l’insieme dei funzionari al servizio di un governo.
Esso designa l’esistenza di un gruppo di ufficiali stipendiati, dotati di qualificazione professionale e operanti in un quadro di uffici permanenti e con competenze diversificate.
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Padri della Chiesa: termine adottato dal Quinto Secolo per indicare gli scrittori cristiani, sia latini sia orientali, dei primo secoli, che si impegnarono nelle elaborazione dei concetti teologici capaci di esprimere il contenuto del messaggio salvifico di Cristo.
Tra essi si annoverano Ambrogio, Girolamo, Agostino, Gregorio Magno, ecc.
Sacramento: nella Chiesa cattolica è il segno sensibile istituito da Cristo per conferire la grazia divina e la vita eterna.
Il numero dei sacramenti fu definito dal teologo Pietro Lombardo nel Dodicesimo Secolo e stabilito dal Concilio di Firenze nel 1439 nel numero di sette: battesimo, cresima o confermazione, eucarestia, penitenza o confessione, estrema unzione o unzione degli infermi, ordine sacro, matrimonio.
Tra i membri del clero possono amministrare i sacramenti solo i sacerdoti.
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Focus. La condizione femminile
La storia è stata narrata per millenni da una prospettiva maschile.
Solo da pochi decenni, come effetto dell’emancipazione femminile nelle società occidentali, la storia delle donne ha finalmente conosciuto un intenso sviluppo.
Anche la storia delle donne nel Medioevo ha cominciato a essere studiata in modo sistematico: non più solo, cioè, quella di regine o di eroine come Giovanna d’Arco, di mistiche come Caterina da Siena o di intellettuali come Christine de Pizan, la prima donna a concepire se stessa come scrittrice, e non più solo biografie di figure note ma anche di quelle di donne comuni.
Ricerche importanti sono state dedicate allo studio della vita quotidiane delle donne, della loro condizione giuridica, di istituti come il matrimonio e le doti, di condizioni come la maternità e la vedovanza, della loro posizione nella famiglia.
Allo studio delle scritture femminili, delle corrispondenze fra donne e di donne e delle visioni di mistiche e monache, si è affiancato anche lo studio del lavoro delle donne, delle loro occupazioni in ambito domestico ed extradomestico, nei campi come nelle botteghe.
Ne è emerso un quadro che ha consentito di sfumare e di arricchire di conoscenze il luogo comune che nel millennio medievale la donna abbia solo sofferto una pesante subalternità rispetto all’uomo.
Nella società patriarcale del mondo classico la condizione femminile era quella di una rigida subordinazione al mondo maschile.
Nell’Alto Medioevo la condizione della donna fu invece improntata a una più ampia autonomia, in primo luogo giuridica.
Le donne operavano transazioni economiche e, nei lunghi periodi di assenza dei mariti impegnati in guerre e operazioni militari, amministravano la casa e le proprietà, comandavano i servi e collaboravano al mondo della produzione, per esempio nella filatura e nella tessitura.
Nei contratti agrari la donna appare spesso accanto al marito in qualità di concessionaria e contitolare di un appezzamento su un piano di parità formale e sostanziale: a entrambi era riconosciuto il possesso di un terreno che in caso di morte di un coniuge passava all’altro.
Nell’età di Carlo Magno e dei successori è attestato con frequenza l’istituto di consors regni, in virtù del quale la moglie del re agiva come contitolare del potere.
Ciò spiega perché nell’Undicesimo Secolo la marchesa Matilde di Canossa poté ereditare dai genitori beni e poteri nonostante la presenza di eredi maschi nei rami collaterali della famiglia.
In altri termini, nell’Alto Medioevo prevalse una tendenza all’equiparazione tra i sessi.
La condizione della donna cominciò a mutare in seguito alla diversa considerazione di cui essa fu oggetto.
Gli studi cosiddetti “di genere”, sviluppatisi negli ultimi anni, hanno aiutato a ricostruire la creazione, la diffusione e la trasformazione dei sistemi simbolici fondati sulla distinzione uomo/donna.
Fu soprattutto il pensiero dei padri della Chiesa a cominciare a teorizzare l’inferiorità della donna, individuando in essa lo strumento di seduzione demoniaca (l’instrumentum diaboli), la discendente di Eva, tentatrice e corresponsabile del peccato originale, capace di incarnare i vizi della lussuria.
Dalla debolezza femminile deriverebbe la minore responsabilità della donna e, di conseguenza, il suo stato di subordinazione all’uomo.
Nel Dodicesimo Secolo il diritto canonico avrebbe fatto propria tale concezione, affermando l’assenza di autonomia giuridica della donna, la sua inabilità a insegnare, a fungere da testimone, da garante o da giudice.
L’azione pastorale del Basso Medioevo rafforzò infine l’idea che la donna dovesse agire solo nell’ambito domestico, per conservare il patrimonio e occuparsi dell’educazione dei figli.
La casa e il monastero divennero i luoghi deputati dell’educazione femminile, che si fondava sulla custodia dell’onore e sul governo della casa.
La rappresentazione della donna come essere debole e fragile fu fatta propria dalla lirica trobadorica tra Dodicesimo e Tredicesimo Secolo, che celebrò una figura femminile astratta, lontanissima dalla realtà; quella del confinamento domestico della donna fu diffusa dai predicatori del Tardo Medioevo.
L’esito fu quello di un graduale peggioramento della condizione delle donne, confermato anche dall’involuzione dei loro diritti: nei contratti agrari, per esempio, è sempre più spesso il marito a comparire coem unico contraente.
Di fatto, dolo l’Undicesimo Secolo, si fecero sempre più rari gli spazi concessi alle donne, nonostante molte di loro continuassero ad affiancare gli uomini in alcuni ambiti della vita economica.
Il loro contributo al settore dell’artigianato tessile rimase rilevante: in città come Parigi o Colonia le donne ebbero anche ruoli di primo piano nella produzione di tessuti di seta, e come sarte e pellicciaie.
Nelle botteghe e nel commercio al dettaglio la loro presenza fu intensa, ma il loro impegno non poté essere sistematico per le ripetute gravidanze e il peso delle attività domestiche; le donne non furono mai ammesse come membri attivi nelle corporazioni dei mestieri.
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Patriziato. Il termine, che nell’antica Roma distingueva gli appartenenti alla classe dirigente che sedeva in Senato, fu ripreso nel Tardo Medioevo per indicare i gruppi ristretti di famiglie e individui che si imposero al governo delle città italiane monopolizzando il controllo delle cariche politiche maggiori.
Unzione. Rito consistente nel cospargere o nel segnare con l’olio, in genere d’oliva, consacrato, attestato sin dai primi secoli nella liturgia cristiana del battesimo, dell’estrema unzione e dell’ordinazione di preti e vescovi.
L’adorazione da parte dei re e degli imperatori – segnati sul capo, tra le scapole e sul braccio destro – indicava l’investitura del potere direttamente dal Dio cristiano (christos in greco significa unto).
Pontefice. Titolo che nell’antica Roma era attribuito ai membri del collegio incaricato di vigilare sulle tradizioni giuridiche e religiose della città.
Con l’aggettivo “massimo” fu fatto proprio da Augusto e dagli imperatori successivi.
Dal Quinto Secolo divenne il titolo onorifico del vescovo di Roma, accanto a quello di “vicario di Pietro”; dall’Undicesimo Secolo la designazione ufficiale del papa fu quella di “pontefice massimo”, accanto a quello di “vicario di Cristo”.
Banno. Il termine indica il potere nel suo senso più concreto di costrizione, ed è usato per descrivere l’autorità esercitata dai signori locali tra Decimo e Dodicesimo Secolo.
Essa consisteva nel diritto di punire i malfattori, di giudicare le liti, di prelevare pedaggi sulle strade e sui ponti, di imporre tasse e prestazioni d’opera agli abitanti del territorio soggetto al dominio signorile.
Ufficiali. Termine generico che indicava l’agente del potere regio o signorile che svolgeva l’officium (ufficio) relativo all’incarico ricevuto.
Con l’affermazione delle monarchie e degli Stati tali funzioni vennero precisandosi: dalla riscossione delle imposte alla difesa militare, dall’amministrazione della giustizia alla gestione di terre, acque e beni di proprietà pubblica.
Ciò comportò la progressiva specializzazione professionale degli ufficiali, chiamati a svolgere mansioni sempre più tecniche e complesse.
Bibbia. Dal termine greco biblion (“libro”) è il complesso delle scritture sacre nelle quali l’ebraismo e il cristianesimo riconoscono la parola di Dio e la narrazione del suo intervento di salvezza nella storia.
La Bibbia si divide in due Testamenti: l’Antico, che riunisce i soli libri, taluni risalenti al Secondo Millennio avanti Cristo, ritenuti dagli ebrei ispirati da Dio; il Nuovo, che raccoglie scritti del Primo Secolo dopo Cristo, tra cui i Vangeli, testimonia invece per i cristiani la rivelazione definitiva di Dio in Gesù di Nazareth, redentore dell’umanità attraverso la morte di croce.
Profeta. Termine, derivato dal greco prophemi (“predire”), che indica una persona che, per ispirazione divina, parla in nome di Dio e ne annuncia la volontà tramite minacce, ordini e promesse.
Trinità. Espressione con cui i cristiani indicano l’esistenza di tre persone in un unico Dio: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, secondo la progressiva rivelazione che egli ha fatto di sé nella Bibbia.
La Trinità rappresenta il mistero - vale a dire una verità di fede, proclamata come dogma (cioè un principio certo, una verità inconfutabile) – che differenzia la religione cristiana da tutte le altre.
Papa. Dal greco pappas (“padre”), il titolo fu usato nei primi secoli del cristianesimo per indicare la paternità spirituale di vescovi, metropoliti e abati.
Dal Quarto Secolo fu riservato solo al vescovo di Roma in quanto successore dell’apostolo Pietro, morto suppliziato a Roma e indicato nei Vangeli coem colui su cui Cristo predicò di voler “edificare la sua Chiesa”.
Scisma. Il termine indica la separazione formale, spesso come atto di ribellione, di una comunità di fedeli dal corpo della Chiesa a causa di dissensi in materia di disciplina con la sua gerarchia più che per dissidi di natura dottrinale, che in genere danno vita ad eresia.
Sacerdote. Ministro del culto nelle carie religioni, nella Chiesa cattolica indica colui che ha ricevuto l’ordine sacro e ha la potestà spirituale di amministrare i sacramenti e di predicare la parola di Dio.
Si noti pertanto come non tutti i membri del clero siano sacerdoti.
Volgare. Aggettivo che, riferito alla lingua, indicava inizialmente quella parlata dal popolo (“vulgo”) contrapposta al latino, lingua della scrittura e della cultura.
Le lingue volgari sono all’origine di quelle moderne e costituirono anch’esse, dal Basso Medioevo, propri corpi di testi letterari
Cancelleria. Ufficio deputato alla redazione, alla validazione e al rilascio di atti di un’autorità laica (Impero, regni, principati, comuni) o ecclesiastica (papato, vescovi).
Nell’Alto Medioevo le cancellerie furono monopolizzate dai chierici; con lo sviluppo del potere pontificio, delle monarchie e dei comuni, dal Dodicesimo Secolo la dilatazione del quotidiano servizio di registrazione, copia e conservazione dei documenti sollecitò l’impiego crescente di notai, segretari e scribi laici.
Focus. La documentazione scritta.
Gli studiosi di storia ricostruiscono il passato attraverso le testimonianze che di esso sono giunte fino a noi.
Tali testimonianze vengono indicate con il termine “fonti”, ad indicare la loro natura di sorgenti per la conoscenza della storia.
Fonti principali per lo studio del Medioevo sono quelle scritte, ma di grande importanza si rivelano anche le fonti materiali: innanzitutto quelle archeologiche, accanto alle quali si collocano le epigrafi (che propongono anch’esse scritture, ma esposte in spazi aperti), le monete, i sigilli, gli stemmi, le opere artistiche e le testimonianze iconografiche.
Le fonti scritte esprimono una varietà ancora maggiore di tipologie e si usa indicarle anche col termine “documenti”: questi possono essere la testimonianza o la prova di un accordo o di un fatto con conseguenze giuridiche, ma anche la documentazione di una cultura, di un’ideologia, dei rapporti tra le persone e tra i poteri.
Il Medioevo costituisce indubbiamente un’età documentaria, non tanto per la quantità di testimonianze scritte prodotte – non paragonabile a quella dell’età contemporanea – quanto piuttosto per l’importanza che la documentazione scritta, pubblica e privata, solenne o semplice, ricoprì nelle società di quel lungo millennio.
La produzione di documenti fu relativamente scarsa nell’Alto Medioevo, come effetto della dealfabetizzazione della società.
L’affermazione delle monarchie e dei comuni, l’accentramento dei poteri pontifici, la più generale moltiplicazione delle istituzioni di governo, determinarono invece una dilatazione dell’attività documentaria nel Basso Medioevo: le cancellerie dei regni e quella pontificia, le amministrazioni periferiche nei territori, gli uffici cittadini divennero dal Dodicesimo Secolo in poi grandi centri di produzione di scritture correnti ad uso pratico, redatte quotidianamente secondo formule e modelli standardizzati da notai, scribi e cancellieri, e raccolte in registri e in libri conservati in appositi archivi.
Pur attraverso perdite ingentissime nel corso dei secoli, una parte di quella documentazione è pervenuta fino a noi ed è ora custodita in archivi e biblioteche di studio.
Dal Tredicesimo Secolo divenne abituale in ogni territorio europeo e in ogni strato sociale l’impiego di atti scritti per serbare memoria dei diritti, della più varia natura, goduti da enti e persone: proprietà di beni, esercizio di giurisdizioni, esenzioni e privilegi, garanzie di attività economiche.
In Italia questa documentazione giuridica fu redatta da notai che acquisirono la fides publica, vale a dire l’autorità di validare sul piano legale gli atti rogati.
I documenti medievali vanno distinti in base alla loro funzione.
La narrazione degli eventi era affidata alla scrittura di annali, editti, statuti, raccolte di canoni; la concessione di diritti alla redazione di diplomi, privilegi, accordi.
Le funzioni di governo e l’esercizio del potere erano demandato invece alla registrazione di documenti giudiziari, fiscali e amministrativi.
Gli atti privati (come acquisti, donazioni, testamenti, contratti) erano certificati dai documenti notarili.
La gestione dei patrimoni e degli affari mercantili ricorreva a inventari di beni e libri di conti.
La circolazione delle notizie e le relazioni private si affidavano ai carteggi, quelle tra autorità alla corrispondenza diplomatica.
Le riflessioni e gli insegnamenti teologici, giuridici e politici assunsero la forma di manuali e trattati dottrinari.
In ambito ecclesiastico ebbero grande importanza la redazione delle storie dei santi e la raccolta in appositi testi delle preghiere e delle letture liturgiche.
La conservazione dei documenti si affidò a due supporti: la pergamena per quelli di contenuto giuridico e di maggiore solennità come anche per i codici letterari e giuridici, e la carta – inventata in Cina e diffusa in Europa dai mercanto musulmani dal Decimo Secolo – per le scritture correnti e private.
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Ordine sacro. Grado gerarchico della Chiesa cattolica distinto in base alle funzioni liturgiche e differenziato tra ordini minori (ostario, lettore, esorcista e accolito) e maggiori (suddiacono, diacono, sacerdote).
Snodo 1. Sintesi
Quarto Secolo.
Peggioramento climatico: fase fredda destinata a durare fino all’Ottavo Secolo.
Si fa crescente la pressione delle popolazioni nomadi euroasiatiche: primi stanziamenti delle genti germaniche all’interno dell’Impero romano (375).
Le regioni settentrionali dell’Impero cinese subiscono a loro volta incursioni delle popolazioni nomadi asiatiche.
Gli imperatori Diocleziano e Costantino attuano una serie di riforme intese a contrastare la crisi economica, sociale e politica della compagine imperiale romana emersa già nel Terzo Secolo; crescente separazione tra la sua parte orientale e quella occidentale, sancita nel 395.
Ultime persecuzioni dei cristiani da parte di Diocleziano (303); Costantino ne rende libero il culto (313).
Il cristianesimo cattolico, adottato dalle élites urbane, è proclamato l’unica religione ammissibile nell’Impero (380).
Le chiese cristiane elaborano dottrine teologiche tra loro diverse, che trovano nei Concili ecumenici il luogo di definizione dell’ortodossia e delle eresie.
Il monachesimo si diffonde in Occidente.
Quinto Secolo.
Si accentua il calo della popolazione dell’Impero romano; crisi demografica delle città; abbandono dei villaggi rurali.
Carestie sempre più frequenti.
Crisi strutturale del sistema fiscale in Occidente e, conseguentemente, delle infrastrutture e dei servizi pubblici.
Stanziamento di numerose popolazioni germaniche nei territori dell’Impero romano.
Dissoluzione delle istituzioni politiche e militari imperiali in Occidente (476).
Formazione dei primi regni romano-barbarici.
Continuano le dispute dottrinali nei concili ecumenici e la riflessione teologica dei padri della Chiesa.
Monaci provenienti dalla Gallia avviano la cristianizzazione dell’Irlanda e della Britannia.
Sesto Secolo.
Il bacino del Mediterraneo è colpito dalla peste proveniente dall’Asia centrale.
Il vaiolo imperversa invece nell’Europa del Nord.
Crescita delle terre incolte.
Contrazione dei commerci, abbandono della monetazione in bronzo nei regni romano-barbarici.
I franchi consolidano il loro regno nella Gallia, i visigoti nella penisola iberica: le popolazioni germaniche cominciano a integrarsi con quelle romane.
L’imperatore Giustiniano riconquista parte dei territori mediterranei dell’Impero d’Occidente, e riordina il diritto romano.
Alla sua morte (565) l’Impero continua a esistere solo in Oriente.
I longobardi si stanziano nell’Italia settentrionale e centrale (569), dando origine alla frammentazione politica della penisola.
Popolazioni slave si insediano nei Balcani.
Benedetto da Norcia elabora la regola destinata a costituire il punto di riferimento delle esperienze monastiche successive.
La scomparsa, con l’Impero, del sistema educativo romano comincia a essere colmata da scuole vescovili e monastiche; conseguente egemonia ecclesiastica della cultura.
Introduzione dell’uso dell’era cristiana (nascita di Cristo) nella datazione degli anni.
Le invasioni degli unni disgregano l’Impero indiano dei Gupta.
Settimo Secolo.
Punto più basso della depressione demografica.
Scomparsa degli scambi a lunga distanza di beni d’uso quotidiano.
Consolidamento di sistemi economici locali a base agraria.
La circolazione delle monete d’oro si mantiene solo nell’Impero bizantino.
Maometto predica l’Islam nella penisola arabica; la sua migrazione (égira) a Medina (622) segna la nascita della comunità musulmana.
Impetuosa espansione araba nel Mediterraneo asiatico e africano.
Divisione tra la maggioranza sunnita, che fonda l’Impero islamico, e la minoranza sciita.
Dopo alcune vittorie sui persiani, l’Impero romano d’Oriente perde i territori africani e dell’Asia Minore in seguito all’avanzata degli arabi e si riduce a potenza regionale gravitante tra Egeo e Anatolia: si completa il passaggio dalla fase tardo antica a quella dell’Impero bizantino.
In Occidente si consolidano i regni dei franchi, dei visigoti e dei longobardi.
Nei primi emerge la potenza politica dei maestri di palazzo.
Si sviluppa la pratica dell’unzione sacrale.
La dinastia dei Tang, al potere dal 618, espande l’Impero cinese verso l’Asia centrale.
Ottavo Secolo.
La popolazione ricomincia lentamente a crescere in Europa.
Selve e paludi cominciano a lasciare il posto a terre coltivate.
Commercializzazione dei prodotti agricoli in eccedenza.
L’espansione islamica raggiunge l’India e l’Europa (711).
L’Impero islamico, ormai multietnico e non più solo arabo, sviluppa una florida economia di scambi ma si frammenta politicamente; nella penisola iberica si forma un emirato autonomo (756).
I franchi assumono il ruolo di difensori dell’Europa cristiana sotto la guida dei maestri di palazzo (Pipinidi), che sviluppano i legami di fedeltà vassallatica e soppiantano la dinastia dei re merovingi (751).
Nell’Impero bizantino si apre la crisi iconoclastica (726); i longobardi approfittano dei dissensi tra le Chiese di Roma e Bisanzio per consolidare il regno.
Alleanza fra Papato e franchi in funzione anti longobarda; grandi conquiste militari di Carlo Magno.
Scomparsa definitiva, in Occidente, del latino come lingua parlata; esso rimane la lingua della comunicazione scritta in virtù del monopolio ecclesiastico delle strutture educative.
Rinnovamento culturale promosso in età carolingia, caratterizzato dall’imitazione della classicità.
Nell’arcipelago giapponese il governo monarchico del tenno, insediato nella capitale Nara, raggiunge il suo apogeo.
Nono Secolo.
Miglioramento delle condizioni climatiche: fase calda destinata a durare fino al Tredicesimo Secolo.
In Europa sono attestate ricorrenti epidemie di febbri malariche, tifoidee e influenzali.
Aumento graduale della produzione e degli scambi di beni agricoli e di manufatti; crescita dei consumi.
L’elezione a imperatore di Carlo Magno, legittimata dal papa, segna il ritorno dell’Impero in Occidente (800); promosse numerose riforme economiche, amministrative ed ecclesiastiche.
Alla morte di Ludovico il Pio, l’Impero è spartito (843) tra gli eredi in aree regionali che prefigurano i successivi regni di Francia, Italia e Germania.
Cominciano le incursioni dei saraceni, degli ungari e dei popoli scandinavi (vichinghi, normanni e vareghi) sulle coste e nei territori dell’Europa cristiana.
Origine dei poteri di tipo signorile nelle campagne; si estende il fenomeno del servaggio; si avvia il fenomeno dell’incastellamento.
La dinastia dei macedoni avvia (867) uan lunga fase di ritrovata espansione economica e militare dell’Impero bizantino.
Monaci bizantini avviano la cristianizzazione degli slavi nei Balcani.
Nel sud-est asiatico si forma l’Impero Khmer, sintesi tra cultura cinese e indiana.
Nell’America centrale si afferma l’Impero dei toltechi su quello dei maya, confinato nella penisola dello Yucatan.
Decimo Secolo.
Ampliamento delle aree popolate in Europa; fondazione di nuove città, di borghi e di villaggi.
I normanni si insediano nel nord del regno di Francia: il re ne riconosce il ducato (911).
La dinastia sassone degli ottoni, sconfitti definitivamente gli ungari (955), restaura l’autorità imperiale (962), ora centrata sul regno di Germania e su quello d’Italia.
Principati territoriali e poteri locali consolidano la forma di dominazione più diffusa nell’Occidente europeo: la signoria.
Fondazione dell’abbazia di Cluny in Borgogna (910), che promuove la riforma monastica.
Diffusione dell’architettura e dell’arte romanica.
La carta comincia ad essere commercializzata in Occidente dai mercanti musulmani.
Nell’Europa orientale si converte al cristianesimo ortodosso Vladimir Primo, principe di Kiev (988).
I vichinghi raggiungono la Groenlandia sud-occidentale.
Fine dell’unità politica dell’Islam: al califfato di Baghdad si affiancano quelli degli Omayyadi in Spagna e dei Fatimidi in Egitto.
Nel sud-est asiatico orientale si sviluppa l’Impero dei Dai Viet, sconfiggendo i cinesi (939).
La dinastia dei Song assume la guida dell’Impero cinese (960).
Undicesimo secolo.
Decisa ripresa demografica in Europa.
Nell’edilizia tornano in uso la pietra e il laterizio dopo secoli di predominante ricorso al legno.
Sviluppo dei commerci con fulcro, nelle città, delle attività produttive.
I mercati del nord Europa si collegano a quelli del Mediterraneo; protagonisti sono i mercanti delle città italiane; la concessione di privilegi commerciali ai veneziani (1082) segna l’inizio del declino economico di Bisanzio.
La riforma ecclesiastica investe le chiese vescovili: sacerdoti deposti, preti scomunicati, movimenti laicali di contestazione delle gerarchie ecclesiastiche.
Riforma del papato e l’Impero sulla nomina dei vescovi.
Appello del papa alla difesa armata del pellegrinaggio in Terrasanta (1095): prima crociata e conquista di Gerusalemme.
Prime sommosse popolari antiebraiche (pogrom) in Europa.
L’aristocrazia sviluppa la discendenza in linea maschile (lignaggio).
Elaborazione ecclesiastica dell’immagine tripartita (oratores, bellatores, laboratores) delle società.
La diffusione dei rapporti feudo-vassallatici rafforza i poteri signorili e facilita la ricomposizione territoriale intorno alle monarchie.
Il duca di Normandia conquista il regno di Inghilterra (1066).
La dinastia normanna degli Altavilla riunifica politicamente l’Italia meridionale.
I regni cristiani avviano la reconquista della penisola iberica.
Nell’Europa orientale e slava si formano i primi nuclei monarchici cristiani.
La dinastia turca del Selgiuchidi assume la guida del califfato di Baghdad (1058).
Massimo splendore dell’Impero del Ghana nell’Africa subsahariana occidentale.
I vichinghi raggiungono probabilmente le coste settentrionali dell’isola di Terranova
Dodicesimo Secolo.
La lebbra conosce in Occidente il suo picco epidemico.
Ulteriore crescita economica.
Vengono istituite le fiere di Champagne.
Nelle città si formano le prime corporazioni artigiane.
Si afferma la supremazia politica del papato sulla cristianità.
Diffusione dei movimenti pauperistici ed evangelici accusati di eresia del papato monarchico.
Formazione di regni cristiani in Terrasanta; costituzione degli ordini monastici cavallereschi; nell’Europa baltica e orientale sono questi ultimi a guidare la colonizzazione e la cristianizzazione.
Reazione musulmana alle spedizioni crociate; riconquista di Gerusalemme per mano del sultano curdo Saladino (1187).
Consolidamento dei poteri monarchici in Occidente; per via matrimoniale il più grande feudatario del re di Francia, Enrico il Plantageneto, diventa re d’Inghilterra (1152).
L’evoluzione della cavalleria come ceto sociale sempre più chiuso favorisce la trasformazione dell’aristocrazia di fatto in una nobiltà di diritto.
Nella crisi dei poteri signorili le comunità rurali cominciano ad ottenere il riconoscimento di forme di autogoverno.
Si diffondono le autonomie cittadine in molti regni; in Italia i comuni si scontrano con l’imperatore e conseguono ampie prerogative politiche (1183).
Diffusione, in Europa, delle università e dei centri di formazione promossi dalle autorità pubbliche per la formazione dei laici.
Si torna a studiare il diritto romano.
Le cancellerie regie, pontificie e cittadine incrementano la produzione di atti e documenti scritti.
Sviluppo del notariato.
Il diritto canonico sancisce l’assenza di autonomia giuridica della donna.
Si sviluppa lo stile gotico nell’arte e nell’architettura.
Prende forma la nozione di purgatorio.
Nell’Impero del Giappone si afferma il potere di fatto del supremo capo militare (shogun).
Tredicesimo Secolo.
La popolazione europea raggiunge il suo picco.
Apogeo della crescita economica; ritorno della coniazione di monete d’oro.
Negli ultimi decenni primi segni di crisi demografica ed economica.
Il primato della Chiesa pontificia si afferma su ogni altra autorità politica.
Origine e diffusione degli ordini mendicanti; repressione giudiziaria delle eresie; crociate interne alla cristianità.
Prime espulsioni delle comunità ebraiche dai regni cristiani.
Il saccheggio di Costantinopoli (1204) conclude la Quarta Crociata e fonda l’Impero Latino d’Oriente, monopolizzato dall’aristocrazia feudale europea e dai mercanti veneziani.
L’Impero bizantino è restaurato (1261) su un territorio ridotto al Bosforo e a poche isole dell’Egeo.
La battaglia di Bouvines (1204) sancisce la potenza politica in Europa del regno di Francia.
Ogni pretesa universalistica dell’Impero declina con la morte (1250) di Federico Secondo di Svevia.
Diffusione dei grandi parlamenti nelle grandi monarchie, che promuovono la costruzione politica e culturale di comunità nazionali.
L’alleanza tra il papato e il Regno di Francia apre agli Angiò la conquista del Regno di Sicilia.
Si radicalizzano i conflitti tra le parti guelfa e ghibellina.
Progressiva estensione delle scritture correnti negli affari economici e nelle attività di governo: diffusione di testi in lingua volgare per necessità pratiche e uso privato; presenza delle donne nelle attività di scrittura.
Origini delle letterature volgari; il gotico diventa lo stile privilegiato delle corti regie, del papato e della nobiltà.
L’Impero dei mongoli si estende alla Russia, minaccia l’Europa, prende Baghdad, si converte all’Islam e conquista la Cina (1260): alla corte del “gran khan” si reca il viaggiatore veneziano Marco Polo.
Nell’Africa occidentale la dinastia dei Keita, convertita all’Islam, costituisce l’Impero del Mali; in quella orientale l’Impero cristiano di Abissinia entra in guerra con i vicini regni musulmani.
L’invasione degli aztechi pone fine all’Impero dei toltechi nelle regioni centrali del Messico.
Nella regione andina di Cuzco il popolo dei quechua fonda l’Impero degli inca.
Quattordicesimo Secolo
Peggioramento delle condizioni climatiche: fase fredda destinata a durare fino al Diciannovesimo Secolo.
Carestie sempre più frequenti in Europa: diminuzione della popolazione.
Ritorno della peste in Occidente (1347-1348); le ricorrenze epidemiche determinano una grave crisi di mortalità.
Ristrutturazione dell’economia agraria e manifatturiera; crisi del credito bancario e del debito pubblico.
Conflitti sociali, rivolte politiche, repressioni.
Violentissimi pogrom antisemiti.
Il conflitto tra il papato e la monarchia francese determina lo spostamento della curia pontificia ad Avignone (1309).
Lo scisma tra la Chiesa di Roma e quella di Avignone (1378) sancisce la fine di ogni pretesa universalistica del papato.
Diffusa aspirazione a nuovi valori religiosi ed etici.
Alla crisi dell’autorità pontificia si accompagna quella dell’Impero, ormai meramente tedesco.
Si apre (1337) la serie di conflitti bellici tra il Regno inglese e quello francese destinati a durare più di cent’anni.
Nelle città italiane di affermano i governi signorili.
Generale orientamento al rafforzamento dei poteri statali.
Consolidamento dei regni slavi nell’Europa orientale.
Espansione dell’Impero ottomano in Anatolia e nei Balcani.
Nelle città italiane comincia a svilupparsi l’Umanesimo, un movimento di “rinascita” letteraria, artistica e culturale fondato sul recupero dei modelli antichi.
Rinnovata espansione mongola in Asia centrale, in India e in Anatolia.
Il sultanato di Delhi si estende verso sud e sposta la capitale a Daulatabad (1328).
In Cina la dinastia dei Ming si sostituisce a quella mongola degli Yüan (1368).
In Giappone il tentativo di restaurazione del potere imperiale apre (1338) una lunga guerra civile che riafferma il potere dello shogunato.
Quindicesimo Secolo.
Nei primi decenni la popolazione europea tocca il suo punto più basso per poi tornare a crescere.
Lo scisma rilancia il modello della Chiesa conciliare; ricomposta la divisione, si riafferma l’autorità del papa; ridefinizione dei rapporti tra la Chiesa cattolica e i singoli Stati.
La conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani (1453) sancisce la fine dell’Impero bizantino e suscita una vasta eco in Europa.
Il principato di Mosca eredita la tradizione del cristianesimo ortodosso.
Si consolidano i poteri dei sovrani e degli apparati amministrativi degli Stati europei; la nobiltà, il clero e le città mantengono i propri privilegi.
Termina la guerra dei cent’anni con la perdita totale dei territori inglesi nel regno di Francia (1453).
Con l’espugnazione dell’emirato di Granada si completa la reconquista (1492); dalla Spagna sono espulse anche le comunità ebraiche.
In Italia si sviluppano Stati di dimensione regionale; dopo una serie di conflitti, la pace di Lodi (454) sancisce la nuova geografia politica.
La spedizione del re di Francia (1494) apre un periodo di guerre in cui la penisola diventa terreno di conquista delle monarchie francese e spagnola.
L’evoluzione dell’Umanesimo sfocia nel Rinascimento artistico, nello sviluppo del pensiero scientifico e in innovazioni tecnologiche destinate a conseguenze epocali.
La ricerca di una nuova via per le Indie stimola la competizione tra i regni di Portogallo e di Spagna; i primi circumnavigano l’Africa e raggiungono Calicut (1498); i secondi esplorano l’Atlantico e si imbattono con Cristoforo Colombo (1492) in un continente che Amerigo Vespucci (da cui prenderà il nome) intuisce trattarsi di un “mondo nuovo”.
Il trattato di Tordesillas spartisce tra i due regno le terre che saranno “scoperte” (1494) e avvia il colonialismo europeo.
Nell’Africa subsahariana l’Impero islamizzato di Songhai annette quello del Mali (1464); il primo carico di schiavi è importato in Portogallo nel 1444 dal Benin.
L’Impero del Dai Viet, caduto sotto il dominio della dinastia cinese dei Ming (1407), è ricostituito nel 1428.
Apogeo dell’Impero azteco estesosi a gran parte del Messico centro-meridionale ma destinato a crollare all’arrivo dei conquistadores spagnoli (1519).
Ampia espansione dell’Impero andino degli inca, la civiltà più progredita del continente americano prima dell’arrivo degli europei (1531)
Snodo 1. Approfondimenti bibliografici
Medioevo e Risorgimento: l’invenzione dell’identità italiana nell’Ottocento / D. Balestracci. – Il Mulino, 2015
Lo specchio di Shalott : l’invenzione del Medioevo nella cultura dell’Ottocento / R. Bordone. – Liguori, 1993
Viaggio intorno al concetto di Medioevo: profilo di storia della storiografia medievale / L. Gatto. – Bulzoni, 1977
L’idea di Medioevo: tra senso comune e pratica storica / G. Sergi. – Donzelli, 1999
Medioevo militante: la politica di oggi alle prese con barbari e crociati / T. Di Carpegna Falconieri. – Einaudi, 2011
Il Medioevo secondo Walt Disney: come l’America ha inventato l’età di mezzo / M. Sanfilippo. – Castelvecchi, 2003
Antidoti all’abuso della storia: Medioevo, medievisti, smentite / G. Sergi. – Liguori, 2010
Guida allo studio della storia medievale / P. Cammarosano. – Laterza, 2004
Introduzione alla storia medievale / P. Delogu. – Il Mulino, 2003
Introduzione alla storia medievale / a cura di G. Albertoni, T. lazzari. – Il Mulino, 2015
Medioevo: istruzioni per l’uso / F. Senatore. – Bruno Mondadori, 2008
Capire il Medioevo: le fonti e i temi / S. Tramontana. – Carocci, 2011
Italia medievale: struttura e geografia delle fonti scritte / P. Cammarosano. – Carocci, 1991
Medioevo da leggere: guida allo studio delle testimonianze scritte del Medioevo italiano / A. Petrucci. – Einaudi, 1992
Genesi e forme del documento medievale / A. Pratesi. – Jouvence, 1987
Introduzione all’archeologia medievale: storia e ricerca in Italia / S. Gelichi. – Carocci, 2011
Periodi e contenuti del Medioevo / a cura di P. Delogu. – Il Ventaglio, 1988
La società medievale / a cura di S. Collodo. – Monduzzi, 1999
La storia: i grandi problemi, vol. 2.: Il medioevo / a cura di N. Tranfaglia, M. Firpo. – UTET, 1986-88
Storia d’Europa, vol. 3.: Il Medioevo: secoli Quinto-Quindicesimo / a cura di G. Ortalli. – Einaudi, 1984
Storia d’Europa e del Mediterraneo. Vol. 4.: Il Medioevo, secoli 5.-15. / a cura di A. Barbero. – Salerno Ed., 2006-7
Storia medievale. – Donzelli, 1998
Ai confini dell’Europa medievale / D. Balestracci. – Bruno Mondadori, 2008
World History: le nuove rotte della storia / M. Meriggi. – Laterza, 2011
Il tempo continuo della storia / J. Le Goff. – Laterza, 2014
Il miracolo europeo: ambiente, economia e geopolitica nella storia europea ed asiatica / E. J. Jones. – Il Mulino, 1984
Storia del clima: dal big bang alle catastrofi climatiche / P. Acot. – Donzelli, 2003
Tempo di festa, tempo di carestia: storia del clima dall’anno mille / E. Le Roy Ladurie. – Einaudi, 1982
Medioevo maschio: amore e matrimonio / / G. Duby. – Laterza, 1988
Famiglia e parentela nell’Italia meridionale / a cura di G. Duby, J. Le Goff. – Il Mulino, 1981
Famiglia e istituzioni nel Medioevo italiano: dal tardo antico al Rinascimento / F. Leverotti. – Carocci, 2005
Storia del matrimonio / a cura di M. De Giorgio, Ch. Klapisch-Zuber. – Laterza, 1996
La condizione giuridica delle donne nel Medioevo / a cura di M. Davide. – CERM, 2012
Donne e lavoro nell’Italia meridionale / a cura di M. G. Muzzarelli, P. Galetti, B. Andreolli. – Rosenberg & Sellier. – 1991
Idee sulla donna nel Medioevo: fonti e aspetti giuridici, antropologici, religiosi, sociali e letterari della condizione femminile / a cura di M. C. De Matteis. – Patron, 1981
Le donne nell’Alto Medioevo / T. Lazzari. – Bruno Mondadori, 2010
Uomini e donne nel Medioevo: storia del genere, Secoli Dodicesimo-Quindicesimo / D. Lett. – Il Mulino, 2014
Le donne nell’Italia medievale, Secoli Sesto-Tredicesimo / P. Skinner. – Viella, 2005
Storia delle donne in Occidente, vol. 2.: Il Medioevo / a cura di G. Duby, M. Perrot. – Laterza, 1997
L’amore e la sessualità / a cura di G. Duby. – Dedalo, 1994
L’edilizia nel Medioevo / G. Coppola. – Carocci, 2015
La vita quotidiana nel Medioevo / R. Delort. – Laterza, 1989
Disciplinare il lusso: la legislazione suntuaria in Italia e in Europa tra Medioevo ed età moderna / a cura di M. G. Muzzarelli, A. Campanini. – Carocci, 2003
Gente del Medioevo / R. Fossier. – Donzelli, 2007
Storia di un giorno in una città medievale / A. Frugoni, C. Frugoni. – Laterza, 1999
Alimentazione e cultura nel Medioevo / M. Montanari. – Laterza, 1988
Guardaroba medievale: vesti e società dal Tredicesimo al Sedicesimo Secolo / M. G. Muzzarelli. – Il Mulino, 1999
I paesaggi dell’Italia medievale / R. rao. – Carocci, 2015
Vassalli, feudi, feudalesimo / G. Albertoni. – Carocci, 2015
Il mito delle nazioni: le origini medievali dell’Europa / P. J. Geary. – Carocci, 2009
Profilo di storia del Medioevo latino-germanico / G. Tabacco. – Scriptorium, 1996
La società feudale / M. Bloch. – Einaudi, 1999
I re taumaturghi / M. Bloch. – Einaudi, 2012
La santa romana repubblica: profilo storico del Medioevo / G. Falco. – Ricciardi, 1986
Autunno del Medioevo / J. Hiuzinga. – Rizzoli, 2009
Federico Secondo Imperatore / E. H. Kantorowicz. – Garzanti, 2000
Medioevo cristiano / R. Morghen. – Laterza, 1994
Le città del Medioevo / H. Pirenne. – Laterza, 2007
Maometto e Carlomagno / H. Pirenne. – Laterza, 2010
Egemonie sociali e strutture del potere nel Medioevo italiano / G. Tabacco. – Einaudi, 1979
Snodo 2. La fine del mondo antico, Secoli Quarto-Settimo
La fine del mondo antico maturò, tra Terzo e Settimo Secolo d. C., per effetto di tre grandi fenomeni: la crisi economica, sociale e politica dell’Impero romano, la diffusione del cristianesimo e le invasioni barbariche.
La crisi dell’Impero fu affrontata con uan serie di riforme, la più importante delle quali fu la sua divisione in due parti alla fine del Quarto Secolo: l’Occidente, dove la crisi fu più intensa, crollò sotto la spinta delle migrazioni dei popoli barbarici nel corso del Quinto Secolo: l’Oriente, invece, fu capace di respingerle e di porre le basi del successivo dominio bizantino.
Il cristianesimo si diffuse progressivamente fino ad essere adottato quale religione dell’Impero alla fine del Quarto Secolo.
L’evangelizzazione delle popolazioni barbariche vice invece prevalere la dottrina ariana, che rese tardiva la loro integrazione con i romani, raggiunta solo con la conversione al cattolicesimo.
Le relazioni che, sin dai primi tempi, i barbari avevano intrattenuto con l’Impero si tramutarono in invasioni tra il Quarto e il Quinto Secolo; ciò portò alla dissoluzione della struttura imperiale in Occidente e alla formazione di una pluralità di regni.
La loro durata dipese dalla capacità di integrazione tra i modi di vita barbarici e le strutture sociali e religiose del mondo romano: là dove fu più accentuata, come nel caso dei franchi, essa portò a quell’incontro di civiltà – romana, cristiana e barbarica – che avrebbe caratterizzato la successiva età medievale.
Cap. 3. La trasformazione del mondo romano
Latifondo. Vasta estensione di terreno, di proprietà in età romana dell’aristocrazia senatoria, dove la produzione agricola era legata alla quantità della terra a disposizione più che alla qualità dei mezzi di sfruttamento.
Senato. Dal latino senex (anziano, da cui senatus, assemblea degli anziani), il senato fu istituito nella Roma più antica come una delle maggiori magistrature con compiti consultivi e di ratifica.
Progressivamente costituito da membri appartenenti alle famiglie patrizie, in età imperiale, pur perdendo potere effettivo, rimase luogo di distinzione dell’aristocrazia.
Catasto. Nell’Impero romano il termine indicava la lista dei beni immobili (terreni e fabbricati urbani) redatta per accertarne la proprietà e per ripartire il carico fiscale sulla base del reddito imponibile.
Coloni. Negli ultimi secoli dell’Impero romano, i contadini affittuari di lotti di terreno appartenenti ai latifondi furono vincolati ereditariamente alla terra; ciò finì con l’accomunarli, pur giuridicamente uomini liberi, agli schiavi che lavoravano le terre dei loro proprietari.
Col termine di coloni si continuò così a indicare nei secoli successivi i contadini dipendenti che coltivavano terra altrui.
Focus. Romani e barbari: integrazioni e conflitti
Alla trasformazione del mondo romano contribuì in maniera determinante l’incontro tra le popolazioni barbariche e quelle romane.
A lungo gli storici hanno ritenuto che la fine dell’Impero romano in Occidente fosse stata dovuta alle “invasioni” barbariche e alle distruzioni da esse perpetrate.
Ma come avevano già compreso alcuni autori romani, le migrazioni dei germani non avevano dato luogo a una contrapposizione di civiltà, bensì a un più complesso processo di acculturazione reciproca.
Ciò che avvenne fu un contatto prolungato e diretto fra culture diverse, tale da modificarne i modelli di riferimento: il mondo barbarico era seminomade, rurale, tribale e pagano; quello romano stanziale, urbano, socialmente organizzato e progressivamente cristianizzato.
Il contatto tra culture così diverse produsse inevitabilmente conflitti e violenze, ma anche integrazioni e convivenze.
Sia il mondo romano sia il mondo barbarico erano moto eterogenei al proprio interno: molte province dell’Impero, per quanto romanizzate, avevano mantenuto forti identità locali; i popoli barbarici, erano costituiti da tribù di identità etnica molto fluida.
Ciò spiega anche perché l’incontro tra le popolazioni diede vita a configurazioni assai diverse a seconda delle regioni.
L’irruzione e lo stanziamento delle tribù germaniche all’interno dei confini dell’Impero romano occidentale non lo sconvolsero all’improvviso, ma si diluirono nel tempo, dalle prime incursioni nel Secondo Secolo alle ultime migrazioni del Sesto Secolo.
Inoltre, i nuovi venuti non erano numerosi a fronte delle popolazioni residenti, e dunque il loro impatto fu graduale.
Nondimeno, le violenze e le distruzioni furono numerose e i loro effetti contribuirono a segnare la discontinuità economiche, politiche e culturali tra il mondo romano e quello medievale.
Prevalsero però gli elementi di integrazione, cui diede un contributo fondamentale anche il processo di conversione al cristianesimo da parte delle popolazioni barbariche.
Il numero dei barbari
Popolazione |
Stime del numero degli individui migranti |
Visigoti |
100.000 |
Vandali |
80.000 |
Burgundi |
30 / 50.000 |
Ostrogoti |
100 / 125.000 |
Longobardi |
100.000 |
I barbari migrati in Occidente furono ovunque una netta minoranza rispetto alle popolazioni di origine romana, che probabilmente raggiungevano i 18-20 milioni in Occidente e in Africa alla metà del Quinto Secolo
L’influenza dei romani era stata intensa sin dal Primo Secolo e aveva determinato cambiamenti nelle tribù ben prima che esse fossero attratte dalle più fertili e miti regioni mediterranee e dalle ricchezze delle province imperiali.
L’afflusso di beni romani accentuò le stratificazioni sociali ed economiche all’interno delle tribù e acuì le differenze di rango tra i vari capi.
L’arruolamento di guerrieri germanici nell’esercito romano favorì la creazione di forti nuclei di potere all’interno delle genti barbariche, interlocutori privilegiati di Roma.
Le strategie di integrazione attuate con la foederatio e l’hospitalitas contribuirono ad attenuare i conflitti e a promuovere occasioni di incontro.
Nel complesso il processo di acculturazione vide prevalere i modelli romani, nonostante che le popolazioni latine fossero quasi sempre escluse dal potere militare e politico nei regni post imperiali.
Ciò spiega perché i germani contrastarono spesso l’integrazione con i romani, scegliendo talora di non mescolarsi (come fecero i vandali e gli ostrogoti), e resistettero all’assimilazione totale.
Editto. Dal latino edicere (annunziare), il termine indicò in età imperiale romana l’ordinanza di un’autorità, dal magistrato all’imperatore, con la quale si comunicavano al popolo norme di carattere generale.
Arianesimo. Dottrina cristiana elaborata da un prete egiziano, Ario, che negava la natura divina a Gesù, sostenendo la sua inferiorità rispetto al Padre; pur condannata come eretica nel Concilio di Nicea del 325 continuò a essere seguita da molte chiese in Oriente e da alcuni popoli barbarici, per i quali costituì a lungo un elemento di identità.
Cattolico. Termine di origine greca (katholikos, universale) impiegato per indicare la “retta fede” in contrapposizione ai gruppi eretici o scismatici, e pertanto la Chiesa cristiana universale, che riconosceva la sola natura nelle tre persone della Trinità (Padre, Figlio, Spirito Santo).
La cristianizzazione delle popolazioni barbariche
Popolazione |
Religione precedente |
Prima forma di cristianizzazione |
Conversione ufficiale al cristianesimo |
Franchi |
Politeismo |
- |
496 |
Visigoti |
Politeismo |
Arianesimo |
589 |
Longobardi |
Politeismo |
Arianesimo |
653 |
I franchi aderirono direttamente al cristianesimo cattolico.
Visigoti e longobardi, evangelizzati dapprima al cristianesimo di tipo ariano si convertirono al cattolicesimo tardivamente: nei loro regni, la lunga coabitazione di due Chiese, ciascuna con propri vescovi e chierici, rallentò il processo di integrazione con la popolazione romana.
La precocità della conversione al cattolicesimo da parte dei franchi fu invece alla base della loro supremazia politica e di civiltà sull’Occidente europeo.
Limes. Termine latino che in origine indicava il sentiero che segnava il confine tra due campi.
In età imperiale venne a indicare prima uan strada militare fortificata e poi l’insieme delle strutture difensive poste ai confini dell’Impero.
Cap. 4. L’Occidente post imperiale
Fisco. Nell’Impero romano con il termine fiscus si indicava il patrimonio dell’imperatore, quello che oggi chiameremmo il demanio (dal latino dominium, ovvero il possesso del sovrano), ossia l’insieme dei beni mobili e immobili di provenienza pubblica, distinti dal suo patrimonio privato.
Con la dissoluzione dell’Impero, in Occidente, decadde ogni regolare sistema di tributi, a cominciare da quelli fondati sul sistema del catasto.
Nei regni romano-barbarici e poi nell’Impero carolingio la ricchezza pubblica fu costituita dal patrimonio fiscale, cale a dire dalle proprietà fondiarie del re, senza più alcuna distinzione fra patrimonio pubblico e patrimonio del sovrano.
Il termine fisco venne allora ad indicare le aziende agrarie – indicate anche come curtes regiae o villae – appartenenti al sovrano, la cui amministrazione era affidata ad appositi ufficiali (detti gastaldi nel regno longobardo, o conti in quello francese) impegnati nella gestione delle proprietà regie.
Le compilazioni delle leggi scritte
Promulgazione |
Regno |
Titolo |
Popolazione di riferimento |
453-466 |
Visigoti |
Lex visigothorum |
Visigoti |
466-484 |
Visigoti |
Codex euricianus |
Visigoti |
475-516 |
Burgundi |
Gundobada lex |
Burgundi |
506 |
Visigoti |
Lex romana visigothorum |
Romani |
510 |
Franchi |
Pactus legis salicae |
Franchi salii |
517 |
Burgundi |
Lex romana burgundiorum |
Romani |
Prima metà del Sesto Secolo |
Franchi |
Lex ripuaria |
Franchi ripuarii |
567-586 |
Visigoti |
Lex visigothorum |
Visigoti |
643 |
Longobardi |
Edictum |
Longobardi |
654 |
Visigoti |
Liber iudiciorum |
Visigoti e romani |
717-719 |
Franchi |
Lex alamannorum |
Alamanni |
744-748 |
Franchi |
Lex baiuvariorum |
Bavari |
Le raccolte normative promosse nei regni romano-barbarici si rivolsero inizialmente ai diversi gruppi etnici, secondo il principio della personalità del diritto, come è particolarmente evidente nel regno dei franchi.
Nei regni visigoto e burgundo i sovrani germanici destinarono una raccolta di leggi anche alla componente maggioritaria della loro popolazione, cioè ai romani.
Il re visigoti Recesvindo fu invece il primo sovrano a disporre nel 654 una legislazione valida per tutti.
Duchi. Termine di origine latina (duces) che fu utilizzato nei regni romano-barbarici per indicare i capi militari ci il re affidava responsabilità di comando e poi più generalmente i capi, dotati di poteri militari e civili, delle circoscrizioni territoriali in cui i regni vennero suddivisi.
Stime della popolazione in Italia.
Anno |
200 |
300 |
400 |
500 |
600 |
700 |
800 |
Milioni di abitanti |
8,5 |
8 |
7,7 |
6,2 |
4,2 |
4 |
4,2 |
Le stime dell’evoluzione della popolazione in Italia fra Terzo e Ottavo Secolo delineano una parabola concava.
La penisola, che contava intorno al 200 circa 8,5 milioni di abitanti, conobbe nei secoli successivi un forte declino demografico (con città in rovina, campagne spopolate e villaggi abbandonati) determinato dalle guerre, dalla carestie e dalle epidemie.
La recessione culminò nella seconda metà del Settimo Secolo, con un dimezzamento della popolazione iniziale.
Dall’Ottavo Secolo si colgono dei diffusi segnali di una ripresa continua della popolazione, destinata a impennarsi nell’Undicesimo Secolo.
Arimanni. Nella società longobarda erano così indicati gli uomini liberi capaci di portare le armi e dunque tenuti a fare parte dell’esercito: una condizione di obbligo militare che alcuni gruppi di arimanni mantennero anche successivamente al dominio longobardo.
Aldii. Nella società longobarda erano così indicati gli individui semiliberi, che a differenza dei servi non erano proprietà di un padrone, ma che non possedendo terra da lavorare e armi per combattere erano costretti a mettersi sotto la protezione di un padrino e lavorare per lui.
Fare. Nella società longobarda erano così indicati i raggruppamenti familiari ampi, costituiti appositamente per le spedizioni militari e guidati da capi guerrieri, che si insediarono perlopiù intorno a fortificazioni preesistenti o a nuclei di latifondi confiscati alle popolazioni romane.
Gastaldi. Nel regno longobardo erano così indicati gli amministratori delle curtes regiae, cioè delle aziende agrarie di patrimonio del re.
Nel tempo le loro funzioni si estesero a comprendere funzioni giudiziarie, militari e di ordine pubblico svolte per i re nell’ambito dei ducati.
Esarca. Titolo dei comandanti militari bizantini che, dal Sesto Secolo, indicò i governatori inviati a Ravenna e Cartagine come rappresentanti dell’imperatore con funzioni dapprima militari e poi anche civili nei territori riconquistati che, presero il nome di esarcati.
Le origini della Lombardia e della Romagna
L’origine dei nomi delle regioni italiane Lombardia e Romagna risale al periodo successivo alla migrazione dei longobardi.
Essi si insediarono in larga parte della pianura padana facendo di Pavia la capitale del loro regno.
L’unica area che rimase controllata dall’Impero romano fu quella intorno a Ravenna: da qui il termine “Romania” con cui essa fu da allora indicata, fino all’odierna Romagna.
L’estesa area controllata dai longobardi fu invece chiamata “Longobardia” e non a caso per tutto il Medioevo il termine indicò una regione più vasta dell’attuale Lombardia, comprendente uan parte degli attuali Piemonte, Emilia e Veneto
Lessico italiano di origine longobarda
L’redità longobarda nella cultura italiana si può cogliere anche nelle tracce profonde che il lessico germanico ha lasciato nella lingua italiana: nella toponomastica e nei termini di uso quotidiano
Campi lessicali |
Longobardismi |
Bosco |
Guado, gualdo, valdi |
Boschetto recintato |
Cafaggio, gaggio, gazzo |
Fattoria |
Sala |
Pianura |
Braida, breda, brera |
Torrente |
Pescia, pesciola, peccioli |
Spazio d’acqua |
Guazzatoio, larna |
Spazio verde |
Brolio (se recintato), prato, prataglia |
Suolo |
Melma, tonfano |
Zona di guardia |
Guarda, guastalla, niguarda |
Animali e caccia |
Bracco, falco, ghermire, stambecco, stia, taccola, trappola |
Arredi e utensili |
Banco, barella, fodera, gruccia, palla, ranno, scaffale, spranga, stucco, tappo, trogolo |
Arte militare |
Briglia, elmo, elsa, sguattero, sperone, spiedo, staffa, guerra, tregua |
Strutture edilizie |
Balcone, balza, palco, rampa, sala, scuro, spalto, stucco |
Parti del corpo |
Anca, ciuffo, grinza, guancia, milza, stinco, zanna, zazzera |
Aggettivi |
Bianco, gramo, ricco, stracco |
Astratti |
Smacco, scherno, tanfo, tonfo |
Snodo 2. Sintesi
La crisi dell’Impero romano si manifestò nel corso del Terzo Secolo sul piano economico-sociale e su quello politico.
Alcuni imperatori, da Diocleziano a Teodosio, furono capaci di attuare provvedimenti di riforma che diedero risultati soprattutto sul piano politico.
La decisione di separare in due parti l’Impero alla fine del Quarto Secolo rispose alla necessità di amministrare meglio un dominio troppo esteso e, a un tempo, alla presa d’atto delle differenze esistenti tra le varie regioni.
Tra le reazioni alla crisi ebbe durature conseguenze l’istituzionalizzazione del cristianesimo, che maturò nel corso del Quarto Secolo, a partire dall’età di Costantino.
Determinanti furono non solo la liberalizzazione del culto e la sua proclamazione a religione di Stato, ma anche la conversione di patriziati urbani e le funzioni che le chiese vescovili svolsero a livello sociale e politico, sempre più surrogando la sempre più assente azione dello Stato.
Le seminomadi popolazioni barbariche che da secoli avevano intrattenuto rapporti economici con l’Impero e fornito guerrieri al suo esercito furono via via attratte dalle sue ricchezze, anche perché pressate da est da violente popolazioni asiatiche.
Tra la fine del Quarto e l’inizio del Quinto Secolo si riversarono così al suo interno intere popolazioni che progressivamente si stabilizzarono, non senza conflitti e devastazioni, dando luogo a regni misti che in Occidente finirono col sostituirsi alla compagine imperiale nella seconda metà del secolo.
L’incontro di culture che si riprodusse tra le popolazioni romane e quelle germaniche diede luogo a soluzioni diverse nelle varie regioni che erano appartenute all’Impero.
Alcuni gruppi etnici resistettero all’assimilazione alla maggioranza latina, taluni reagendo con la sopraffazione, come i vandali, altri evitando ogni commistione, come gli ostrogoti.
Più durature e più solide si rivelarono le esperienze che promossero un’effettiva integrazione, come nel caso dei visigoti.
Decisivi furono i tempi di conversione delle popolazioni, alcune delle quali si erano avvicinate al cristianesimo nella sua forma ariana.
La precoce conversione dei franchi, già alla fine del Quinto Secolo e direttamente al cattolicesimo, fu determinante nell’aprire loro i ruoli politici e il prestigio sociale della Chiesa.
La fusione tra la tradizione pubblica romana, l’attitudine germanica e la cultura spirituale cristiana, che fu progressivamente elaborata nel regno dei franchi tra Sesto e Settimo Secolo, fu alla base del suo protagonismo nella scena politica europea del secolo successivo.
L’Italia fu invece teatro di non fortunati svolgimenti tra Quinto e Sesto Secolo.
Dapprima il fragile condominio promosso nel regno ostrogoto, poi la lunga e devastante guerra di riconquista bizantina e infine la tardiva irruzione di una popolazione barbarica tra le più rozze, quella dei longobardi, ne acuirono il declino, reso più grave dalla divisione geo-politica tra i possessi bizantini e il muovo regno.
L’attore politico più maturo si rivelò il papa che nel corso dell’Ottavo Secolo strinse una strategica alleanza con la dinastia carolingia con i franchi.
Snodo 2. Sintesi cronologica
Terzo Secolo
212 Estensione della cittadinanza romana a tutti gli uomini liberi dell’Impero.
235-284 Periodo di “anarchia militare”: si succedono ventotto imperatori, talora contrapposti, proclamati dagli eserciti.
249-303 Persecuzioni dei cristiani da parte degli imperatori
271-279 L’imperatore Aureliano dispone la costruzione di una nuova cinta muraria a Roma, per difenderla dalle incursioni delle popolazioni barbariche
286 La capitale dell’Impero viene spostata da Roma a Milano da Diocleziano
293 Diocleziano riforma l’autorità imperiale, istituendo la “tetrarchia”.
Quarto Secolo
313 Editto di Costantino che consente la libertà di culto a tutte le religioni dell’Impero, tra cui i cristiani, cui vengono restituiti i beni confiscati durante le persecuzioni
325 Primo concilio ecumenico delle Chiese cristiane, convocato a Nicea da Costantino: condanna dell’arianesimo
330 Costantino rifonda Bisanzio come Costantinopoli, nuova capitale dell’Impero.
350-80 ca. Il vescovo Ulfila traduce la Bibbia in gotico e converte all’arianesimo varie etnie barbariche
378 I visigoti sconfiggono in battaglia l’esercito imperale ad Adrianopoli: l’imperatore Valente muore sul campo
380 Teodosio proclama il cristianesimo cattolico religione dell’Impero e proibisce gli altri culti
395 Alla morte di Teodosio l’Impero viene diviso tra parte occidentale e parte orientale
Quinto Secolo
402 La capitale della parte occidentale dell’Impero viene spostata da Milano a Ravenna
406-7 Diverse popolazioni barbariche attraversano il Reno, dilagando in Gallia.
406-9 L’Impero abbandona con i propri eserciti, rispettivamente, la Britannia e la penisola iberica, immediatamente invase da popolazioni barbariche.
410 I visigoti, guidati da Alarico, saccheggiano Roma
412-8 I burgundi si stanziano in Gallia, lungo il Reno
429 I vandali, guidati da Genserico, si stanziano nell’Africa settentrionale
451 L’esercito imperiale guidato dal generale Ezio sconfigge in battaglia gli unni di Attila ai Campi Caralaunici
453-66 Prima raccolta di leggi scritte di una popolazione barbarica: la Lex Visigothorum disposta dal re Teodorico Secondo.
455 Genserico guida i vandali al saccheggio, via mere, di Roma
476 Deposizione dell’ultimo imperatore romano d’Occidente, Romolo Augustolo, per mano del generale sciro Odoacre.
488-93 Gli ostrogoti migrano in Italia guidato da Teodorico che sconfigge militarmente Odoacre e diventa sovrano di fatto
496 Clodoveo, re dei franchi, si converte al cattolicesimo, primo tra i sovrani barbarici.
Sesto Secolo.
506 Il re visigoto Alarico Secondo fa redigere la prima raccolta di leggi scritte per la popolazione romana del suo regno, la Lex romana visigothorum.
507 I franchi, guidati da Clodoveo, sconfiggono a Vouillé i visigoti costringendoli a spostarsi in Spagna
511 Alla morte di Clodoveo, il regno dei franchi viene diviso tra i figli
526 Il re ostrogoto Teodorico avvia una dura repressione della popolazione romana, condannando a morte funzionari come Boezio e Simmaco e incarcerando papa Giovanni Primo.
531-36 I franchi conquistano la Turingia, la Burgundia e la Provenza: i loro regni si dividono tra Austrasia, Neustria, Burgundia e Aquitania.
533-34 Giustiniano riconquista all’Impero l’Africa vandala.
553-54 Giustiniano muove alla riconquista dell’Impero anche della penisola iberica, ma il regno dei visigoti ne limita l’avanzata alle coste meridionali
554 Con la Prammatica sanzione Giustiniano riorganizza l’amministrazione in Italia, sottratta agli ostrogoti.
569 I longobardi, guidati da Alboino, invadono l’Italia, senza occuparla tutta: si produce così una profonda frattura della sua unità politica, destinata a perdurare fino al Secolo Diciannovesimo
574-84 I duchi longobardi Agilulfo e la sposa Teodolinda si convertono al cattolicesimo, grazie anche alla mediazione di papa Gregorio Magno
Settimo Secolo.
613-39 Il re Clotario Secondo e Dagoberto riportano ad unità politica i regni dei franchi
626 La corte regia longobarda è costituita stabilmente a Pavia
633 I concili convocati dai re visigoti sono aperti alla partecipazione dell’aristocrazia laica e alla approvazione non solo di questioni di fede ma anche delle decisioni politiche.
636-52 Il re longobardo Rotari rafforza l’apparato amministrativo e di governo, mette per iscritto le consuetudini del suo popolo (643) e conquista la Liguria bizantina (640).
653 Il re longobardo Ariperto abolisce ufficialmente l’arianesimo dei vescovi di Ravenna e di Roma.
654 Il re visigoto Recesvindo è il primo a disporre la pubblicazione di un corpo di leggi scritte (Liber iudiciorum) valido per entrambe le popolazioni.
666 L’imperatore bizantino concede al vescovo di Ravenna l’”autocefalia”, cioè l’indipendenza disciplinare dal vescovo di Roma.
687 Per via militare, Pipino Secondo di Herstal, maggiordomo del regno di Austrasia, diviene il ministro di palazzo dei regni franchi di Austrasia, Neustria e Burgundia
Ottavo Secolo.
711-716 Invasione e conquista della Spagna visigota da parte degli arabi
712-744 Il re longobardo Liutprando, sovrano di una società etnicamente mista, approfitta dei difficili rapporti tra Bisanzio e il papato per espandere il proprio regno
732 L’esercito franco, guidato da Carlo Martello, arresta definitivamente a Poitiers l’avanzata degli arabi in Europa
749-774 Gli ultimi re longobardi Astolfo e Desiderio occupano ripetutamente Ravenna e minacciano i territori bizantini sino al ducato di Roma; il papa sollecita l’aiuto militare dei franchi
751 Pipino il Breve assume la corona di re dei franchi, deponendo l’ultimo re della dinastia merovingia Childerico Terzo
754 L’alleanza dei franchi con la Chiesa di Roma è suggellata dalla consacrazione da parte del papa Stefano Secondo di Pipino e dei figli Carlomanno e Carlo, il futuro Carlo Magno.
774 Conquista del regno longobardo da parte di Carlo Magno.
Snodo 2. Mappe concettuali
La trasformazione del mondo romano
Crisi dell’Impero
Terminate le guerre di espansione nel Terzo Secolo, l’economia comincia a ristagnare
Crisi del potere imperiale: 28 sovrani tra 235 e 284
Tra Terzo e Quarto Secolo riforme di Diocleziano e Costantino: governo imperiale trasformato in una “tetrarchia”, poi rafforzato in senso monarchico; riformate le circoscrizioni territoriali, separando le carriere militari da quelle civili; esercito diviso tra truppe sui confini e legioni mobili da combattimento; sistema di esazione della tassa fondiaria fondato sul catasto; nuova moneta d’oro
Diffusione del cristianesimo
Agli inizi del Quarto Secolo il cristianesimo è ancora uan religione minoritaria nell’Impero. Persecuzioni dei cristiani.
Adesione al cristianesimo delle élites urbane. Concessione della libertà di culto da parte di Costantino nel 313.
I concili ecumenici convocati dagli imperatori affermano il cattolicesimo come “retta fede” in contrapposizione alle eresie.
Conversione delle popolazioni barbariche al cristianesimo mediata da dottrina ariana: per primi si convertono al cattolicesimo i franchi; tardivamente visigoti e longobardi.
Invasioni barbariche.
Primo Secolo: incontro tra i barbari e i romani con la fortificazione del limes sul Reno e il Danubio.
Quarto-Quinto Secolo: la formazione di una dominazione violenta da parte degli unni in Pannonia dà avvio a un processo di spostamenti delle popolazioni, attratte dalle miti regioni mediterranee e dalle ricchezze delle province imperiali.
375: lo spostamento in Tracia dei visigoti segna l’inizio delle invasioni, culminanti nel crollo del limes romano nell’inverno 406-7.
Nella parte orientale dell’Impero prevalgono sentimenti d’ostilità e le incursioni vengono deviate verso Occidente, dove si sperimentano tentativi di integrazione.
Dissoluzione dell’Impero in Occidente.
Quarto Secolo: si susseguono in Occidente imperatori privi di reale potere.
464-486: in Gallia il dominio del generale Siagrio costituisce l’ultimo avamposto gallo-romano in un contesto ormai germanizzato.
476: in Italia Odoacre depone Romolo Augustolo e restituisce a Costantinopoli le insegne imperiali, dando vita a un dominio personale.
Separazione tra Oriente e Occidente.
330: trasferimento della capitale a Costantinopoli.
Le città decadono in Occidente; le ricchezze tendono a confluire verso Oriente.
395: Teodosio dispone alla sua morte la suddivisione dell’Impero. La crisi in Occidente accentua la disgregazione delle istituzioni e le disparità sociali.
Istituzionalizzazione del cristianesimo.
Il cristianesimo è accettato dall’Impero e riconosciuto come religione ufficiale nel 380.
Si impone l’ortodossia cattolica definita dal concili di Nicea (325) e di Costantinopoli (381): una sola Chiesa, santa, cattolica e apostolica
Modello di “chiesa imperiale”: chiese urbane guidate da gerarchia ecclesiastica, da un corpo di norme e da formule di fede.
I regni romano-barbarici.
Incontri delle tradizioni e dei modelli di vita barbarici con le strutture sociali e politiche e i modelli ideologici e religiosi della romanità |
Quinto Secolo: regno romano-barbarici. |
La loro durata e stabilità nel tempo dipendono dal grado di integrazione raggiunta trai barbari e i romani |
L’aristocrazia senatoria romana mantiene autorità e patrimoni fondiari
Le istituzioni ecclesiastiche garantiscono l’inquadramento delle popolazioni latine: i monasteri e i vescovi si fanno carico dell’assistenza degli abitanti svolgendo compiti amministrativi e giudiziari e provvedendo alla difesa e al rifornimento alimentare.
Il possesso di terre da parte dei barbari produce nel tempo un’informazione con la componente maggioritaria romana.
I re sono capi militari eletti dalle aristocrazie barbariche.
Nel corso del tempo la loro funzione si trasforma dal semplice comando sugli uomini al più complesso governo di un territorio.
Scomparsa con l’Impero ogni capacità di imporre le tasse, le risorse di cui i re dispongono provengono soprattutto dal fisco regio.
Amministrazione centrale limitata a poche persone, spesso appartenenti alla popolazione romana.
I romani continuano a vivere secondo il diritto romano, i barbari seguendo le proprie consuetudini giuridiche, progressivamente messe per iscritto e estese a tutti i sudditi del regno
Vandali. Africa del nord: duro dominio militare, sfruttamento economico e rigida intolleranza religiosa alienano loro l’appoggio delle popolazioni romane |
Ostrogoti. Teoderico tiene separate le popolazioni romana e barbarica, con proprie leggi, lingua e religione. L’assenza di assimilazione si rivela fragile di fronte alla guerra bizantina che pone fine al regno nel 553. |
Visigoti. Penisola iberica: integrazione con le popolazioni romane favorita da matrimoni misti e suggellata da un corpo di leggi comune (654). Il regno dura fino all’avanzata degli arabi nel 711-716 |
Longobardi. Impatto violento sulla società italica. Papa Gregorio Magno avvia la conciliazione, fino alla conversione dei re al cattolicesimo. L’integrazione è raggiunta solo all’inizio dell’Ottavo Secolo. |
Franchi. Integrazione favorita dalla conversione al cattolicesimo già alla fine del Quinto Secolo. La fusione tra tradizione pubblica romana, attitudine militare germanica e cultura spirituale cristiana è alla base della solidità del regno |
Snodo 2. Approfondimenti bibliografici.
Sulla crisi dell’Impero romano.
L’epoca tardoantica / H. Brandt. – Il Mulino, 2005
Il mondo tardo antico: da Marco Aurelio a Maometto / P. Brown. – Einaudi, 1974
Il tardo Impero romano / A. Cameron. – Il Mulino, 1999
La fine del mondo antico: le cause della caduta dell’Impero romano / S. Mazzarino. – Bollati Boringhieri, 2008
Società romana e Impero tardoantico / a cura di A. Giardina. – Laterza, 1986
Storia di Roma, vol. 3.: L’età tardoantica / a cura di A. Schiavone. – Einaudi, 1992-3
La caduta di Roma e la fine della civiltà / B. Ward Perkins. – Laterza, 2008
Sulla diffusione del cristianesimo.
La formazione dell’Europa cristiana: universalismo e diversità / P. Brown. – Laterza, 1997
Potere e cristianesimo nella tarda antichità / P. Brown. – Laterza, 1995
La conversione al cristianesimo in Occidente nell’Alto Medioevo. – Spoleto, Centro italiano di studi sull’alto medioevo, 1961
Pagano e cristiano: vita e mito di Costantino / A. Marcone. – Laterza, 2002
Storia del cristianesimo: il Medioevo / a cura di G. Filoramo. – Laterza, 1997
Quando l’Europa è diventata cristiana, 312-304: Costantino, la conversione, l’Impero / P. Veyne. – Garzanti, 2008
Il cristianesimo delle origini / F. Winckelmann. – Il Mulino, 2004
Sui barbari e le “invasioni”.
Le invasioni barbariche / C. Azzara. – Il Mulino, 1999
I barbari: immigrati, profughi, deportati nell’Impero romano / A. Barbero. – Laterza, 2006
Prima delle nazioni: popoli, etnie e regni fra antichità e Medioevo / S. Gasparri. – Carocci, 1997
I barbari / E. James. – Il Mulino, 2011
L’Europa dei barbari: le culture tribali di fronte alla cultura romano-cristiana / K. Modzelewski. – Bollati Boringhieri, 2008
Le origini etniche dell’Europa: barbari e romani tra antichità e Medioevo / W. Pohl. – Viella, 2000
I germani / H. Wolfram. – Il Mulino, 2005
Sui regni romano-barbarici.
L’Italia dei barbari / C. Azzara. – Il Mulino, 2002
Teoderico / C. Azzara. – Il Mulino, 2013
Tempi barbarici: l’Europa occidentale tra antichità e Medioevo, 300-900 / S. Gasparri, C. La Rocca. – Carocci, 2012
I burgundi, 413-534 / B. Saitta. – Viella, 2006
Le trasformazioni del Quinto Secolo: l’Italia, i barbari e l’Occidente romano / a c. di P. Delogu e S. Gasparri. – Brepols, 2010
Storia dei goti / H. Wolfram. – Salerno, 1985
Sui franchi.
I franchi: gli albori dell’Europa: storia e mito / E. James. – ECIG, 1998
L’Europa dopo Roma: una nuova storia culturale, 500-1000 / J. M. H. Smith. – Il Mulino, 2008
L’eredità di Roma: storia d’Europa dal 400 al 1000 d. C. / Ch. Wickham. – Laterza, 2014
Sull’Italia longobarda e bizantina.
Le origini dello Stato della Chiesa / G. Arnaldi. – Einaudi, 1987
Bisanzio, Roma e l’Italia nell’Alto Medioevo. – Centro italiano di studi sull’alto medioevo, 1988
Longobardi e bizantini / P. Delogu … et al. – In: Storia d’Italia, vol. 1. – UTET, 1980
Italia longobarda: il regno, i franchi, il papato / S. Gasparri. – Laterza, 2012
Storia dei longobardi / J. Jarnut. – Einaudi, 1995
Longobardia / a cura di P. Camamrosano … et al. – Casamassima, 1990
I longobardi dei ducati di Spoleto e Benevento. – Fondazione Centro italiano di studi sull’alto medioevo, 2003
I bizantini in Italia / G. Ravegnani. – Il Mulino, 2004
Il regno dei longobardi in Italia: archeologia, società e istituzioni / a cura di S. Gasparri. - Centro italiano di studi sull’alto medioevo, 2004
Snodo 3. Dal Mediterraneo all’Europa, Secoli Sesto-Nono.
Tra Sesto e Settimo Secolo il Mediterraneo, intorno al quale aveva gravitato l’Impero romano, si trasformò da mare solcato incessantemente dai mercanti a mare di confine.
La fine dell’unità mediterranea corrispose all’emersione di tre aree di civiltà spesso in conflitto.
L’Impero continuò a esistere a Oriente, trasformandosi in una potenza d’area tra i Balcani, l’Egeo e l’Anatolia, ridefinendosi nella civiltà di Bisanzio e accentuando la tradizione culturale greca e quella cristiana ortodossa.
Le sponde meridionali del Mediterraneo furono invece testimoni tra Settimo e Ottavo Secolo della straordinaria espansione arabo-islamica, che costruì un’immensa dominazione estesa dalla Spagna all’India: il carattere multietnico dell’Impero ne provocò la frantumazione politica tra Nono e Undicesimo Secolo a fronte di una comune civiltà musulmana.
La più arretrata area occidentale ritrovò solo tra Ottavo e Nono Secolo l’unità politica intorno alla dinastia franca dei Carolingi, di cui la Chiesa di Roma appoggiò la riproposizione della sovranità imperiale dopo più di tre secoli di assenza, in aperto contrasto con la Chiesa imperiale di Bisanzio.
Il baricentro politico dell’Occidente si spostò così verso nord, dalle sponde del Mediterraneo all’Europa, che proprio allora cominciava a definirsi come spazio di civiltà.
Cap. 5. Bisanzio
Il corpus iuris civilis
Su mandato dell’imperatore Giustiniano, tra il 528 e il 534, una commissione guidata dal giurista Triboniano selezionò e riordinò l’ingente massa di norme e di pareri giuridici che si erano accumulate nei secoli, spesso in modo ripetitivo e contraddittorio.
La nuova sistemazione coerente del corpo del diritto imperiale fu articolata in quattro collezioni:
Codex Iustinianus (Codice giustinianeo) |
Raccolta, redatta in latino, in 12 libri delle leges dei predecessori di Giustiniano dal tempo di Adriano |
Digesta o Pandectae (Digesto o Pandette) |
Raccolta, redatta in latino, in 50 libri degli iura, cioè dei pareri e delle interpretazioni dei giuristi |
Institutiones (Istituzioni) |
Trattato, redatto in latino, sui fondamenti dei diritto romano destinato all’insegnamento |
Novellae constitutiones (Nuove costituzioni) |
Raccolta, redatta prevalentemente in greco, delle leggi emanate da Giustiniano dal 534 alla sua morte nel 565 |
Quest’opera imponente avrebbe influenzato la cultura giuridica dell’Oriente e dell’Occidente medievale per molti secoli, e costituisce a tutt’oggi la base per la conoscenza del diritto romano.
Stratego. Titolo che nelle antiche città greche indicava i rappresentanti del supremo comando militare, e che nell’ordinamento amministrativo bizantino designò il funzionario nominato dall’imperatore con poteri civili e militari a capo di un thema, vale a dire di una delle circoscrizioni territoriali in ci fu suddiviso l’Impero tra la fine del Sesto e l’inizio del Settimo Secolo, nell’ambito della politica di difesa di fronte alle minacce dei persiani, degli arabi e dei bulgari.
Iconoclastia. Termine greco che significa “distruzione delle immagini” e che designò il movimento religioso sviluppatosi a Bisanzio tra l’Ottavo e il Nono Secolo, che considerava idolatrico il culto delle immagini sacre (Cristo, la Vergine, i santi) e predicava la loro distruzione.
Gli iconoclasti riproposero in forme nuove le controversie dottrinali che da secoli avevano discusso la natura della divinità: essi negavano che il divino fosse rappresentabile, anche per influenza delle altre religioni monoteistiche, l’ebraismo e l’islam, che avversavano il culto delle immagini considerandolo un retaggio dell’idolatria pagana.
Gli iconoduli (in greco adoratori delle immagini) ritenevano invece che l’incarnazione di Cristo rendesse legittimi la sua rappresentazione e il culto della sua immagine.
Peraltro, nell’arte, oltre a causare la distruzione di molte opere, il timore della suscettibilità degli iconoclasti rese gli artisti bizantini timorosi di discordarsi dagli schemi iconografici tradizionali.
Catapano. Alto ufficiale bizantino cui era affidato il governo di province comprendenti più temi.
Dal Decimo Secolo si indicò con questo titolo il governatore residente a Bari, con poteri militari e civili straordinari, inviato da Costantinopoli per riorganizzare i domini imperiali nell’Italia meridionale.
Cap. 6. Islam
Ka’ba. Luogo di culto nella città della Mecca in cui si conserva un frammento di meteorite.
In origine il santuario accoglieva i culti più vari, da quelli animistici a quelli giudaici e cristiani.
Dopo l’affermazione dell’Islam, che lo indicò come tempio fondato dai profeti Abramo e Ismaele, fu riservato ai soli musulmani.
Clan. Il termine, moderno, indica un gruppo sociale intermedio tra la famiglia intesa in senso ampio, come insieme di persone di uno stesso sangue, i componenti del clan si considerano discendenti da un comune progenitore.
Focus. La fede musulmana.
Islam, in senso letterale, significa sottomissione e dunque abbandono od obbedienza a Dio.
I principi fondamentali della fede islamica sono il monoteismo, ossia la fede in un unico Dio (Allah) e la credenza nella missione profetica di Maometto.
I musulmani ritengono che l’islam discenda dalle tradizioni religiose del patriarca biblico Abramo, considerato da Maometto come il suo più autorevole predecessore: è per questo che l’islam è considerato uan religione abramitica, al pari dell’ebraismo e del cristianesimo.
I musulmani ritengono che Maometto abbia ricevuto il Corano da Dio attraverso l’arcangelo Gabriele, che glielo avrebbe dettato in lingua araba: è per questo che gli atti liturgici sono recitati in arabo in tutto il mondo islamico.
Dopo la rivelazione ricevuta da Maometto l’islam crede che nessun altro profeta sarà più inviato da Dio tra gli uomini.
Maometto è cioè ritenuto l’ultimo di una serie di profeti che principia da Adamo e che, tra gli altri, comprende anche Mosè, inviato da Dio agli ebrei, e lo stesso Gesù di Nazareth, che non sarebbe figlio di Dio, come asseriscono i cristiani, bensì un profeta.
La fede nella tradizione dei profeti comprende quella nei libri da essi rivelati, ritenuti di ispirazione divina.
Prima del Corano, dunque, anche la Torah, i Salmi e il Vangelo costituirebbero messaggi divini all’uomo, ricevuti dai profeti per mezzo degli angeli.
Essendo però il Corano l’ultima e definitiva versione della rivelazione, i testi sacri precedenti sono considerati dai musulmani superati, quando non falsificati dagli ebrei e dai cristiani e dunque inaccettabili.
Oltre al Corano i musulmani fanno riferimento anche alla Sunna (“consuetudine”), basata sulle tradizioni (hadi-th), che raccoglie gli episodi della vita di Maometto, le sue parole e i suoi atti.
Fanno parte delle credenze fondamentali dell’islam anche la fede degli angeli, nella resurrezione finale, nel giudizio universale e nella vita futura, in paradiso per i credenti, all’inferno per gli altri.
Compito essenziale del musulmano è quello di adempiere la volontà fissata nella sharia.
L’islam non contempla né dogmi né sacramenti né clero, e prevede che per manifestare la propria fede il credente debba adempiere a soli cinque precetti, noti come i “pilastri” dell’islam: la professione di fede, che proclama “Non vi è altro Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo profeta”; la preghiera, da compiersi rivolti alla Mecca cinque volte al giorno in orari prestabiliti secondo formule e gesti rituali, dopo essersi purificati mediante abluzioni; il digiuno del mese di Ramadan (il nono del calendario musulmano, e quello in cui iniziò la rivelazione del Corano), che comporta l’astensione da cibi, bevande, fumo e rapporti sessuali durante le ore di luce del giorno: l’elemosina legale, che consiste nel versamento di una percentuale di determinati beni a favore di indigenti e della comunità; il pellegrinaggio alla Mecca, da effettuarsi almeno uan volta nella vita da parte di chi abbia salute e mezzi per farlo.
La maggioranza sunnita dei musulmani non ammette gerarchie clericali dal momento che l’islam non crede che possa esistere alcun intermediario fra Dio e le sue creature.
Solo per la minoranza degli sciiti è fondamentale la figura dell’imam, inteso come capo religioso e politico della comunità.
Califfo. In arabo il termine significa “vicario” e designava il capo supremo della comunità islamica, dotato di ampi poteri politici e religiosi e considerato il successore di Maometto.
Dopo i primi quattro califfi eletti per acclamazione fra i discendenti del clan del profeta, il califfato divenne ereditario.
Sciiti e sunniti. Le due correnti dottrinarie fondamentali in cui si divide l’islam.
Gli sciiti (dall’arabo shi’at’Alì, il partito di Alì) si richiamavano all’insegnamento del quarto califfo Alì, discepolo e genero di Maometto e sostenevano che il compito di guidare la comunità islamica fosse un diritto esclusivo della famiglia del profeta e dei suoi discendenti.
Per loro i primi tre califfi erano degli usurpatori, come anche i successivi califfi delle dinastie elettive.
Gli sciiti sono tuttora assertori che la funzione di capo religioso (imam) della comunità sia inscindibile dall’autorità politica.
Largamente maggioritari sono invece da sempre i sunniti, i musulmani cioè che seguono la tradizione (sunna) del profeta, in quanto ispirata direttamente da Dio e che rappresenta, dopo il Corano, la seconda parte di norme religiose della dottrina islamica relativa alla fede e agli obblighi religiosi.
Diversamente dagli sciiti, i sunniti mantengono distinte l’autorità religiosa e l’autorità civile.
Emiro. In arabo il termine (amir) indica chi è rivestito di un’autorità o di un potere di comando.
Il titolo designò inizialmente i comandanti militari e i governatori provinciali, e fu poi adottato come titolo generico per indicare i sovrani locali dotati di crescente autonomia rispetto al califfo.
Cap. 7. Europa carolingia.
Conte. Nella Roma imperiale il conte era un alto funzionario che l’imperatore distingueva nominandolo suo “compagno” (comes).
Nel regno franco e poi nell’Impero carolingio il conte era il funzionario pubblico scelto dal re fra i membri dell’aristocrazia per amministrare una circoscrizione territoriale (comitatus).
Marchese. Funzionario pubblico di età carolingia, scelto dal re fra i membri dell’aristocrazia per amministrare una circoscrizione territoriale di confine (marca), caratterizzata da più forti esigenze difensive.
Nella carica erano prevalenti infatti le funzioni militari.
Le funzioni pubbliche.
Con l’espressione “funzioni pubbliche” gli storici usano indicare il complesso dei compiti amministrativi che le persone incaricate di un pubblico ufficio (funzionari, ufficiali, ecc.) svolgono in nome del governo.
Durante l’età di Carlo Magno e in quella successiva, le funzioni pubbliche rispondevano principalmente ai seguenti ambiti:
Fiscalità |
Riscuotere le imposte indirette, curare l’esazione delle tasse dirette |
Giustizia |
Risolvere i conflitti, giudicare le controversie, punire i rei |
Guerra |
Arruolare gli uomini atti alle armi, guidare l’esercito in guerra |
Ordine |
Prevenire i disordini, reprimere le violenze, assicurare la pace |
Economia |
Gestire i beni pubblici (acque, terre, mulini, ponti, porti, etc.) |
Missi dominici. Gli “inviati del signore” erano funzionari pubblici di età carolingia, quasi sempre un aristocratico e un vescovo, incaricati dal re per controllare l’operato dei conti e dei marchesi e recepire le lamentele delle popolazioni.
In genere erano reclutati localmente, non di rado con incarico a vita.
Capitolari. Disposizioni emanate dai sovrani carolingi in materia di amministrazione dell’Impero e di organizzazione ecclesiastica, così chiamate perché divise in brevi capitoli.
Dopo le raccolte delle antiche consuetudini nei regni barbarici, i capitolari indicarono il ritrovato potere regio sotto Carlo magno e le sua ambizioni unificatrici.
La riforma monetaria di Carlo Magno
Nel 794 Carlo Magno portò a compimento la riforma monetaria già avviata da Pipino il Breve, puntando a riservare al re il diritto di coniazione, centralizzandolo nelle zecche regie.
Egli fissò a circa 1,7 grammi il peso del “denaro”, facendo tagliare 240 denari per ogni libbra d’argento (corrispondente a circa 400 grammi).
Il sistema monetario era articolato nella maniera seguente:
Denaro |
|
Moneta esistente |
Soldo |
= 12 denari |
Unità di conto |
Lira |
= 20 soldi |
Unità di conto |
In pratica, l’unica moneta palpabile era il denaro, mentre il soldo e la lira erano solo per la contabilità, per calcolare grandi cifre.
Ogni moneta doveva avere impresso il nome e il monogramma del sovrano.
Abbandonato l’uso dell’oro, il sistema monetario fondato sull’argento si diffuse nel vasto territorio dell’Impero e rimase in vigore sino all’Undicesimo Secolo.
Snodo 3. Sintesi
La parte orientale dell’Impero fu protagonista di una millenaria esperienza politica, custode della tradizione romana.
Dopo l’immane tentativo di restituirne la dimensione universale, promosso da Giustiniano alla metà del Sesto Secolo, gli orizzonti furono costretti a restringersi intorno a Bisanzio.
Prevalse la componente culturale greca su quella latina, e si accentuarono i tratti ortodossi del cristianesimo orientale, fino alla lunga parentesi della lotta al culto delle immagini e allo scisma con la Chiesa cattolica di Roma.
Sul piano territoriale l’Impero bizantino subì l’espansione araba tra Settimo e Ottavo Secolo, finendo col contrarsi nell’area del Mediterraneo orientale, nonostante le riconquiste militari ottenute tra Decimo e Undicesimo Secolo dalla dinastia macedone, soprattutto nei confronti delle popolazioni slave dei Balcani.
Di converso, gli arabi si resero protagonisti della rapida costruzione di un impero enorme che andava dalle sponde dell’Atlantico alle frontiere con l’India, dominando la navigazione marittima del Mediterraneo.
Collante culturale della dominazione militare, politica e commerciale degli arabi fu l’altrettanto rapida diffusione dell’islam, promossa dallo stretto connubio tra comunità religiosa e politica che fu elaborato sin dalla predicazione e dall’azione del profeta Maometto.
L’espansione dell’islam al di fuori della penisola iberica fu infatti guidata dai califfi, capi religiosi e politici dei musulmani.
L’Impero islamico finì col ricomprendere una varietà di popolazioni, che ne accentuano la dimensione multietnica e ne superarono l’originaria identità araba.
Anche quando i turchi ne assunsero la guida nell’Undicesimo Secolo, la lingua e la cultura arabe rimasero egemoni nel mondo musulmano, dando vita a una raffinata civiltà che fece da tramite anche del pensiero filosofico classico.
Particolarmente avanzata fu l’esperienza di convivenza etnica, religiosa e culturale che si realizzò nel califfato iberico tra Ottavo e Nono Secolo.
L’avanzata islamica fu fermata in Occidente dalla presenza del regno dei franchi, la cui espansione militare tra Ottavo e Nono Secolo riunificò politicamente il cuore del continente europeo sotto la guida della dinastia carolingia.
La riproposizione dell’Impero in Occidente intorno alla figura di Carlo magno fu sostenuta dalla Chiesa di Roma, che favorì quei processi di emancipazione politica, religiosa e culturale che cominciarono a rendere l’Europa cristiana un’area di civiltà autonoma.
Snodo 3. Sintesi cronologica.
Sesto Secolo
528-534 Ridefinizione del Corpus iuris civilis promossa dall’imperatore Giustiniano.
533-534 L’esercito imperiale dissolve il regno dei vandali nell’Africa settentrionale.
535-553 Logorante conflitto tra l’esercito imperiale e quello degli ostrogoti in Italia.
553-554 L’esercito imperiale recupera anche le coste meridionali della penisola iberica in mano ai visigoti.
569 La conquista parziale dell’Italia da parte dei longobardi limita la presenza bizantina alle coste, alle isole, all’Italia meridionale e al territorio tra Ravenna e Roma.
592 Gli slavi stabilizzano il loro insediamento nei Balcani.
Settimo Secolo.
610 Maometto inizia la sua predicazione alla Mecca.
622 Migrazione (égira) di Maometto dalla Mecca a Medina: inizio del calendario islamico
626 Gli slavi, guidati militarmente dagli avari, assediano Costantinopoli
626-630 L’imperatore bizantino Eraclio ottiene alcune effimere vittorie sui persiani.
629 L’Impero bizantino abbandona definitivamente la penisola iberica.
630 Maometto guida la conquista della Mecca e la elegge a luogo sacro dell’islam.
632-660 Età dei quattro califfi e prima espansione degli arabi
632-645 Gli arabi conquistano l’Asia Minore e il nord Africa: Gerusalemme nel 638
656-661 Conflitti tra i seguaci del califfo Alì (sciiti) e i kharigiti, che sostenevano il principio elettivo del califfato.
661 La capitale del califfato islamico è posta a Damasco dal clan degli Omayyadi che introduce un modello imperiale sull’esempio bizantino e persiano.
670-709 L’Impero islamico completa la conquista del nord Africa fino all’Atlantico
678 Gli arabi assediano Costantinopoli
681 I bulgari creano un regno nei Balcani
Ottavo secolo.
711-713 L’Impero islamico si espande nel continente asiatico fino all’Indo
711-716 L’espansione islamica si estende alla Spagna visigotica
717-720 Abolizione dello status separato degli arabi nel califfato islamico e uguaglianza di tutti i musulmani
726 L’imperatore Leone Terzo proibisce la venerazione delle immagini sacre e ne dispone la distruzione.
732-740 L’espansione araba si arresta a Poitiers in Europa per opera dei franchi e in Anatolia per opera dei bizantini.
747-750 Rivolta degli abbasidi, che mette fine al califfato degli Omayyadi, che si rifugiano in Spagna.
756 Emirato e, dal 929, califfato degli Omayyadi nell’”al-Andalus” iberico.
762 La capitale del califfato islamico è spostata a Baghdad dagli abbasidi.
771 Carlo Magno eredita il regno franco e avvia la grande espansione militare.
777-800 Nel nord Africa si affermano durature dinastie locali di emiri: Rustamidi nel Maghreb (777-909), Idrisidi in Marocco (788-826), Aghlabiti in Tunisia (800-909)
794 Riforma monetaria di Carlo Magno.
Nono Secolo.
800 Carlo Magno, re dei franchi, è incoronato da papa Leone Terzo.
801-813 L’impero carolingio si estende nella penisola iberica a nord del fiume Ebro.
824 Ludovico il Pio vincola con la Constitutio romana la consacrazione papale a un preventivo giuramento di fedeltà all’imperatore.
821-875 In Asia centrale si affermano durature dinastie locali di emiri: Tahiridi (821-873), Saffaridi (867-911) e Samanidi (875-1005).
827 Gli emiri Aghlabiti avviano la conquista della Sicilia, che li impegnerà tutto il secolo.
842-871 Gli arabi costituiscono un emirato in Puglia con sede a Bari.
843 Accordo di Verdun per la divisione dell’Impero tra gli eredi di Ludovico il Pio.
843 Il culto delle immagini è riammesso nell’Impero bizantino
863 La missione dei monaci bizantini Cirillo e Metodio avvia la cristianizzazione delle popolazioni balcaniche e la traduzione della Bibbia in slavo.
864-865 Il re bulgaro Boris si converte al cristianesimo
876 Tornata sotto la dominazione bizantina, Bari è posta a capo di un thema.
887 Estinzione della dinastia carolingia con la deposizione di Carlo il Grosso.
Decimo Secolo.
902 Con la conquista di Taormina, si completa la sottomissione agli arabi della Sicilia.
945 La dinastia persiana dei Buwayhidi ottiene dagli Abbasidi, che si limitano a detenere il titolo califfale, la delega di governo sull’Impero islamico.
969-1171 I Fatimidi istituiscono a loro volta un califfato in Egitto, dove fondano una nuova capitale, Il Cairo, e poi in Siria.
Undicesimo Secolo.
1015-1020 ca. Basilio Secondo riconquista il regno bulgaro e lo organizza in quattro thémata.
1025 Morte di Basilio Secondo: massima estensione dell’Impero bizantino
1031 Cade il califfato degli Omayyadi nell’”al-Andalus” iberico: dalla sua dissoluzione sorgono uan moltitudine di piccole signorie territoriali (taifas).
1054 Scisma tra la Chiesa ortodossa di Costantinopoli e quella cattolica di Roma.
1058 La dinastia turca dei Selgiuchidi assume la guida del califfato di Baghdad.
1071 I turchi selgiuchidi sconfiggono a Mantzikert (in Armenia) l’esercito bizantino.
1082 L’Impero bizantino concede importanti privilegi commerciali ai veneziani.
Snodo 3. Mappe concettuali.
Civiltà imperiali a confronto.
Impero bizantino.
Impero d’Oriente, custode della tradizione romana.
Metà Sesto Secolo: Giustiniano tenta di restituire la dimensione universale dell’Impero, ma gli orizzonti si restringono all’area del Mediterraneo orientale con l’espansione araba del Settimo-Ottavo Secolo.
Decimo-Undicesimo Secolo: riconquiste militari nelle regioni balcaniche.
Tuttavia la potenza di Bisanzio si riduce all’area tra l’Egeo e l’Anatolia.
1071: la sconfitta di Mantzikert avvia l’erosione dell’Impero da parte dei turchi selgiuchidi.
Si accentuano la componente culturale greca su quella latina ei tratti ortodossi del cristianesimo orientale.
Ottavo-Nono Secolo: con i conflitti iconoclastici la Chiesa ortodossa si allontana da quella cattolica occidentale.
Scisma nel 1054.
1082: la concessione di privilegi commerciali ai mercanti veneziani segna l’inizio del declino economico di Bisanzio.
Impero islamico.
Settimo-Ottavo Secolo: espansione arabo-islamica dalla penisola iberica fino ai confini dell’India.
Stretto connubio tra comunità religiosa e politica.
L’espansione al di fuori della penisola arabica è guidata dai califfi, capi religiosi e politici.
L’Impero islamico comprende una varietà di popolazioni.
Il carattere multietnico ne provoca la frantumazione politica fra Nono e Undicesimo Secolo.
L’interpretazione sunnita della fede islamica si impone sulle altre.
Gli sciiti restano una minoranza attiva.
Undicesimo secolo: i turchi assumono la guida, ma la lingua e la cultura arabe rimangono egemoni.
Civiltà raffinata: esperienza di convivenza tra arabi, cristiani ed ebrei nel califfato iberico tra Ottavo e Undicesimo Secolo.
Ricchezza dell’Impero si fonda sull’immenso bacino commerciale dotato di una fitta rete di vie di traffico, in rapporto con i mercati dell’Occidente, di Bisanzio e dell’Asia cinese e indiana.
Impero carolingio.
Fine Ottavo Secolo: nell’Occidente europeo, in seguito all’espansione militare guidato da Carlo Magno, prende forma un’imponente costruzione politica capace di riunificare molte regioni del continente.
Si ricostituisce un impero con l’appoggio della Chiesa di Roma e in contrasto con la Chiesa orientale, nel momento in cui l’Impero bizantino è dilaniato dai conflitti iconoclastici.
Il baricentro politico dell’Occidente si sposta dal Mediterraneo all’Europa, che comincia a definirsi come spazio di civiltà cristiana, distinta da quella islamica, la cui avanzata è fermata dai franchi.
Carlo Magno si presenta come difensore delle chiese cristiane e affida a vescovi e a monaci ruoli di responsabilità amministrativa e politica, accanto a ufficiali laici reclutati tra la grande aristocrazia.
Molte riforme economiche, amministrative, culturali ed ecclesiastiche promosse da Carlo Magno e dal figlio Ludovico il Pio sopravvivono alla divisione dell’Impero alla metà del Secolo Nono.
Snodo 3. Approfondimenti bibliografici.
Sull’Impero bizantino e l’Europa slava.
I bizantini / A. Cameron. – Il Mulino, 2009
Gli slavi: la civiltà dell’Europa centrale e orientale / f. Conte. – Einaudi, 1991
Bisanzio, Quarto-Quindicesimo Secolo / A. Ducellier, M. Kaplan. – San Paolo, 2005
Bisanzio: storia di un impero, Secoli Quarto-Tredicesimo / M. Gallina. – Carocci, 2008
Potere e società a Bisanzio: dalla fondazione di Costantinopoli al 1204 / M. Gallina. – Einaudi, 1995
Il commonwealth bizantino: l’Europa orientale dal 500 al 1453 / D. Obolensky. – Laterza, 1974
Storia dell’Impero bizantino / G. Ostrogorsky. – Einaudi, 1968
Lo Stato bizantino / S. Ronchey. – Einaudi, 2002
Gli slavi occidentali e meridionali nell’Alto Medioevo. – Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 1983
Sulla civiltà islamica.
Maometto e le origini dell’islam / F. M. Donner. – Einaudi, 2011
L’islam nel Medioevo / A. Ducellier, . Micheau. – Il Mulino, 2004
Maometto e le grandi conquiste arabe / F. Gabrieli. – Il Saggiatore, 1967
Storia delle società islamiche / I. M. Lapidus. – Einaudi, 1993
L’Occidente e l’islam nell’Alto Medioevo. - Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 1965
Maometto e Carlomagno / H. Pirenne. – Laterza, 1969
L’isola di Allah: luoghi, uomini e cose di Sicilia nei secoli Nono-Undicesimo / S. Tramontana. – Einaudi, 2014
La Sicilia musulmana / A. Vanoli. – Il Mulino, 2012
Sull’Europa carolingia.
L’Italia carolingia / G. Albertoni. – Carocci, 1997
Carlo Magno: un padre dell’Europa / A. Barbero. – Laterza, 2000
L’Impero carolingio / H. Fichtenau. – Laterza, 1958
Nascita dell’Europa ed Europa carolingia. - Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 1981
I carolingi: una famiglia che ha fatto l’Europa / P. Riché. – Sansoni, 1988
L’eredità di Roma: storia d’Europa dal 400 al 1000 ( Ch. Wickham. – Laterza, 2014
Snodo 4. L’età postcarolingia, Secoli Nono-Undicesimo.
Il calo della popolazione, la crisi delle città e la fine dell’economia antica determinarono tra Sesto e Ottavo Secolo un impoverimento materiale della società dell’Occidente europeo, caratterizzata ora dal predominio della vita rurale.
Segnali di ripresa si ebbero durante l’età carolingia, quando le aziende agrarie tornarono a produrre ricchezza e a favorire una nuova domanda economica.
Nuove ondate di incursioni da parte di popolazioni esterne (saraceni, ungari e “uomini del nord”) contribuirono però a rideterminare tra Nono e Decimo Secolo gli assetti politici.
Alla dissoluzione dell’Impero carolingio fece seguito la formazione di regni e di principati che frammentarono la geografia politica europea.
Tendenza di fondo fu la localizzazione del potere in ambiti territoriali ristretti.
Intorno alle grandi società, ai monasteri e ai castelli si svilupparono poteri di tipo signorile che assicuravano localmente la difesa, la giustizia e l’esazione delle tasse.
A tenere insieme questi nuclei furono in primo luogo i legami di fedeltà vassallatica, ricompensati da benefici progressivamente ereditari.
Cap. 8. Economia, società e politica.
Come evidenzia il grafico, una crisi demografica origina dall’interazione tra cattivi raccolti (determinati sia da cattive condizioni climatiche sia dall’arretratezza delle tecniche agricole), guerre (non solo tra eserciti ma anche invasioni e violenze sociali) ed epidemie (aggravate dalle precarie condizioni igieniche e dalle scarse conoscenze mediche).
I primi producono carestie, che incidono direttamente sull’aumento della mortalità e provocano l’abbassamento delle condizioni di salute della popolazione, già esposta a malattie diffuse (come lebbra, scrofola, vaiolo, malaria, tubercolosi).
Su di essa si possono poi abbattere ondate epidemiche.
Le violenze della guerra, oltre alle morti dirette, inducono a loro volta a migrazioni di gruppi di individui e talora di popoli, determinando un calo della nuzialità.
L’esito complessivo è una diminuzione della natalità della popolazione.
Stime della popolazione europea.
Anno |
Italia |
Europa |
200 |
8,5 |
67 |
500 |
6,2 |
30 |
700 |
4,0 |
23 |
1000 |
5,2 |
42 |
Popolazione in milioni di abitanti
Contea. Con questo termine gli storici indicano il territorio sul quale, in seguito alla dissoluzione dell’Impero carolingio, alcuni conti crearono una propria dominazione su sui esercitavano poteri signorili.
Questi territori vanno distinti dai “comitati” nei quali era in precedenza diviso l’Impero: i “comitati” erano delle circoscrizioni amministrative affidate ai conti, le contee erano invece dei veri e propri domini signorili la cui estensione non corrispondeva più a quella dei “comitati”.
Marchesato. Con questo termine gli storici indicano il territorio sul quale, in seguito alla dissoluzione dell’Impero carolingio, alcuni marchesi crearono una propria dominazione su cui esercitavano poteri signorili.
Questi territori vanno distinti dalle “marche” che in precedenza costituivano le circoscrizioni amministrative di frontiera dell’Impero.
I marchesati erano dei veri e propri domini signorili, la cui estensione non corrispondeva più a quelle delle “marche”, ma le travalicava.
Immunità. Etimologicamente, il termine significa esenzione dai munera, cioè dagli aggravi fiscali.
Privilegio concesso inizialmente dai sovrani ad alcuni proprietari, perlopiù ecclesiastici, che garantiva il diritto a non essere sottoposti nei propri possessi alla giurisdizione dei funzionari pubblici: riscossione delle imposte, esercizio della giustizia, reclutamento dell’esercito etc.
Con la dissoluzione dell’Impero carolingio, le concessioni di immunità si diffusero ampiamente anche ai grandi proprietari laici, che poterono così rafforzare i propri poteri signorili.
Diploma. Documento scritto ufficiale emanato da un’autorità sovrana (imperatori, re etc.) per concedere un privilegio o sancire l’esistenza di un diritto.
Non si trattava cioè né di una norma né di un atto di governo valido per tutti i sudditi, bensì di un provvedimento con un destinatario unico.
Per assicurarne la durata, il diploma era scritto in genere su pergamena: per garantirne l’autenticità era munito di sigilli e di fregi.
La dinastia degli imperatori sassoni.
Enrico 1. |
Nato nell’876 circa e morto nel 936. Re di Germania dal 919. Figlio di Ottone l’Illustre, duca di Sassonia, inflisse la prima sconfitta agli ungari nel 993. Non fu mai incoronato imperatore |
Ottone 1. (962-973) |
Nato nel 912 e morto nel 973. Re di Germania dal 936, sconfisse gli ungari a Lechfeld il 10 agosto 955; sconfitto Berengario Secondo, Ottone Primo si fece incoronare re d’Italia nel 961 e poi, nel febbraio 962, imperatore, unendo la corona tedesca a quella imperiale |
Ottone 2. (967-983) |
Nato nel 955 e morto nel 983. Associato dal padre al trono di Germania a sei anni, nel 961, e alla corona imperiale nel 967, sposò la principessa Teofano nel 972, nipote dell’imperatore bizantino Giovanni Primo Zimisce, che avrebbe dovuto portargli in dote i territori bizantini dell’Italia meridionale; fu però sconfitto in Calabria dagli arabi di Sicilia nel 982. |
Ottone 3. (996-1002) |
Nato nel 980 e morto nel 1002. Re di Germania nel 983 e imperatore dal 996, dapprima sotto la reggenza della madre Teofano (fino al 991) e poi dalla nonna Adelaide di Borgogna (fino al 995), elesse a sede imperiale Roma nel 998. |
Enrico 2. (1014-1024) |
Nato nel 973 e morto nel 1024. Re di Germania dal 1002 al 1024 e d’Italia dal 1004 al 1024, fu incoronato imperatore solo nel 1014. Duca di Baviera, imparentato con Ottone Terzo. Con lui si estinse la dinastia imperiale di Sassonia. |
Saraceni. Nome con il quale nella cristianità venivano chiamate le popolazioni di varia origine etnica (e dunque non solo araba) stanziate lungo le coste e le isole del Mediterraneo e accomunate dalla conversione all’islam.
Il termine indicò in particolare i gruppi di musulmani dediti ad attività di pirateria.
Cap. 9. I poteri locali.
Corvée. Dal latino corrogata opera (“opera richiesta”).
Il termine indica le prestazioni lavorative gratuite che i contadini erano tenuti a garantire al proprietario.
Esse consistevano in genere in giornate di lavoro che i coloni dedicavano ai lavori agricoli stagionali (aratura, semina, mietitura etc.) sulla riserva padronale, o “dominico”.
Talora oltre alle braccia i contadini erano tenuti a mettere a disposizione anche animali e strumenti di lavoro.
Surplus. Il termine indica genericamente uan quantità di ricchezza, beni, manodopera etc. superiore rispetto a quella necessaria per l’autosufficienza.
Nella produzione agricola, per esempio, il surplus indica i beni destinabili al mercato, che garantivano un guadagno economico.
Allodio. Il termine, di matrice germanica (al lod), finì col designare la libera e piena disponibilità di un bene fondiario senza interferenze da parte regia o signorile.
Si intende in tal modo la piena proprietà di una terra, contrapposta ai beni sfruttati in comune da una collettività o a quelli posseduti in qualità di beneficio o di feudo.
Da terre in allodio, e non feudali, presero avvento in genere i poteri signorili, dotati di castelli e diritti di natura pubblica.
Fodro. In origine si trattava di una tassa di natura pubblica che tutti i liberi possessori di terre erano tenuto a pagare per il mantenimento del re e dei suoi funzionari civili e militari, in genere consistente in foraggio per i cavalli.
Con la dissoluzione dell’Impero carolingio, i signori locali si appropriarono del fodro, che divenne una delle molte prestazioni dovute dai contadini ai signori.
Schema dei rapporti vassallatico-beneficiari.
Soggetti |
Funzioni |
Atti |
Contenuti |
Signore (senior) |
Aiuta e protegge (tuitio) il vassallo |
Investitura |
Concede il beneficio (beneficium) vitalizio una terra |
Vassallo (vassus) |
Presta servizio militare (servitium) a cavallo con armamento completo |
Omaggio (homagium) |
Giura fedeltà a vita |
Focus. L’età signorile: proprietari, signori, vassalli.
Per più di duecento anni, grosso modo dalla metà del Nono fino a tutto l’Undicesimo Secolo, l’Occidente europeo fu caratterizzato dall’assenza di grandi strutture di inquadramento politico.
L’Impero carolingio si era smembrato e frammentato mentre non si erano ancora formate nuove forze tali da ricomporre quadri istituzionali unitari, come poi lo sarebbero state le monarchie, i principati territoriali e le città, in alcune regioni già dalla fine dell’Undicesimo Secolo.
La sostanziale assenza di una compagine di tipo statale non precipitò però l’Europa nell’anarchia politica e nel disordine sociale.
A tenere insieme la società fu infatti l’ordinamento signorile.
Con questo termine gli storici indicano la capacità di inquadramento del territorio e della popolazione da parte di nuclei autonomi di potere locale.
Furono cioè i poteri signorili i protagonisti di un periodo che non costituì una fase di declino tra l’età carolingia e quella dei regni e dei comuni, bensì un’epoca dotata di proprie specificità e dinamiche di trasformazione.
L’età signorile fu caratterizzata da una molteplicità di centri di potere.
L’autorità pubblica, che era stata esercitata dagli ufficiali dell’Impero, divenne patrimonio di singole famiglie aristocratiche.
La popolazione rurale fu sottoposta a signori laici ed ecclesiastici, che amministravano la giustizia, riscuotevano imposte e richiedevano prestazioni militari ed economiche.
Tra gli uomini liberi si distinse una minoranza di individui specializzati nelle attività militari, i cavalieri.
Due grandi trasformazioni segnarono il periodo.
In una prima fase, tra Nono e Decimo Secolo, fu la grande aristocrazia dell’Impero a impadronirsi del potere: i conti, i duchi e i marchesi integrarono nel loro patrimonio le cariche pubbliche e diventarono dinasti nell’ambito di propri territori (contee e marchesati).
Tra Decimo e Undicesimo Secolo si formarono dal basso signorie territoriali capaci di erodere il potere dei conti e dei duchi, incentrandosi sui castelli.
Il paesaggio delle campagne mutò profondamente, riempiendosi di fortezze e di innumerevoli villaggi.
Si noti un punto molto importante.
Il potere dei signori sia laici sia ecclesiastici non originava da concessioni di carattere “feudale” compiute dal re o dagli ufficiali pubblici, ma era il prodotto di una spontanea evoluzione.
Le signorie non furono feudali, bensì poteri che esercitavano giurisdizioni di tipo pubblico e i rapporti vassallatico-beneficiari non ebbero un’influenza determinante nella disgregazione dell’Impero carolingio.
Al contrario, la ripresa economica che si manifestò dal Nono Secolo indusse molti grandi proprietari fondiari a consolidare i propri mezzi d’azione acquisendo anche i poteri di coscrizione e dominio.
Il genere solo una piccola parte delle terre signorili erano in origine benefici scaturiti da rapporti vassallatici.
Se poteva darsi la possibilità che un grande possessore fondiario (padrone) fosse anche un signore (dominus) e il capo di una clientela armata di vassalli (senior), le tre condizioni erano tra loro indipendenti.
Infatti i contadini che coltivavano le terre di un padrone potevano dipendere anche da un altro signore con il quale non avevano alcun rapporto di carattere economico: soprattutto, i contadini non erano vassalli dei loro padroni, ma semplici coltivatori
Snodo 4. Sintesi.
La ricomparsa della peste nel Sesto Secolo fu il regno del declino demografico che coinvolse l’Occidente europeo colpendo in maniera particolare le città, molte delle quali scomparvero e, là dove sopravvissero come centri di riferimento per il territorio, subirono comunque forti contrazioni che ne ridisegnarono il tessuto urbano.
La società europea si ruralizzò profondamente, disperdendosi nei villaggi e intorno alle grandi proprietà.
Fu nelle aziende agrarie organizzate secondo il sistema curtense che tra l’Ottavo e l’Undicesimo Secolo fu generata uan nuova ricchezza capace di invertire la crisi economica seguita alla fine dell’economia romana.
Della ripresa degli scambi beneficiò soprattutto l’aristocrazia, mentre le condizioni dei piccoli proprietari fondiari finirono con il livellarsi su quelle dei contadini e dei servi affittuari.
A livello politico, l’Impero si dissolse entro il Nono Secolo, dando vita a una pluralità di regni, con embrionali caratteri nazionali ed etnici (Francia, Germania, Italia, Provenza, Borgogna etc.) e di principati territoriali (contee, ducati e marchesati) che non rispecchiavano più il precedente ordinamento delle circoscrizioni pubbliche.
Le famiglie di ufficiali imperiali resero infatti dinastici gli uffici dando vita a domini politici autonomi.
Tra Nono e Decimo Secolo la cristianità fu attraversata da una nuova ondata di invasioni.
Le più difficili da fronteggiare furono le incursioni delle etnie islamiche del Mediterraneo, i saraceni.
Le spaventose depredazioni compiute dai cavalieri ungari suscitarono la reazione dei re tedeschi, che finirono con l’inquadrarli in un regno cristianizzato.
Dalla Scandinavia diedero vita a insediamenti stabili nelle isole del nord, sulle coste francesi e lungo i grandi fiumi russi.
SI formeranno alcune popolazioni destinate a giocare un ruolo di primo piano nei secoli successivi.
A difendere le popolazioni europee provvidero i vescovi, gli abati e le grandi famiglie aristocratiche, che diedero vita a poteri signorili di natura locale, crescentemente centrati dal Decimo Secolo intorno a castelli e villaggi fortificati.
I signori si dotarono di clientele vassallatiche sempre più ampie e intente a rendere ereditari i benefici ottenuti in cambio dei servizi militari.
Caratteristica di fondo della società europea fu il generale arretramento culturale rispetto all’età romana.
Fu la Chiesa a garantire la formazione, nelle scuole episcopali e nei centri scrittorii monastici, dei pochi individui rimasti capaci di scrivere e di leggere.
La cultura fu monopolizzata dai chierici che furono responsabili della selezione dei testi classici tramandati all’età medievale.
Snodo 4. Sintesi cronologica.
Nono Secolo.
840-870 ca. I saraceni utilizzano gli emirati di Taranto e Bari come basi per i loro saccheggi ai danni delle grandi abbazie dell’Italia meridionale.
841 I vichinghi saccheggiano Londra
841 Rivolta contadina a Stellinga, in Sassonia, contro il dominio aristocratico.
846 Saccheggio della basilica vaticana a Roma da parte di pirati saraceni
877 A Quierzy-sur-Oise l’imperatore Carlo il Calvo riconosce l’ereditarietà degli uffici pubblici e dei benefici dell’aristocrazia maggiore.
882 Il varego Oleg fonda il principato di Kiev.
887 Deposizione di Carlo il Calvo, ultimo imperatore della dinastia carolingia
887 Arnolfo di Carinzia eletto primo re di Germania
888 Oddone, conte di Parigi, eletto re di Francia
888 Berengario del Friuli eletto primo re d’Italia.
890-973 I saraceni utilizzano Frassineto in Provenza come base per le loro incursioni e saccheggi tra il Rodano, le Alpi e la pianura padana.
899 Prima incursione degli ungari nella pianura padana.
Decimo Secolo.
911 Il re di Francia concede a Rollone, capo dei normanni, il titolo di conte di Rouen, primo nucleo del ducato di Normandia.
919 Enrico di Sassonia primo re di Germania della dinastia sassone ottoniana.
924 Gli ungari saccheggiano Pavia
933 Enrico Primo di Sassonia sconfigge gli ungari a Marseburg.
937 Incursioni ungare saccheggiano le grandi abbazie dell’Italia meridionale e giungono anche in prossimità di Parigi.
955 Il re di Germania Ottone Primo sconfigge definitivamente gli ungari a Lechfeld, e fonda l’arcivescovado di Magdeburgo.
961 Sconfitto Berengario Secondo, Ottone Primo si fa incoronare re d’Italia.
962 Ottone Primo incoronato imperatore a Roma dal papa, emana il Privilegium Othonis.
967 Il titolo di Ottone Primo viene riconosciuto dall’imperatore bizantino Niceforo Foca.
987 Ugo Capeto primo re di Francia della dinastia capetingia.
999 Ottone Terzo imperatore insedia coem papa Gerberto d’Aurillac (Silvestro Secondo), suo precettore.
Undicesimo Secolo.
1001-1038 Convertito al cristianesimo cattolico, Stefano Primo crea il regno degli ungari
1014-1016 I pisani e i genovesi liberano la Corsica e la Sardegna dai saraceni
1015-1030 Il principe danese Canuto diventa re d’Inghilterra, Danimarca e Norvegia
1018 Gruppi di cavalieri normanni si spingono nell’Italia meridionale per proporsi come mercenari al servizio dei duchi bizantini
Snodo 4. Mappe concettuali.
I poteri locali.
Seconda metà del Nono Secolo: |
Protagonisti dell’età postcarolingia sono nuclei autonomi di potere locale: |
I conti e i marchesi si trasformano in grandi signori locali. Rendono ereditarie le proprie cariche, riducendo la capacità di controllo del sovrano, ed esercitano le loro funzioni su contee e marchesati |
Le famiglie e gli enti ecclesiastici incrementano i propri possessi fondiari tramite donazioni, acquisti e usurpazioni di terre. Gli abati e i vescovi sviluppano la loro egemonia in modo simile ai proprietari laici. |
Intorno alle grandi proprietà laiche ed ecclesiastiche si affermano poteri che gestiscono l’amministrazione della giustizia, la difesa militare e la riscossione delle tasse |
A tenere insieme l’ordinamento signorile sono i legami di fedeltà vassallatica, ricompensati da benefici progressivamente ereditari che legano tra loro i grandi e i piccoli signori ei signori ai propri seguaci |
I grandi proprietari fondiari erigono castelli e fortezze come strumenti per estendere la propria autorità sui residenti delle aree limitrofe. In cambio della difesa, esercitano le prerogative di natura pubblica. |
Snodo 4. Approfondimenti bibliografici.
Sull’economia e la società altomedievale
La servitù nella società medievale / M. Bloch. – La Nuova Italia, 1975
La città nell’Alto Medioevo italiano / G. P. Brogiolo, S. Gelichi. – Laterza, 1998
Curtis e signoria locale: interferenze fra due strutture medievali / A cura di G. Sergi. – Paravia, 1993
Le origini dell’economia europea: guerrieri e contadini nel Medioevo / G. Duby. – Laterza, 1975
Terra e società nell’Italia padana: i secoli Nono e Decimo / V. Fumagalli. – Einaudi, 1976
Schiavi servi e villani nell’Italia medievale / F. Panero. – Paravia, 1999
Maometto e Carlomagno / H. Pirenne. – Laterza, 1969
L’alimentazione contadina nell’Alto Medioevo / M. Montanari. – Liguori, 1979
La città vescovile nell’Alto Medioevo / G. Tabacco. – In: Modelli di città: strutture e funzioni politiche / a cura di P. Rossi. – Einaudi, 1987
L’economia carolingia / A. Verhulst. – Salerno, 2004
La società nell’Alto Medioevo: Europa e Mediterraneo, Secoli Quinto-Ottavo / C. Wickham. – Viella, 2009
Sulle nuove invasioni
I normanni e le loro espansione in Europa nell’Alto Medioevo. – Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 1969
Le incursioni saracene e ungare ; L’espansione normanna / A. Settia. – In: La storia. – Vol. 2. – UTET, 1986
Sulla crisi dell’Impero carolingio e l’affermazione dei poteri locali.
Nobili e re: l’Italia politica dell’Alto Medioevo / P. Camamrosano. – Laterza, 1998
Gli Ottoni: una dinastia imperiale tra Europa e Italia, Secc. Decimo e Undicesimo / H. Keller. – Carocci, 2012
Vescovo e città: una relazione nel Medioevo italiano, Secoli Secondo-Quattordicesimo / M. Pellegrini. – Bruno Mondadori, 2009
L’Italia dei poteri locali: Secoli Decimo-Dodicesimo / L. Provero. - Carocci, 1998
Il secolo di ferro: mito e realtà del Secolo Decimo. - Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 1991111
I confini del potere: marche e signorie fra due regni medievali / G. Sergi. – Einaudi, 1995
Sperimentazioni del potere nell’Alto Medioevo / G. Tabacco. – Einaudi, 1993
Strutture e trasformazioni della signoria rurale nei Secoli Decimo-Tredicesimo / a cura di G. Dilcher, C. Violante. – Il Mulino 1996
Dalla terra ai castelli: paesaggio, agricoltura e poteri nell’Italia medievale / P. Toubert. – Einaudi, 1995
Sulle relazioni vassallatiche.
Vassalli, feudi, feudalesimo / G. Albertoni. – Carocci, 2015
Il feudalesimo nell’Alto Medioevo. - Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 2000
Che cos’è il feudalesimo? / L. Ganshof. – Einaudi, 1989
Snodo 5. Le trasformazioni della cristianità, Secoli Terzo-Tredicesimo
Il cristianesimo si sviluppò, dal Terzo Secolo, in due modi principali: da un lato, le comunità di fede si consolidarono in chiese locali riunite intorno ai vescovi, dall’altro, le esperienze individuali di ascesi diedero vita a forme di monachesimo solitario o in comunità.
Fino al Secolo Undicesimo la Chiesa cattolica non ebbe un vertice gerarchico quale sarebbe poi stato il pontefice di Roma.
I vescovi si riunivano invece nei concili, spesso convocati dagli imperatori.
La fondazione di chiese e monasteri da parte dell’aristocrazia condizionò crescentemente la vita del clero e delle sue istituzioni, accentuandone anche i fenomeni di degenerazione dei costumi.
Interventi di riforma furono promossi dagli imperatori e poi, dal Nono Secolo, da settori interni alla Chiesa, a cominciare dal quello monastico.
Dalla metà del Secolo Undicesimo fu il papato a coordinare la riforma della Chiesa, proponendosi come monarca di tutta la cristianità, fino a scontrarsi con l’Impero per il controllo delle nomine dei vescovi.
Tendenze in senso evangelico e pauperistico diedero vita a esperienze di rinnovamento spirituale che, laddove riconobbero l’autorità pontificia, furono riconosciute in nuovi ordini come quelli mendicanti.
Altre esperienze furono invece represse dalla Chiesa come eretiche, in un clima crescente di ostilità anche nei confronti degli ebrei e di separazione dalla Chiesa ortodossa orientale.
Scomparsa, con l’Impero romano, la scuola pubblica, la cultura divenne patrimonio di pochi e monopolio degli uomini di Chiesa, gli unici capaci di garantire una formazione scolastica presso le sedi vescovili e in centri monastici.
Cap. 10. Le esperienze cristiane nel primo millennio.
Clero. Insieme dei chierici, che si distinguono dai laici per un rapporto più immediato con il sacro, secondo varie forme di adesione alla dottrina dei Vangeli.
Si distingue in “clero regolare” e clero “secolare”.
Le gerarchie episcopali.
Vescovo |
Prelato di rango sacerdotale che governa e amministra la diocesi, cioè la circoscrizione territoriale su sui si esercita la cura spirituale delle anime e il governo ecclesiastico |
Arcivescovo |
Titolo onorifico che indica un vescovo titolare di una diocesi senza suffraganee, cioè senza altre diocesi soggette dal punto di vista giurisdizionale. |
Metropolita |
Dal greco metropolis (“città madre”) il termine indica gli arcivescovi a capo di una archidiocesi, vale a dire di una provincia ecclesiastica comprendente più diocesi di vescovi suffraganei |
Patriarca |
A partire dal Quarto Secolo il titolo (che nella storia indicava i fondatori delle stirpi ebraiche) designò il grado di maggiore dignità dell’episcopato e fu attribuito solo ad alcune sedi originarie del cristianesimo: Alessandria d’Egitto, Antiochia, Costantinopoli, Gerusalemme, Roma e Aquileia |
Canone. Il termine (che in greco significa “norma”) indica le norme di carattere giuridico che regolamentano la vita della Chiesa, in particolare quelle emanate dai concili.
Cronologia dei concili ecumenici (Secoli Quarto-Nono) riconosciuti dalla Chiesa ortodossa.
Data |
Luogo |
Tipologia |
Decisioni principali |
325 |
Nicea |
Convocato dall’Imperatore Costantino |
Condanna dell’arianesimo e approvazione del credo, la professione di fede cattolica |
381 |
Costantinopoli |
Convocato dall’imperatore Teodosio |
Conferma del credo e affermazione della natura divina dello Spirito Santo |
431 |
Efeso |
Convocato dall’imperatore Teodosio Secondo |
Approvazione del titolo di Madre di Dio (Theotokos) attribuito a Maria, condanna del nestorianesimo |
449 |
Efeso |
Convocato dal vescovo di Alessandria e presieduto dal patriarca di Costantinopoli |
Condanna del nestorianesimo |
451 |
Calcedonia |
Convocato dall’imperatore Marciano |
Condanna del monofisismo e sanzione dell’uguale preminenza (non riconosciuta da papa Leone) del patriarcato di Costantinopoli (la nuova Roma) rispetto alla sede apostolica di Roma |
553 |
Costantinopoli |
Convocato dall’imperatore Giustiniano |
Conferma delle dottrine approvate nei concili precedenti, ribadendo la condanna del nestorianesimo e del monofisismo |
680-81 |
Costantinopoli |
Convocato dall’imperatore Costantino Quarto |
Condanna del monotelismo |
787 |
Nicea |
Convocato dall’imperatrice Irene |
Condanna dell’iconoclastia, ripristino della venerazione delle icone |
669-70 |
Costantinopoli |
Convocato dall’imperatore Basilio Primo, non fu riconosciuto dalla Chiesa ortodossa |
Deposizione del patriarca di Costantinopoli, Fozio, poi ristabilito dal Concilio di Costantinopoli del 879-80 |
Eresia. Il termine (dal greco airesis, “scelta”), indica nella cultura cristiana una dottrina o un’interpretazione che si oppone o è in contraddizione con una verità rivelata, cioè attingibile solo perché rivelata agli uomini da Dio attraverso la Chiesa.
A fronte di questa “scelta”, la responsabilità personale dell’eretico risiede nella resistenza all’obbedienza nei confronti delle autorità ecclesiastiche, le uniche legittimate a indicare l’interpretazione “corretta” (od ortodossa).
Chierico. Membro del clero, che appartiene allo stato ecclesiastico ed è pertanto distinto dal laico.
Erano chierici sia coloro che si erano sottoposti al taglio rituale dei capelli (tonsura) sia coloro che avevano ricevuto gli ordini.
Di conseguenza molti erano i chierici non sacerdoti, ma che vivevano in lodo laico, godendo dei privilegi ecclesiastici, tra cui il ricorso alla giustizia episcopale e l’educazione scolastica.
Il termine chierico designò infatti a lungo genericamente il litteratus, cioè colui che conosce il latino,, contrapposto all’illetteratus, e dunque, in primo luogo, i professori e gli studenti universitari.
Scriptorium. Dal latino scribere (“scrivere”), il termine indica il locale che nei monasteri era destinato alla scrittura e alla miniatura dei codici.
Esso era posto in genere accanto alla biblioteca, ed era fornito degli strumenti necessari (pergamene, inchiostri, esemplari dei testi da copiare, etc.).
Nello scriptorium doveva regnare il silenzio assoluto e quasi sempre l’ingresso era riservato solo agli scrivani, al bibliotecario e ai superiori.
Focus. Il libro e l’esperienza della lettura prima del Dodicesimo Secolo.
In realtà, per i secoli precedenti al Dodicesimo, non è appropriato parlare di libri.
Si trattava di codici, ossia di oggetti fisicamente molto diversi tra loro da ciò che noi oggi intendiamo con la parola “libro”: le pagine dei codici erano di pergamena e non di carta ed erano coperte di lettere scritte a mano in grandi dimensioni, illustrate e decorate da miniature.
Leggere una pagina di un codice era un’esperienza estetica paragonabile, come ha scritto lo storico Ivan Illich, “ a quella che si può rivivere la mattina presto nelle chiese gotiche che hanno conservato le loro finestre originali: quando il sole si alza, dà vita ai colori delle vetrate che prima dell’alba parevano un mero riempitivo degli archi di pietra”.
L’esperienza della lettura veniva paragonata spesso al muoversi di una vigna, cogliendo quello che la pagina aveva da offrire alla meditazione.
Si trattava di un viaggio “attraverso” la pagina, in cui il tempo impiegato per la lettura era considerato secondario rispetto al valore delle verità che venivano via via scoperte e assaporate, quasi fisicamente dal lettore.
Di qui i continui inviti dei maestri alla pazienza e alla necessità di assaporare le verità contenute nelle pagine dei codici.
Anche quando non leggeva a voce alta per altre persone, il monaco ripeteva a fior di labbra, per sé stesso, le frasi latine che scorgeva sulla pagina.
La pratica della lettura silenziosa esisteva già, naturalmente, ma era ben poco frequente: Sant’Agostino parlava con ammirazione del suo maestro, Sant’Ambrogio, che ogni tanto leggeva un libro senza neppure muovere le labbra.
Il monaco che leggeva creava, per il solo fatto di leggere, un ambiente uditivo pubblico, in cui tutti erano uguali davanti al suono delle parole.
La lettura nei monasteri, fino al Dodicesimo Secolo, fu sempre considerata un momento sacro, proprio perché annunciava pubblicamente un episodio della storia della salvezza.
II libro era l’oggetto fisico che permetteva questo annuncio: per questo finì per divenire, esso stesso, un oggetto sacro.
Decima. Con questo termine si indicava la decima parte del raccolto e del reddito in generale, che proprietari e coltivatori pagavano alla Chiesa per il sostentamento del clero in corrispettivo delle funzioni che la Chiesa svolgeva per il fedeli.
I sovrani carolingi sancirono l’obbligatorietà del versamento, ma in seguito alla dissoluzione dell’Impero, furono i poteri signorili a imporre la decima ai propri rustici.
Solo nel corso del Tredicesimo Secolo i vescovi riuscirono a recuperare gran parte del pagamento delle decime.
Conversi. Il termine indica, in ambito monastico, i laici che, pur facendo atto di professione (un passaggio detto conversio nella regola benedettina) e seguendo una vita analoga a quella dei monaci, non avevano ricevuto gli ordini sacri.
I conversi vivevano in spazi separati e attendevano ai lavori manuali della comunità.
Secolare. Aggettivo che qualifica quella parte del clero che vive nel mondo (“secolo”), cioè nella società al di fuori dei monasteri e dei conventi, senza obbligo di vita in comune né di obbedienza a una regola di vita.
Scomunica. Il termine (dal latino excommunicare, cioè “escludere dalla comunione”) indica la pena più grave inflitta dalla Chiesa cattolica, che consiste dall’esclusione del battezzato, sia laico sia ecclesiastico, dalla comunità dei fedeli: egli non può ricevere né amministrare i sacramenti, esercitare cariche ecclesiastiche.
La scomunica maggiore è detta anche “anatema” (dal greco “maledizione”) per la particolare solennità con cui lo scomunicato veniva escluso dalla vita sociale.
Prelato. Il termine (dal latino praeferre, “preporre”) indica una persona di maggiore dignità rispetto ad altre.
Esso designa pertanto i membri del clero secolare e regolare che esercitano le cariche maggiori, dotate di giurisdizione, come i cardinali, i vescovi e gli abati.
Il matrimonio dei chierici.
Pur formalmente proibito dal Quarto Secolo, il matrimonio dei chierici fu tollerato dalla Chiesa per tutto l’Alto Medioevo, al punto che era ammessa anche l’ordinazione di uomini sposati.
Il concubinato, vale a dire l’unione stabile di un uomo e di una donna non sancita da un vincolo matrimoniale ma che riconosceva giuridicamente ai figli la condizione di figli naturali ammessi all’eredità, rappresentò spesso la soluzione formale.
Il divieto ribadito con forza dal riformatore Gregorio Settimo (1073-1085) non poté pertanto che suscitare reazioni vivacissime, perché il provvedimento colpiva una pratica assai diffusa tra gli ecclesiastici e i religiosi.
Nemmeno la proibizione del matrimonio per tutti i chierici che avevano ricevuto gli ordini maggiori proclamata dal Concilio lateranense del 1123 riuscì a contenere il fenomeno.
Fino alla fine del Medioevo furono rari, infatti, i casi di sacerdoti sposati o concubinari.
Cardinale. Dal latino cardo (“cardine”), il termine indicava nell’Alto Medioevo i vescovi titolari delle basiliche confinanti (cioè “incardinate”) con quella di Roma, e poi preti titolari delle chiese di Roma e infine i diaconi di San Giovanni in Laterano e dei rioni di Roma.
Con la riforma, dal Secolo Undicesimo ai cardinali fu riservata l’elezione del papa e un ruolo crescente come consiglieri e principali collaboratori del pontefice negli affari della Chiesa.
Dal Tredicesimo Secolo l’assemblea dei cardinali fu detta Sacro Collegio e i cardinali occuparono le più alte cariche di governo.
La dignità cardinalizia era conferita esclusivamente dal papa.
Cap. 11. La Chiesa pontificia.
Investitura. Il termine indicava, nel linguaggio feudale, l’atto con cui il signore, ricevuto l’omaggio dal vassallo, lo “investiva” del beneficio, cioè gliene riconosceva il possesso.
Poiché ai vescovi furono riconosciute crescenti funzioni di potere, la loro nomina da parte dell’imperatore assunse dal Decimo-Undicesimo Secolo i connotati die un’investitura di poteri ed entrate di origine pubblica, ormai assimilati, nel lessico politico, all’investitura di poteri feudali.
Cronologia dei concili ecumenici, Secoli Dodicesimo-Quattordicesimo, convocati dalla Chiesa Cattolica.
Data |
Luogo |
Tipologia |
Decisioni principali |
1123 |
Roma |
Indetto a papa Callisto Secondo, Primo Concilio lateranense |
Sanzione del concordato di Worms, e proibizione del matrimonio ai chierici che avessero ricevuto gli ordini |
1139 |
Roma |
Indetto da papa Innocenzo Secondo, Secondo Concilio lateranense |
Proibizione di ogni intervento dei laici nell’elezione dei vescovi e condanna della dottrina della povertà evangelica di Arnaldo da Brescia |
1179 |
Roma |
Indetto da papa Alessandro Terzo, Terzo Concilio lateranense |
Condanna come eretici dei catari e degli albigesi e ribadì che l’elezione del pontefice dovesse essere riservata ai soli cardinali |
1215 |
Roma |
Indetto da papa Innocenzo Terzo, Quarto Concilio lateranense. Vi parteciparono anche i patriarchi delle chiese orientali e rappresentanti degli imperatori, dei sovrani e dei comuni italiani |
Apoteosi del pontificato di Innocenzo Terzo, che propose i canoni che i padri conciliari dovettero approvare: furono ribaditi i dogmi trinitari, condannati gli eretici, stabilito il primato papale, imposte ai fedeli la confessione e la comunione annuali |
1245 |
Lione |
Indetto da papa Innocenzo Quarto |
Depose l’imperatore Federico Secondo e bandì contro di lui una crociata |
1274 |
Lione |
Indetto da papa Gregorio Decimo |
Cercò di stabilire l’unione con la Chiesa ortodossa e stabilì le regole del conclave |
1311 |
Vienne |
Indetto da papa Clemente Quinto |
Soppresse l’ordine dei Templari e condannò il beghinaggio |
Millenarismo. La credenza e l’attesa del regno di Cristo in terra, destinato a durare mille anni fino alla fine del mondo e al giorno del giudizio universale.
Tali credenze, già diffuse nel cristianesimo delle origini, riemersero costantemente nelle epoche successive per iniziativa di predicatori e di gruppi di fedeli.
Bolla. Lettera del papa in materia spirituale e temporale, scritta in latino e autenticata dal sigillo pontificio, cioè un bollo di piombo (in latino “bulla”, da cui il nome esteso al documento) che reca da una parte il volto di Pietro e Paolo e dall’altra il nome del pontefice.
Le bolle si usano indicare con le prime parole del testo.
Decretale. Lettera del papa, in risposta a una richiesta di parere, contenente norme giuridiche che, per l’autorità giurisdizionale del suo autore, avevano carattere di obbligatorietà per tutti i fedeli in casi analoghi.
Alcune raccolte ufficiali (di Gregorio Nono, Bonifacio Ottavo e Clemente Quinto) furono integrate nel corpus iuris canonici.
Regolare. Termine che indica chi fa parte di un ordine religioso e monastico e ne accetta la regola di vita in comune, emettendo pubblicamente i voti di obbedienza, povertà e castità, come, per esempio, i monaci.
Grangia. Dal francese granche (granaio) il termine entrò in uso dal Dodicesimo Secolo per indicare un’azienda agricola compatta, accorpata intorno a un centro di gestione (in origine un granaio), in reazione all’estrema frantumazione dei fondi conseguente alla crisi del sistema curtense.
Tali aziende furono diffuse inizialmente da abbazie e priorati cistercensi, che sfuggivano le aree di addensamento demografico e conobbero la massima diffusione nel corso del Tredicesimo e Quattordicesimo Secolo.
Focus. Monaci e frati.
Non è infrequente, per quanto errato, confonderei monaci con i frati.
Proviamo a fare chiarezza indicando alcuni elementi di distinzione.
I “monaci” non sono dei “preti”, ma dei laici che hanno deciso di condurre una vita di preghiera in solitudine (e pertanto si possono chiamare anche “eremiti”, da “eremo”) o in comunità (e pertanto “cenobiti”, da “cenobio”), obbedendo a una regola monastica.
Per questo i monaci sono anche detti “regolari”.
Solo alcuni monaci sono “sacerdoti”, perché hanno ricevuto l’ordinazione sacerdotale, cioè la responsabilità di impartire i sacramenti.
I monaci risiedono nei monasteri, ma non tutti i monasteri sono “abbazie”: lo sono solo quelle che sono guidate da un “abate”.
I monasteri di un ordine dipendenti da un’abbazia (come Cluny, per esempio) erano in genere retti da un “priore” e pertanto possono essere anche detti “priorati”.
Col termine “ordine” si intende un insieme di comunità che vivono tutte secondo la stessa regola e, in genere, ubbidiscono a un’unica autorità.
I domenicani e i francescano, invece, non si definiscono “monaci”, ma “frati” (da frate, “fratelli”) perché non perseguivano una vita di preghiera ritirata dal mondo ma un impegno pastorale nel mondo.
Le sedi dei loro ordini non si definiscono “monasteri” (cioè luoghi dei monaci, gli uomini “soli”) bensì conventi (cioè luoghi di conventus, adunanza e incontro).
I francescani sono anche detti frati “minori”, ossia più piccoli, perché sottomessi a tutti.
Francesco diede loro una regola, che fu approvata da papa Onorio Terzo nel 1223.
I domenicano sono anche detti “predicatori” perché proponevano il proprio ideale di cristianità attraverso la predicazione.
Essi seguivano la regola agostiniana, la stessa adottata dai canonici “regolari”, cioè dai fedeli che conducevano una vita in comune in base a norme comuni, diverse da quelle monastiche perché più orientate all’assistenza e all’impegno sociale.
Come i monaci, anche i canonici potevano essere die laici, benché fossero più spesso dei “chierici”.
Le loro sedi sono dette “canoniche” ed è errato definirle conventi o monasteri.
Gli ordini dei domenicani e dei francescani sono detti anche detti ordini “mendicanti”, perché potevano sostentarsi solo con le elemosine dei fedeli; gli stessi conventi dove vivevano non appartenevano loro ma alla Chiesa romana.
A differenza del monachesimo benedettino, che si era sviluppato soprattutto nelle campagne in luoghi isolati, fino a diventare un elemento fondamentale della società rurale, gli ordini mendicanti furono protagonisti soprattutto della vita cittadina, stabilendosi sin dall’inizio in conventi nelle aree urbane periferiche, spesso nei quartieri di maggiore connotazione popolare.
Il loro successo negli ambienti urbani fu rapido ed enorme perché i mendicanti coinvolsero i laici in attività religiose, entrando spesso in competizione, e talora in conflitto, con il clero tradizionale.
Non è infine un caso che gli ordini monastici come i cluniacensi e i cistercensi trovarono diffusione soprattutto in Francia e in Germania, aree prevalentemente rurali, mentre gli ordini mendicanti irradiarono soprattutto nelle aree dell’Europa urbana, come l’Italia, le Fiandre e la Francia meridionale.
Snodo 5. Sintesi.
L’organizzazione istituzionale del cristianesimo nell’Alto Medioevo si articolò in una rete di chiese locali, con sedi nelle città, da cui dipendevano le diocesi territoriali.
A capo delle chiese stavano i vescovi, che solo in alcuni casi erano gerarchicamente superiori ad altri.
Le decisioni in materia di fede e di disciplina erano prese, non senza conflitti anche aspri, nei concili che vedevano riuniti i prelati di alcune religioni o di tutta la cristianità.
L’esperienza spirituale condusse anche a forme si ascesi monastica che si espressero sia nell’eremitaggio individuale sia nella vita in comunità, secondo regole condivise.
In particolare, il monachesimo benedettino svolse un ruolo centrale nella graduale costruzione della cristianità occidentale, contribuendo a forgiarne l’identità attraverso l’opera di evangelizzazione delle popolazioni rurali e barbariche, attraverso la sua capillare presenza nella società e il suo sostanziale monopolio della cultura scritta.
L’acquisizione di poteri di tipo pubblico da parte dei vescovi e degli abati fu in parte la naturale conseguenza della loro appartenenza all’aristocrazia e della fondazione di chiese e monasteri da parte dei gruppi sociali più abbienti.
Il controllo delle istituzioni ecclesiastiche da parte dei laici accentuò però i fenomeni di inadeguatezza spirituale e pastorale dei chierici e dei monaci.
Fu per primo l’imperatore a intervenire, sin dall’età carolingia, con provvedimenti di riforma intesi a migliorare la preparazione e la morale del clero, l’organizzazione dei monasteri e delle diocesi, il controllo imperiale delle nomine ecclesiastiche.
L’attività riformatrice più duratura fu promossa nel seno stesso della Chiesa.
Dapprima in ambito monastico, dove la fondazione dell’ordine di Cluny fu d’esempio per la riproposizione di un rigore morale e liturgico.
Dalla metà del Secolo Undicesimo fu poi il pontefice a farsi coordinatore delle iniziative di riforma che coinvolsero i chierici secolari, i canonici, gli stessi laici impegnati, soprattutto nelle città, nelle lotte contro i vescovi e i preti corrotti e concubinari.
Il papa rivendicò a sé il primato universale della sua autorità, spirituale ma anche temporale, su tutta la cristianità.
Ciò lo mise in conflitto con l’imperatore per il controllo del clero e le designazioni dei vescovi, che poi risolto attraverso un concordato 8° Worms nel 1122) che ne sancì il sostanziale primato.
Nel corso del Secolo Undicesimo maturò anche lo scisma definitivo dalla Chiesa ortodossa d’Oriente, che non ne riconobbe mai l’autorità gerarchica.
Chi ubbidì all’autorità pontificia fu infatti recuperato all’interno della Chiesa, chi la rifiutò fu tacciato di eresia e perseguito.
Esperienze di predicazione laicale come quella di Francesco d’Assisi poterono così essere assorbite nel seno della Chiesa, mentre altre, come quella di Valdo di Lione, furono represse.
Dalla fine del Secolo Dodicesimo la lotta contro l’eresia fu progressivamente inasprita, anche attraverso crociate (come quella contro i catari) fino all’istituzione del tribunale dell’inquisizione.
Nello stesso periodo anche gli ebrei furono crescentemente emarginati e perseguitati.
Snodo 5. Sintesi cronologica.
Sesto Secolo.
540 ca. Benedetto da Norcia redige le regole del monastero di Montecassino, che alternano il tempo quotidianamente dedicato alla preghiera e al lavoro.
544 L’imperatore Giustiniano emana l’editto dei Tre Capitoli che provoca lo scisma dei vescovi dell’Occidente.
Ottavo Secolo.
779 Istituzione della decima destinata a sostenere il clero e a soccorrere i poveri.
Nono Secolo.
800 Carlo Magno, re dei franchi, è incoronato imperatore da papa Leone Terzo.
816 L’imperatore Ludovico il Pio dispone la riorganizzazione delle comunità canonicali, uniformandone la regola in tutto l’Impero.
817 Ludovico il Pio dispone l’applicazione della regola benedettina a tutti i monasteri dell’Impero.
824 Ludovico il Pio vincola con la Constitutio romana la consacrazione papale a un preventivo giuramento di fedeltà all’imperatore.
863 Papa Niccolò Primo Scomunica il patriarca di Costantinopoli Fozio, che accusa di eresia la Chiesa cattolica.
Decimo Secolo.
910 Fondazione dell’abbazia di Cluny in Borgogna per iniziativa del duca di Aquitania Guglielmo.
962 Con il Privilegium Ottone Primo ribadisce il controllo imperiale sull’elezione pontificia.
Undicesimo Secolo.
1012 Romualdo di Ravenna fonda l’eremo di Camaldoli presso Arezzo
1039 Giovanni Gualberto fonda l’eremo di Vallombrosa presso Firenze.
1043 Pier Damiani è eletto priore dell’eremo di Fonte Avellana nelle Marche.
1054 Scomunica reciproca tra il papa Leone Nono e il patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario, che sancisce lo scisma tra la Chiesa ortodossa orientale e quella cattolica occidentale.
1059 Il Concilio lateranense convocato da papa Niccolò Secondo stabilisce che l’elezione pontificia sia riservata ai soli cardinali.
1075 I Dictatus papae di Gregorio Settimo affermano l’autorità del papato sulla Chiesa e sui poteri laici.
1976-77 L’imperatore Enrico Quarto dichiara deposto il papa, e viene scomunicato da Gregorio Settimo: le ribellioni degli aristocratici tedeschi inducono Enrico Quarto a riconciliarsi provvisoriamente con il pontefice.
1080 Enrico Quarto contro-elegge papa l’arcivescovo di Ravenna Guiberto e lo insedia a Roma con la forza nel 1084.
1096 Nelle città tedesche si verificano le prime sommosse popolari antiebraiche (pogrom).
Dodicesimo Secolo.
1119 Approvazione della regola dell’ordine monastico dei cistercensi.
1122 Accordo a Worms tra Callisto Secondo ed Enrico Quinto sulle investiture dei vescovi.
1133 Approvazione della regola dell’ordine monastico dei certosini.
1184 Il papa Lucio Terzo scomunica gli eretici.
1199 Il papa Innocenzo Terzo equipara gli eretici ai rei di lesa maestà, condannandoli a morte.
Tredicesimo Secolo.
1208 Innocenzo Terzo bandisce una crociata contro i catari accusati di eresia.
1214 Chiara da Assisi fonda l’ordine femminile delle clarisse, caratterizzato da un’intensa spiritualità e da un’ideale vita di povertà e di preghiera.
1215 Scomunica del mercante di Lione Valdo, che aveva raccolto un movimento pauperista che aveva cominciato a predicare il Vangelo in lingua volgare.
1215 Il Concilio lateranense impone agli ebrei di portare un segno di riconoscimento sull’abbigliamento (un cerchio di stoffa gialla) per evitare rapporti con i cristiani.
1216 Approvazione pontificia della regola dei domenicani.
1223 Approvazione pontificia della regola del francescani
1231 Gregorio Nono affida all’inquisizione degli eretici ai domenicani.
1290 Gli ebrei sono espulsi dal regno di Inghilterra.
Quattordicesimo Secolo.
1322 Gli ebrei sono espulsi dal regno di Francia
1348-50 Nuova ondata di pogrom contro gli ebrei nell’Europa centrale e orientale.
Quindicesimo Secolo.
1492 Gli ebrei sono espulsi dal regno di Spagna
1498 Gli ebrei sono espulsi dal regno di Portogallo.
Snodo 5. Mappe concettuali.
Comunità cristiane |
Chierici (uomini appartenenti al clero) |
Laici |
sacerdoti |
diaconi |
Partecipano assieme al clero all’elezione dei vescovi e alla gestione degli affari della comunità |
Amministrano i sacramenti |
Svolgono compiti di assistenza e di amministrazione |
Il coordinamento delle chiese orizzontali
Assemblee del clero |
Sinodi |
Concili universali |
Convocati periodicamente dai metropoliti in sede provinciale |
Convocati saltuariamente dagli imperatori |
Per decidere in merito a questioni organizzative e disciplinari |
Per definire le verità di fede (dogmi) |
Per regolamentare i riti liturgici |
Per emanare leggi ecclesiastiche (canoni) |
Le riforme della Chiesa.
Lo sviluppo di poteri territoriali da parte di vescovi e abati dà vita a signorie ecclesiastiche autonome |
Le famiglie aristocratiche che fondano chiese e monasteri rendono ereditarie le cariche ecclesiastiche |
Gli aristocratici che ottengono tali cariche sono sprovvisti di adeguata preparazione e autentica vocazione |
I sovrani carolingi intervengono per restituire prestigio religioso alle autorità ecclesiastiche |
Gli interventi imperiali accentuano la commistione fra ordinamenti ecclesiastici e laici |
Dal decimo secolo emergono nella società cristiana due esigenze principali di riforma |
Moralizzazione dei costumi del clero |
Tutela delle istituzioni ecclesiastiche dalle ingerenze del mondo laico |
Ordine cluniacense. |
Eremitismo. |
Clero secolare. |
Movimenti laicali. |
L’affermazione monarchica del papato.
Leone Nono (1049-1054) ingaggia una dura battaglia contro simonia e concubinato |
Metà Undicesimo Secolo: le istanze di riforma della Chiesa trovano nel papato l’elemento capace di coordinarle |
Niccolò Secondo convoca nel 1059 un concilio che riserva l’elezione del papa ai soli cardinali |
1075: Gregorio Settimo con il Dictatus papae delinea una monarchia universale della Chiesa: |
La rivendicazione della libertà della Chiesa da ogni potere laico mette in discussione la natura dei rapporti tra papato e impero |
1076-1077: conflitto tra Gregorio Settimo ed Enrico Quarto. |
L’elezione dei vescovi spetta al clero e al popolo delle città. |
|
Nuovo ruolo monarchico e autoritario del papato |
La Chiesa comincia a operare come “curia”. |
Minor tolleranza verso gli eretici, scomunicati attraverso bolle papali. |
Snodo 5. Approfondimenti bibliografici.
Sulle chiese e sul monachesimo nell’Alto Medioevo.
La Chiesa nel Medioevo /C. Azzara, A. M. Rapetti. – Il Mulino, 2009
Il culto dei santi: l’origine e la diffusione di una nuova religiosità / P. Brown. – Laterza, 1983
Cristianizzazione e organizzazione ecclesiastica delle campagne nell’Alto Medioevo: espansione e resistenza. – Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 1981
Il cristianesimo medievale in Occidente / G. G. Merlo. – Laterza, 2012
Monaci e religiosi nel Medioevo / M. Pacaut. – Il Mulino, 1989
Storia del monachesimo in Italia: dalle origini alla fine del Medioevo / G. penco. – Jaca Book, 1983
I poteri temporali dei vescovi in Italia e in Germania nel Medioevo / a c. di C. G. Mor, H. Schmidinger. – Il Mulino, 1979
Clero e guerra nell’Alto Medioevo / F. Prinz. – Einaudi, 1994
Storia del monachesimo medievale / A. M. Rapetti. – Il Mulino 2013
L’aristocrazia della preghiera: politica e scelte religiose nel Medioevo italiano / G. Sergi. – Donzelli, 1994
Sulle riforme della Chiesa.
Il papato nel Medioevo / C. Azzara. – Il Mulino, 2006
La lotta per le investiture / U. R. Blumenthal. – Liguori, 1990
I monaci di Cluny / G. M. Cantarella. – Einaudi, 1993
Il sole e la luna: la rivoluzione di Gregorio Settimo papa, 1073-1085 / G. M. Cantarella. – Laterza, 2005
Chiesa, chiese, movimenti religiosi / a cura di G. M. Cantarella … et al. – Laterza, 2001
La pataria: lotte religiose e sociali nella Milano dell’Undicesimo secolo / P. Golinelli. – Europia, 1984
Chiesa gregoriana: ricerche sulla riforma del Secolo Undicesimo / G. Miccoli. – Herder, 1999
Nuovi studi su Innocenzo Terzo / M. Maccarone. – Herder, 1995
Storia del cristianesimo, vol. 2.: L’età medievale, Secoli Ottavo-Quindicesimo / a c. di M. Benedetti. – Carocci, 2015
La santità nel Medioevo / A. Vauchez. – Il Mulino, 2009
Ricerche sulle istituzioni ecclesiastiche dell’Italia centro-settentrionale nel Medioevo / C. Violante. – Accademia nazionale di scienze, lettere e arti, 1986
Sulle eresie e sulle nuove forme di spiritualità
La fine del mondo nel Medioevo / J. Fiori. – Il Mulino, 2010
Francesco d’Assisi e il primo secolo di storia francescana / J. Fiori. – Einaudi, 1977
Movimenti religiosi nel Medioevo: ricerche sui nessi storici tra l’eresia, gli ordini mendicanti e il movimento religioso femminile nel Dodicesimo e Tredicesimo Secolo e sulle origini storiche della mistica tedesca / H. Grundmann. – Il Mulino, 1980
San Francesco d’Assisi / J. Le Goff. – Laterza, 2000
Medioevo ereticale / a c. di O. Capitani. – Patron, 1977
Eretici ed eresie medievali / G. G. Merlo. – Il Mulino, 1989
Francesco d’Assisi: tra storia e memoria / A. Vauchez. – Einaudi, 2010
Ordini mendicanti e società italiana, Tredicesimo –Quindicesimo Secolo / A. Vauchez. – Il Saggiatore, 1990
Sulla cultura nell’Alto Medioevo.
Scriptores in urbibus: alfabetismo e cultura scritta nell’Italia altomedievale / A. Petrucci, C. Romeo. – Il Mulino, 1992
Le scuole e l’insediamento nell’Occidente cristiano: dalla fine del Quinto Secolo alla metà dell’Undicesimo Secolo / P. Riché. – Jouvence, 1984
La scuola nell’Occidente latino nell’Alto Medioevo. – Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 1972
Sugli ebrei nel Medioevo.
Gli ebrei nell’Alto Medioevo. - Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 1980
Storia dell’antisemitismo / L. Poliakov. – Rizzoli, 2013
Gli ebrei nel Medioevo / A. Veronese. – Jouvence, 2010
Snodo 6. La ripresa economica, Secoli Decimo-Dodicesimo
Tra il Decimo e il Dodicesimo Secolo l’Europa entrò in una fase di espansione sempre più accentuata, caratterizzata dall’aumento della popolazione, dalla crescita della produzione agricola, dallo sviluppo degli insediamenti e delle città, dal fiorire dei commerci e delle attività manifatturiere e dall’aprirsi di nuovi orizzonti culturali.
Da un lato, la fase di espansione espresse una decisa inversione di tendenza rispetto ai precedenti secoli di contrazione e stagnazione.
Dall’altro, essa preparò la base alla crescita imponente del Tredicesimo Secolo che costituì il vero e proprio apogeo dell’Occidente medievale.
Vari furono gli aspetti caratteristici della crescita dei Secoli Decimo-Dodicesimo.
In primo luogo, l’infittirsi dei villaggi nelle campagne e la rinascita delle città che mutarono il volto del paesaggio europeo, rendendolo meno rurale e tracciando la rete dell’attuale urbanizzazione.
Numerosi furono anche i progressi tecnici che sostennero l’espansione nei lavori agricoli, nelle manifatture, nelle vie di comunicazione e nei sistemi di trasporto.
La crescita economica spostò progressivamente l’asse della produzione di ricchezza dalle rendite della terra ai profitti generati dallo scambio delle merci e del denaro.
Cap. 12. Crescita demografica, espansione agraria e sviluppo dei commerci.
Censo. Affitto, in denaro o in natura, che il contadino pagava al padrone della terra coltivata.
Con la crisi del sistema curtense, cadute le prestazioni d’opera, gli obblighi del contadino si limitarono al pagamento del censo.
I censi in denaro perlopiù erano fissi e ciò portò alla loro svalutazione sul lungo periodo.
I proprietari preferirono in genere i censi in natura, che erano parziali, consistendo, per esempio, in un quarto del raccolto.
Focus. Le trasformazioni della società rurale.
Fino a tutto il Decimo Secolo il sistema di organizzazione agraria prevalente nell’Occidente Europeo, pur con differenze locali, era stato quello curtense.
Dopo il Mille le campagne furono attraversate da molte trasformazioni, che erano anch’esse un segno della crescita della società europea.
In primo luogo, il consolidamento dei poteri signorili, trasformando tutti i coltivatori in dipendenti, modificò i concetti di proprietà e di libertà nelle campagne, colpendo soprattutto i piccoli proprietari.
La distinzione tra le terre che il contadino possedeva in allodio e le terre padronali che coltivava in cambio di un censo perse significato.
Il livellamento di condizioni fu favorito anche dalel forme di coltivazione collettiva, imposte dal calendario dei lavori agricoli (aratura, semina, raccolto, etc.) e dalla conformazione del territorio, benché la proprietà della terra restasse individuale.
Tra i grandi proprietari si diffuse invece l’uso di sostituire alla compravendita la concessione delle terre in feudo, che divenne il modo abituale con cui la terra passò di mano tra gli aristocratici, come segno distintivo.
I piccoli proprietari continuarono invece a cedere e ad acquistare liberamente le terre in piena proprietà.
Scomparso il dominico, le grandi proprietà, anche per effetto della crescita demografica, si erano frammentate in innumerevoli parcelle possedute tutte dal medesimo proprietario, ma affidate a un gran numero di coltivatori diversi, i quali, a loro volta, coltivavano appezzamenti separati e spesso lontani tra loro e talora appartenenti a padroni diversi.
Di conseguenza, per molti secoli i contadini abitarono perlopiù tutti insieme in villaggi piuttosto che in abitazioni isolate nei campi.
Dal Dodicesimo Secolo, nelle aree meno popolate furono i proprietari ecclesiastici, per primi i cistercensi, ad accorpare la proprietà intorno a un centro di gestione padronale, attraverso il sistema delle grange.
Dal Quattordicesimo Secolo anche la proprietà urbana avrebbe promosso, attraverso la compravendita dei terreni, l’accorpamento delle tenute in poderi.
Le concessioni fondiarie erano di solito a lunga o a lunghissima scadenza, con censi in denaro quasi sempre fissi, e pertanto destinati a una progressiva svalutazione.
Per reazione, a partire dal Tredicesimo Secolo, alcuni proprietari, soprattutto quelli urbani, iniziarono a introdurre contratti a più breve scadenza, che consentivano di attenuare gli effetti dell’inflazione.
Nel complesso, la condizione dei contadini peggiorò rispetto al periodo precedente, caratterizzato dal sistema curtense.
L’affermazione della signoria territoriale livellò su un unico stato di dipendenza individui di diverso status giuridico: liberi affittuari, servi casati, addirittura piccoli proprietari, che si ritrovarono tutti sottomessi allo stesso modo al potere del signore.
Gli stessi contratti agrari stipulati dall’Undicesimo Secolo in poi contengono riferimenti sia agli obblighi agrari si aai diritti di prelievo signorile.
Anche l’alimentazione peggiorò: il sistema autosufficiente della curtis aveva garantito anche ai contadini una dieta variegata comprendente prodotti come il formaggio, la carne di maiale, il pesce, frutti del bosco, etc.
La specializzazione delle colture che si affermò dopo il Mille, centrata su quelle cerealicole, ridusse invece la varietà degli alimenti: sulla tavola dei contadini fin^ col prevalere un solo prodotto, il pane.
La nuova dieta, povera di proteine, si fece meno equilibrata, favorendo l’insorgere di malattie legate alla denutrizione: l’egotismo (un’intossicazione alimentare da segale comuta) conobbe due grandi ondate nel 994 e nel 1989 nella Francia settentrionale e nelle Fiandre, per poi propagarsi a tutto l’Occidente.
Borghese. Il termine (burgensis) è attestato nei documenti non italiani del Basso Medioevo, con un significato diverso da quello attuale.
Esso indicava gli abitanti del burg (“borghi”), cioè dei centri urbani che avevano avuto origine da una comunità di mercanti e di artigiani.
I borghesi godevano di particolari privilegi giuridici ed economici concessi dal re, principi o vescovi da cui la città dipendeva.
Il termine non indica dunque una classe sociale, ma una condizione privilegiata di cittadinanza.
Corporazione. Associazione di tutti coloro che in una città esercitano lo stesso mestiere o la stessa attività commerciale.
Le corporazioni, di cui facevano parte solo i padroni ma non gli apprendisti e i salariati, si diffusero tra Dodicesimo e Tredicesimo Secolo per tutelare gli interessi comuni in condizioni di monopolio: nessuno infatti poteva esercitare l’attività senza essere iscritto all’arte.
Snodo 6. Sintesi.
La crescita della popolazione europea, già in atto da Nono secolo, divenne più continua dal Decimo per proseguire poi fino a tutto il Tredicesimo, dando corpo a un imponente incremento demografico.
Esso fu dovuto a un insieme di fenomeni: la scomparsa delle grandi epidemie, la fine delle incursioni barbariche, il miglioramento delle condizioni climatiche, le accresciute disponibilità alimentari.
L’inversione del ciclo demografico non fu omogenea in tutte le regioni europee, ma un po’ ovunque si diffusero nuovi insediamenti rurali.
L’incremento demografico spinse a mettere a coltura nuove terre attraverso un’intensa opera di dissodamenti e bonifiche, favorita da alcuni progressi tecnici e sostenuta anche dalle colonizzazioni promosse dai signori e poi dalle città.
All’economia silvo-pastorale dei secoli precedenti, centrata sull’integrazione delle colture dei campi con la raccolta dei prodotti spontanei e l’allevamento brado, si sostituì un’economia agricola fondata sull’espansione delle colture, e sulla loro specializzazione per i nuovi mercati urbani.
Più in generale, da un’economia basata esclusivamente sulle rendite agrarie si passò progressivamente a un’economia che produceva ricchezza attraverso gli scambi.
Lo sviluppo fu sostenuto dalla crescente domanda di beni inizialmente proveniente dalle rendite dei grandi proprietari fondiari e dalle nuove ricchezze dei contadini agiati.
Gli scambi necessitarono di quantità crescenti di moneta e promossero investimenti nelle strutture di comunicazione (strade, ponti, porti) e di mercato.
Decisivo fu lo sviluppo delle città che, per quanto generalizzato, avvenne in forme diverse nelle varie regioni europee.
L’urbanizzazione fu più intensa dove più forte era stata la presenza delle città in età romana, e dove i nuovi centri, sviluppatisi da borghi e porti mercantili, si trovarono disposti lungo gli assi del commercio a lunga distanza.
La crescita urbana significò lo sviluppo di forme nuove di economia manifatturiera e commerciale, di organizzazioni sociali e politiche più articolate, di valori civili e culturali che differenziarono il mondo urbano da quello rurale.
Lo sviluppo economico rese infatti la società europea meno rurale rispetto ai secoli precedenti.
Fu soprattutto nelle città che si svilupparono le manifatture in molti settori, grazie anche a innovazioni tecnologiche.
Le diverse aree di produzione, alcune specializzate, furono collegate tra loro da reti di commercio internazionale che, in un sistema sempre più integrato, ebbero nei mercanti italiani e in quelli fiamminghi gli operatori privilegiati, rispettivamente nel Mediterraneo e nell’Europa del Nord.
Snodo 6. Sintesi cronologica.
Decimo Secolo.
990 ca. Amalfi apre propri empori a Bisanzio e poi nei principali porti dell’Impero islamico
Undicesimo Secolo.
Diffusione dei mulini ad acqua.
Diffusione del collare rigido e della ferratura per gli animali da traino.
1080-1086 Redazione del Domesday Book, il catasto dei beni immobili del regno normanno d’Inghilterra.
1082 Venezia ottiene dall’imperatore Alessio Comneno privilegi commerciali in tutti i territori bizantini.
Dodicesimo Secolo.
Sviluppo delle prime corporazioni artigiane nelle città europee.
Vengono istituite le fiere nella Champagne.
Diffusione dei mulini a vento
1155 I mercanti genovesi sono ammessi a Costantinopoli
1158 Su iniziativa del duca di Sassonia la città di Lubecca è scelta dai mercanti tedeschi della Renania e della Vestfalia quale centro dell’espansione tedesca nel Baltico.
1180 ca. Diffusione dei timoni a poppa sulle navi.
Tredicesimo Secolo.
Diffusione delle bussole
1241 I mercanti della città di Amburgo e di Lubecca danno vita al primo nucleo della Hansa, lega cui presto si aggregheranno commercianti di altre città.
Cap. 13. La diffusione dei rapporti feudali.
Feudo. Il termine costituisce la latinizzazione (feudum) dell’antico germanico fihu (fehu, feo), che era usato per indicare un pagamento in servizi, prevalentemente in capi di bestiame, e che presto assunse il medesimo significato del termine tardo latino beneficium, che indicava il compenso (una rendita, prevalentemente una terra) che remunerava la fedeltà militare del vassallo.
In origine il beneficio costituiva una concessione provvisoria, vitalizia e revocabile.
Quando il beneficio divenne un diritto ereditario, definitivamente dall’Undicesimo Secolo per tutti i gradi della vassallità, il termine feudo cominciò a essere utilizzato per indicare varie cose.
Sul piano politico l’esercizio di diritti signorili o della giurisdizione legata a un castello divenne un bene feudale, che il sovrano concedeva ai propri vassalli, direttamente o attraverso la finzione del feudo oblato.
Su quello economico il termine feudo assunse il significato di alienazione di proprietà, in genere tra aristocratici, o di affitto di terra di un padrone a un contadino.
I rituali dell’investitura vassallatica e dell’addobbamento cavalleresco.
|
Investitura vassallatica |
Addobbamento cavalleresco |
Relazione sociale |
Tra pari |
Promozione |
Ruoli |
Signore-vassallo |
Cavaliere-donzello |
Contenuto |
Omaggio di fedeltà |
Cooptazione cetuale |
Postura |
In piedi |
In ginocchio |
Azione |
Mani giunte nelle mani del signore |
Buffetto o colpo con la spada da parte del cavaliere |
Armi |
No |
Si (spada e cinturone) |
Bacio |
Si |
No |
Snodo 6. Approfondimenti bibliografici.
Sulla crescita demografica.
Storia minima della popolazione del mondo / M. Livi Bacci. – Il Mulino, 1988
Dalla tarda Antichità alla metà del Sedicesimo Secolo / G. Pinto. – In: La popolazione italiana dal Medioevo ad oggi. - Laterza, 1996
Sullo sviluppo agrario.
Le campagne europee prima e dopo il Mille: una società in trasformazione / a c. di B. Andreolli et al. – CLUEB, 1985
L’Italia rurale del Basso Medioevo / G. Cherubini. – Laterza, 1985
Uomini e campagne nell’Italia medievale / A. Cortonesi et al. – Laterza, 2002
L’economia rurale nell’Europa medievale / G. Duby. – Laterza, 1970
La fame e l’abbondanza: storia dell’alimentazione in Europa / M. Montanari. – Laterza, 1993
I contadini nella storia d’Europa / W. Rosener. – Laterza, 1989
Sulle innovazioni tecnologiche.
Lavoro e tecnica nel Medioevo / M. Bloch. – Laterza, 1959
Tecnica e società nel Medioevo / L. White, jr. – Feltrinelli, 1967
Sulla rinascita della città
Le città europee del Medioevo / G. Cherubini. – Bruno Mondadori, 2009
La città europea dal Medioevo ad oggi / L. H. Lees. – Laterza, 1987
Sull’espansione delle attività produttive e dei commerci.
Il commercio nel Medioevo / I. Ait. – Jouvence, 2005
La prima espansione economica europea: secoli Undicesimo-Quindicesimo / A. Cortonesi, L. Palermo. – Carocci, 2009
L’economia artigianale nell’Italia medievale / D. Degrassi. – Carocci, 1996
L’infanzia dell’Europa: economia e società dal Decimo al Dodicesimo Secolo / R. Fossier. – Il Mulino, 1987
Fiere e mercati nell’Europa occidentale / A. Grohmann. – Bruno Mondadori, 2011
Lombardi in Europa nel Medioevo / a c. di R. Bordone, F. Spinelli. – Angeli, 2005
La rivoluzione commerciale del Medioevo / R. S. Lopez. – Einaudi, 1971
I porti del Mediterraneo in età medievale / P. F. Simbula. – Bruno Mondadori, 2009
Snodo 7. Gli sviluppi politici, Secoli Undicesimo-Tredicesimo.
L’Occidente europeo conobbe una sistematica diffusione dei legami feudali solo tra Undicesimo e Tredicesimo Secolo, quando la garantita ereditarietà dei benefici trasformò la fedeltà vassallatica in un formidabile strumento di collegamento politico.
Ciò contribuì a superare la frammentazione dei poteri locali e a ricomporre in quadri politici più ampi la frantumazione territoriale dell’epoca precedente.
Protagonisti di questa nuova fase furono i poteri monarchici, che in varie regioni promossero la formazione di regni caratterizzati dalla crescente autorità del sovrano.
Il ricorso ai raccordi feudali, lo sviluppo di una burocrazia di ufficiali, il consolidamento dinastico e patrimoniale e la sacralizzazione del potere furono i principali strumenti di affermazione delle monarchie.
Nell’area imperiale, invece, la frammentazione politica rimase notevole, per la debolezza cui l’autorità imperiale era ridotta dalla crescita del potere papale.
I pontefici si proposero al vertice della cristianità anche attraverso la gerarchia delle fedeltà feudali e si fecero promotori e coordinatori della sua espansione.
La riconquista della Spagna e della Sicilia musulmane e la cristianizzazione dell’Europa orientale furono solo due aspetti dell’affermazione armata della cristianità, che trovò nelle crociate in Terrasanta l’espressione più compiuta.
Principale protagonista sociale ne fu la cavalleria.
Le vicende delle popolazioni normane contribuirono a caratterizzare durevolmente l’assetto politico dell’Occidente europeo nei secoli centrali del Medioevo e a plasmarne strutturalmente alcuni aspetti sociali e culturali.
Ciò fu dovuto alla loro non comune capacità di assimilare elementi tipici delle culture con cui entrarono in contatto.
Di origine scandinava, dopo una serie di incursioni effettuate nel corso del Secolo Nono i normanni si insediarono stabilmente nell’Europa carolingia, dove si cristianizzarono.
La costruzione del loro ducato in Normandia nel corso del Decimo Secolo fu accompagnata dall’acquisizione di costumi sociali di derivazione franca.
Essi cominciarono a parlare il franco in tempi molto rapidi, che rimase la loro lingua anche nelle successive espanioni al di fuori del ducato.
Dei franchi fecero propri anche i valori cavallereschi innestandoli sulle proprie attitudini guerriere, fino a militare tra i capi delle prime spedizioni crociate in Terrasanta.
Dal regno franco mutuarono anche modelli di organizzazione politica, tra i quali, in primo luogo, la compenetrazione con le strutture ecclesiastiche: nel 996, col restauro del monastero di Mont-Saint-Michel, avviarono una politica di patronato che portò all’istituzione di un cenobio della famiglia ducale a Fécamp.
Soprattutto, dai franchi i normanni adottarono la pratica dei rapporti vassallatico-beneficiari, che bene incontravano le tradizioni di fedeltà dei loro guerrieri, rielaborandoli in forme efficienti dal punto di vista politico.
Tre furono gli ambiti principali cui essi li applicarono.
In primo luogo, i normanni usarono il vincolo feudale per legarsi ai sovrani: dapprima il re di Francia, cui nel 911 il capo Rollone giurò fedeltà diventandone vassallo in cambio dell’investitura della contea di Rouen, nucleo del ducato di Normandia; e poi il papa, cui nel 1059 il principale esponente dei mercenari normanni insediatisi nell’Italia meridionale, Roberto d’Altavilla, giurò fedeltà in cambio del titolo feudale di duca di Puglia e di Calabria.
All’interno del ducato di Normandia, invece, i normanni separarono le funzioni militari svolte dai vassalli dai compiti di natura amministrativa affidati a ufficiali.
In tal modo essi furono in grado di esercitare un saldo controllo del territorio che servì da modello quando, nel corso dell’Undicesimo Secolo, essi diedero vita, in modi diversi, alle due grandi direttrici migratorie che, dalla Normandia, caratterizzarono la storia normanna: quella verso l’Italia meridionale e quella verso l’Inghilterra.
I normanni esportarono i rapporti feudo-vassallatici in territori, ai margini del mondo di tradizione franca, nei quali non erano mai stati sperimentati in precedenza.
Proprio perché costituiva una novità, la feudalità che essi applicarono nel regno d’Inghilterra e poi nella costruzione di quello nel Mezzogiorno italiano fu di grado avanzato: l’inquadramento feudale fu omogeneo, per cui ogni potente locale era effettivamente un vassallo del re e chiaramente distinto dalla rete di ufficiali regi.
I modi di applicazione furono diversi: in Inghilterra i normanni conquistarono un regno già organizzato e i re poterono contare su un preesistente apparato amministrativo che faceva capo alla corte; in Italia, dove giunsero come cavalieri mercenari, essi dovettero costruire un dominio unitario, ma già introno alla metà del Secolo Dodicesimo essi furono in grado di effettuare un censimento degli obblighi feudali dovuti alla corona (Catalogo dei baroni).
In Inghilterra essi assimilarono la cultura bretone e gallese, elaborando il ciclo letterario di re Artù.
In Italia elementi arabi e bizantini fornirono loro strumenti affinati di governo e di comunicazione del potere.
Ovunque nei loro domini i normanni organizzarono cancellerie e uffici di corte che sostenessero l’autorità dei sovrani: ciò li avvicinò abbastanza precocemente al pensiero giuridico moderno.
Cap. 14. La formazione dei regni.
Ufficiali e vassalli.
Si noti bene come i funzionari di nomina regia non fossero affatto dei vassalli dei sovrani, bensì degli ufficiali incaricati di svolgere i compiti amministrativi, a cominciare da quelli giudiziari e fiscali, in cambio di un salario e non di un feudo.
Legati al re per via feudale erano invece i signori locali – conti, duchi, baroni, ecc. – che per tal via erano tenuti alla fedeltà politica, nonostante le ampie autonomie giurisdizionali di cui godevano e i poteri di fatto esercitati nell’ambito dei propri feudi.
In altri termini: i feudatari non erano ufficiali del re, così come questi non erano suoi vassalli.
Barone. Il termine, derivante dall’antico tedesco baro (“uomo libero”), si diffuse nelle monarchie feudali per indicare i vassalli del re, ciascuno dei quali poteva a sua volta controllare una propria clientela di vassalli.
I baroni pertanto formavano la più alta aristocrazia del regno.
Demanio. Dal latino dominium (ovvero il possesso del sovrano), il termine indicava il complesso dei beni fondiari e dei diritti di autorità pubblica del re.
Con la progressiva affermazione dell’idea di corona, cioè del carattere astratto della regalità distinto dalla persona del re, l’originario patrimonio personale del re tese a essere percepito come patrimonio pubblico, come demanio appunto, costituito da terre e giurisdizioni.
Assise. Dal latino assidere (cioè “sedere”), il termine indica le assemblee giudiziarie dei signori e dei loro vassalli, nelle quali erano anche assunte decisioni di valore legislativo.
Focus. L’Europa normanna.
Le vicende delle popolazioni contribuirono a caratterizzare durevolmente l’assetto politico dell’Occidente europeo nei secoli centrali del Medioevo e a plasmarne strutturalmente alcuni aspetti sociali e culturali.
Ciò fu dovuto alla loro non comune capacità di assimilare elementi tipici delle culture con cui entrarono in contatto.
Di origine scandinava, dopo una serie di incursioni effettuate nel corso del Secolo Nono i normanni si insediarono stabilmente nell’Europa carolingia, dove si cristianizzarono.
La costruzione del loro ducato in Normandia nel corso del Decimo Secolo fu accompagnata dall’acquisizione di costumi sociali di derivazione franca.
Esso cominciarono a parlare il franco in tempi molto rapidi, che rimase la loro lingua anche nelle successive espansioni al di fuori del ducato.
Dei franchi fecero propri anche i valori cavallereschi innestandoli sulle proprie attitudini guerriere, fino a militare tra i capi delle prime spedizioni crociate in Terrasanta.
Dal regno franco mutuarono anche modelli di organizzazione politica, tra i quali, in primo luogo, la compenetrazione con le strutture ecclesiastiche: nel 996, col restauro del monastero di Mont-Saint-Michel, avviarono una politica di patronato che portò all’istituzione di un cenobio della famiglia ducale a Fécamp.
Soprattutto, dai franchi i normanni adottarono la pratica dei rapporti vassallatico-beneficiari, che bene incontravano le tradizioni di fedeltà dei loro guerrieri, rielaborandoli in forme efficienti dal punto di vista politico.
Tre furono gli ambiti principali cui essi li applicarono.
In primo luogo, i normanni usarono il vincolo feudale per legarsi ai propri sovrani: dapprima il re di Francia, cui nel 911 il capo Rollone giurò fedeltà diventandone vassallo in cambio dell’investitura della contea di Rouen, nucleo del ducato di Normandia; e poi il papa, cui nel 1059 il principale esponente dei mercenari normanni insediatisi nell’Italia meridionale, Roberto d’Altavilla, giurò fedeltà in cambio del titolo feudale di duca di Puglia e di Calabria.
All’interno del ducato di Normandia, invece, i normanni separarono le funzioni militari svolte dai vassalli dai compiti di natura amministrativa affidati a ufficiali.
In tal modo essi furono in grado di esercitare un saldo controllo del territorio che servì da modello quando, nel corso dell’Undicesimo Secolo, essi diedero vita, in modi diversi, alle due grandi direttrici migratorie che, dalla Normandia, caratterizzarono la storia normanna: quella verso l’Italia meridionale e quella verso l’Inghilterra.
I normanni esportarono i rapporti feudo-vassallatici in territori, ai margini del mondo di tradizione franca, nei quali non erano mai stati sperimentati in precedenza.
Proprio perché costituiva una novità, la feudalità che essi applicarono nel regno d’Inghilterra e poi nella costruzione di quello nel Mezzogiorno italiano di grado avanzato: l’inquadramento feudale fu omogeno, per cui ogni potente locale era effettivamente un vassallo del re, e chiaramente distinto dalla rete di ufficiali regi.
I modi di applicazione furono diversi: in Inghilterra i normanni conquistarono un regno già organizzato e i re poterono contare su un preesistente apparato amministrativo che faceva capo alla corte; in Italia, dove giunsero come cavalieri mercenari, essi dovettero costruire un dominio unitario, ma già intorno alla metà del Secolo Dodicesimo essi furono in grado di effettuare un censimento degli obblighi feudali dovuti alla corona (Catalogo dei baroni).
In Inghilterra essi assimilarono la cultura bretone e gallese, elaborando il ciclo letterario di re Artù.
In Italia elementi arabi e bizantini fornirono loro strumenti affinati di governo e di comunicazione del potere.
Ovunque nei loro domini i normanni organizzarono cancellerie e uffici di corte che sostenessero l’autorità dei sovrani: ciò li avvicinò abbastanza precocemente al pensiero giuridico romano.
Antipapa. Termine entrato in uso nel Secolo Quattordicesimo per indicare l’antagonista del papa legittimo, che ha assunto il titolo di papa con una procedura canonicamente irregolare oppure in opposizione a un papa eletto secondo le norme.
L’antipapa era pertanto non riconosciuto dalla Chiesa Cattolica.
Cap. 15. L’espansione armata della cristianità.
Ministeriali. Termine generico che indica tutti coloro che il padrone investe un compito (ministerium).
In area imperiale furono così indicati i funzionari di provata fedeltà di origine servile, cui i principi e i signori affidavano il governo della propria casa e l’amministrazione dei beni fondiari.
Col tempo i ministeriali furono anche armati cavalieri e furono affidati anche dei feudi.
Pellegrinaggio. Pratica devozionale individuale e collettiva, che il cristianesimo ereditò dalla tradizione pagana ed ebraica, che consisteva in un viaggio verso un luogo considerato sacro per motivi storici (martirio e presenza di un corpo o di una reliquia di un santo) o per qualche manifestazione divina.
Il pellegrinaggio si effettuava per assolvere un voto o per penitenza, in particolare rispetto a peccati gravi e di natura pubblica che comportavano la scomunica.
Intorno al Mille, in coincidenza con la riforma monastica, sorsero anche le strutture di assistenza ai pellegrini (ospizi) e di definirono veri e propri percorsi devozionali, come il cammino verso Santiago di Compostela e la via romea o francigena, che consentiva di raggiungere Roma partendo da Oltralpe.
Emblemi dei viaggi compiuti erano la conchiglia per chi tornava da Santiago, la palma per coloro che erano stati in Terrasanta e l’effigie della Veronica (una reliquia, sorta di sudario in cui si voleva che Cristo avesse impresso i suoi tratti) per chi tornava da Roma.
Indulgenza. Nella tradizione cattolica, il sacramento della confessione cancella la colpa del peccato, ma rimane da scontare una pena temporale che può essere espiata, in questa vita, attraverso opere buone (elemosine, pellegrinaggi, preghiere e digiuni) oppure in purgatorio.
Secondo il diritto canonico l’indulgenza cancella la pena temporale da scontare in purgatorio, in parte o in tutto (indulgenza plenaria).
L’indulgenza plenaria fu accordata per la prima volta da papa Urbano Secondo nel 1095, in occasione della prima crociata, a tutti coloro che, a vario titolo, avrebbero preso parte alla spedizione.
Le principali spedizioni armate in Terrasanta.
Date |
Luoghi |
Pontefici |
Protagonisti |
1096-1099 |
Antiochia, Edessa, Gerusalemme |
Urbano Secondo |
Ugo di Vermandois, Roberto Secondo di Normandia, Roberto Secondo di Fiandra, Raimondo di Tolosa, Goffredo di Buglione, Baldovino di Boulogne, Boemondo e Tancredi d’Altavilla |
1147-1149 |
Edessa, Damasco |
Eugenio Terzo |
Luigi Settimo re di Francia, Corrado Terzo Imperatore |
1189-1192 |
San Giovanni d’Acri, Cipro |
Clemente Terzo |
Federico Primo Imperatore, Filippo Secondo Augusto re di Francia, Riccardo Cuor di Leone re d’Inghilterra |
1202-1204 |
Zara, Costantinopoli |
Innocenzo Terzo |
Baldovino nono di Fiandra, Bonifacio Secondo di Monferrato |
1217-1221 |
Damietta |
Onorio Terzo |
Andrea Secondo d’Ungheria, Giovanni di Brienne |
1228-1229 |
Gerusalemme |
- |
Federico Secondo Imperatore |
1248-1254 |
Damietta |
Innocenzo Quarto |
Luigi Nono re di Francia |
1270 |
Tunisi |
- |
Luigi Nono re di Francia |
Focus. Violenza e religione nel cristianesimo e nell’islam.
L’uso della violenza in nome di Dio è una caratteristica comune alle religioni monoteistiche (e non solo a esse).
La guerra condotta in nome del Signore è teorizzata infatti sia nella Bibbia sia nel Corano.
Ne famoso episodio del vitello d’oro Mosè, scoperta la regressione del suo popolo al paganesimo, dopo aver implorato e ottenuto perdono, ordina ai leviti, rimastigli fedeli, di uccidere tremila persone in un giorno (Es. 32, 28); è ancora più spietato nei confronti delle donne e dei fanciulli catturati a Madian (Es. 31, 13-18) e degli abitanti di Canaan, imminente oggetto di conquista (Deuteronomio, 20, 10-10).
Giosuè, dopo l’assedio di Gerico, fa eseguire il massacro della sua popolazione (Gs 6, 21).
Allo stesso modo, nel Corano, il famoso verso della “spada” recita “uccidete i politeisti ovunque li troviate” (Sura 9, versetto 5), e quello della “guerra” (9, 29) chiama i musulmani a una lotta mortale contro ebrei e cristiani.
Lo stesso Maometto, indicato dal Corano come modello, guidò di persona delle stragi di ebrei.
Vero è anche che entrambi i testi sacri prendono le distanze dalla violenza: il Corano ha versetti che invitano a un alto senso di tolleranza, mischiati a versetti che incitano alla violenza; il Vangelo invita ad amare anche il proprio nemico ed è intriso di pacifismo.
Tuttavia le religioni monoteistiche hanno tratto dai testi rivelati l’idea della legittimità dell’esercizio della violenza in nome di Dio, anche se con qualche distinzione: il giudaismo, per esempio, conduce la guerra del Signore per la sola Terra d’Israele: l’islam ha invece il mondo intero come orizzonte di conquista.
Nel Medioevo la storia dei rapporti tra cristianità e mondo musulmano vide alternarsi, per molti secoli, relazioni pacifiche e violente.
Oltre alle guerre, il Medioevo conobbe rapporti commerciali e scambi culturali tra le popolazioni di differente religione: i mercanti delle città italiane constatarono che l’Oriente musulmano era un mondo ricco e stratificato, con cui si potevano concludere buoni affari, mentre gli intellettuali cristiani (filosofi, matematici, maestri di medicina ecc.) ricavarono dai testi arabi idee, traduzioni, esperienze.
Le scorrerie dei pirati saraceni, prima e dopo il Mille, contribuirono però a far nascere una reputazione negativa delle popolazioni musulmane tra le popolazioni rivierasche del Mediterraneo.
Ulteriore ostilità fu alimentata dai resoconti (spesso veritieri) dei pellegrini cristiani, reduci dalla Terrasanta dopo la conquista turca di Gerusalemme (1071).
Ma furono soprattutto i predicatori a far nascere nell’immaginario comune l’idea della società islamica come un mondo nemico, ostile e terribile.
Ne era convinto il monaco Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), principale predicatore della seconda crociata.
Lo pensava anche Urbano Secondo, il papa che nel 1095, a Clermont, lanciò un appello ai cavalieri cristiani invitandoli a recare soccorso ai “fratelli orientali” (i cristiani bizantini) minacciati dall’avanzata turca; il pontefice mise in campo tutti gli elementi tipici della guerra voluta da Dio (“Dio lo vuole!”, momento decisivo dell’eterna lotta tra il bene e il male, promettendo ai cavalieri cristiani la salvezza eterna in caso di morte sul campo.
Prima del 1095 tra cristiani e musulmani si erano già combattute diverse guerre, per motivi politici ed economici.
Così era avvenuto per i conflitti tra l’Impero bizantino e l’Impero arabo.
La stessa reconquista spagnola, nelle prime fasi, fu più un conflitto per l’espansione territoriale che una vera e propria guerra contro gli infedeli.
Infatti l’eroe nazionale spagnolo Rodrigo Diaz de Vivar (1043-1099), protagonista del poema epico Cantar del mio Cid, all’inizio fu celebrato sia dai “mori” (gli islamici di Spagna) sia dai cristiani come cavaliere coraggioso e senza macchia, pronto a difendere gli oppressi e il proprio onore.
I mori lo chiamarono el Cid (“Signore”), i cristiani el Campeador (“combattente, comandante”).
Solo dopo la sua morte prevalse l’immagine del guerriero cristiano che strappa agli infedeli le città del suo paese.
Il Corano parla spesso di guerra e anche di Jihad (etimologicamente “lo sforzo per raggiungere un determinato obiettivo”).
Nella “sura della vacca” il fedele islamico è invitato a combattere principalmente per difendersi e senza superare i limiti, “perché Allah non ama coloro che eccedono”: nei versetti successivi si legge “Uccidete [gli infedeli] ovunque li incontriate e scacciateli da dove vi hanno scacciati….. Se però cessano, allora Allah è perdonatore e misericordioso.
Combatteteli finché non ci sia più la persecuzione e il culto sia reso solo ad Allah.
Se desistono, non ci sia ostilità, tranne per coloro che prevaricano”.
Il Corano considera “infedele” il politeista e richiede quindi di combattere uno jihad contro chi non crede nel Dio unico.
Tale presupposto rappresentò il fondamento e la legittimazione per l’espansione territoriale degli arabi nella penisola arabica: le popolazioni politeiste che l’abitavano andavano o convertite o sterminate, e tale fu la sorte dei beduini “adoratori degli idoli” che abitavano l’Arabia nel Settimo-Ottavo Secolo.
Diverso fu, invece, il comportamento dell’islam nei confronti dei cristiani e degli ebrei.
Costoro infatti non erano pagani politeisti, perché credevano anch’essi nel Dio unico.
Pur non essendo dei “fedeli”, cioè seguaci della rivelazione coranica, cristiani ed ebrei non erano nemmeno totalmente “infedeli”, poiché appartenevano alla “gente del libro” (la Bibbia) discendente da Abramo, antenato comune di tutte le fedi monoteistiche.
Perciò cristiani ed ebrei rientravano nella categoria dei “protetti” e dovevano essere tollerati, evitando conversioni forzate.
Nell’Impero arabo essi potevano conservare la loro religione a determinate condizioni: dovevano pagare una tassa (non lieve) in denaro, abitare case più basse, rinunciare a predicare la propria fede e a esercitare opposizione politica nei confronti dei governanti musulmani.
L’interpretazione più diffusa del concetto di Jihad, nel mondo musulmano, fu quella militare.
Il mondo appariva diviso in due categorie, da una parte la Casa dell’islam (Dar al-islam) e dall’altra la Casa della guerra (Dar al-Harb): questa seconda “casa” era abitata dai popoli non ancora convertiti alla vera fede e, per questo, potenziale bersaglio di attacchi.
Lo stesso Maometto fu indubbiamente, nel corso della sua vita, un “profeta armato”.
Tuttavia alcuni teologi musulmani hanno sostenuto che il concetto di Jihad non va preso alla lettera, ma interpretato: esso in arabo può anche significare “sforzarsi, applicarsi con zelo” e indica dunque uno sforzo morale e spirituale (“lotta contro il male”) più che materiale e militare.
Alcune correnti dell’islam hanno insistito nel conferire allo jihad questo valore di lotta all’impurità e all’ingiustizia, da condursi sia nel mondo esterno, sia nel cuore di ogni individuo, con metodi non violenti.
Pur non essendo stata la posizione prevalente nell’islam, tuttavia essa fu presente e operante.
Alo stesso modo, nel mondo cristiano molti maestri di spiritualità e di pensiero, come per esempio Francesco d’Assisi, predicarono il valore della pace, ricordando l’insegnamento di Gesù.
Francesco diede l’esempio in prima persona, recandosi nel 1219 in Terrasanta per convertire con la parola e non con le armi.
Ottenne un colloquio con il sultano Malik-al-Khamil, mentre le truppe crociate assediavano Damietta e se ne tornò sano e salvo tra lo stupore generale.
Ai nostri giorni il concetto di jihad fa parte della retorica dei movimenti islamici radicali, così come le chiese cristiano non parlano più di “guerre sante”.
Graal. Gli autori di romanzi cavallereschi in lingua d’oil (parlata nella Francia settentrionale) indicavano con questo termine il calice eucaristico dell’ultima cena, in cui Giuseppe d’Arimatea avrebbe raccolto il sangue di Cristo dopo la deposizione.
La coppa sarebbe poi andata perduta: la ricerca di questa reliquia divenne il nucleo narrativo, a un tempo cavalleresco religioso, del ciclo cavalleresco bretone.
Snodo 7. Sintesi.
I Secoli Undicesimo-Tredicesimo appaiono caratterizzati dal punto di vista sociale e politico dalla sistematica diffusione dei legami feudali.
Fino a tutto il Secolo Decimo i rapporti ebbero come oggetto la fedeltà personale di tipo militare che legava il vassallo al signore in cambio di un beneficio a vita.
Dall’Undicesimo Secolo, quando la natura ereditaria di tutti i benefici fu legalmente riconosciuta, le relazioni feudali si trasformarono in rapporti di tipo prevalentemente politico, che legavano i feudatari ai loro signori nell’esercizio del potere.
I raccordi di tipo feudale si rivelarono gli strumenti più efficaci per ricomporre la frammentazione dei poteri locali che era stata tipica dei secoli Nono-Undicesimo.
A operare questa ricomposizione furono soprattutto le monarchie che vennero formandosi in Francia, in Inghilterra, nell’Italia meridionale e in Spagna per iniziativa di principi territoriali che riuscirono a imporre, e a vedere riconosciuta, la propria sovranità sugli altri signori.
L’autorità regi si affermò progressivamente anche attraverso nuovi apparati burocratici e la stabilizzazione dinastica della corona.
Anche le sovranità personali ricorsero ai legami feudali per consolidare la propria autorità.
Il potere imperiale, legato alla titolarità di re di Germania, era però indebolito dalla natura elettiva della carica e dalla necessità di concedere ampie autonomie ai principi elettori: l’area imperiale rimase infatti più frammentata.
I pontefici, invece, utilizzarono la fedeltà feudale per legare a sé molti sovrani europei, in una gerarchia che poneva il papa al vertice anche politico della cristianità.
La ricomposizione dei quadri politici e la nuova natura dei vincoli feudali consentirono di tradurre la crescita economica e demografica dell’Occidente europeo in una rinnovata fase di espansione militare e territoriale.
Essa ebbe come teatri principali la penisola iberica e la Sicilia musulmane e l’Europa orientale di villaggi e città, allo sviluppo di nuovi commerci e, soprattutto, alla cristianizzazione delle popolazioni.
L’espansione della cristianizzazione raggiunse la sua massima espressione quando indirizzò l’azione militare alla difesa del pellegrinaggio in Terrasanta, reso sempre più oneroso dalle nuove dominazioni islamiche.
Se i regni feudali costituiti in Medio Oriente ebbero breve durata, viva rimase invece l’idea di crociata contro i nemici interni ed esterni della cristianità, che papi come Innocenzo Terzo rivolsero anche contro gli eretici.
La crociata dirottata dai veneziani contro Costantinopoli nel 1202-1204 ne svelò anche la forza degli interessi economici sottostanti.
Protagonisti principali delle vicende belliche del periodo furono i cavalieri, guerrieri a cavallo inizialmente delel più diverse origini sociali, cge furono progressivamente inquadrati dal pensiero ecclesiastico in un ordine sociale ed etico.
Da un lato, i cavalieri furono posti dall’Undicesimo Secolo a difesa dei deboli e della Chiesa e invitati a militare per Cristo.
Dall’altro, la cavalleria si chiuse dal Tredicesimo Secolo in un ceto ereditario che servì alla nobiltà per distinguersi dagli altri gruppi sociali.
Snodo 7. Sintesi cronologica.
Decimo Secolo.
987 Ugo Capeto è eletto re di Francia ma ancora per tutti l’Undicesimo Secolo i sovrani dalla dinastia capetingia eserciteranno un potere debole
Undicesimo Secolo.
Prima metà. Alcuni intellettuali ecclesiastici elaborano l’immagine tripartita della società: oratores, bellatores e laboratores.
1002 Morte del califfo Al-Mansur e crisi del califfato omayyade nell’”al-Andalus” iberico: alla sua dissoluzione, nel 1031, sorgono una moltitudine di signorie territoriali (taifas).
1016-42 Il regno anglosassone d’Inghilterra è retto da sovrani vichinghi
1029 Per i servizi militari prestati al duca di Napoli il normanno Reinulfo Drengot ottiene in ricompensa la contea di Aversa.
1035 Alla morte di Sancho Terzo dal regno di Navarra si separa la contea di Castiglia, che assume dignità regia.
1037 Con l’Edictum de beneficiis, l’imperatore Corrado Secondo conferma l’ereditarietà dei benefici anche alla vassallità minore.
1041 Per i servizi militari prestati al principe di Salerno il normanno Guglielmo “Bracciodiferro” d’Altavilla ottiene in ricompensa la contea di Melfi.
1042 Eletto sul trono anglosassone Edoardo il Confessore, figlio di Emma di Normandia e formatosi a corte presso il ducato normanno.
1046-48 Rivolta in Puglia contro il governo bizantino, fomentato dall’imperatore Enrico Terzo.
1059 Il normanno Roberto d’Altavilla rende omaggio feudale a papa Niccolò Secondo, a Melfi, in cambio del titolo feudale.
1061 Ruggero d’Altavilla, fratello di Roberto il Guiscardo, avvia la conquista della Sicilia musulmana, destinata a concludersi solo nel 1091.
1066 Il duca di Normandia Guglielmo, alla morte senza figli del cugino Edoardo re d’Inghilterra, invade l’isola e sconfigge il pretendente Aroldo del Wessex nella battaglia di Hastings, conquistando il regno.
1071-77 Conquistata la Calabria nel 1060, Roberto il Guiscardo annette anche la Puglia, Amalfi e Salerno.
1073-85 Il papa Gregorio Settimo riceve l’omaggio vassallatico da parte dei re d’Inghilterra, Ungheria, Croazia dei sovrani iberici.
1080-86 Redazione del Domesday Book, il censimento a fini fiscali di tutte le proprietà fondiarie del regno d’Inghilterra.
1085 Riconquista di Toledo musulmana da parte del re di Castiglia e Leon Alfonso Sesto, che vi trasferisce la capitale.
1086 Il califfato dell’”al-Andalus” è conquistato dalla dinastia berbera degli almoravidi, la cui organizzazione frena la reconquista cristiana.
1095 Papa Urbano Secondo esorta a difendere in armi il pellegrinaggio in Terrasanta.
1099 Conquista di Gerusalemme in seguito alla prima crociata e fondazione dei regni cristiani in Medio Oriente.
1099 Fondazione degli ordini monastici militari dei Cavalieri del Santo Sepolcro e degli Ospedalieri di San Giovanni, cui si aggiunge nel 1118 quello dei Templari.
Dodicesimo Secolo.
Prima metà. Giuristi e consiglieri di re e imperatori cominciarono a elaborare lo schema della piramide feudale.
1130 Ruggero Secondo d’Altavilla assume il titolo di re di Sicilia
1134 Il regno di Aragona si unifica con la contea di Barcellona
1139 Dal regno di Leon e Castiglia si separa la contea di Oporto, nucleo da cui si svilupperà il regno di Portogallo.
1140 Nelle assise di Ariano, Ruggero Secondo promulga una disciplina dei rapporti tra la corona e le giurisdizioni dei feudatari e delle città del regno di Sicilia.
1144 I turchi si impadroniscono della contea di Edessa
1147 La dinastia degli Almohadi estende dall’Africa all’Andalusia il suo dominio, bloccando l’avanzata degli eserciti cristiani nella Spagna musulmana.
1150 ca. Il re di Sicilia Ruggero Secondo fa redigere il Catalogo dei baroni, il censimento degli obblighi feudali dovuti alla corona.
1152 L’elezione del re di Germania di Federico Primo di Svevia ricompone il dissidio che aveva lacerato l’aristocrazia del regno.
1154 Enrico Secondo il Plantageneto, vassallo del re di Francia, riceve per via dinastica la corona del regno di Inghilterra
1155 L’imperatore Federico Primo presta omaggio feudale a papa Adriano Quarto.
1156-61 Rivolte dei baroni e delle città del regno di Sicilia, in seguito alle quali il re Guglielmo Primo conferma tutte le consuetudini delle città del regno nel 1166.
1164 Nelle assise di Clarendon, il re d’Inghilterra Enrico Secondo sancisce i diritti rivendicati dalla corona.
1170 Assassinio dell’arcivescovo di Canterbury, Thomas Becket, già cancelliere della corona, nel contesto di un duro conflitto tra il re e il clero inglese.
1187 Il sultano di origine curda Salah ed-Din Yusuf, detto “Saladino”, riconquista Gerusalemme e i territori occupati dai cristiani.
1195 L’imperatore Enrico Sesto degli Hohenstaufen, sposo di Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero Secondo, riceve per via dinastica il Regno di Sicilia.
1198-202 Fondazione degli ordini monastici cavallereschi dei Cavalieri teutonici e dei Portaspada.
1198-216 Il papa Innocenzo Terzo riceve l’omaggio vassallatico da parte dei re d’Inghilterra, Sicilia, Aragona, Castiglia, Portogallo, Polonia, Boemia, Serbia e Bulgaria.
Tredicesimo Secolo.
1204 I crociati saccheggiano Costantinopoli su istigazione dei veneziani; fondazione dell’”Impero latino d’Oriente”.
1208-9 Crociata contro i catari della Francia meridionale indetta da Innocenzo Terzo.
1212 Vittoria degli eserciti a Las Navas de Tolosa contro i musulmani di Spagna
1213-31 Federico Secondo, re di Germania, concede ampi poteri ai principi ecclesiastici (Bolla d’oro) e laici (Statutum in favorem principum).
1214 Battaglia di Bouvines del 1214
1215 Indebolito dalla battaglia di Bouvines e dalla rivolta dei baroni, il re d’Inghilterra Giovanni Primo è costretto a concedere ai sudditi la Magna charta libertatum.
1221-24 Redazione dello Sachsenspiegel, la raccolta delle consuetudine feudali del regno di Germania.
1229-35 Giacomo Primo d’Aragona conquista le isole Baleari.
1236-48 Ferdinando Terzo di Castiglia conquista le principali città del sud della Spagna.
1291 San Giovanni d’Acri e gli ultimi domini latini in Terrasanta sono riconquistati dai musulmani
Snodo 7. Approfondimenti bibliografici.
Sulla diffusione dei rapporti feudali.
Vassalli, feudi, feudalesimo / G. Albertoni. – Carocci, 2015
La società feudale / M. Bloch. – Einaudi, 1949
Che cos’è il feudalesimo? / L. Ganshof. – Einaudi, 1989
Il mutamento feudale, Secoli Decimo-Dodicesimo / E. Bournalzel. – Mursia, 1991
Feudi e vassalli: una nuova interpretazione delle fonti / S. Reynolds. – Jouvence, 2004
Sulle monarchie feudali
I re taumaturghi / M. Bloch. – Einaudi, 2005
Principi e corti: l’Europa del Secolo Dodicesimo / G. M. Cantarella. – Einaudi, 1997
Quei maledetti normanni: cavalieri e organizzazione militare nel Mezzogiorno normanno / E. Cuozzo. – Guida, 1989
La domenica di Bouvines / G. Duby. – Einaudi, 1977
I normanni / H. Houben. – Il Mulino, 2013
Ruggero Secondo di Sicilia: un sovrano tra Oriente e Occidente / H. Houben. – Laterza, 1999
I normanni in Italia / D. Matthew. – Laterza, 1997
Sulla reconquista
Fra cristiani e musulmani: economie e territori nella Spagna medievale / M. Vaquero Pineiro. – Bruno Mondadori, 2009
La reconquista / A. Vanoli. – Il Mulino, 2009
La Spagna delle tre culture: ebrei, cristiani e musulmani tra storia e mito / A. Vanoli. – Viella, 2006
Sull’area imperiale e sull’espansione verso est.
La natura imperiale della Germania / M. Bloch. – Castelvecchi, 2015
Le crociate del Nord: il Baltico e la frontiera cattolica, 1100-1525 / E. Christiansen. – Il Mulino, 1983
La Germania medievale: nascita di uno Stato, Secoli Ottavo-Tredicesimo / J. P. Cuvillier. – Sansoni, 1985
Sul pellegrinaggio
In Terrasanta: pellegrini italiani tra Medioevo e prima età moderna / F. Cardini. – Il Mulino, 2002
Santiago di Compostela: il pellegrinaggio medievale / G. Cherubini. – Protagon, 1998
Sulle crociate
Benedette guerre: crociate e jihad / A. Barbero. – Laterza, 2009
Studi sulla storie e l’idea di crociata / F. Cardini. – Jouvence, 1993
Le crociate / J. Flori. – Il Mulino, 2003
La guerra santa: la formazione dell’idea di crociata nell’Occidente cristiano / J. Flori. – Il Mulino, 2009
Saladino / H. Mohring. – Il Mulino, 2007
Colonialismo medievale: il regno latino di Gerusalemme / J. Prawer. – Jouvence, 1998
Bisanzio e Venezia / G. Ravegnani. – Il Mulino, 2006
L’invenzione delle crociate / C. Tyerman. – Einaudi, 2000
Le guerre di Dio: nuova storia delle crociate / C. Tyerman. – Einaudi, 2012
Sulla cavalleria
Alle radici della cavalleria medievale / F. Cardini. – Il Mulino, 2014
Guglielmo il Maresciallo: l’avventura del cavaliere / G. Duby. – Laterza, 1985
Lo specchio del feudalesimo: sacerdoti, guerrieri e lavoratori / G. Duby. – Laterza, 1980
Cavalieri e cavalleria nel Medioevo / J. Flori. – Einaudi, 1999
La cavalleria medievale / J. Flori. – Il Mulino, 2002
Riccardo Cuor di Leone: il re cavaliere / J. Flori. – Einaudi, 2002
Sugli ordini monastici militari
I cavalieri di Cristo: gli ordini religioso-militari del Medioevo, Undicesimo-Sedicesimo Secolo / A. Demurger. – Garzanti, 2007
I templari / P. Partner. – Einaudi, 2005
Snodo 8. L’apogeo dell’Europa, Secoli Dodicesimo-Tredicesimo.
Nel dodicesimo e Tredicesimo Secolo l’Occidente europeo toccò il punto più alto della sua crescita demografica ed economica.
Il grande sviluppo produttivo e commerciale arricchì l’articolazione della società di figure nuove, come i mercanti e i notai.
Il lungo ciclo espansivo manifestò solo alla fine del Duecento i primi evidenti limiti di sostenibilità.
Sul piano politico sia il papato che l’impero legittimarono ideologicamente le rispettive pretese di sovranità universale, rinnovando il conflitto per la supremazia sulla cristianità.
Il consolidamento dei regni nazionali ne indebolì però irreversibilmente il ruolo, nonostante l’operato di alcune grandi personalità di papi e imperatori.
Nei propri domini i poteri monarchici rafforzarono la propria autorità scendendo a patti, ma anche disciplinando le istanze della nobiltà, del clero e delle comunità urbane.
Più debole rimase invece la loro autorità nei regni dell’Europa orientale.
Cap. 16. La ricchezza economica.
Stime della popolazione europea
Popolazione in milioni di abitanti
Anno |
Italia |
Europa |
1200 |
8,5 |
61 |
1250 |
10,1 |
69 |
1300 |
11,0 |
73 |
Le grandi città italiane ed europee intorno al 1300
Città italiane |
Abitanti |
Città europee |
Abitanti |
Milano |
150000 |
Parigi |
150000 |
Firenze |
110000 |
Siviglia |
90000 |
Venezia |
110000 |
Granada |
75000 |
Genova |
60000 |
Gand |
65000 |
Bologna |
50000 |
Cordova |
50000 |
Palermo |
50000 |
Barcellona |
45000 |
Siena |
50000 |
Bruges |
45000 |
Brescia |
45000 |
Londra |
45000 |
Cremona |
45000 |
Colonia |
40000 |
Messina |
40000 |
Novgorod |
40000 |
Padova |
40000 |
Praga |
40000 |
Verona |
40000 |
Tolosa |
40000 |
La coniazione di monete d’oro e d’argento in Italia nel Tredicesimo Secolo.
Città o regno |
“Grosso” d’argento |
Monete d’oro |
Genova |
Fine 12. Secolo |
1252 (“genovino” |
Venezia |
1202 |
1284 (“ducato”) |
Siena |
1220-1230 |
|
Pisa |
1227 |
|
Verona |
1230 ca. |
|
Parma |
1230 ca. |
|
Regno di Sicilia |
|
1231 (“augustale”) |
Ferrara |
1233 |
|
Bologna |
1233 ca. |
|
Reggio Emilia |
1233 |
|
Firenze |
1230-1240 |
1252 (“fiorino”) |
Lettera di cambio. Nel linguaggio bancario, il termine indicò il documento, un atto notarile, in cui si attestava il debito verso colui cui doveva essere effettuato il pagamento di una somma.
In pratica si trattava dell’antenato dell’odierna cambiale, che consentiva anche di trasferire accrediti da una sede bancaria a un’altra senza spostare la moneta, diminuendo il rischio di rapine.
Banco. Il termine indicava la tavola di legno su cui esercitavano il proprio mestiere i cambiatori di monete.
Esso divenne il simbolo della loro attività e l’origine dell’odierna “banca”.
I banchieri cambiavano le diverse monete che circolavano in un medesimo luogo, trasferivano da un contr a un altro le somme depositate, attraverso le lettere di cambio
Focus. Il commercio nel Mediterraneo.
Dopo il Mille, il Mediterraneo tornò a costituire un’area di sintesi intensi scambi commerciali, oltre che culturali e politici, tra le diverse civiltà che vi si affacciavano.
Il fenomeno aveva preso avvio nell’Undicesimo Secolo, si era ulteriormente consolidato nel Dodicesimo ed ebbe la sua piena affermazione nel corso del Tredicesimo.
Naturalmente continuavano a essere molti anche i conflitti, a cominciare da quelli legati alle spedizioni crociate.
Ma, rispetto ai secoli successivi alla dissoluzione dell’Impero romano in Occidente e all’espansione islamica, il mare – che un domenicano genovese, Giovanni Balbi, definì alla fine del Duecento “al centro della terra” (medium terrae tenens) – tornò ad essere la parte più viva del mondo occidentale.
Lo sviluppo del commercio mediterraneo fu reso possibile da un costante miglioramento delle tecniche di navigazione.
Due erano i tipi principali di imbarcazione impiegati: la galea da mercato, lunga e sottile, mossa dal vento e dalla forza dei rematori, che arrivò ad avere uan capacità di carico di 150 tonnellate; e, soprattutto, i più massicci velieri, utilizzati per il trasporto delle merci di maggiore ingombro, che giunsero a contare stazze di 1000 tonnellate.
L’introduzione del timone unico posteriore, della vela triangolare, della bussola e dei portolani, consentì di navigare sin dal Tredicesimo Secolo anche in inverno.
L’industria delle costruzioni navali conobbe conseguentemente un forte sviluppo, sostenendo l’economia di città che, come Venezia, avevano costituito grandi arsenali.
Nonostante i progressi, la navigazione marittima restava pericolosa e non erano rari i casi di naufragio e gli attacchi ai pirati.
Non è un caso che proprio nelle città marinare italiane furono sviluppati i primi strumenti finanziari di assicurazione.
Ad ulteriore tutela della sicurezza della navigazione Venezia usava organizzare convogli di galee che partivano a date fisse.
Genova e poi Barcellona, invece, si affidavano a piccole squadre di velieri.
Nel Mediterraneo orientale furono i veneziani a dominare il sistema commerciale, monopolizzando tutti gli scali dell’Adriatico, ma vi operarono anche mercanti genovesi, pisani, provenzali e più tardi anche catalani e fiorentini.
Le principali piazze, collegate con gli itinerari mercantili persiani, indiani e cinesi, erano Costantinopoli, Acri, Laiazzo nella Piccola Armenia (che rimase in mano cristiana fino al 1337), Cipro e Alessandria d’Egitto.
In esse vi si scambiavano panni e altri manufatti tessili, olio e vini, armi, legno e ferro provenienti dall’Occidente con lane, allume, cera, spezie (pepe), zucchero, seta, perle, argento lavorato, carta provenienti dall’Oriente.
Nel Mediterraneo occidentale il commercio si sviluppò con qualche ritardo e con volumi complessivamente inferiori rispetto a quelle del levante.
A dominare furono soprattutto i mercanti genovesi, cui fecero concorrenza i pisani e i catalani, mentre i veneziani vi cercarono solo dal primo Trecento dei porti da integrare alla linea di navigazione atlantica che attraverso Gibilterra, collegava Venezia alle Fiandre e all’Inghilterra, inaugurata nel 1314 dopo che Genova ne aveva già aperta una propria dal 1277.
Le principali piazze commerciali erano Tunisi, Bugia, Algeri, Orano, fino a Marrakech sull’Atlantico, Siviglia, Barcellona Aigues-Mortes, Marsiglia e, nelle isole, Maiorca, Alghero, Cagliari, Trapani, Palermo e Messina.
In esse i mercanti europei vi scambiavano tessuti, armi, metalli, olio, vino e spezie acquistate in Oriente in cambio di lana, pellame e cuoio lavorato, cera, grano, frutta secca, pesce salato dal Maghreb e dall’Atlantico.
Da carovane provenienti dall’Africa subsahariana arrivò anche l’oro che consentì la nuova coniazione di monete in Occidente.
Arsenale. Cantiere navale, in genere eretto in un’area protetta, dove si costruivano le navi e si effettuava la loro manutenzione.
Nell’Occidente medievale i primi arsenali si svilupparono nelle città marinare italiane, costituendo un settore importante delle loro economie.
Il più celebre fu l’arsenale pubblico inaugurato a Venezia nel 1104.
In genere le galee erano costruite al chiuso, mentre i velieri in cantieri all’aperto.
Usura. Come oggi, il termine indicava il prestito per il quale si richiedeva un interesse a termine che oltrepassava la misura ritenuta lecita.
Nel Medioevo l’usura era considerata un peccato grave perché con essa si vendeva il tempo, che era di Dio, e perché il guadagno del prestatore derivava dal lavoro altrui.
Cap. 17. Papato, impero e regni
Sovranità. La nozione di sovranità fu coniata in età moderna dal giurista francese Jean Bodin per indicare il potere politico supremo legittimato a essere esercitato nei confronti di tutto coloro che risiedono in un determinato territorio, e, soprattutto, che non riconosce alcuna autorità superiore.
Già dal Tredicesimo Secolo, però, nel pensiero politico emerse l’idea di un’autonomia di alcuni poteri politici rispetto all’autorità universale dell’impero e della chiesa.
La teoria riconosceva ai regni come quello francese o ai comuni italiani un potere analogo a quello imperiale, ma pur sempre nella cornice ideale di un governo universale.
Regalia. Il termine indicava ogni diritto spettante al re in materia giurisdizionale, fiscale e amministrativa.
Nel corso del Dodicesimo Secolo il complesso delle regalie fu rivendicato dagli imperatori sia nei confronti del papato in riferimento alle investiture temporali dei poteri dei vescovi sia nei confronti delle città comunali italiane in riferimento alle prerogative che esse potevano legittimamente esercitare con il consenso del sovrano.
Teocrazia. Il termine, dal greco “dominio di Dio”, indicava la dottrina che riportava a Dio l’origine e il fondamento del potere politico, richiamandosi al passo biblico di Paolo “omnis potestas a Deo” (“ogni potere deriva da Dio”).
Su questa base il papato rivendicò sin dal tempo di Gregorio Magno, e poi soprattutto in seguito alla riforma, il potere su tutti i governi della terra, con la conseguente identificazione tra potere politico e religioso.
Donazione di Costantino. Si tratta di un documento apocrifo (Constitutum Constantini) attraverso il quale si volle attestare la donazione di tutti i territori occidentali dell’Impero alla Chiesa di Roma nel 313 da parte di Costantino, grato a papa Silvestro Primo di averlo guarito da una grave malattia.
La sua autenticità, già posta in dubbio dall’imperatore Ottone Terzo, fu smentita su base filologica dall’umanista Lorenzo Valla nel 1440.
Il documento fu redatto probabilmente durante il pontificato di Paolo Primo (757-767) per giustificare l’ambizione dei vescovi di Roma, presentati come eredi dell’universalismo imperiale, di assumere direttamente la guida del ducato di Roma e dei domini bizantini in Italia.
Giubileo. Il termine risale a un uso previsto dalla legge ebraica, che imponeva ogni cinquant’anni, la celebrazione di un anno consacrato al riposo della terra, alla sua restituzione ai proprietari precedenti e alla liberazione degli schiavi.
La festività era annunciata dal suono di un corno di capro (“giubileo” in ebraico).
Nel mondo cristiano il termine indica un anno di remissione e indulgenza.
Esso fu per la prima volta associato da Bonifacio Ottavo alla visita delle basiliche apostoliche di Roma: chi le avesse visitate nel corso dell’anno 1300 avrebbe beneficiato di una grande indulgenza plenaria.
Dal 1475 si dispose che dovesse tenersi ogni venticinque anni.
Conclave. Dal latino Cum Clave (luogo chiuso “a chiave”), il termine indica tuttora il luogo, chiuso e isolato dall’esterno, dove si riuniscono i cardinali per eleggere il papa, perché una volta entrativi essi non possono uscirne se non a elezione avvenuta.
I cardinali furono chiusi per la prima volta per affrettare l’elezione pontificia nel 1216 quando fu fatto papa Onorio Terzo.
Sono nel 1274 furono definite da Gregorio Decimo le prescrizioni per la celebrazione del conclave.
Concistoro. Dal latino consistere (“fermarsi”), il termine indicava l’assemblea dei cardinali presenti a Roma, convocata dal papa come proprio consiglio.
Sorto nell’Undicesimo Secolo, il concistoro si affiancò al pontefice, che lo presiedeva, per trattare degli affari relativi al governo della Chiesa.
Snodo 8. Sintesi.
La congiuntura demografica ed economica favorevole che aveva preso avvio intorno all’anno Mille proseguì anche nei secoli Dodicesimo-Tredicesimo, dando luogo a ulteriori differenziazioni sociali e incrementi di ricchezze.
Solo verso la fine del Duecento si manifestò uno squilibrio crescente tra risorse alimentari, tecnologie disponibili e popolazione sostenibile.
Innovazioni significative si ebbero nei settori tessili, bancari e finanziari; mentre i notai cominciarono a certificare giuridicamente la crescita esponenziale delle transazioni economiche e a tenerne memoria scritta.
Sul piano politico, l’autorevolezza che la casata degli Hohenstaufen conferì alla carica imperiale rilanciò le ambizioni universalistiche di un ordinamento civile non dipendente da quello religioso.
Gli imperatori furono prodighi di concessioni alla nobiltà tedesca, ma la rivendicazione dei diritti regi nei confronti delle città italiane aprì un lungo conflitto dal quale uscirono perdenti.
L’estinzione della dinastia sveva fece di Federico Secondo l’ultimo imperatore in grado di assolvere al suo ruolo universale, per visione e capacità di azione politica.
A sua volta, il papato sviluppò le posizioni gregoriane di supremazia su ogni altro potere temporale, proponendosi come arbitro nelle vicende della politica europea e mediterranea.
Il consolidamento delle autorità monarchiche attraverso il rafforzamento burocratico e le conoscenze giurisdizionali a signori e città, rese i regni i nuovi antagonisti alle rivendicazioni universalistiche dei pontefici.
Lo scontro con il re di Francia per il controllo del clero fece di Bonifacio Ottavo l’ultimo papa capace di celebrare la potenza dell’autorità pontificia.
Nell’Europa orientale si formarono invece regni di grande estensione territoriale ma di debole coesione politica, nei quali la potenza della nobiltà mantenne intatte le proprie prerogative.
Nelle grandi pianure tra il Danubio e il Don cominciò a prendere forma il principato slavo di Kiev a guida varega, nucleo della futura Russia.
L’impressionante espansione dell’Impero mongolo verso l’Europa e il Mediterraneo nella prima metà del Tredicesimo Secolo rese i principali slavi tributari del Khanato dell’Orda d’oro.
Snodo 8. Sintesi cronologica.
Dodicesimo Secolo.
1113-1115 Vladimir Secondo riunifica nuovamente il principato di Kiev formato alla fine del Nono Secolo, ma presto le lotte intestine torneranno a frantumarlo.
1152-1155 Federico Primo di Hohenstaufen è eletto re di Germania, re d’Italia e incoronato imperatore.
1155 I mercanti genovesi ottengono licenze commerciali a Costantinopoli.
1158 L’imperatore Federico Primo rivendica di fronte ai rappresentanti delle città italiane convocati a Roncaglia l’esercizio delle prerogative regie (“regalie”).
1159 L’imperatore Federico Primo non riconosce la supremazia papale e sostiene l’elezione dell’antipapa Vittore Quarto.
1162 Rifiutatasi di assoggettarsi all’autorità imperiale, Milano subisce la distruzione delle mura da parte dell’esercito di Federico Primo.
1183 Sconfitto a Legnano nel 1176 dalla Lega delle città lombarde, Federico Primo è costretto a concedere, attraverso la pace di Costanza, l’esercizio delle regalie ai comuni.
1187 Il regno di Bulgaria riconquista la propria indipendenza da Bisanzio
1198 Papa Innocenzo Terzo riafferma, con la bolla Sicut universitatis conditor, il principio teocratico del potere pontificio.
Tredicesimo Secolo.
1206 Il capo mongolo Temujin viene riconosciuto come Gengis Khan (“signore universale”) e avvia la costruzione del dominio sulla Cina settentrionale e sull’Asia centrale.
1208-1220 Federico Secondo di Svevia è incoronato re di Sicilia da papa Innocenzo Terzo (1208), eletto re di Germania (1212) e incoronato imperatore (1220) da papa Onorio Terzo.
1222 Il re d’Ungheria concede privilegi ai nobili, al clero e alle comunità rurali.
1227 Il papa Gregorio nono scomunica l’imperatore Federico Secondo con l’accusa di eresia: scomunica che sarà ribadita nel 1239 e nel 1245.
1231 Federico Secondo conia gli “augustali” d’oro e pubblica il Liber augustalis, la raccolta della legislazione del regno di Sicilia.
1237 L’esercito di Federico Secondo sconfigge a Cortenuova quello della Lega delle città lombarde.
1240 I mongoli saccheggiano il principato di Kiev e fondano il Khanato dell’Orda d’oro.
1240-1241 I mongoli si spingono fino alla Polonia e all’Ungheria, minacciando Vienna e affacciandosi anche sull’Adriatico.
1245 Federico Secondo viene deposto da Innocenzo Quarto, sciogliendo i sudditi dal giuramento di fedeltà.
1250-1266 Lotte di successione tra gli eredi svevi di Federico Secondo per il controllo del regno di Sicilia, risolte dall’alleanza tra il re di Francia e il papa, che affida la corona del regno a Carlo d’Angiò.
1250-1273 Vacanza del trono imperiale tra la morte di Federico Secondo e l’elezione di Rodolfo Primo d’Asburgo.
1252 Firenze e Genova sono le prime città dell’Occidente a coniare monete d’oro; rispettivamente il “fiorino e il genovino”.
1258 I mongoli saccheggiano Baghdad.
1259 Il re d’Inghilterra, Enrico Terzo, riconosce la sovranità del re di Francia, Luigi Nono, su quasi tutti i territori francesi dei Plantageneti.
1261 Restaurazione dell’Impero bizantino per opera di Michele Paleologo.
1261-1264 La revoca delle Provvisioni in favore dei baroni concesse dal re d’Inghilterra, Enrico Terzo, scatena la rivolta guidata da Simone di Montfort, che porta all’autoconvocazione del parlamento inglese, aperto anche ai borghesi delle città.
1265-1280 Il re Alfonso Decimo fa redigere Las siete partidas, l’imponente raccolta legislativa del regno di Castiglia.
1266 Incoronato re di Sicilia da papa Urbano Quarto, Carlo d’Angiò sconfigge Manfredi di Svevia a Benevento.
1271-1275 Marco Polo e altri mercanti veneziani raggiungono la Cina.
1274 Il papa Gregorio Decimo definisce la disciplina del conclave.
1277 I mercanti genovesi inaugurano una linea di navigazione atlantica che collega Genova alle Fiandre e all’Inghilterra: i veneziani ne apriranno una propria nel 1314.
1278 Con l’annessione della Romagna il papato consolida il territorio dello Stato pontificio che già comprendeva Lazio meridionale, Tuscia, Ducato di Spoleto e marca di Ancona.
1282-1302 Gli aragonesi si insediano nel regno di Sicilia fino a conquistarne la corona.
1283 Il re d’Inghilterra Edoardo Primo conquista il Galles.
1284 Battaglia navale della Meloria: i genovesi sconfiggono i pisani, assicurandosi il predominio commerciale nel Mediterraneo occidentale.
1294 L’eremita Pietro del Morrone, eletto papa col nome di Celestino Quinto, abdica al ruolo dopo pochi mesi.
1295 Il re Edoardo Primo convoca il parlamento del regno inglese.
Quattordicesimo Secolo.
1300 Papa Bonifacio Ottavo proclama il primo giubileo.
1302 Il re Filippo Quarto il Bello convoca gli stati generali del regno di Francia.
1323 Gli aragonesi avviano la conquista della Sardegna.
Snodo 8. Approfondimenti bibliografici.
Sul “boom” demografico.
Storia minima della popolazione del mondo / M. Livi Bacci. – Il Mulino, 1998
Dalla tarda antichità alla metà del Sedicesimo Secolo. – In: La popolazione italiana dal Medioevo ad oggi / G. Pinto. – Laterza, 1996
Sul ciclo economico espansivo.
L’alba della banca: alle origini del sistema bancario tra Medioevo ed età moderna. – Dedalo, 1982
La prima espansione economica europea, Secoli Undicesimo-Quindicesimo / A. Cortonesi, L. Palermo. – Carocci, 2009
Economie urbane ed etica economica nell’Italia medievale / R. Greci … et al. – Laterza, 2005
Economia e società nell’Italia medievale / Ph. Jones. – Einaudi, 1980
La nascita del purgatorio / J. Le Goff. – Einaudi, 1982
Economia preindustriale: mille anni: dal Nono al Diciottesimo Secolo / P. Malanima. – Bruno Mondadori, 1995
Uomini, risorse, tecniche nell’economia europea dal Decimo al Diciannovesimo Secolo / P. Malanima. – Bruno Mondadori, 2003
La banca e il credito nel Medioevo / L. Palermo. – Bruno Mondadori, 2008
Gli uomini d’affari italiani nel Medioevo / Y. Renouard. – Rizzoli, 1973
Commercio e navigazione nel Medioevo / M. Tangheroni. – Laterza, 1996
Ricchezza francescana: dalla povertà volontaria alle società di mercato / G. Tedeschini. – Il Mulino, 2004
Sulle sovranità universali.
Federico Secondo: un imperatore medievale / D. Abulafia. – Einaudi, 1990
Federico Barbarossa nel dibattito storiografico in Italia e in Germania / a cura di R. Manselli, J. Riedmann. – Il Mulino, 1982
Federico Secondo: imperatore, uomo, mito / H. Houben. – Il Mulino, 2009
Federico Secondo imperatore / E. Kantorowicz. – Garzanti, 1988
Bonifacio Ottavo / A. Parravicini Bagliani. – Einaudi, 2003
Morte e elezione del papa: norme, riti e conflitti: il Medioevo / A. Parravicini Bagliani. – Viella, 2013
Il trono di Pietro: l’universalità del papato da Alessandro Terzo a Bonifacio Ottavo / A. Parravicini Bagliani. – Carocci, 1996
Il regno di Manfredi: proposte di interpretazione / E. Pispisa. – Sicania, 1991
Innocenzo Terzo, 1198-1216 / J. Sayers. – Viella, 1997
Federico Secondo e l’apogeo dell’Impero / W. Stürner. – Salerno, 2009
Sul rafforzamento dei poteri monarchici.
Il Medioevo da Ugo Capeto a Giovanna d’Arco / G. Duby. – Laterza, 1993
L’enigma di Filippo il Bello / J. Favier. – Jouvence, 2002
San Luigi / J. Le Goff. – Einaudi, 1996
La nascita del Parlamento nell’Inghilterra medievale / G. Musca. – Dedalo, 1994
Economia e società nell’Inghilterra medievale dal Dodicesimo al Sedicesimo Secolo / M. M. Postan. – Einaudi, 1978
Sull’Europa orientale, la Russia, i mongoli.
I mongoli: espansione, impero, eredità / M. Bernardini, D. Guida. – Einaudi, 2012
Gengis Khan: il principe dei nomadi / V. Bianchi. – Laterza, 2007
Marco Polo: storia del mercante che capì la Cina / V. Bianchi. – Laterza, 2009
L’orda d’oro: le conquiste militari dei mongoli, l’invasione della Russia, la grande minaccia all’Europa occidentale / B. D. Grekov. – Res Gestae, 2013
Boemia e Moravia nel cuore dell’Europa: storia del popolo ceco fra Medioevo e età moderna / F. Gui, D. De Angelis. – Bulzoni, 2009
I russi: origini, identità e specificità culturali di un grande popolo europeo / R. Milner-Gulland. – ECIG, 2009
Storia della Russia: dalle origini ai giorni nostri / N. V. Riasanovsky. – Bompiani, 2001
Snodo 9. La civiltà urbana.
Aspetto saliente dell’apogeo della cristianità occidentale fu l’importanza crescente assunta dalle città, sia di tradizione antica sia di nuova fondazione, dell’Europa dei Secoli Dodicesimo e Tredicesimo.
Centri di attrazione demografica e di sviluppo economico, esse divennero sede anche di esperienze avanzate di formazione culturale e di autogoverno politico.
La cultura conobbe un generale moto di laicizzazione, che ristrutturò il sistema scolastico e che contribuì alla diffusione delle lingue volgari in ambito letterario.
Un rilievo centrale nel rinnovamento culturale della società europea fu assunto dalla nascita delle università e dall’arricchimento dei campi del sapere.
Nelle città si svilupparono quasi ovunque sistemi di governo comunale, dando luogo a forme di governo misto con i funzionari regi e signorili.
Solo in Italia l’autogoverno raggiunse una piena autonomia politica, contribuendo a indebolire decisivamente il ruolo delle sovranità universali.
Tra Tredicesimo e Quattordicesimo Secolo l’allargamento della base sociale della partecipazione alla cittadinanza determinò nelle città dell’Italia centro-settentrionale il superamento del sistema politico comunale.
Forme diverse, e spesso ibride, di governo – a comune, di “popolo”, personali, oligarchiche, di parte o signorili – si alternarono in uan varietà di esiti istituzionali, denominatore comune dei quali fu il processo di selezione dei gruppi dirigenti verso assetti egemonizzati quasi ovunque da componenti nobiliari e mercantili.
Cap. 18. Il rinnovamento della cultura.
Abaco. Progenitore del pallottoliere, era uno strumento per contare.
Quando il matematico Leonardo Fibonacci contribuì alla diffusione nell’Occidente europeo delle cifre arabe (che a differenza di quelle romane comportano lo zero) con il Libro dell’abaco nel 1202, il termine passò ad indicare l’arte del contare.
Trobadore. Trobadore o trovatore è termine che deriva dal latino parlato tropare, cioè esprimersi a parole o in musica per mezzo di tropi, e in senso lato “inventare”.
Esso indicò dalla fine dell’Undicesimo Secolo, inizialmente nella Francia meridionale, i compositori di poesie in lingua d’oc destinate a essere cantate e accompagnate con la musica.
Gli autori erano quasi sempre personaggi di rango elevato (nobili ed ecclesiastici perlopiù) che “trovavano” testi raffinati che cantavano esperienze d’amore e di solitudine ideale.
Nulla a che vedere con i menestrelli e i giullari che erano invece dei meri esecutori e divulgatori di testi altrui.
Focus. La trasformazione del libro nel Dodicesimo Secolo.
Nella seconda metà del Dodicesimo Secolo si produsse una profonda trasformazione nel modo di concepire il libro.
Nella scrittura di testi comparvero, nel giro di pochi anni, una serie di strumenti e di abitudini nuove: il testo venne scritto con caratteri più piccoli e fu diviso in paragrafi e capitoli, dotati di titoli e di sommari, per permettere di ritrovare rapidamente un argomento, e soprattutto cominciarono ad essere usati gli indici alfabetici per organizzare i materiali contenuti nei volumi.
L’alfabeto fonetico esisteva già da quasi duemila anni (e quello latino ben più che da mille) ma nessuno, fino a quel momento, aveva pensato di utilizzarlo come strumento per schedare e quindi ritrovare le informazioni.
Ciò induce a riflettere sul fatto che non basta che una tecnologia sia materialmente disponibile perché essa venga impiegata: è necessario che la società che ne dispone ne senta il bisogno come avvenne, appunto, nell’Occidente europeo negli anni in cui naturò un nuovo clima culturale che si propose di imporre un nuovo ordine alle cose del mondo.
Gli intellettuali cominciarono a usare i libri non come strumenti per la meditazione privata sulla storia della salvezza, ma come materiali da ricombinare per creare un testo nuovo.
La pagina diventò lo schermo su cui la mente poteva proiettare il proprio ragionamento, articolato in punti e sottopunti.
Queste novità culturali si accompagnarono ad altri cambiamenti, di carattere materiale: in particolare fu necessario disporre di un nuovo supporto materiale, la carta, più economico della pergamena; inoltre si dovette trovare anche un nuovo tipo di inchiostro, composto da una soluzione di sale metallico e tannino, una sostanza ottenuta dalla bollitura della corteccia o delle ghiande della quercia che, asciugando, fungeva da mordente bloccando il pigmento sulla carta; infine, si dovette anche inventare un sistema per tagliare e per rilegare insiemi i fogli, in modo che potessero essere facilmente consultati e trasportati.
Il risultato complessivo di questi processi fu, già molto tempo prima dell’invenzione della stampa, la creazione della pagina come la intendiamo oggi, ossia come esteriorizzazione e concretizzazione di un pensiero che viene in qualche modo reso “visibile” dalla stessa divisione della sua struttura in paragrafi, titoli, rientri, note a margine o a piè pagina.
Da questo punto di vista, l’invenzione dei caratteri mobili e della stampa, attorno alla metà del Quattrocento, non fece che meccanizzare e rendere riproducibili, su grandi quantità, un processo e un oggetto che esistevano già da secoli.
Università. Il termine, di derivazione latina (universitas), designava genericamente una comunità in senso giuridico.
Con questo nome furono indicate sia le comunità urbane e rurali, soprattutto nell’Italia meridionale, sia le corporazioni.
Pertanto furono così denominate anche le associazioni di maestri e di studenti che diedero vita in alcune città all’insegnamento superiore.
L’insieme dei corsi dal punto di vista didattico era invece chiamato studium (studio).
Arti liberali. Le diverse branche del sapere furono indicate nel Medioevo con la dizione di “arti liberali”, cioè libere e non finalizzate al guadagno, a differenza di quelle chiamate “meccaniche”, cioè manuali e pratiche.
Dal Nono Secolo, quando divennero la base dell’insegnamento scolastico, le arti liberali furono distinte in due gruppi: le arti del Trivio, vale a dire le scienze del linguaggio (grammatica, retorica e dialettica) e quelle del Quadrivio, cioè le arti della natura (aritmetica, geometria, astronomia e musica).
Con lo sviluppo delle università, queste discipline costituirono il corso di preparazione, nella facoltà delle arti, per affrontare le facoltà più impegnative: teologia, medicina e diritto.
Scolastica. Il termine, ricavato dal latino schola (in origine una disquisizione e poi, per traslato, un centro di insegnamento), non trova riscontro nelle fonti.
Esso è stato usato a lungo per indicare il pensiero filosofico, teologico e scientifico elaborato nelle scuole (monastiche, cattedrali e universitarie) dal Secolo Sesto al Quattordicesimo, o per designare una cultura nata intorno al progetto di conciliare la rivelazione religiosa e l’ambito scientifico (delle arti liberali e meccaniche, della medicina e del diritto).
Prevale oggi negli studi uan nozione più limitata di “scolastica”, legata al metodo sviluppato negli insegnamenti universitari dei Secoli Tredicesimo e Quattordicesimo incentrato sull’approccio al testo fondato sulla triade lectio-quaestio-disputatio.
Decretum Gratiani. Il monaco camaldolese Graziano (originario di Chiusi e morto dopo il 1179) legò il suo nome al cosiddetto Decretum, un’opera imponente di riordinamento del materiale normativo che fino ad allora aveva retto la vita giuridica della Chiesa accumulando canoni, ma anche testi biblici, opere di padri della Chiesa e di autori ecclesiastici, lettere di papi, libri penitenziali e testi laici romani e barbarici.
Graziano lo terminò intorno al 1140 utilizzando il metodo dialettico, accompagnando cioè alla collezione dei testi le proprie considerazioni (dicta Gratiani).
Il risultato fu una grande summa che per la prima volta dava una collocazione autonoma al diritto canonico rispetto alla teologia: uno strumento sistematico e compilatorio che, pur non riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa, fu oggetto di insegnamento nelle università e di studio dei giuristi di diritto canonico.
Cap. 19. Le autonomie politiche.
Le città aderenti alla Lega lombarda.
Conflitti |
Città |
1167-1183 con Federico Primo |
Nucleo iniziale: Milano, Bergamo, Brescia, Mantova e Cremona. |
1226-1237 con Federico Secondo |
Milano, Bologna, Piacenza, Verona, Brescia, Faenza, Mantova, Vercelli, Lodi, Bergamo, Torino, Alessandria, Vicenza, Padova e Treviso, Crema e Ferrara |
Statuto. Il termine deriva dall’espressione “statutum est” (“è stabilito”) e si riferisce al regolamento e agli insiemi di norme che, soprattutto nelle città italiane, si davano tutte le associazioni e comunità che esercitassero qualche forma di autorità.
I comuni emanavano testi legislativi complessi, spesso costituiti da centinaia di leggi divise in libri, che regolavano i principali aspetti della vita pubblica e privata dei cittadini.
Ma anche confraternite, corporazioni e altre forme di vita societaria stabilivano propri statuti.
Cittadinanza e partecipazione politica.
Nelle città italiane che si diedero regimi di autonomia comunale, la condizione di cittadinanza costituiva il prerequisito per la partecipazione politica, vale a dire per l’eleggibilità agli uffici, per l’accesso ai consigli e alle commissioni politiche.
Va osservato però come non tutti gli abitanti di una città godessero dei diritti politici e dei connessi privilegi in ambito economico, fiscale e giuridico.
Solo coloro che pagavano le tasse, che assolvevano a obblighi di carattere militare e relativi all’ordine pubblico (guardia alle porte, vigilanza notturna e servizio antincendi) e che risiedevano da generazioni in città potevano accedere allo stato di cittadinanza: criteri che valevano anche per i sempre più numerosi immigrati.
Ad esserne esclusi erano i lavoratori salariati non iscritti alle arti, i servi, i non abbienti, etc.
Se si considera anche l’esclusione delle donne e dei maschi che non avevano ancora raggiunto la maggiore età (oscillante, a seconda dei servizi da prestare, tra i 14 e i 18 anni), si può ritenere che i cives non ammontassero, nei casi più felici, che al 20% della popolazione di una città.
La partecipazione politica, nei regimi comunali, riguardò una minoranza degli abitanti: a prevalere era allora il concetto di preminenza sociale, non quello di uguaglianza.
Libertà. Nel Medioevo il termine ebbe significati diversi rispetto a quelli odierni di facoltà dell’uomo di agire e di pensare in piena autonomia, o di indipendenza di una comunità politica dalla dominazione straniera o da una dittatura interna.
In una società divisa tra uomini liberi e di diversa condizione (semiliberi, servi, etc.) la libertà era innanzitutto un privilegio, uno statuto giuridico personale.
Anche sul piano collettivo il termine indicava uno stato di privilegio, per esempio la Libertas Ecclesiae (libertà della Chiesa) o la Magna Charta Libertatum (grande carta delle libertà): libertà come autonomia e non dipendenza da ogni altro potere.
Le comunità rurali e urbane che ottenevano le “carte di libertà” dai rispettivi signori, e i comuni italiani che si scontravano con gli imperatori conquistarono e ottennero il diritto di autogovernarsi in larga misura da soli.
La libertà delle città significò autonomia ma non indipendenza, perché esse continuarono a riconoscere la formale superiorità di altri poteri, imperiali, regi o principeschi
Focus. Il “laboratorio politico” italiano.
La tradizione di esercizio di prerogative pubbliche da parte del vescovo rappresentò la base per la legittimazione dei regimi di autogoverno cittadino.
Il richiamo all’antica “libertà” di cui le città erano sede servì l’elaborazione di un discorso pubblico votato all’esaltazione della loro grandezza.
Soprattutto nelle città italiane vi si impegnarono varie generazioni di intellettuali: dal maestro di retorica (ars dictandi) Boncompagno da Signa (ca. 1170-1240), che insegnò a Bologna, Venezia, Padova e Reggio, al notaio e cancelliere del comune di Firenze Brunetto Latini (ca. 1220-1294), anch’egli maestro di retorica classica e autore della prima enciclopedia in volgare (Li Livres dou Tresor); dal giudice Albertano da Brescia (attivo tra 1226 e 1246), che rappresentò la sua città nella Lega lombarda e che fu autore di alcuni trattati morali e pedagogici che ebbero grande diffusione nel mondo delle città, al collaboratore giudiziario dei podestà Giovanni da Viterbo (attivo nei decenni centrali del Duecento), autore di uno dei più noti testi sul governo delle città (Liber de regimine civitatum); dal predicatore domenicano Remigio de’ Girolami (ca. 1240-1319), discepolo di Tommaso d’Aquino a Parigi, a lungo priore del convento fiorentino di Santa Maria Novella e autore di trattati teologici, etico-politici ed etico-economici che contribuirono a diffondere nelle città italiane il pensiero politico di Aristotele, al giurista Bartolo da Sassoferrato (1313-1357), professore a Pisa e Perugia, che per profondità di pensiero e forza di sintesi ottenne grande fama anche fuori d’Italia, e che dedicò la sua riflessione anche ai temi legati al governo delle città; da un artista come Giotto di Bondone (1267-1337), che per primo legò la raffigurazione del tema dei vizi e delle virtù alla pedagogia della cittadinanza, in cicli di opere dipinte a Padova, a Firenze e alla corte milanese di Azzone Visconti, a un pittore come Ambrogio Lorenzetti (attivo tra 1319 e 1348), che tra 1337 e 1339 affrescò nel Palazzo Pubblico di Siena le allegorie del “buono” e del “cattivo” governo.
Con le loro opere e con le loro riflessioni gli intellettuali contribuirono a far sì che nelle città italiane la politica venisse riscoprendo – dapprima sulla scia della retorica ciceroniana e poi del pensiero aristotelico – l’arte di governare con giustizia, per la libertà dei cittadini e la pace della comunità e di educare il buon governante, anche attraverso l’eloquenza pubblica, al perseguimento del bene comune e a reggere la città nell’esclusivo vantaggio dei suoi cittadini.
Valori guida erano innanzitutto quelli della “grandezza” della città, della sua “crescita” e “prosperità”, che dovevano costituire le finalità supreme delle azioni della comunità politica, per conseguirne l’”onore”, la “gloria” e il “buono stato”.
Va osservato come i valori del discorso politico cittadino non fossero neutri ma oggetto di una costante rielaborazione, tra ricerca del consenso e delegittimazione dell’avversario, per legittimare i mutamenti negli assetti di potere.
Per esempio, i governi di “popolo” rapportarono a un contesto ideologico ispirato da parole d’ordine quali “saggezza”, “concordia”, “libertà”, “pace”, giustizia”, “bene comune”, etc., la loro azione politica fondata sulla scrittura di regole nuove e sull’affermazione di funzioni pubbliche in campo giudiziario e fiscale.
Allo stesso modo, i governi signorili legittimarono il loro potere proponendosi come garanti della “concordia” e della “pace” e come fautori della “giustizia” e del “bene comune” della cittadinanza.
Guelfi e ghibellini. Termini entrati in uso nel linguaggio politico italiano alla metà del Tredicesimo secolo per indicare i fautori della Chiesa pontificia e quelli dell’Impero.
L’origine dei nomi risale a vicende dinastiche tedesche che contrapposero sin dal Dodicesimo Secolo la stirpe degli Hohenstaufen (gli svevi), designata attraverso il dome di un suo castello, Waiblingen, a quello dei Welfen, duchi di Baviera.
Magnate. Dal latino magnus (“grande”), il termine indicò nelle città italiane una categoria di cittadini oggetto di provvedimenti presi dai regimi di “popolo” per allontanarli dalle cariche politiche maggiori e disciplinarne i comportamenti violenti: esse potevano avere origine nobiliare ma anche mercantile, là dove membri di queste ultime ne limitavano comportamenti e modi di vita e acquisivano il rango cavalleresco.
Oligarchia. L’etimologia di origine greca del termine (“autorità di pochi”) ne spiega l’uso, diffusosi nel tardo Medioevo soprattutto nelle città italiane, per indicare le forme di governo concentrato nelle mani di poche famiglie potenti.
Per estensione si chiamano oligarchiche le cerchie ristrette di potere che operano favorendo soprattutto i propri interessi particolari.
Snodo 9. Sintesi
Anche la cultura fu attraversata dal rinnovamento promosso dalle esigenze di una società in espansione.
Il sapere non ebbe più nei monasteri, isolati e lontani dai centri urbani, la propria sede privilegiata, ma nelle città e in un nuovo sistema scolastico, adeguato agli sviluppi economici centrati sull’ascesa dei gruppi mercantili.
Fenomeno di fondo fu l’accesso dei laici alla scrittura e alla lettura, che spezzò il monopolio ecclesiastico della cultura e promosse la diffusione della letteratura in lingua volgare.
La maggiore complessità delle relazioni politiche tra le sovranità, i regni e le loro componenti interne (nobiltà, clero, città, comunità rurali) portò alla ridefinizione complessiva dei diritti che le regolavano.
Dal Dodicesimo Secolo furono oggetto di studio e di migliore sistemazione il diritto romano, cui si rifece l’imperatore per rivendicare le prerogative della sua autorità, il diritto canonico, che lo sviluppo della curia pontificia arricchì di nuove implicazioni disciplinari e giurisdizionali e il diritto feudale, per l’importanza politica assunta dai legami vassallatici.
Lo studio del diritto fu condotto in nuove sedi avanzate di formazione del sapere, le università, che si diffusero nello stesso periodo in molte città europee.
Esse furono il segno della definitiva rottura del monopolio ecclesiastico delle cultura che aveva caratterizzato i secoli precedenti.
Le nuove curiosità intellettuali che sorsero in una società in cui gli intellettuali non erano più solamente chierici ma anche uomini di legge come i giuristi e i notai, promossero anche la circolazione in Occidente di testi di autori greci antichi, fino ad allora poco conosciuti.
Tra Dodicesimo e Tredicesimo Secolo si affermarono in quasi tutte le città europee forme di autogoverno che esprimevano la forza dei nuovi soggetti politici urbani.
Nell’Italia del centro-sud l’Impero e le signorie rurali cessarono di essere le principali strutture di inquadramento dei territori, lasciando spazio ai comuni cittadini che si rivelarono capaci di costituire dei contadi.
Nelle altre regioni europee le città ottennero gradi inferiori, ma significativi, di autonomia fiscale, giudiziaria e amministrativa dai re e dai principi territoriali ai quali continuarono a essere soggetti.
Nelle città italiane centro-settentrionali lo sviluppo dei governi comunali seguì l’evoluzione della società.
A guidare le città furono dapprima le famiglie dell’aristocrazia urbana (milites) attraverso le magistrature consolari.
Nella prima metà del Tredicesimo Secolo, la partecipazione ai consigli fu allargata, spesso attraverso duri conflitti, a gruppi sociali cresciuti in ricchezza grazie alle attività commerciali, e fu garantita dal nuovo sistema podestarile.
Nei decenni centrali del secolo i movimenti che organizzavano sul piano politico mercanti, banchieri, notai e artigiani, affiancarono con proprie istituzioni quelle del comune e diedero vita in alcune città a governi di “popolo”.
Dalla seconda metà del Tredicesimo Secolo, nelle città italiane i governi comunali e di “popolo” non furono più in grado di offrire una cornice stabile alla crescente complessità della convivenza sociale e politica.
Esili e bandi dalla città, esclusioni dagli uffici politici, conflitti di parte e di fazione divennero pratiche ordinarie della lotta politica.
In una varietà di configurazioni istituzionali, spesso ibride, l’evoluzione generale fu quella verso la sperimentazione di forme di potere personale e signorile e la progressiva concentrazione del potere in ristrette oligarchie di nobili e mercanti.
Snodo 9. Sintesi cronologica.
Undicesimo Secolo.
Fine Fondazione dell’Università di Bologna.
1065-1118 Costruzione del Duomo di Pisa, capolavoro dello stile romanico
1080-1100 ca. Prime menzioni di consoli attivi in alcune città del regno italico.
Dodicesimo Secolo.
Prima metà Prime menzioni di magistrature comunali nelle città della Provenza e delle Fiandre.
Fine Prime menzioni di magistrature comunali nelle città della Francia del Nord e della Germania
Fine Fondazione delle università di Parigi e Oxford.
1140 ca. Il monaco Graziano raccoglie nel Decretum i canoni conciliari e le decretali papali accumulatesi nei secoli.
1158 L’imperatore Federico Primo rivendica i diritti regi con il sostegno teoretico dei docenti di diritto dell’Università di Bologna.
1167 Si costituisce la Lega antimperiale delle città lombarde, cui aderiscono anche città venete e padane.
1176 L’esercito della Lega lombarda sconfigge a Legnano quello dell’imperatore Federico Primo detto il Barbarossa.
1183 Federico Primo è costretto a concedere, attraverso la pace di Costanza, l’esercizio delle prerogative regie ai comuni aderenti alla Lega lombarda.
1180-1220 ca. Affermazione del sistema podestarile nelle città del regno italico.
1194-1260 Costruzione della cattedrale di Chartres, capolavoro dello stile gotico.
Tredicesimo Secolo.
1202 Il Libro dell’abaco scritto dal pisano Leonardo Fibonacci introduce la numerazione araba in Occidente.
1222 Fondazione dell’Università di Padova, in seguito al trasferimento di docenti e studenti dallo Studium di Bologna.
1224-1231 L’imperatore Federico Secondo fonda l’Università di Napoli, e riconosce come studium l’antica scuola medica di Salerno.
1226 La Lega delle città lombarde si attiva nuovamente contro l’imperatore Federico Secondo.
1226-1229 Prime affermazioni di signorie su costellazioni di città: Ezzelino da Romano su quelle venete e Oberto dei Pallavicini su alcune città lombarde ed emiliane.
1229 Il papa fonda l’Università di Tolosa per contrastare l’influenza catara nel sud della Francia.
1237 L’esercito di Federico Secondo sconfigge a Cortenuova quello della Lega delle città lombarde, favorendo il diretto governo imperiale su di esse.
1240-1262 Prime affermazioni di signorie su singole città come quelle degli Este a Ferrara, dei Della Torre a Milano e Della Scala a Verona.
1243-1289 Liberazioni forzose dei contadini dalle dipendenze signorili promosse da alcune città italiane: Vercelli, Bologna, Firenze.
1248-1260 ca. In alcune città italiane (Bologna, Firenze, Pisa, Perugia, etc.) si affermano governi di “popolo”.
1264-1299 Prime dinastizzazioni di poteri signorili: la famiglia degli Este a Ferrara, i Della Scala a Verona, i Bonacolsi a Mantova
1267-1343 Firenze si dà ripetutamente in signoria ai sovrani angioini.
1274-1302 A Bologna e a Firenze la lotta tra le fazioni si risolve nel bando di migliaia di cittadini.
1282-1295 I governi di “popolo” di Bologna e di Firenze emanano corpi organici di legislazione antimagnatizia.
1287-1355 Regime oligarchico dei Nove governatori a Siena.
1297-1323 Chiusura del Maggior Consiglio a Venezia
Quattordicesimo Secolo.
1316-1321 Prime affermazioni di signorie cittadine in Toscana: quelle di Castruccio Castracani a Lucca e Pistoia, dei Donoratico a Pisa, dei Tarlati ad Arezzo.
Snodo 9. Approfondimenti bibliografici.
Sul rinnovamento culturale
I diritti del Medioevo italiano, Secoli Undicesimo-Quindicesimo / M. Ascheri. – Carocci, 2000
Civiltà comunale: libro, scrittura, documento. – Società ligure di storia patria, 1989
L’arte e la società medievale / G. Duby. – Laterza, 1977
La rinascita del Dodicesimo Secolo / C. H. Haskins. – Il Mulino, 1972
Gli intellettuali nel Medioevo / J. Le Goff. – 1979
Libri e lettori nel Medioevo: guida storica e critica / a c. di G. Cavallo. – Laterza, 1977
Le origini dell’università / a c. di G. Arnaldi. – Il Mulino, 1974
Nani sulle spalle dei giganti: maestri e allievi nel Medioevo / J. Verger. – Jaca, 2011
Università e società nei Secoli Dodicesimo-Sedicesimo. – Centro studi di storia e d’arte, 1982
Sulle città italiane e sul conflitto con l’Impero.
Il papa e le città: papato e comuni in Italia centro-settentrionale durante la prima metà del Secolo Tredicesimo / L. Baietto. – CISAM, 2007
La società cittadina del Regno d’Italia: formazione e sviluppo delle caratteristiche rubane nei Secoli Undicesimo e Dodicesimo / R. Bordone. – Deputazione subalpina di storia patria, 1987
Federico Secondo e le città italiane / a c. di P. Toubert e A. Paravicini Bagliani. – Sellerio, 1994
Le città italiane nel Medioevo, Dodicesimo-Quattordicesimo Secolo / F. Franceschi, I. Taddei. – Il Mulino, 2012
Legnano 1176: una battaglia per la libertà / P. Grillo. – Laterza. 2010
Le guerre del Barbarossa: i comuni contro l’imperatore / P. Grillo. – Laterza, 2014
L’Italia dei comuni, 1100-1350 / F. Menant. – Viella, 2011
La pace di Costanza, 1183: un difficile equilibrio di poteri fra società italiane ed impero. – Patron, 1984
Città, comuni e corporazioni nel Medioevo italiano / A. I. Pini. – Clueb, 1986
Sui sistemi politici comunali e di “popolo” nelle città italiane.
Il sistema politico dei comuni italiani, Secoli Dodicesimo-Quattordicesimo / J. C. Maire Vigneur, E. Faini. – Bruno Mondadori, 2010
I comuni italiani, Secoli Dodicesimo-Quattordicesimo / G. Milani. – Laterza, 2005
Potere al popolo: conflitti sociali e lotte politiche nell’Italia comunale del Duecento / A. Poloni. – Bruno Mondadori, 2010
A consiglio: la vita politica nell’Italia dei comuni / L. Tanzini. – Laterza, 2014
Sui conflitti sociali e politici.
Le aristocrazie dai signori rurali al patriziato / a c. di R. Bordone, G. Castelnuovo, G. M. Varanini. – Laterza, 2004
Conflitti, paci e vendette nell’Italia comunale / a c. di A. Zorzi. – Firenze University Press, 2009
Inferni e paradisi: l’Italia di Dante e Giotto / E. Crouzet-Pavan. – Fazi, 2007
I “milites” cittadini: studi sulla cavalleria in Italia / S. Gasparri. – Istituto storico italiano per il Medioevo, 1992
Ritorno alla politica: i magnati fiorentini, 1340-1440 / Ch. Klapisch-Zuber. – Viella, 2009
Magnati e popolani nell’Italia comunale. – Centro italiano di studi di storia e arte, 1997
Cavalieri e cittadini: guerra, conflitti e società nell’Italia comunale / J.-C. Maire Viguer. – Il Mulino, 2004
Magnati e popolani: un conflitto nell’Italia dei comuni, Secoli Tredicesimo-Quattordicesimo / R. Mucciarelli. – Bruno Mondadori, 2009
L’Italia dei guelfi e dei ghibellini / S. Raveggi. – Bruno Mondadori, 2009
Sulle signorie cittadini.
Comuni e signorie: istituzioni, società, lotta per l’egemonia. – In: Storia d’Italia, vol. 4. – UTET, 1981
Signori di popolo: signoria cittadina e società comunale nell’Italia nord-occidentale, 1275-1350 / R. Rao. – Angeli, 2012
Le signorie cittadine in Toscana: esperienze di potere e forme di governo personale, Secoli Tredicesimo-Quindicesimo / a c. di A. Zorzi. – Viella, 2013
Signorie cittadine nell’Italia comunale / a c. di J. C. Marie Vigueur. – Viella, 2013
Le signorie cittadine in Italia, Secoli Tredicesimo-Quindicesimo / A. Zorzi. – Bruno Mondadori, 2010
Snodo 10. Crisi e nuovi sviluppi, Secoli Quattordicesimo-Quindicesimo.
Dopo alcuni secoli di crescita continua l’evoluzione demografica dell’Europa conobbe nel Quattordicesimo Secolo un’inversione di tendenza.
Per effetto di carestie, guerre e a un certo punto anche del ritorno di terribili pestilenze, la popolazione calò drammaticamente in un contesto di forti mutamenti della sensibilità collettiva, religiosa e artistica.
La crisi demografica ebbe effetti importanti anche sulle attività economiche, di cui interruppe lo sviluppo e determinò profonde trasformazioni.
Il calo delle rendite agricole sollecitò la differenziazione e la specializzazione delle colture, e favorì il forte sviluppo dell’allevamento del bestiame.
La ristrutturazione delle manifatture intorno al lavoro salariato orientò la produzione verso beni di largo consumo a prezzi più bassi.
Le attività mercantili e bancarie consolidarono le strutture decentrate e permanenti sulle piazze internazionali, contribuendo ad allargare i traffici a nuove rotte commerciali centrate sull’Europa atlantica e settentrionale.
Le trasformazioni economiche allargarono però le differenze sociali, accentuando l’impoverimento dei contadini e dei lavoratori urbani, fino a provocare diffuse rivolte nelle campagne e nelle città.
Solo dalla metà del Quindicesimo Secolo si avviò una lenta ripresa demografica ed economica che attenuò le tensioni sociali.
Cap. 20. Depressione demografica e ristrutturazioni economiche.
Sussistenza. Livello minimo di consumi, innanzitutto alimentari, necessari al sostentamento e alle necessità di vita più elementari (vitto, alloggio, vestiario), al di sotto del quale è impossibile garantire quanto occorre alla stessa sopravvivenza.
Annona. Scorta granaria importata e gestita da apposite magistrature che ne sorvegliavano la commercializzazione e la distribuzione a prezzi calmierati in tempo di carestia.
Nel corso del Tredicesimo Secolo molte città europee crearono appositi organismi (spesso detti dell’abbondanza), disposizioni e modalità per assicurare un regolare approvvigionamento alimentare a popolazioni sempre più numerose, prevenendo accaparramenti e impedendo aumenti improvvisi e ingiustificati dei generi alimentari.
Stime della popolazione europea.
Anno |
Italia |
Europa |
1300 |
11 |
73 |
1350 |
9,5 |
51 |
1400 |
8 |
45 |
1450 |
8,8 |
60 |
1500 |
10 |
69 |
Popolazione per milioni di abitanti
Salario. Termine entrato in uso nel volgare italiano nel corso del Tredicesimo Secolo per indicare la retribuzione del lavoro di un lavoratore dipendente.
Prezzo. Termine entrato in uso nel volgare italiano nel corso del Tredicesimo Secolo per indicare il valore di un bene o di un servizio espresso in moneta.
Potere d’acquisto dei salari a Firenze tra Quattordicesimo e Quindicesimo Secolo.
Periodo |
Manovali |
Muratori |
Braccianti |
1326-1348 |
47,1 |
55,54 |
45,7 |
1350-1369 |
100,36 |
107,2 |
45,7 |
1371-1393 |
64,44 |
63,7 |
64,8 |
1394-1430 |
100 |
100 |
100 |
1431-11470 |
85 |
87,25 |
97 |
1471-1500 |
70,31 |
66,4 |
68,36 |
Rapporto tra salari e prezzi: indice = 100 per il periodo 1394-1430
Mezzadria. Il termine, di derivazione latina (significa “chi divide a metà”), indica il tipo di contratto agrario in cui il coltivatore riceveva dal proprietario, oltre alla terra, anche una casa e, in taluni casi, anche bestiame, attrezzi da lavoro e sementi.
In cambio il contadino era tenuto a dare al proprietario la metà del raccolto, oltre ad alcune quantità di altri prodotti e bestie di piccolo taglio.
Questo tipo di contratto, che si diffuse inizialmente in Emilia e in Toscana nel corso del Quattordicesimo Secolo, a differenza dei precedenti, era di breve durata (in genere cinque anni).
I proprietari erano in larga parte cittadini.
La diffusione della mezzadria si accompagnò anche alla riorganizzazione delle proprietà in unità accorpate, i poderi, a coltura promiscua, ciascuno dei quali affidato a una singola famiglia di mezzadri.
Svalutazione. Riduzione ufficiale del valore di una moneta nei confronti dell’oro e di altre valute correnti, e, per estensione, il deprezzamento di fatto di una moneta.
Insolvenza. Impossibilità, da parte di un soggetto, di fare fronte alle obbligazioni di pagamento assunte, di pagare un debito contratto.
Bancarotta. Etimologicamente il termine deriva dall’uso di rompere il banco, ossia la tavola, su cui esercitava il commercio del denaro il banchiere insolvente.
Per estensione essi si riferiva a tutti gli imprenditori commerciali dichiarati falliti per insolvenza.
Partita doppia. Metodo per tenere la contabilità elaborato dai mercanti italiani nel corso del Quattordicesimo Secolo, es esposto sistematicamente da Luca Pacioli nel trattato Summa de arithmetica nel 1494.
Esso applica il principio della scrittura doppia, per cui ogni operazione viene segnata a credito o a debito in un medesimo registro.
Cap. 21. Reazioni e ripresa.
Flagellanti. Movimenti religiosi che come mezzo di penitenza e di mortificazione praticavano la flagellazione, e spesso l’autoflagellazione, vale a dire la fustigazione con appositi strumenti (flagelli), come espiazione.
Tali movimenti si diffusero a più riprese nel corso del Medioevo, soprattutto quando si combinarono con il rinascere delle attese apocalittiche.
In Italia i flagellanti si costituirono spesso in confraternite.
Nell’Europa settentrionale, dove il fenomeno assunse dimensioni molto consistenti in occasione della peste nera, la flagellazione pubblica fu vietata, proseguendo come costume in piccoli gruppi ereticali.
Sabba. Adunanza periodica di streghe e stregoni, la cui credenza raggiunse una forma elaborata attorno alla metà del Trecento nelle regioni alpine occidentali.
Secondo tale credenza, che interpretò le pratiche di stregoneria come una contestazione dei dogmi e dei sacramenti della Chiesa, le adunanze del sabba si tenevano di notte in luoghi isolati, dove le streghe giungevano in volo o in groppa ad animali e prestavano omaggio al diavolo presente in forma animale.
Gli iniziati dovevano abiurare la fede cristiana e profanare i sacramenti.
Il sabba culminava in banchetti, danze e orge sessuali, e nella consegna alle streghe di unguenti malefici.
Jacquerie. Il termine, con cui si designò la rivolta dei contadini francesi del 1358, derivò dal nome dell’indumento indossato abitualmente dai contadini (jacque) o più probabilmente dal nomignolo “Jacques Bonhomme” (Giacomo il buon uomo) con cui gli stessi erano chiamati dai nobili in senso dispregiativo per sottolinearne la rozzezza e il poco acume.
In seguito il termine continuò a indicare le rivolte rurali male organizzate e prive di obiettivi precisi.
Tendenze demografiche delle principali città europee.
Città |
Parigi |
Milano |
Firenze |
Venezia |
Siviglia |
Genova |
Cordiva |
Colonia |
Londra |
Praga |
1300 |
150000 |
150000 |
110000 |
110000 |
90000 |
60000 |
50000 |
50000 |
45000 |
45000 |
1450 |
100000 |
100000 |
40000 |
100000 |
60000 |
50000 |
35000 |
30000 |
50000 |
70000 |
Numero degli abitanti
Snodo 10. Sintesi.
Dopo una lunga e intensa crescita della popolazione, l’Europa fu colpita da una grave crisi demografica nel corso del Quattordicesimo Secolo, innescata dallo squilibrio tra le risorse alimentari disponibili e l’eccessivo numero di bocche da sfamare.
A carestie sempre più frequenti, dovute anche alle distruzioni portate dalle guerre, si aggiunse dalla metà del Trecento il ritorno delle epidemie di peste in Occidente, che si susseguirono a intervalli regolari per oltre un secolo.
In molte regioni morì la metà degli abitanti, e nel complesso la popolazione calò almeno di un terzo.
Guerre, carestie, pestilenze ed eventi naturali accentuarono la sensazione, largamente diffusa, di estrema precarietà dell’esistenza.
L’esperienza della morte divenne comune e indusse profonde trasformazioni nella mentalità e nella sensibilità religiosa.
Movimenti collettivi di penitenza si intrecciarono a reazioni violente contro gli ebrei e le donne accusate di stregoneria.
Nuovi culti incentrati sulla passione e sulla sofferenza si accompagnarono allo sviluppo di temi macabri nell’arte sacra e nella letteratura.
La crisi demografica ebbe effetti negativi sull’economia, determinando un forte calo della produzione agricola e manifatturiera, una contrazione degli scambi, e una generale riduzione dei margini di profitto dovuta alla diminuzione dei prezzi e all’aumento dei salari.
Al contempo, però, il calo della popolazione favorì il miglioramento delle condizioni di vita e dell’alimentazione dei sopravvissuti, con un aumento medio del reddito che si tradusse in una nuova domanda diffusa di beni di largo consumo e a basso costo.
La produzione agricola, ora concentrata sui terreni più fertili, si orientò verso colture specializzate e destinate al commercio anche a distanza.
Forte sviluppo conobbero l’allevamento bovino, integrato a forme di conduzione avanzata delle colture, e quello ovino, che monopolizzò l’economia di alcune regioni mediterranee.
Nelle manifatture la ristrutturazione dell’organizzazione del lavoro intorno al lavoro salariato e a domicilio consentì di incrementare la produzione di merci di minore qualità ma con uno smercio più vasto.
Nelle campagne e nelle città si acuì la polarizzazione tra un ristretto ceto di proprietari fondiari, mercanti e imprenditori e strati sempre più ampi di contadini privati dell’uso comune delle terre, e di braccianti e lavoratori salariati che vivevano in condizioni al limite dell’indigenza.
Il crescente disagio si espresse in frequenti rivolte urbane e rurali contro l’oppressione nobiliare, il peso della fiscalità e le precarie condizioni di lavoro e a favore di una redistribuzione della ricchezza e di un allargamento della partecipazione politica.
Solo dalla metà del Quindicesimo Secolo tornarono a farsi evidenti i segnali di ripresa.
La popolazione ricominciò a crescere dando ulteriore impulso allo sviluppo dei consumi, tra i quali ebbero un rilievo crescente anche quelli artistici e di lusso.
Superati i fallimenti finanziari del secolo precedente con l’organizzazione di filiali stabili e autonome, i mercanti e i banchieri allargarono i propri traffici internazionali intorno a nuovi assi commerciali che rispecchiavano l’impetuoso sviluppo economico dell’Europa atlantica rispetto a quella mediterranea.
Snodo 10. Sintesi cronologica.
Tredicesimo Secolo.
1271-1272 Prima grave carestia in Italia
1293-1295 Prima grave carestia in Inghilterra
1297 Primi tumulti degli artigiani tessili nelle città delle Fiandre
1297-1308 Insolvenza del re di Francia, Filippo Quarto il Bello, e conseguente fallimento del banco senese dei Bonsignori.
Quattordicesimo Secolo.
1315-1317 Gravissima carestia in tutta Europa, particolarmente lunga in Inghilterra
1323-1328 Rivolta dei contadini delle Fiandre occidentali e degli operai di Bruges e Ypres
1328-1337 Gravi carestie colpiscono nuovamente la Catalogna, la Linguadoca e l’Italia.
1333 Disastrosa alluvione di Firenze.
1336-1338 Buonamico Buffalmacco dipinge il Trionfo della morte nel Camposanto di Pisa.
1339-1347 Ulteriori annate di carestia colpiscono l’Italia
1342-1343 Insolvenza del re d’Inghilterra Edoardo Terzo e conseguente fallimento dei banchi fiorentini dei Bardi e dei Peruzzi.
1343-1346 Fallimenti, a catena, di 350 compagnie bancarie e mercantili fiorentine.
1343-1345 Sommosse dei lavoratori dell’arte della lana a Firenze.
1345 Rivolta dei contadini in Estonia contro l’ordine dei Cavalieri teutonici.
1347-1350 La peste nera si diffonde in tutta Europa.
1348 Disastroso terremoto nelle Alpi austriache.
1348 Primi episodi di “caccia alle streghe” in Inghilterra.
1348-1350 Pogrom antiebraici in Germania.
1349-1351 Prime misure contro i vagabondi in Inghilterra e in Francia
1351 Lo Statuto dei lavoratori in Inghilterra fissa i massimi salariali dei coltivatori dipendenti.
1358 Rivolta dei contadini (jacquerie) in Francia, che ottiene l’appoggio del popolo e dei mercanti di alcune città, tra le quali Parigi.
1360-1430 Nelle città tedesche si susseguono almeno ottanta rivolte.
1368-1371 Nuova ondata epidemica di peste in Europa.
1371 Sommosse popolari a Siena e Perugia.
1378 Tumulto dei “ciompi” a Firenze.
1381 Rivolta dei contadini in Inghilterra, che avanzano precise rivendicazioni.
1381-1382 Rivolte urbane nelle Fiandre.
1382-1389 Rivolte dei “tuchini” in Linguadoca, in Piemonte e nel Vallese svizzero.
1397-1402 Ulteriore epidemia di peste in Europa
1399 Devozione dei flagellanti “Bianchi” in Italia.
Quindicesimo Secolo.
1422-1425 Ennesima epidemia di peste in Europa.
1424 Dipinta la Danza macabra nel cimitero degli Innocenti di Parigi.
1437-1438 Ultima grave pestilenza del secolo in Europa
1462 Fondazione, a Perugia, del primo “monte di pietà”.
Snodo 10. Mappe concettuali.
Il rapporto tra prezzi e salari conseguente alla crisi demografica.
Snodo 10. Approfondimenti bibliografici
Sulla crisi demografica.
La peste nera e la fine del Medioevo / K. Bergdolt. – Piemme, 1997
Le epidemia nella storia demografica italiana, Secoli Quattordicesimo-Diciannovesimo / L. Del Panta. – Loescher, 1980
L’Italia delle città: il popolamento urbano tra Medioevo e Rinascimento / M. Ginatempo, L. Sandri. – Le Lettere, 1990
La peste nella storia: l’impatto delle pestilenze e delle epidemie nella storia dell’umanità / W. H. McNeil. – Res Gestae, 2012
La peste in Europa / W. Naphy, A. Spicer. – Il Mulino, 2006
La peste nera: dati di una realtà ed elementi di un’interpretazione. – CISAM, 1994
Sulle reazioni di fronte alla crisi.
Morire di peste: testimonianze antiche e interpretazioni moderne della “Peste nera” del 1348 / a c. di O. Capitani. – Patron, 1995
Il senso della morte e l’amore della vita nel Rinascimento (Francia e Italia) / A. Tenenti. – Einaudi, 1957
Sulle trasformazioni dell’economia.
Signori, contadini borghesi: ricerche sulla società italiana del Basso Medioevo / G. Cherubini. – La Nuova Italia, 1974
L’economia rurale nell’Europa medievale: Francia, Inghilterra, Impero, Secoli Nono-Quindicesimo / G. Duby. – Laterza, 1984
L’oro e le spezie: l’uomo d’affari dal Medioevo al Rinascimento / J. Favier. – Garzanti, 1990
L’economia della Firenze rinascimentale / R. A. Goldthwaite. – Il Mulino, 2013
Ricchezza e domanda nel mercato dell’arte in Italia dal Trecento al Seicento / R. A. Goldthwaite. – Unicopli, 1995
Mercanti in crisi a Genova e Venezia nel ‘300 / B. Z. Kedar. – Jouvence, 1981
L’Occidente nel Quattordicesimo e nel Quindicesimo Secolo: aspetti economici e sociali / J. Heers. – Mursia, 1978
Italia, 1350-1450: tra crisi, trasformazione, sviluppo. – Centro italiano di studi di storia e arte, 1993
Sviluppo economico e società preindustriali: cicli, strutture e congiunture in Europa dal Medioevo alla prima età moderna / L. Palermo. – Viella, 1997
Sulle rivolte e sulle marginalità sociali.
Corporazioni e mondo del lavoro nell’Italia padana medievale / R. Greci. – Clueb, 1988
I poveri nel Medioevo / M. Mollat. – Laterza, 1987
Il denaro e la salvezza: l’invenzione del Monte di Pietà / M. G. Muzzarelli. – Il Mulino, 2001
Il lavoro, la povertà, l’assistenza: ricerche sulla società medievale / G. Pinto. – Viella, 2008
Rivolte urbane e rivolte contadine nell’Europa del Trecento: un confronto / a c. di M. Bourin … et al. – Firenze University Press, 2008
Il tumulto dei ciompi: un momento di storia fiorentina ed europea. – Olschki, 1981
Snodo 11. Il declino dei poteri universali, Secoli Quattordicesimo-Quindicesimo.
Nei secoli Quattordicesimo e Quindicesimo maturarono ampie trasformazioni negli assetti politici europei.
Il papato e l’impero, che si erano a lungo contesi la guida della cristianità occidentale, persero ogni vocazione universale per l’emergere degli Stati come protagonisti politici.
Il loro declino ebbe esiti differenti.
Il papato fu condizionato dalla tutela politica del regno di Francia e poi diviso da uno scisma ricomposto solo grazie alla ritrovata centralità dei concili.
Tra le conseguenze si ebbero lo sviluppo di Chiese nazionali legate agli Stati, ma anche conflitti che portarono allo sfaldamento dei movimento conciliarista.
La restaurata autorità pontificia non diede invece risposta alle richieste, spesso irrequiete e perseguite come eretiche, di rinnovamento religioso e istituzionale della Chiesa.
La corona imperiale fu legata definitivamente al titolo di re di Germania, e i sovrani dovettero impegnarsi soprattutto ad affermare la loro residua autorità su un’area dove il potere politico era ormai saldamente in mano a principati e a dinastie territoriali.
Il declino riguardò anche l’Impero bizantino, corroso da debolezze sociali e religiose interne e travolto dall’impetuosa avanzata del nuovo protagonista della storia mediorientale, l’Impero ottomano, che impose i turchi alla guida del mondo islamico ed espugnò Costantinopoli.
Cap. 22. Il papato e la società cristiana.
Curia. Dal latino co-viria (“insieme di uomini”), il termine indicò nel tempo varie forme di adunanza politica, fino a comprendere sia il luogo in cui s’incentrava l’amministrazione finanziaria ed economica sia, per traslato, il seguito dei principi, dei papi o dei signori territoriali.
Riferita al papato, la curia va distinta dalla corte, perché indica il complesso di tutti gli uffici intorno ai quali venne costituendosi il processo di gerarchizzazione del potere pontificio, soprattutto a partire dall’età di Innocenzo Terzo.
Pauperismo. Dottrina secondo la quale il vero cristiano non deve possedere niente.
Essa ebbe un ruolo determinante nel definire diversi movimenti religiosi tra Dodicesimo e Tredicesimo Secolo, e divenne uno strumento di protesta neo confronti delle istituzioni ecclesiastiche.
Molti movimenti pauperistici furono pertanto perseguiti per eresia.
Capitolo. Riunione o assemblea di un ordine religioso destinata a eleggere un nuovo superiore generale o a emanare norme.
Per estensione, furono chiamati capitoli anche le comunità di ecclesiastici dipendenti da una medesima chiesa, i canonici.
Setta. Gruppo o associazione di persone che seguono e difendono una particolare dottrina religiosa o filosofica, o un modo di vivere.
Escatologia. Di etimologia greca (escatos, “ultimo”), il termine indica la dottrina dei fini ultimi, vale a dire quella parte delle credenze religiose e teologiche che riguarda i destini ultimi dell’umanità, l’attesa di un compimento finale del suo destino, cioè attesa della fine del mondo come imminente.
La repressione delle esperienze di religiosità spirituale.
1231 |
I domenicani assumono l’incarico di inquisire gli eretici |
1252 |
Con la bolla Ad extirpandam, Innocenzo Quarto permette l’uso della tortura nei processi dell’inquisizione contro gli eretici |
1258 |
Condanna per eresia del francescano “spirituale” Gerardo di Borgo San Donnino |
1274-83 |
Inquisizione per eresia nei confronti del francescano “spirituale” Pietro di Giovanni Olivi |
1300 |
Condanna a morte di Gherardo Segarelli, capo degli “apostolici” |
1307 |
Arresto e condanna al rogo di fra Dolcino, nuova guida degli “apostolici” |
1311 |
Condanna il beghinaggio e alcune proposizioni dei francescani “spirituali” relative alla questione della povertà |
1323 |
Papa Giovanni Ventiduesimo condanna come eretica la dottrina della povertà assoluta di Cristo e degli apostoli (bolla Cum inter nonnulos) |
1324 |
Papa Giovanni Ventiduesimo accusa di eresia Guglielmo di Ockham, trattenuto per quattro anni presso la curia pontificia di Avignone |
1327 |
Papa Giovanni Ventiduesimo condanna per eresia le tesi millenaristiche di Pietro di Giovanni Olivi |
1382 |
Le tesi di Wyclif sono dichiarate eretiche dall’arcivescovo di Canterbury. |
1412 |
Jan Hus viene dichiarato eretico e scomunicato |
Cronologia dei concili del Secolo Quindicesimo.
Data |
Luogo |
Tipologia |
Decisioni principali |
1409 |
Pisa |
Convocato dai prelati di entrambi i fronti scismatici (romano e avignonese) |
Cercò di superare lo scisma dichiarando scismatici ed eretici entrambi i pontefici, Gregorio Dodicesimo e Benedetto Tredicesimo. Elesse un nuovo papa nella figura dell’arcivescovo di Milano (Alessandro Quinto), che finì per creare un’ulteriore divisione all’interno della Chiesa cattolica |
1414-18 |
Costanza |
Indetto dal re di Germania Sigismondo |
Superò lo scisma, proclamando la superiorità del concilio e riuscendo a fare deporre i vari pontefici. Elesse il nuovo papa Martino Quinto. Dichiarò eretiche le tesi di John Wyclif e condannò al rogo Jan Hus. |
1423-24 |
Siena |
Indetto dal papa Martino Quinto |
Ribadì le condanne come ereticali delle teorie di John Wyclif e di Jan Hus, ma non produsse alcuna riforma interna alla Chiesa cattolica |
1431-49 |
Basilea (1431), Ferrara (1437), Firenze (1439) e Losanna (1449) |
Indetto dal papa Martino Quinto, che morì prima della sua apertura. Spostò più volte la sua sede |
Vi si riproposero i conflitti tra i cardinali che sostenevano la superiorità del concilio sul pontefice – in materia di benefici, di fiscalità, e di poteri della curia – e papa Eugenio Quarto, che ne spostò la sede a Ferrara e poi a Firenze, invitandovi anche prelati e teologi greci per una soluzione dello scisma con la Chiesa ortodossa, con la quale fu sancita una precaria riunificazione nel 1439. La maggioranza dei conciliaristi rimase a Basilea, processando Eugenio Quarto e nominando come suo successore Felice Quinti: solo nel 1449 si arrivò a una riconciliazione, con l’abdicazione di Felice Quinto e il riconoscimento del nuovo papa Niccolò Quinto. |
Beneficio ecclesiastico. Col termine beneficio si cominciò ad indicare, dall’età della riforma della Chiesa, qualsiasi carica ecclesiastica che garantisse al suo titolare un insieme di possessi e di proventi.
Le cariche potevano essere quelle di vescovo o abate, ma anche di semplice canonico, parroco o cappellano.
Dal Tredicesimo Secolo il possesso di un beneficio divenne il principale obiettivo di chi si avviava alla carriera ecclesiastica: un ecclesiastico poteva accumulare anche più benefici, col risultato che i titolari di una carica erano spesso sostituiti da vicari.
L’attribuzione dei benefici, che la curia papale tese a centralizzare negli ultimi secoli del Medioevo, contribuì non poco al discredito del papato, visto crescentemente come il perno di una rete d’affari e corruzione.
Il nepotismo pontificio.
Pontefice |
Anno |
Nomina a cardinale |
Rapporto di parentela |
Martino Quinto (Ottone Colonna) |
1426 |
Prospero Colonna |
Nipote |
Eugenio Quarto (Gabriele Condulmer) |
1431 |
Francesco Condulmer |
Nipote |
Eugenio Quarto (Gabriele Condulmer) |
1440 |
Pietro Barbo |
Nipote |
Niccolò Quinto (Tommaso Parentucelli) |
1448 |
Filippo Calandrini |
Fratello naturale |
Callisto Terzo (Alonso Borgia) |
1456 |
Juan-Luis Mila |
Nipote |
Callisto Terzo (Alonso Borgia) |
1456 |
Rodrigo Borgia |
Nipote |
Pio Secondo (Enea Silvio Piccolomini) |
1460 |
Francesco Piccolomini |
Nipote |
Pio Secondo (Enea Silvio Piccolomini) |
1460 |
Niccolò Fortiguerra |
Parente |
Paolo Secondo (Pietro Barbo) |
1464 |
Marco Barbo |
Cugino |
Paolo Secondo (Pietro Barbo) |
1468 |
Giovanni Battista Zeno |
Nipote |
Paolo Secondo (Pietro Barbo) |
1468 |
Giovanni Michiel |
Nipote |
Sisto Quarto (Francesco Della Rovere) |
1471 |
Pietro Riario |
Nipote |
Sisto Quarto (Francesco Della Rovere |
1471 |
Giuliano Della Rovere |
Nipote |
Sisto Quarto (Francesco Della Rovere |
1477 |
Cristoforo Della Rovere |
Nipote |
Sisto Quarto (Francesco Della Rovere |
1477 |
Girolamo Basso Della Rovere |
Nipote |
Sisto Quarto (Francesco Della Rovere |
1477 |
Raffaele Riario Sansoni |
Pronipote |
Sisto Quarto (Francesco Della Rovere |
1478 |
Domenico Della Rovere |
Nipote |
Innocenzo Ottavo (Gian Battista Cybo) |
1489 |
Lorenzo Cybo |
Nipote |
Innocenzo Ottavo (Gian Battista Cybo) |
1492 |
Niccolò Cybo |
Fratello |
Innocenzo Ottavo (Gian Battista Cybo) |
1492 |
Pantaleone Cybo |
Nipote |
Alessandro Sesto (Rodrigo Borgia) |
1492 |
Juan Borgia |
Nipote |
Alessandro Sesto (Rodrigo Borgia) |
1493 |
Cesare Borgia |
Figlio |
Alessandro Sesto (Rodrigo Borgia) |
1496 |
Juan Borgia |
Pronipote |
Alessandro Sesto (Rodrigo Borgia) |
1500 |
Pedro Luis Borgia |
Pronipote |
Alessandro Sesto (Rodrigo Borgia) |
1500 |
Francesco Borgia |
Cugino |
Promozioni di parenti al cardinalato attuate da papi nel Quindicesimo Secolo.
Beghinaggio. Dall’inglese to beg (“pregare”), il termine indicò gruppi di laici, perlopiù femminili, che vivevano in comune su ispirazione evangelica.
Tali comunità si svilupparono nelle città francesi e delle Fiandre della fine del Dodicesimo Secolo.
Pur vivendo in castità e praticando opere di carità, esse non si diedero una regola monastica, e non costituirono un ordine religioso.
Per questo motivo furono oggetto di sospetti e perseguitate come ereticali.
Confraternite. Libera associazione di laici (“confratelli”), assistita e affiancata da membri del clero e riconosciuta e spesso regolamentata dalle autorità ecclesiastiche, dedita a opere di carità e di pietà: preghiera, devozioni collettive (celebrazioni liturgiche, processioni), compiti di assistenza (ai malati, ai poveri, ai condannati a morte).
I membri delle confraternite non vivevano in comune ma avevano un luogo dove radunarsi, una chiesa o una cappella per le pratiche religiose e, quasi sempre, uno statuto.
Le confraternite cominciarono a svilupparsi dal Dodicesimo Secolo in ambito sia urbano sia rurale.
Cap. 23. Gli imperi.
Dieta. Dal latino dies (“giorno”), il termine indicava in origine l’assemblea dei popoli germanici.
Nel Basso Medioevo esso passò a indicare l’assemblea dell’Impero, dove convivevano i rappresentanti del clero, della nobiltà e della città.
Focus. I turchi e l’Europa.
Mentre in Occidente declinavano i grandi poteri universali e le monarchie cominciavano a consolidare gli Stati nazionali, nel Mediterraneo orientale si venne affermando uan nuova potenza politica che sarebbe stata a lungo protagonista della storia islamica e, in parte, anche europea: l’Impero ottomano.
Quella degli ottomani (od Osmanli) era una dinastia di origine turca che diede il nome al più grande impero islamico della storia, un’ampia compagine multietnica e multiconfessionale estesa su tre continenti (Asia occidentale, Europa meridionale e Africa settentrionale) sulla quale si sarebbero succeduti ininterrottamente trentasei sultani dal 1299 al 1922.
L’odierno Stato della Turchia, che sta negoziando l’adesione all’Unione europea, è sorto proprio in seguito alla disintegrazione dell’Impero ottomano dopo la prima guerra mondiale come repubblica connotata in senso laico.
Per secoli gli europei designarono, non senza connotazione dispregiativa, i sudditi dell’Impero ottomano come “turchi”, mentre questi preferivano definirsi “ottomani”, a marcare la dimensione politica più che quella etnica della loro identità.
Eppure alla base dell’Impero ottomano erano state proprio l’islamizzazione e la turchizzazione dell’Asia minore.
Intorno alla corte del sultano si era sviluppata sin dal Quattordicesimo Secolo una raffinata cultura che fece della letteratura turca, sviluppatasi soprattutto intorno ai temi epici, la terza componente fondamentale della civiltà islamica, dopo quella araba e quella persiana.
Quando Maometto Secondo, il conquistatore di Costantinopoli, vi pose la capitale dell’Impero ribattezzandola Istanbul nel 1457, la grande cattedrale cristiana di Santa Sofia fu trasformata in una splendida moschea e la città rifiorì rapidamente, diventando il grande centro amministrativo, commerciale e culturale dell’Impero.
Se al momento dell’assedio contava circa 50/70000 abitanti, a metà del Sedicesimo Secolo era impetuosamente cresciuta a circa 400000 abitanti, in un vivace contesto cosmopolita in cui convivevano musulmani, cristiani ed ebrei.
A cavallo tra Quindicesimo e Sedicesimo Secolo molti ebrei cacciati dalla Spagna cercarono scampo nell’Impero.
Alle diverse confessioni religiose, il potere ottomano, che pure aveva il carattere di una teocrazia in cui i gruppi dirigenti dell’Impero seguivano i modi di vita dettati dall’islam sunnita, concesse infatti libertà di culto, in cambio del pagamento del tradizionale tributo che gravava sugli infedeli.
Nondimeno, gli ottomani avevano imposto la propria autorità sigli altri principati turchi dell’Anatolia nel primo Trecento proponendosi al mondo musulmano come fautori della guerra santa (jihad) contro i cristiani, e per questo intraprendendo sin dall’inizio una politica marcatamente aggressiva nei confronti dell’Occidente.
Non a caso, l’Europa cristiana rispose all’espansione militare turca organizzando delle vere e proprie “crociate”, che non ebbero però la capacità di mobilitazione di quelle dei secoli precedenti: gli eserciti crociati furono ripetutamente sconfitti nei Balcani (a Nicopoli nel 1396, a Varna nel 1444), e anche i papi Pio Secondo e Sisto Quarto, pur facendosi ferventi sostenitori di una crociata antiturca nel 1459 e nel 1472, morirono senza vedere realizzati i loro progetti.
Dopo la caduta di Costantinopoli e al poderosa avanzata ottomana in Grecia e nei Balcani fino a minacciare la Croazia, l’Ungheria e la stessa Vienna nel 1529 l’Impero ottomano rappresentò una minaccia incombente e costante per gli Stati cristiani europei, e il “pericolo turco” ne ossessionò a lungo l’azione politica e il sentimento collettivo, finendo col costituire il nemico per antonomasia dell’Occidente.
Snodo 11. Sintesi.
Nel corso del Quattordicesimo Secolo gli ideali universalistici, in primo luogo la pretesa del papato di riaffermare la superiore autorità del potere spirituale su ogni altro, si rivelarono inapplicabili nella nuova realtà politica europea.
La formazione dei regni infatti veniva affermando un più stretto rapporto tra i sovrani e i gruppi sociali che lo sostenevano.
Anche l’ideologia imperiale non poté che declinare, e anzi si prestò come modello ai poteri monarchici per rivendicare l’autonomia da qualsiasi condizionamento esterno, tanto meno pontificio.
Lo spostamento del papato ad Avignone segnò la sua dipendenza dalla politica del regno di Francia, ma offrì anche l’occasione per un ulteriore rafforzamento dei poteri della curia e dell’accentramento in senso monarchico del potere pontificio.
Esso si infranse però nello scisma che si aprì dal 1378 tra papi romani e francesi, e che fu alimentato dal potere di interdizione che i sovrani europei erano ormai in grado di opporre nei confronti delle pretese dei pontefici di controllare il governo delle Chiese nazionali.
Lo scisma diede forza alle posizioni che all’interno della Chiesa sostenevano la preminenza dei concili sull’autorità del papato.
Il Concilio di Costanza contribuì in effetti a superare la disunione, ma quello di Basilea naufragò nei contrasti tra i conciliaristi e i fautori della restaurazione del potere pontificio.
Le divisioni mostrate dalle gerarchie ecclesiastiche accentuarono i movimenti di contestazione religiosa e quelli che esprimevano la necessità di un rinnovamento spirituale.
I primi furono repressi come eretici, ai secondi non venne dato ascolto.
Esaurite nella prima metà del Quattordicesimo Secolo le discese in Italia, gli imperatori delimitarono definitivamente il proprio raggio d’azione nell’area tedesca.
Ciò fu dovuto non soltanto alla necessità di affermare la propria debole autorità nelle diverse componenti politiche del regno di Germania, ma anche alla riforma dei criteri di elezione imperiale che legarono direttamente la corona imperiale al titolo di re di Germania, senza più la necessità di dover cingere anche quello di re d’Italia e id essere poi consacrati dal papa.
L’esercizio del potere imperiale era però effettivo solo nei territori di cui era titolare diretto il sovrano.
Negli altri la sua autorità era invece poco più che formale, perché le città e soprattutto i principati territoriali avevano accresciuto a tal punto i loro diritti da esercitare il potere in sostanziale autonomia.
Nondimeno, per il prestigio superstite la corona imperiale continuò a essere contesa tra alcuen grandi casate, tra le quali emerse nel corso del Quindicesimo Secolo la dinastia degli Asburgo.
Nel Mediterraneo orientale all’irreversibile crisi politica e militare dell’Impero Bizantino, ridotto a un territorio sempre più ristretto e centrato sulla Grecia, fece riscontro la rapida affermazione in Asia Minore e poi nei Balcani della dinastia turca degli ottomani.
Essa guidò l’espansione dell’islam verso il continente europeo, che seguì la conquista di Costantinopoli nel 1453.
La fine dell’Impero Bizantino contribuì infatti a spostare per secoli in Europa la frontiera tra la civiltà cristiana e quella musulmana.
Snodo 11. Sintesi cronologica.
Tredicesimo Secolo.
1250 Muore l’imperatore Federico Secondo: i successori non si fanno incoronare in Italia, ma restano impegnati ad affermare la loro autorità in Germania
1250 I mamelucchi danno vita al sultanato dell’Egitto e della Siria, che fa del Cairo il centro della civiltà islamica.
1258 Il titolo califfale di Baghdad è assunto dalla dinastia turca dei Selgiuchidi.
1261 Michele Paleologo restaura la sovranità imperiale su un Impero bizantino ridotto alle sole regioni affacciate sul Bosforo e a qualche isola dell’Egeo.
Quattordicesimo Secolo.
1302 Filippo Quarto, re di Francia, fa proclamare dagli “stati generali” che l’autorità regia discende direttamente da Dio e accusa il papa Bonifacio Ottavo di eresia.
1302 Con la bolla Unam sanctam Bonifacio Ottavo ribadisce la subordinazione di ogni potere civile a quello spirituale del pontefice.
1303 Filippo Quarto fa arrestare Bonifacio Ottavo ad Anagni
1307 Arresto e condanna al rogo, per eresia, di fra Dolcino, guida del movimento gli “apostolici”.
1309 Clemente Quinti, il francese Bertrand de Got, vescovo di Bordeaux, sposta la residenza del papato ad Avignone.
1310-13 Fallimento della discesa in Italia di Enrico Settimo, intenzionato a restaurare l’autorità imperiale.
1323 Il papa Giovanni Ventiduesimo condanna come eretica la dottrina della povertà assoluta di Cristo e degli apostoli.
1328 Ludovico di Baviera è incoronato imperatore per opera di un laico, rappresentante del popolo di Roma, e dichiara deposto papa Giovanni Ventiduesimo.
1338 La dieta di Rhens stabilisce che l’imperatore eletto associ la corona regia e quella imperiale senza bisogno di conferma da parte del papa.
1346 Il re di Serbia, Stefano Nono Dusan, si fa proclamare “imperatore dei serbi, dei bulgari, degli albanesi e dei romani” (cioè dei bizantini).
1354 I turchi ottomani si insediano nella penisola di Gallipoli, per poi conquistare la Tracia, ponendo la capitale ad Adrianopoli nel 1365.
1356 La Bolla d’oro emanata da Carlo Quarto di Lussemburgo fissa il numero dei principi elettori e le procedure di elezione dell’imperatore.
1364 Fusione in un’unica confederazione della varie Hanse delle città tedesche e baltiche.
1371 L’imperatore bizantino è costretto ad assoggettarsi al sultanato ottomano in espansione.
1377 Gregorio Undicesimo riporta a Roma la sede della curia pontificia.
1378 Si apre lo scisma all’interno della Chiesa cattolica con l’elezione di due papi, l’italiano Urbano Sesto a Roma, e il francese Clemente Settimo ad Avignone.
1382 Le tesi contrarie alla “chiesa visibile” dei sacerdoti elaborate dal teologo inglese John Wyclif sono dichiarate dall’arcivescovo di Canterbury.
1389 Sconfitto a Kossovo dai turchi, il regno di Serbia si riconosce soggetto al sultanato ottomano.
1396 L’esercito crociato guidato dal re d’Ungheria è sconfitto a Nicopoli dai turchi ottomani, ormai penetrati nei Balcani.
Quindicesimo Secolo.
1402 Il capo mongolo Tamerlano sconfigge il sultano Bayazid Primo, conquistando parte dell’Anatolia e dà vita a un vasto impero esteso dalla Siria all’India.
1410 La sconfitta dell’ordine dei Cavalieri teutonici a Tannenberg da parte del regno di Polonia frena l’espansione tedesca verso est.
1412-12 Scomunicato dalla curia romana, il teologo boemo Jan Hus viene processato per eresia e condannato al rogo nel Concilio di Costanza.
1414 Il re di Germania Sigismondo convoca nella città imperiale un concilio ecumenico di riconciliazione.
1418 Con l’elezione nel 1417 di Martino Quinto, primo papa ecumenico dopo quarant’anni, si chiude il Concilio di Costanza con il superamento dello scisma.
1431 Il Concilio di Basilea, poi spostato a Ferrara, a Firenze e a Losanna riapre i contrasti con il nuovo pontefice Eugenio Quarto.
1438 Con la Prammatica sanzione, il re di Francia controlla la propria Chiesa nazionale.
1439 Il Concilio di Firenze sancisce una precaria riunificazione tra la Chiesa latina e quella ortodossa.
I conciliaristi rimasti a Basilea eleggono invece come proprio papa Felice Quinto.
1444 L’esercito crociato guidato dal re di Polonia e di Ungheria è sconfitto a Varna in Bulgaria dai turchi ottomani.
1449 Si scioglie definitivamente, trai contrasti, a Losanna il Concilio avviato a Basilea nel 1431.
1453 Il sultano ottomano Maometto Secondo conquista Costantinopoli ponendo fine all’Impero bizantino
1460 Con la bolla Execrabilis il pontefice Pio secondo nega l’idea del concilio come organo permanente e superiore nel governo della cristianità.
1477-92 Gli ottomani compiono razzie e incursioni in Friuli, in Puglia e in Carinzia.
Ideologia a confronto nel Quattordicesimo Secolo
Snodo 11. Approfondimenti bibliografici.
Sul declino dei poteri universali.
Crisi di poteri e politologia in crisi: da Sinibaldo Fieschi a Guglielmo d’Ockham. – Patron, 1988
Principi di governo e politica nel Medioevo / W. Ullmann. – Il Mulino, 1972
Sul papato e sul movimento conciliarista
Chiesa conciliare: identità e significato del conciliarismo / G. Alberigo. – Paideia, 1981
Aspetti culturali della società italiana nel periodo del papato avignonese. – Accademia Tudertina, 1981
Conciliarismo, Stati nazionali, inizi dell’Umanesimo. – CISAM, 1990
I papi di Avignone, 1309-1376 / B. Guillemain. – Ed. San Paolo, 2003
Sui nuovi fermenti religiosi.
Chiesa, chiese, movimenti religiosi / a c. di C. M. Cantarella, V. Polonio, R. Rusconi. – Laterza, 2001
Fra’ Dolcino: nascita, vita e morte di un’eresia medievale / a c. di R. orioli. – Europia, 1987
Eretici ed eresie medievali / G. G. Merlo. – Il Mulino, 1989
Mistiche e devote nell’Italia tardomedievale / a c. di D. Bornstein, R. Rusconi. – Liguori, 1991
Studi confraternitali: orientamenti, problemi, testimonianze / a c. di M. Gazzini. – Firenze University Press, 2009
Sulla ritrovata autorità pontificia.
Il nepotismo nel Medioevo: papi, cardinali e famiglie nobili / S. Carocci. – Viella, 1999
Il papato nel Rinascimento / M. Pellegrini. – Il Mulino, 2010
Il papato: Antichità, Medioevo, Rinascimento / B. Schimmlpfenning. – Viella, 2006
Sull’area tedesca
L’Ordine teutonico: alle origini dello Stato prussiano / K. Gorsky. – Einaudi, 1971
Sul tramonto di Bisanzio
Il crepuscolo di Bisanzio: la fine dell’Impero romano d’Oriente, 1392-1448 / I. Diuric. – Donzelli, 1995
La fine di Bisanzio / J. Harris. – Il Mulino, 2013
Gli ultimi giorni di Costantinopoli / S. Runciman. – Piemme, 1997
Sull’islam ottomano
L’Impero ottomano / A. Bombaci, S. J. Shaw. – UTET, 1981
L’Impero ottomano / S. Faroqhi. – Il Mulino, 2014
Le crociate dopo le crociate: da Nicopoli a Belgrado, 1396-1456 / M. Pellegrini. – Il Mulino, 2013
I turchi alle porte / G. Ricci. – Il Mulino, 2008
Tamerlano / J.-P. Roux. – Garzanti, 1995
Snodo 12. La formazione degli Stati, Secoli Quattordicesimo-Quindicesimo.
Dal punto di vista politico, il fenomeno più importante dell’Europa dei Secoli Quattordicesimo e Quindicesimo fu rappresentato dal rafforzamento in senso statale dei regni, vale a dire da una loro maggiore stabilità politico-amministrativa e territoriale.
Con esiti diversi a seconda dei paesi.
Là dove, come a Occidente, si erano già sviluppate delle forti monarchie feudali, il consolidamento delle istituzioni fu più evidente.
Nelle regioni orientali, invece, il ripiegamento dell’Impero nell’area tedesca liberò lo spazio per la creazione di regni finalmente più vasti benché caratterizzati da una maggiore fragilità della monarchia.
Ovunque sopravvissero all’interno degli Stati poteri eterogenei e spesso conflittuali di origine signorile, cittadina ed ecclesiastica.
I sovrani dovettero elaborare nuovi strumenti per controllare il territorio e per governarne le diverse componenti in modo più consensuali.
Presero corpo apparati amministrativi affidati stabilmente a ufficiali specializzati e stipendiati, e assemblee rappresentative dove venne formandosi, attraverso la collaborazione tra il sovrano e i vari poteri locali, la consapevolezza dell’esistenza di una comunità di interessi.
Essa si tradusse spesso in un senso di appartenenza a una comunità politica e, in certi paesi, anche in un sentimento di carattere tendenzialmente nazionale.
Cap. 24. Dai regni agli Stati.
Alta giustizia. Con questo termine si usa distinguere l’amministrazione della giustizia relativa ai crimini più gravi, passibili della pena di morte, rispetto ai reati di minore gravità, e, quanto al diritto civile, la pronuncia di sentenze sulle cause maggiori, relative alla condizione delle persone e alla proprietà.
Nei regni l’alta giustizia era prerogativa dei sovrani mentre la “bassa giustizia” (reati e cause minori) era amministrata dai signori locali e dalle città.
Imposte dirette e imposte indirette. Si usa distinguere in questo modo i tributi che, sin dall’età romana, si applicano, rispettivamente, al reddito o al patrimonio (dirette) e al consumo o al trasferimento dei beni (indirette).
Una tipica imposta diretta era, per esempio, quella che gravava sulla proprietà della terra; tra le imposte indirette più diffuse erano invece quelle sul consumo dei beni alimentari.
Gabella. Termine di origine araba, entrò in uso nell’Occidente europeo per indicare genericamente l’imposta indiretta che poteva essere prelevata su qualsiasi tipo di merce (grano, vino, sale, carne, tessuti, etc.).
La tassa poteva essere riscossa all’importazione, all’esportazione o al consumo, cioè al momento della vendita al dettaglio.
Fuoco. Il termine indicava l’unità familiare composta da tutti coloro che vivevano nella stessa casa, scaldandosi e cucinando al medesimo focolare.
Nel Basso Medioevo essa divenne l’unità di riscossione fiscale (focatico”).
Focus. Lo Stato tardo medievale.
DI che cosa parliamo quando parliamo di Stato nel Medioevo?
Esso rinvia all’idea, elaborata in Occidente nel corso del Diciannovesimo Secolo, di un’organizzazione politica e giuridica di carattere pubblico il cui potere sovrano e coercitivo viene esercitato in forma esclusiva entro un determinato territorio.
Una condizione che non si realizzò mai effettivamente nel corso del Medioevo, né al tempo di Carlo Magno o di Federico Secondo, né in quello di Filippo Quarto il Bello o di Enrico Quinto dei Lancaster.
E’ vero anche, però, che si tratta di una definizione astratta che trova perfino negli Stati europei contemporanei solo realizzazioni parziali.
Basti pensare a come gli attuali Stati nazionali si trovino stretti crescentemente tra tensioni contrapposte.
Da un lato, essi sono portati a conferire quote di sovranità a entità sovranazionali come l’Unione europea.
Dall’altro, sono costretti a riconoscere quote di autonomia sempre più ampia a entità regionali, come per esempio la Catalogna, la Scozia o le Fiandre, portatrici di identità locali molto accentuate.
Oggi come nel passato gli Stati sono complesse realtà in mutamento, oggetto di costante mediazione tra gli interessi delle loro diverse componenti politiche, sociali e territoriali.
Ogni periodo storico attribuisce dunque allo Stato dei caratteri propri e distintivi.
Le caratteristiche degli Stati europei dei Secoli Quattordicesimo e Quindicesimo vanno inquadrate in un più ampio processo di formazione dello Stato “moderno” che durò vari secoli, perlomeno dal Tredicesimo al Diciottesimo.
Sul lungo periodo esso può apparire come un fenomeno di graduale evoluzione politica e istituzionale da forme meno articolate ad assetti più complessi.
Punto di partenza è la ricomposizione del territori operata dalle monarchie tra Dodicesimo e Tredicesimo Secolo attraverso i legami feudali, la stabilizzazione dinastica della corona e lo sviluppo dei primi apparati amministrativi.
Tra Tredicesimo e Quattordicesimo Secolo il rafforzamento dei poteri fiscali e giudiziari dei sovrani su territori sempre più ampi fu integrato dalla formazione di assemblee rappresentative dei diversi “corpi” politici.
Tra Quattordicesimo e Quindicesimo Secolo il consolidamento degli apparati statali appare evidente in aspetti come la formazione di eserciti permanenti e stipendiati o di rappresentanze diplomatiche residenti, e nel primo configurarsi di identità nazionali (lingua, chiesa, patria).
Tra Quindicesimo e Sedicesimo Secolo formano ormai l’ossatura amministrativa dello Stato gli ufficiali stipendiati e specializzati nella finanza e nel diritto, che governano organismi centrali come i tribunali supremi e le corti dei conti.
Dal Sedicesimo Secolo si cominciano a riconoscere anche forme di esercizio del potere pubblico tendenzialmente esclusivo, come una fiscalità libera dal controllo delle assemblee rappresentative.
Se invece ci concentriamo sui processi del Quattordicesimo e Quindicesimo Secolo, emergono aspetti più complessi che ci aiutano a comprendere meglio le specificità dello Stato tardo medievale.
I suoi tratti peculiari possono essere allora correttamente identificati con i limiti che i poteri sovrani incontrarono nell’imporsi alla nobiltà, alle città, al clero.
Limiti che corrisposero in primo luogo alla discontinuità territoriale dello Stato, cioè al permanere e spesso al proliferare al suo interno di feudi e di giurisdizioni signorili, di autonomia urbane e di privilegi delle comunità rurali.
La pluralità dei poteri eterogenei continuò a configurarsi in una molteplicità di diritti particolari e di consuetudini locali che esorbitavano le leggi dei sovrani.
Gli ambiti amministrativi rimasero imprecisi, con sovrapposizioni e lacune, e un’incerta nozione di servizio “pubblico”.
La corte, centro di reti clientelari e di legittimazioni nobiliari, erose la centralità delle assemblee rappresentative.
La stessa formazione di una coscienza nazionale intorno alla corona procedette con molta lentezza, i processi di formazione degli Stati del Quattordicesimo e Quindicesimo Secolo furono dunque processi “aperti”, che diedero luogo a continue sperimentazioni negli assetti di potere.
Cap. 25. Verso gli Stati nazionali.
Stati generali e provinciali. Assemblee straordinarie che, nel regno di Francia, il sovrano convocava in circostanze particolari per consultarsi con i rappresentanti degli “stati” sociali: il clero, la nobiltà e la borghesia urbana.
Tali assemblee, avviate nel 1302, erano analoghe al “parlamento” inglese e alle cortes dei regni iberici.
Quelle “provinciali”, avviate nel 1345, erano invece convocate dal re nei feudi del regno per approvare e finanziare richieste dal sovrano.
Fazione. Dal latino factio (da factus, “atto del fare”), il termine entrò in uso nel volgare italiano nel corso del Quattordicesimo Secolo per indicare un raggruppalento di persone che perseguono un determinato intento operando in comune anche in modo violento.
Nei regni e nelle città italiane del tardo Medioevo, le fazioni conferivano identità, interessi e appartenenze comuni a schieramenti di individui, famiglie e gruppi sociali, organizzando il consenso e lottando per il potere.
Taglia. Imposta diretta in origine riscossa dai signori territoriali, in genere come prelievo straordinario e arbitrario.
Con l’affermazione dei poteri regi anche le contribuzioni dirette esatte dai loro funzionari presero il nome di taglia.
Cap. 26. Altre esperienze statali.
Tartari. Nome, derivato dal turco Tatar (da cui anche la dizione Tatari), che designava in Occidente, dal Secolo Tredicesimo, le popolazioni di lingua mongola, originarie dell’Asia centrale, che sotto la guida di Gengis Khan avevano costituito il grande impero esteso dalla Cina al Mar Nero.
Successivamente il termine finì col ricomprendere tutte le popolazioni nomadi di stirpe turca o mongolica dell’Asia centrale.
Nella mitologia greco-romana il Tartaro era il luogo infernale dove erano rinchiusi coloro che per le loro crudeltà dovevano scontare pene eterne; nella cristianità il termine fu usato per riferirsi al terrore provocato dalle razzie e della devastazione dei mongoli.
Boiaro. Termine di derivazione russa (che indica gli “uomini migliori”, o “anziani”) usato per designare i nobili proprietari terrieri che costituivano l’aristocrazia di più antica origine.
Snodo. 12. Sintesi.
Il processo di formazione degli Stati europei del Medioevo fu segnato da elementi di continuità negli sviluppi politici e da nuove tendenze nell’affermazione di assetti più stabili e definiti.
Il rafforzamento dei poteri fu perseguito da tutti i sovrani, sviluppando gli apparati amministrativi centrali e periferici.
Significative furono la formazione di corpi di ufficiali specializzati e stipendiati e le trasformazioni in senso permanente e professionale delle truppe componenti gli eserciti e delle rappresentanza diplomatiche.
Le caratteristiche comuni del processo di affermazione statale furono principalmente due.
Da un lato la perdurante pluralità dei poteri operanti all’interno dei regni, dall’altro la necessità da parte dei sovrani di negoziare con essi accordi di governo.
In queste realtà composite e pattizie emersero come luoghi di definizione reciproca dei ruoli e di mediazione politica le assemblee rappresentative dei vari “corpi” presenti nei regni.
Un rilievo importante ebbero anche aspetti informali come le ritualità del potere, l’azione delle fazioni o le reti di clientela.
La formazione dello Stato fu più intensa in Francia e in Inghilterra.
La guerra che per oltre un secolo contrappose i paesi complicò ma anche stimolò in entrambi i regni il processo di concentrazione di potere e di rafforzamento delle strutture di governo, a cominciare da quelle fiscali e militari.
In Francia il consolidamento degli apparati monarchici dovette a lungo fronteggiare la perdurante potenza della nobiltà.
In Inghilterra fu invece più precocemente raggiunto un equilibrio tra il potere del re e gli interessi delle società locali, mediato dal parlamento.
Più variegata si rivelò la formazione degli Styati in altre regioni dell’Europa occidentale, a seconda dei rapporti di forza che vennero determinandosi tra i sovrani, la nobiltà e le élites urbane.
Regni come il Portogallo o l’Aragona seppero valorizzare le componenti mercantili.
Altri, come la Castiglia, videro prevalere il peso dell’aristocrazia.
Nel ducato di Borgogna o nella stessa confederazione catalano-aragonese fu raggiunto un felice equilibrio tra la feudalità e le città.
Autonome configurazioni furono raggiunte anche dalle città nelle Fiandre e dalle comunità rurali in Svizzera.
Un elemento di novità nei quadri politici europei tra Quattordicesimo e Quindicesimo Secolo fu rappresentato anche dalla formazione di regni più ampi e stabili che in passato nelle regioni orientali, dove l’espansione tedesca era venuta meno anche per effetto della crisi del potere imperiale.
Peraltro, anche in importanti e nuove compagini territoriali come quella polacca o quella russa, il perdurante potere della nobiltà fondiaria condizionò lo sviluppo delle istituzioni monarchiche, il cui potere rimase sempre più fragile rispetto ai regni occidentali.
Un tratto comune a molti degli Stati in formazione alla fine del Medioevo, fu la progressiva emersione di un senso di appartenenza alla comunità politica attiva nel paese.
In alcuni casi, esso si tradusse anche nella definizione di un sentimento di identità di carattere tendenzialmente nazionale.
Esso poté assumere le declinazioni più diverse, facendo leva, a seconda dei casi, sulla comunità linguistica, sull’identità religiosa, sulla riunificazione politica o, come in Francia, su un vero e proprio slancio patriottico.
Snodo 12. Sintesi cronologica
Tredicesimo Secolo.
1283 Le Corts catalane sono riconosciute dal re di Aragona
1291 Le comunità alpine di Uri, Unterwalden e Schwyz stringono il primo nucleo di alleanza della Confederazione svizzera.
Quattordicesimo Secolo.
1302 Le Fiandre conquistano l’indipendenza dal regno di Francia, con la vittoria militare e Courtrai.
1302 Filippo Quarto il Bello convoca per la prima volta gli “stati generali” del regno di Francia
1309 La corona del regno d’Ungheria perviene a un ramo degli Angiò su pressione dei pontefici francesi.
1314 Gli scozzesi conquistano l’indipendenza dagli inglesi, con la vittoria di Bannockburn
1320-40 Il parlamento inglese viene istituzionalizzato in una camera alta (House of Lords) e in una camera bassa (House of Commons).
1328 Primo censimento fiscale del regno di Francia
1328 ca. Il duca di Mosca Ivan Danilovic ottiene dal khan mongolo il titolo di “principe di Mosca e di tutte le Russie” e sposta la sede metropolitica da Vladimir a Mosca.
1332-53 Aderiscono alla Confederazione svizzera ulteriori cantoni, compresi quelli di importanti centri urbani come Lucerna, Zurigo e Berna.
1336-96 Periodo di guerra tra il regno di Castiglia e quello di Aragona.
1337-1453 Periodo di guerra tra il regno di Francia e quello di Inghilterra, noto a posteriori come Guerra dei Cent’Anni.
1337-45 Rivolta antifrancese di una lega di città delle Fiandre guidata da Gand.
1345 Il re di Francia convoca per la prima volta gli “stati provinciali” (in Linguadoca).
1347 Il re di Polonia, Casimiro il Grande, promuove la codificazione del diritto consuetudinario in un corpus di leggi.
1362 L’inglese diviene la lingua ufficiale dei tribunali del regno d’Inghilterra, sostituendo il latino
1362-99 Gli eserciti dei granduchi di Lituania sconfiggono i tartari e ne bloccano l’espansione in Europa.
1369 Conquista il trono di Castiglia la dinastia di Trastamara, con Enrico Secondo.
1384 Le Fiandre sono annesse al ducato di Borgogna.
1385 Le cortes acclamano re di Portogallo Giovanni Primo della nuova dinastia degli Aviz.
1386 Il granduca di Lituania Jagellone, convertitosi al cristianesimo e sposata la figlia del re di Polonia, realizza l’unione tra Lituania e Polonia.
1397 Unione dinastica dei regni scandinavi di Danimarca, Norvegia e Svezia, stretta per fronteggiare l’espansionismo tedesco.
Quindicesimo Secolo.
1407 L’assassinio del fratello del re di Francia, Luigi d’Orléans, scatena la guerra civile tra la fazione lealista degli armagnacchi e quella dei borgognoni che appoggia le pretese dei re inglesi sulla corona francese.
1410 Il re di Polonia Ladislao Secondo sconfigge i Cavalieri teutonici a Tannenberg, provocandone la progressiva ritirata dai territori dell’Europa orientale.
1415 Dopo la vittoria ad Azincourt Enrico Quinto, re d’Inghilterra, conquista quasi tutta la Francia settentrionale e ottiene, nel 1420, la reggenza del regno
1415 La conquista di Ceuta sulle coste africane avvia le esplorazioni atlantiche dei portoghesi.
1429 Giovanna d’Arco guida l’esercito del re di Francia, Carlo Settimo, alla liberazione di Orléans: catturata dalla fazione dei borgognoni, sarà arsa sul rogo nel 1431.
1435 Il ducato di Borgogna si rende indipendente dal regno di Francia in cambio dell’appoggio militare contro gli inglesi.
1438 Con la Prammatica sanzione, il re di Francia Carlo Settimo sancisce il controllo delle istituzioni ecclesiastiche da parte della Chiesa “gallicana”.
1440 Nel regno di Francia la “taglia” straordinaria introdotta nel 1384 è resa un’imposta stabile annuale.
1440-44 Re Ladislao Terzo Jagellone unisce le corone lituana, polacca e ungherese, prima di venire ucciso nella battaglia di Varna contro i turchi.
1442 Il re d’Aragona Alfonso il Magnanimo conquista il regno di Napoli.
1453 Si conclude la Guerra dei Cent’Anni: agli inglesi resta in territorio francese solo il porto di Calais.
1454 Nel regno di Francia è ordinata la redazione per iscritto di tutte le consuetudini locali del regno.
1455-85 Guerra detta delle Due Rose tra le fazioni aristocratiche dei Lancaster e degli York per il controllo della corona d’Inghilterra.
1459 La sede metropolitica di Mosca rivendica la totale indipendenza sia dalla Chiesa di Roma sia da quella di Costantinopoli.
1452-72 Guerra civile nel regno di Aragona, con ampio coinvolgimento delle campagne e delle città catalane.
1477 La duchessa di Borgogna, Maria, concede un Grande privilegio alle città delle Fiandre, del Brabante e dell’Hainaut e dei Paesi Bassi che si erano più volte rivoltate nei decenni precedenti.
1479 Ferdinando Secondo d’Aragona riunifica sotto un’unica corona il suo regno e quello della moglie Isabella, regina di Castiglia e Leon.
1480 Il principe di Mosca Ivan Terzo il Grande si rende di fatto indipendente dall’Orda d’oro.
1485 Enrico Settimo della casata dei Tudor sconfigge Riccardo Terzo di York e ascende al trono d’Inghilterra.
1492 I re di Spagna espugnano Granada, ultimo emirato musulmano in terra iberica, ed espellono dalla Spagna le comunità ebraiche.
1494 Ivan Terzo il Grande viene riconosciuto zar di tutta la Russia.
1499 L’Imperatore Massimiliano Primo riconosce definitivamente l’autonomia della Svizzera.
Le assemblee rappresentative nei Secoli Quattordicesimo e Quindicesimo.
Snodo 12. Approfondimenti bibliografici
Sugli Stati del tardo Medioevo.
La formazione degli Stati nazionali nell’Europa occidentale / a cura di Ch. Tilly. – Il Mulino, 1984
L’Occidente nei Secoli Quattordicesimo e Quindicesimo: gli Stati / B. Guenée. – Mursia, 1992
Aquile e leoni: Stato e nazione in Europa / H. Schulze. – Laterza, 1994
L’oro e la spada: capitale, guerra e potere nella formazione degli Stati europei, 990-1990 / Ch. Tilly. – Ponte alle Grazie, 1991
Sulla Guerra dei Cent’Anni.
La Guerra dei Cent’Anni: eserciti e società alla fine del Medioevo / Ch. Allmand. – Garzanti, 1990
La Guerra dei Cent’Anni / Ph. Contamine. – Il Mulino, 2013
Giovanna d’Arco / G. Krumeich. – Il Mulino, 2008
Sulle altre esperienze statali.
I regni nel Mediterraneo dal 1200 al 1500: la lotta per il dominio / D. Abulafia. – Laterza, 1999
I mercanti catalani e l’espansione della Corona aragonese nel Secolo Quindicesimo / M. Del Treppo. – L’arte tipografica, 1967
Storia della Polonia / A. Gieysztor. – Bompiani, 1983
L’orda d’oro: le conquiste militari dei mongoli, l’invasione della Russia, la grande minaccia all’Europa Occidentale / B. D. Grekov. – Res Gestae, 2013
L’Europa orientale nei Secoli Quattordicesimo e Quindicesimo / J. Macek. – Sansoni, 1974
Storia dei paesi baltici / R. Tuchtenhagen. – Il Mulino, 2008
Snodo 13. L’Italia nel Tardo Medioevo, Secoli Tredicesimo-Quindicesimo.
Il processo di formazione dello Stato assunse in Italia forme specifiche tra Quattordicesimo e Quindicesimo Secolo.
La radicata tradizione dei poteri locali impedì la formazione di una monarchia nazionale come stava avvenendo contemporaneamente nell’Europa d’Oltralpe.
Prevalse invece il policentrismo politico, con percorsi differenti a seconda delle regioni: intorno alle città nell’Italia comunale, intorno alle monarchie nel Mezzogiorno, intorno a pochi principati territoriali nell’arco alpino e subalpino, in forme più eterogenee nel dominio pontificio.
I governi centrali riuscirono ad affermare la propria autorità solo in cambio di concessioni di privilegi e di accordi politici con i poteri locali: città che persero la propria indipendenza finendo assoggettate ad altre, potenti baronati rurali spesso autonomi di fatto, patriziati urbani capaci di difendere i propri privilegi.
La frammentazione politica fu ricomposta progressivamente, a costo di una lunga competizione politica e militare, intorno ad alcuni poli politicamente più forti: Milano, Venezia, Firenze, Napoli e lo Stato Pontificio.
Intorno alla metà del Quindicesimo Secolo tale assetto configurò un sistema politico relativamente stabile fondato su una pace che durò alcuni decenni non senza tensioni e conflitti.
Il precario equilibrio tra gli Stati regionali italiani crollò alla fine del secolo nello scontro con la grande monarchia nazionale francese.
Cap. 27. Un sistema politico fragile.
L’estensione del territorio degli Stati italiani alla metà del Quindicesimo Secolo.
Ducato di Milano |
27000 kmq |
Terraferma veneziana |
30000 kmq |
Dominio fiorentino |
12000 kmq |
Stato Pontificio |
42000 kmq |
Regno di Napoli |
77000 kmq |
Regno di Sicilia |
25700 kmq |
Per comparazione |
|
Regno d’Inghilterra |
145000 kmq |
Regno d’Aragona |
250000 kmq |
Regno di Castiglia |
380000 kmq |
Regno di Francia |
500000 kmq |
Focus. Le guerre d’Italia e l’interpretazione di Niccolò Machiavelli.
Tra la discesa del re di Francia Carlo Ottavo, nel 1494, e l’incoronazione di Carlo Quinto, nel 1530, l’Italia conobbe un periodo tra i più burrascosi della sua storia, flagellato da quelle che i contemporanei chiamarono le “horrende guerre”.
A partire dalla fine del Quattrocento, la penisola divenne terreno di conquista per gli eserciti delle monarchie francese e spagnola.
Gli scontri si combatterono dapprima nel regno di Napoli, che il sovrano francese aveva rivendicato in quanto discendente degli Angiò, e poi si estesero alle regioni settentrionali.
Il conflitto fu durissimo perché non si risolse solo in un confronto militare fra superpotenze ma rappresentò anche uno scontro fra visioni diverse dell’Europa e del suo destino per il primato politico all’interno della cristianità occidentale e sul mondo extraeuropeo.
Al termine di un turbinoso crescendo di battaglie e fatti d’arme, la Spagna prevalse sulla Francia: la pace di Cambrai del 1529 sancì la vittoria del sovrano della casata degli Asburgo, riconosciuta sia dal papato sia dalla Francia.
Le guerre distrussero l’equilibrio che i fragili Stati italiani avevano precariamente raggiunto nella seconda metà del Quindicesimo Secolo.
La corte napoletana dei re d’Aragona fu dissolta; il sacco di Roma nel 1527 ad opera delle truppe dei lanzichenecchi, i soldati mercenari tedeschi arruolati nell’esercito imperiale, mise fine al mito aureo di Roma; Firenze subì continui mutamenti di regime; la Lombardia si ridusse a un grande campo di battaglia; e Venezia rischiò di perdere i suoi domini di Terraferma dopo la disfatta patita ad Agnadello nel 1509 dalle armate francesi.
Le guerre registrarono novità militari profonde quali il ricorso sistematico alle armi da fuoco, l’impotenza degli eserciti, il predominio della fanteria a scapito della cavalleria .
Le popolazioni, soprattutto quelle delle campagne e dei borghi rurali, subirono violenze e depredazioni che le generazioni immediatamente precedenti non avevano patito.
I patriziati cittadini e la nobiltà rurale furono travolti dagli eventi e dalla attese di mutamento politico che questi provocavano.
Alcuni letterati come Giovanni Pontano, Niccolò Machiavelli, Baldassar Castiglione e Francesco Guicciardini furono direttamente coinvolti in quel periodo tormentato e si impegnarono a interpretarlo.
Niccolò Machiavelli in particolare, che da segretario della Repubblica Fiorentina dal 1498 al 1512 aveva svolto numerose missioni diplomatiche in Germania, in Francia e negli altri Stati italiani, rivelò un’acuta percezione della complessità degli eventi e compose opere storiche e teoriche innovative (per tutte Il Principe) che muovevano da una concezione realistica della politica, dalla volontà, cioè, di contro alla tradizione moralistica, di valutare l’azione degli uomini per quello che essi sono e non per quello che dovrebbero essere.
Lo scopo ideale delle sue riflessioni era quello della “redenzione”, della salvezza, di un’Italia ormai “senza capo, sena ordine, battuta, spogliata, lacera”, umiliata dalle “crudeltà e insolenze barbare” dei suoi invasori.
Le cause di tale decadenza risiedevano, ai suoi occhi, nella divisione politica italiana storicamente dovuta all’azione del papato – che sempre aveva operato, appellandosi anche ad alleati stranieri, per impedire la formazione di uno Stato unitario nella penisola – e nella “ignavia”, nell’inettitudine dei governanti, incapaci di guadagnarsi l’appoggio dei loro “popoli” nei tempi quieti, e pronti ad affidarsi a eserciti infidi quali le truppe mercenarie in tempi di guerra.
L’unica strategia possibile, secondo Machiavelli, sarebbe stata quella di costituire un grande Stato unitario perlomeno nel centro Italia, approfittando del fatto che sul soglio pontificio sedessero due membri della casata fiorentina dei Medici: Giovanni de’ Medici, papa Leone Decimo, dal 1513 al 1521, e Giulio Zanobi de’ Medici, Clemente Settimo dal 1523 al 1534, rispettivamente figlio e nipote di Lorenzo il Magnifico.
Come primo passo si sarebbe dovuta costituire una forza armata indipendente, romana e fiorentina, formata da cittadini e da sudditi e non da mercenari, attorno alla quale avrebbero dovuto raccogliersi le altre “armi italiane” in uno sforzo comune per cacciare i “barbari”.
La precoce scomparsa degli esponenti medicei che avrebbero potuto guidare come “principi nuovi” tale tentativo, e la perdurante avversione dei patriziati cittadini ad armare il “popolo” e i contadini, vanificarono il progetto che Machiavelli suggerì in più occasioni ai Medici.
Il sacco di Roma mise definitivamente fine allo splendore dei pontificati medicei.
Cap. 28. Gli Stati.
Res publica, repubblica, repubblicanesimo.
Il termine latino res publica (“cosa pubblica”, cioè cosa di tutti) era usato nell’Antichità come sinonimo di Stato, in quanto i fondamenti ideali del diritto pubblico repubblicano (omnis potestas in populo, “tutto il potere risiede nel popolo”) non furono mai disconosciuti, neppure quando si affermò l’assolutismo monarchico imperiale.
Anche nel Medioevo il termine designò genericamente le varie forme dell’ordinamento pubblico: il regno, l’impero, il potere del papa e qualsiasi altra formazione politica che esercitasse un dominio sulle persone e sui territori.
Non indicava, cioè, una specifica forma di governo.
E’ pertanto improprio usarlo per indicare il regime politico delle città comunali italiane.
Fu solo nella Firenze impegnata nella guerra contro i Visconti che i cancellieri Coluccio Salutati e Leonardo Bruni elaborarono consapevolmente l’ideale del “repubblicanesimo” come forma di governo antagonista a quella signorile, come un’esperienza di “libertà” capace di opporsi al regime “tirannico”.
Per questa via entrò in uso indicare come “repubbliche” le città rette da governi collegiali (Firenze, Genova, Lucca, Venezia o la stessa Milano per un breve periodo) riservati a una ristretta oligarchia che, come suggeriva Cicerone in termini ideali, si configurava come una comunità di persone, tra sé associate per osservare la comunanza degli interessi nella giustizia, che detengono collettivamente il potere e dispongono di eguali diritti.
I sette maggiori contribuenti fiorentini secondo il catasto del 1427
Palla di Noferi Strozzi |
101.422 |
Giovanni di Bicci de’ Medici |
79.472 |
Francesco e Niccolò di Simone Tornabuoni |
46.320 |
Bernardo di Lamberto Lamberteschi |
41.727 |
Andrea di Guglielmo de’ Pazzi |
31.000 |
Agnolo e Giovanni di Filippo Pandolfini |
27.706 |
Ridolfo di Bonifazio Peruzzi |
20.542 |
Patrimonio accertato in fiorini d’oro
Condottiere. Il termine, dal latino conducere (“condurre”), entrò in uso nel volgare italiano nel Quattordicesimo Secolo per indicare il comandante militare a capo di una compagnia di soldati mercenari.
Egli stipulava un contratto, detto “condotta”, con i signori o le autorità comunali con il quale si impegnava a condurre in guerra i suoi militi per un periodo prestabilito, in cambio di uno stipendio concordato.
Snodo 13. Sintesi.
Negli ultimi secoli del Medioevo l’Italia fu protagonista di una serie di processi politici che la differenziarono profondamente dal resto dell’Europa occidentale.
A fronte di una perdurante floridità di sviluppi economici, civili e culturali, emerse la fragilità dei suo sistema politico, destinato a soccombere alle grandi potenze francese e spagnola all’inizio del Sedicesimo Secolo: città troppo forti, Stati troppo deboli e, nei regni meridionali, una nobiltà capace di contrastare il potere dei sovrani privi di un sostegno finanziariamente robusto da parte dei gruppi urbani mercantili e borghesi.
Soprattutto, l’Italia del Tardo Medioevo fu caratterizzata dal particolarismo politico.
Mentre i regni europei si rafforzavano su base nazionale, la penisola rimase divisa in una molteplicità di formazioni politiche.
Alla frammentazione territoriale corrispose una varietà di configurazioni istituzionali e di regimi politici.
Essi trovarono tra Tredicesimo e Quattordicesimo Secolo un qualche equilibrio tra le contrapposte coordinazioni guelfa e ghibellina: la prima guidata dal papato col sostegno della potenza angioina, la seconda che confidava nelle sempre più sporadiche discese in Italia degli imperatori.
Nell’Italia centro-settentrionale le città conobbero tra Tredicesimo e Quattordicesimo Secolo la mutazione dei poteri signorili, per il loro irreversibile rafforzamento in senso autoritario, che disperse il grado di consenso e legittimazione da parte delle comunità cittadine.
La percezione di una discontinuità nelle pratiche di governo fece emergere nel lessico politico e nella riflessione dottrinaria la questione della “tirannide”, vale a dire dell’azione degenerata dei governanti, in rapporto alla loro capacità o inclinazione a perseguire o meno il bene comune.
La frammentazione territoriale e politica fu ricomposta tra Quattordicesimo e Quindicesimo Secolo dalle principali città, che ne assoggettarono altre insieme ai loro contadi, alle comunità rurali e ai poteri signorili.
Dalla lunga competizione politica e militare emersero alcuni Stati di dimensione regionale (Milano, Venezia, Firenze), contornati da poche formazioni signorili e cittadine minori.
La forma di Stato fu anche in questo caso composita, pur in una varietà di soluzioni, con riconoscimenti di diritti ai poteri locali e irrobustimento degli apparati amministrativi centrali e periferici.
Nonostante il trasferimento ad Avignone e la lunga crisi culminata con lo scisma e la contestazione conciliare, il papato riuscì a mantenere faticosamente il controllo dello Stato territoriale che aveva formato dal Tredicesimo Secolo nelle regioni del centro Italia.
Peraltro, solo per brevi periodi e per certe aree il dominio poté essere esercitato in forma diretta, data l’eterogeneità e l’autonomia di fatto che i poteri locali si erano garantiti nel tempo.
Solo dalla metà del Quindicesimo Secolo il governo pontificio poté farsi più continuo attraverso una rete di ufficiali.
Le vicende delle monarchie meridionali furono dominate dalla progressiva espansione della corona aragonese, che culminò nella prima metà del Quindicesimo Secolo con il definitivo controllo del regno di Napoli, della Sicilia e della Sardegna.
Importante era stato però, anche per gli assetti politici dell’intera penisola, il dominio angioini sul regno di Napoli tra Tredicesimo e Quattordicesimo Secolo.
Entrambe le dinastie dovettero costantemente confrontarsi con la potenza di una nobiltà divisa in fazioni e pronta a ribellarsi, anche per la debolezza dei gruppi mercantili e imprenditoriali urbani.
Alla metà del Quattrocento venne stabilizzandosi un sistema politico imperniato sui cinque Stati maggiori (intorno ai domini di Milano, Venezia, Firenze, Napoli e pontificio) e su una costellazione di formazioni minori, che congelò ulteriori espansioni territoriali attraverso una pace che era soprattutto frutto delle debolezze individuali.
Un’intensa attività diplomatica riuscì a sedare diffidenze e colpi di mano reciproci fino a quando la riconquista francese del Regno di Napoli non infranse definitivamente il precario equilibrio politico italiano.
Snodo 13. Sintesi cronologica.
Tredicesimo Secolo.
1259-79 Signoria di Carlo Primo d’Angiò su molte città piemontesi, lombarde e toscane.
1266-68 La conquista del Regno di Sicilia da parte di Carlo Primo d’Angiò sancisce l’alleanza tra il papato, il Regno di Francia e le città comunali governate dai guelfi.
1282 Rivolta dei Vespri in Sicilia contro il dominio angioino
1285-1309 Carlo Secondo d’Angiò è costretto a convocare più volte il parlamento del regno di Napoli e a concedere ampi privilegi fiscali e giudiziari alla nobiltà.
1296 Federico Terzo d’Aragona assume la corona di re di Sicilia, autonoma da quella di Barcellona, introduce il parlamento e alcune riforme amministrative.
Quattordicesimo Secolo.
1302 La pace di Caltabellotta sancisce la divisione del Regno di Trinacria (la Sicilia) da quello angioino del Mezzogiorno continentale.
1309-43 Lungo dominio di Roberto Primo d’Angiò sul Regno di Napoli e su varie città italiane
1310-13 La discesa in Italia dell’imperatore Enrico Settimo si infrange nel conflitto tra le grandi coordinazioni guelfa e ghibellina
1311 L’imperatore Enrico Settimo concede il titolo di vicario imperiale ad alcuni signori cittadini lombardi e veneti.
1316-28 Castruccio Castracani afferma il proprio dominio signorile su Lucca, Pistoia, Luni e Volterra.
1323 Gli aragonesi avviano la conquista della Sardegna, incontrando la tenace resistenza dei “giudicati” locali.
1347-50 Cola di Rienzo “tribuno” di Roma
1349-54 Giovanni Visconti, arcivescovo di Milano, impone la sua signoria anche su Brescia, Vercelli, Genova, Parma e Bologna.
1353-67 Il legato papale Egidio di Albornoz restaura l’autorità pontificia nello Stato della Chiesa.
1355 L’imperatore Carlo Quarto di Lussemburgo è l’ultimo sovrano a farsi incoronare a Roma, rinunciando a ogni ambizione di autorità in Italia.
1355 Il governo del comune di Firenze ottiene il titolo “vicariale” dall’imperatore Carlo Quarto.
1357 Il legato papale Egidio di Albornoz emana le Costituzioni egidiane, che ribadiscono le prerogative pontificie e riconoscono alcuni diritti ai comuni e ai signori dello Stato della Chiesa.
1378-81 La flotta navale di Genova occupa le lagune veneziane e i centri di Chioggia e Grado
1381 Alla morte di Giovanna Prima d’Angiò, il Regno di Napoli è a lungo conteso tra vari rami della dinastia.
1385-1402 Gian Galeazzo Visconti sottomette il Canton Ticino, la Lombardia, il Piemonte orientale e le città di Verona, Vicenza, Padova, Belluno, Pisa, Siena, Perugia, Spoleto e Bologna.
1385-1421 Firenze sottomette Arezzo, Volterra, Pistoia, Pisa e altri centri urbani toscani.
1392 Emanazione della Carta de logu nel giudicato di Arborea in Sardegna.
1395 Gian Galeazzo Visconti acquista dall’imperatore Venceslao il titolo di “principe e duca” di Milano.
Quindicesimo Secolo.
1400-30 Lucca sperimenta la lunga signoria di Paolo Guinigi.
1404-28 Venezia sottomette Padova, Vicenza, Verona, Brescia e Bergamo, il patriarcato di Aquileia, il Cadore, il Friuli e la Carnia.
1409 Il Regno di Sicilia è inglobato formalmente nella corona d’Aragona, amministrato da un viceré.
1409-21 Gli aragonesi completano la definitiva conquista della Sardegna e vi costituiscono un viceré.
1416 Il condottiere Braccio da Montone si insignorisce a Perugia.
1421 Gli aragonesi completano la conquista della Sardegna e vi costituiscono un viceré.
1427 I governanti di Firenze istituiscono il catasto fiscale per tutti i sudditi del dominio.
1430 Il duca di Savoia, Amedeo Ottavo, emana importanti statuti per il dominio nel quadro di un’ampia riforma amministrativa e politica.
1434-94 Signoria della famiglia dei Medici su Firenze.
1437 Il doge di Venezia ottiene il titolo “vicariale” dall’imperatore.
1442 Alfonso Quinto d’Aragona riunifica sotto il suo dominio i regni di Sicilia e di Napoli e la Sardegna.
1447-50 Alla morte, senza eredi, di Filippo Maria Visconti, il patriziato di Milano dà vita alla “repubblica ambrosiana”.
1450 Il condottiero marchigiano Francesco Sforza si impadronisce del ducato di Milano.
1454 Pace di Lodi tra il Ducato di Milano e Venezia.
1455 Viene istituita la Lega italica tra gli Stati italiani.
1462-1506 Signoria dei Bentivoglio su Bologna.
1476 Assassinio del duca di Milano Galeazzo Maria Sforza per una congiura.
1478 Congiura dei Pazzi a Firenze contro Lorenzo de’ Medici.
1482-84 Guerra di Ferrara tra Venezia e il duca d’Este, per il controllo delle saline del Polesine, poi cedute a Venezia.
1485 Rivolta dei baroni contro Ferrante d’Aragona, re di Napoli.
1487-1525 Signoria dei Petrucci su Siena.
1494-1495 Spedizione armata di Carlo Ottavo, re di Francia, che si impossessa del Regno di Napoli; cominciano le cosiddette “guerre d’Italia”.
Sedicesimo Secolo.
1509 L’esercito di Venezia è sconfitto nella battaglia di Agnadello dalla coalizione tra i re di Spagna e di Francia.
1527 Sacco di Roma ad opera dei lanzichenecchi, i soldati mercenari tedeschi arruolati nell’esercito imperiale.
1529 Con la pace di Cambrai il re di Francia, Francesco Primo di Valois, rinuncia ad ogni pretesa sul Regno di Napoli e sul Ducato di Milano, che spettano al re di Spagna, Austria e Germania, Carlo Quinto d’Asburgo.
1530 Carlo Quinto d’Asburgo è incoronato imperatore da papa Clemente Settimo (Giulio de’ Medici).
Policentrismo politico e ricomposizione territoriale tra Tredicesimo e Quindicesimo Secolo.
Snodo 13. Approfondimenti bibliografici.
Sul sistema politico dell’Italia nel Tardo Medioevo.
Le armi, i cavalli, l’oro: Giovanni Acuto e i condottieri nell’Italia del Trecento / D. Balestracci. – Laterza, 2009
Condottieri e uomini d’arme nell’Italia del Rinascimento / a cura di M. Del Treppo. – Liguori, 2001
La crisi degli ordinamenti comunali e le origini dello Stato del Rinascimento / a cura di G. Chittolini. – Il Mulino, 1979
Italia quattrocentesca: politica e diplomazia nell’età di Lorenzo il Magnifico / R. Fubini. – Angeli, 1994
Guelfi e ghibellini nell’Italia del Rinascimento / a cura di M. Gentile. – Viella, 2005
Le Italie del Tardo Medioevo / a cura di S. Gensini. – Pacini, 1990
La congiura dei Pazzi: intrighi politici, sangue e vendetta nella Firenze dei Medici / L. Martines. – Mondadori, 2005
Origini dello Stato: processi di formazione statale in Italia fra Medioevo ed età moderna. – Il Mulino, 1994
Le guerre d’Italia, 1494-1530 / M. Pellegrini. - <il <mulino, 2009
Principi e città alla fine del Medioevo / a c. di S. Gensini. – Pacini, 1997
“Uno mundo de carta”: forme e strutture della diplomazia sforzesca / F. Senatore. – Liguori, 1999
Lo Stato del rinascimento in Italia, 1350-1520 / a c. di A. Gamberini et al. – Viella, 2014
Tiranni e tirannide nel Trecento italiano / a c. di A. Zorzi. – Viella, 2013
Sugli Stati territoriali.
Immagini di potere e prassi di governo: la politica feudale di Filippo Maria Visconti / F. Cengarle. – Viella, 2006
Città, comunità e feudi negli Stati dell’Italia centro settentrionale, Quattordicesimo-Sedicesimo Secolo / G. Chittolini. – Unicopli, 1996
La formazione dello Stato regionale e le istituzioni del contado, Secoli quattordicesimo e Quindicesimo / G. Chittolini. – Unicopli, 2005
Lo Stato visconteo: linguaggi politici e dinamiche costituzionali / A. Gamberini. – Angeli, 2005
Prima del debito: finanziamento della spesa pubblica e gestione del deficit nelle grandi città toscane, 1200-1350 / M. Ginatempo. – Olscki, 2000
Gli Sforza a Milano e in Lombardia e i loro rapporti con gli Stati italiani ed europei, 1450-1535. – Cisalpino-Goliardica, 1982
Lo Stato territoriale fiorentino, Secoli Quattordicesimo-Quindicesimo: ricerche, linguaggi, confronti / a cura di A. Zorzi, W. J. Connell. – Pacini, 2001
La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnifico: politica, economia, cultura, arte. – Pacini, 1996
Comuni cittadini e Stato regionale: ricerche sulla Terraferma veneta nel Quattrocento / G. M. Varanini. – Libreria editrice universitaria, 1992
Sui regni.
Governare un regno: potere, società e istituzioni in SIcilia fra Trecento e Quattrocento / P. Corrao. – Liguori, 1991
Potere e mercanti in Sicilia, Secoli Tredicesimo-Sedicesimo / S. R. Epstein. – Einaudi, 1996
Nobiltà di stato: famiglie e identità aristocratiche del tardo Medioevo: la Sicilia / E. I. Mineo. – Donzelli, 1989
Gli anni del Vespro: l’immaginario, la cronaca, la storia / S. Tramontana. - Dedalo, 1989
Il Mezzogiorno medievale: normanni, svevi, angioini, aragonesi nei Secoli Undicesimo-Quindicesimo / S. Tramontana. – Carocci. 2000
Snodo 14. Verso nuovi mondi, Secoli Quattordicesimo-Sedicesimo.
Tra Quattordicesimo e Quindicesimo Secolo emerse nella consapevolezza degli uomini dotti europeo, e in primo luogo italiani, la percezione di una discontinuità profonda rispetto al periodo recente – dominato da un clima continuo di guerre, pestilenze, carestie e superstizioni – e dell’aprirsi di un’epoca nuova.
La discontinuità fu innanzitutto un fenomeno intellettuale, che si propose una “rinascita” della civiltà fondata sul confronto con il modello dell’Antichità e degli autori classici, ritenuti espressione insuperata della pienezza vitale dell’uomo attivo nel mondo.
Si sviluppò così il movimento culturale dell’Umanesimo che, rivalutando la dignità dell’uomo attraverso l’educazione e la cultura, fece dei letterati, degli artisti e degli scienziati i protagonisti di un’età che si usa indicare con il termine Rinascimento.
La fiducia nelle possibilità dell’uomo di intervenire positivamente sulla realtà pose le basi per lo sviluppo di nuove conoscenze astronomiche e cosmografiche che consentirono di avviare tra Quindicesimo e Sedicesimo Secolo inedite esplorazioni geografiche sostenute da forti motivazioni economiche, politiche e religiose.
La discontinuità con il periodo precedente fu dunque anche una discontinuità spaziale, capace di riscrivere i confini del mondo.
La circumnavigazione dell’Africa e poi del nuovo continente americano non aprì solo nuove vie oceaniche per raggiungere l’Asia ma dischiuse agli europei la conoscenza di un mondo che cambiò in pochi decenni il suo volto.
A mappare i nuovi spazi furono, non a caso, gli intellettuali umanisti.
Cap. 29. L’Umanesimo: una discontinuità intellettuale.
Focus. Umanesimo e Rinascimento.
Umanesimo e Rinascimento sono termini entrati in uso nel Diciannovesimo Secolo tra gli studiosi per indicare due vasti movimenti intellettuali e culturali, tra loro strettamente correlati, sviluppatisi tra Quattordicesimo e Sedicesimo Secolo dapprima in Italia e poi in altri paesi dell’Occidente europeo.
In estrema sintesi, si può dire che l’Umanesimo accompagnò la nascita e lo sviluppo del Rinascimento, così come è corretto affermare che l’Umanesimo fu l’atteggiamento mentale – di rivalutazione della dignità dell’uomo attraverso gli strumenti intellettuali offerti dalla classicità – di cui il Rinascimento fu la sostanza sociale, culturale ed artistica in un’epoca nuova di cui gli intellettuali si sentirono pieni protagonisti.
Allo stesso tempo, è limitativo ritenere che l’Umanesimo si risolse solo nella riscoperta letteraria ed erudita degli scrittori greci e romani, o che il Rinascimento fu essenzialmente un fenomeno artistico.
Si trattò invece di due diverse declinazioni, tra loro strettamente complementari – al punto che gli studi più recenti usano l’espressione “Umanesimo rinascimentale” -, di una nuova visione del ruolo dell’uomo nel mondo e nella storia.
Comune era la discontinuità che gli intellettuali e gli artisti vollero marcare rispetto alla tradizione culturale più recente, per situare nel tempo presente l’inizio di un’”età nuova” in contrapposizione all’”età di mezzo” rappresentata come un lungo periodo di eclissi della civiltà classica, decaduta in una barbarie che l’Umanesimo intendeva riscattare promuovendo una “rinascita” della civiltà fondata sul ritorno all’Antichità.
Espressione ne furono, per esempio, la polemica contro le dispute grammaticali dei secoli precedenti e il loro latino imbarbarito rispetto a quello degli autori romani, o lo studio filologico delle versioni greca e latina del Nuovo Testamento in polemica con la teologia tardo-medievale accusata di aver trascurato il testo sacro per seguire piuttosto dei valori etici, della libertà di espressione, dell’equilibrio e dell’eleganza formali, di contro alla cultura falsa e oppressiva che aveva imbarbarito l’epoca immediatamente precedente.
Il Rinascimento fondò nella discontinuità con il Medioevo l’autorappresentazione della civiltà occidentale attraverso una nuova periodizzazione della storia europea legata all’idea di progresso.
Fu infatti l’Illuminismo, nel Diciottesimo Secolo, a interpretare il Rinascimento come la stagione iniziale della secolarizzazione della cultura occidentale, come il primo passo verso la civilizzazione dei costumi e lo sviluppo tecnologico raggiunto nell’età moderna.
La sistemazione retrospettiva riconosceva all’Umanesimo il merito del risveglio della civiltà che spiegava il Rinascimento e, in continuità, la Riforma, la filosofia razionale, l’Illuminismo e poi anche il Romanticismo e lo Stato liberale.
A metà del Diciannovesimo Secolo, lo storico dell’arte svizzero Jacob Burckhardt rielaborò tale eredità in una rappresentazione grandiosa e unitaria della civiltà rinascimentale, nella quale riconosceva non solo la fine del Medioevo ma soprattutto le origini dell’individualismo moderno, incarnato dalle figure gemelle dell’artista di genio e del tiranno come “artista della politica”.
Nel Ventesimo Secolo, con la crisi delle istituzioni liberali e democratiche e il trionfo delle dittature, venne ridefinendosi anche il paradigma culturale che aveva individuato nell’Umanesimo italiano la propria sorgente ideale e, grazie al suo influsso, la base del modello educativo dominante in Occidente dall’età moderna.
Interpretazioni revisioniste hanno sottolineato come i temi tradizionalmente attribuiti all’Umanesimo – dalla scoperta della natura alla dignità dell’uomo – si troverebbero già tutti nel Medioevo e come l’inconsistenza filosofica del Rinascimento ricollegherebbe anche la scienza e il pensiero moderno direttamente all’età precedente.
Dopo le due guerre mondiali, con la relativizzazione della centralità della civiltà occidentale, è venuta meno anche la visione unitaria della cultura rinascimentale quale fondamento dell’identità della storia europea.
In uno scenario mondiale sempre più complesso gli storici e gli antropologi hanno evidenziato come anche altre civiltà – dal mondo arabo all’India, alla Cina – elaborarono propri Rinascimenti, ai quali quello europeo avrebbe attinto nei secoli a piene mani.
Corte. Termine (derivato dal latino “curia”) con il quale si indicava anzitutto il luogo, normalmente un palazzo o un castello, dove il re, il principe o il signore risiedeva.
La corte non era tuttavia solo un luogo fisico, il termine indicava anche la famiglia e tutto il seguito di un sovrano (cancellieri, segretari, ministri, ecc.), cioè il complesso delle persone addette all’amministrazione della reggia e al servizio privato della famiglia regnante (camerieri, cuochi, stallieri, etc.).
Durante il Rinascimento, le corti conobbero un nuovo sviluppo intorno ai signori, privilegiando non più solo la nobiltà di sangue e la fedeltà di tipo feudale, ma la cultura, la raffinatezza e una straordinaria fioritura artistica.
Mecenatismo. Il termine – che deriva il nome dal patrizio romano Caio Clino Mecenate del Primo Secolo a. C., protettore dei poeti Virgilio e Orazio – indica l’usi, molto diffuso tra i signori, i papi e i sovrani del Rinascimento, di promuovere le arti, le lettere e le scienze attraverso la committenza di opere e la protezione di artisti e studiosi.
Alla sua base vi erano motivi culturali e di gusto, ma anche la ricerca di prestigio e di consenso.
Repubblica delle lettere. Questa espressione, nata nel Quindicesimo Secolo in Italia e poi diffusasi in Europa grazie soprattutto alle opere di Erasmo da Rotterdam, indica il sentimento, condiviso dagli uomini di cultura del Rinascimento, di formare una comunità: per questi pensatori la sfera della cultura poteva essere un mondo autonomo, indipendente dalle divisioni nazionali e religiose e fondato sull’uguaglianza e sull’universalità.
Cap. 30. Le esplorazioni geografiche: una discontinuità spaziale.
Caravella. Tipo di nave messa a punto dai portoghesi e largamente impiegata tra Quindicesimo e Diciassettesimo Secolo nel mondo iberico.
Dotata in genere di due alberi a vele quadre e uno a vela triangolare (“latina”), di un solo ponte e all’occorrenza armata con qualche cannone, era originariamente adibita al trasporto, per la sua capacità di carico (dalle 100 alle 300 tonnellate).
Finì per essere utilizzata anche nei viaggi transoceanici.
Sestante. Strumento ottico per la misurazione dell’altezza degli astri sull’orizzonte.
Era usato soprattutto su navi e imbarcazioni nella navigazione astronomica per determinare la loro posizione geografica.
Dal Quindicesimo Secolo sostituì l’astrolabio, il più antico strumento astronomico per la navigazione.
Casta. Termine derivato dal portoghese casta (“stirpe”, “razza”), che indica un gruppo sociale chiuso i cui membri sono uniti da comunanza di razza, di religione o di mestiere.
Le caste rappresentano l’istituzione prevalente nella storia dell’India sin dalla diffusione dell’induismo, per poi riprodursi anche in ambito musulmano e cristiano.
Induismo. Il termine indù fu coniato in seguito alla diffusione dell’islam in India per indicare la regione del fiume Indo e, per estensione, i territori dell’intero subcontinente, i loro abitanti e la loro civiltà.
Furono i colonizzatori inglesi, dalla fine del Diciottesimo Secolo, a dare il nome di “induismo” a una ricchissima tradizione di dottrine, di credenze, di riti regionali (dalle arti al diritto, dalle vie di salvezza agli stili di regalità) che, nei loro strati più antichi, risalivano al secondo millennio prima di Cristo, e che si svilupparono dal Decimo-Undicesimo Secolo come prosecuzione delle principali filosofie e fedi religiose esistenti in India prima dell’arrivo dell’islam.
Buddhismo. Disciplina spirituale fondata da Gautama Buddha, vissuto tra il Sesto e il Quinto Secolo a. C. nell’India nord-orientale.
Nei secoli successivi si diffuse in gran parte del subcontinente e in vaste zone dell’Asia orientale assumendo i caratteri di dottrina filosofica speculativa intesa a trovare la soluzione del problema dell’eterno morire e rinascere dell’uomo nel ciclo delle esistenze.
La fine del Medioevo europeo coincise con un suo arretramento nel continente indiano, soprattutto a vantaggio dell’islam.
Confucianesimo. Sistema di dottrine religiose, ma soprattutto sociali e politiche, elaborato dal filosofo Confucio, vissuto nell’attuale Cina tra il Sesto e il Quinto Secolo a. C., e dai suoi successori.
Basato su una particolare attenzione verso la formazione morale ed etica dell’individuo, cui si uniscono i doveri dell’individuo verso sé stesso, verso lo Stato e verso la famiglia, il confucianesimo si è rivelato un potente strumento di governo, nel quale la struttura sociale rispecchia l’equilibrio interiore.
Scintoismo. Tradizione religiosa e rituale giapponese fondata sulla credenza che tutti i fenomeni naturali siano espressione di forze divine, che venne precisandosi quando, nel Sesto Secolo d. C., entrò in contatto con il buddhismo.
Lo scintoismo non possiede eroi fondatori, canoni scritturali e dogmi, ma associa al culto degli antenati un forte senso della continuità e dell’ordine politico.
Conquistadores. Avventurieri spagnoli che conquistarono l’America meridionale nella prima metà del Sedicesimo Secolo soggiogando le popolazioni autoctone e dando inizio al loro genocidio.
Figli della nobiltà cadetta, furono indotti ad attraversare l’Atlantico dalla prospettiva della gloria militare e di un facile arricchimento.
Snodo 14. Sintesi.
Per secoli l’eredità romana era apparsa agli uomini colti una realtà viva, un retaggio di modelli e di cultura.
Nel corso del Quattordicesimo Secolo il mondo antico iniziò ad apparire estraneo alla società che si era delineata nei tempi recenti.
Il confronto con i modelli classici divenne il metro di giudizio di un nuovo movimento, originato tra gli intellettuali laici delle città italiane, improntato ai temo della “rinascita” della civiltà e del ritorno all’antico: l’Umanesimo.
La riscoperta degli autori classici, l’adozione del metodo filologico, e la valorizzazione della cultura antica, furono poste alla base di un ideale educativo dell’uomo virtuoso incentrato sulla sua dignità e sulla sua centralità nella natura.
Una filosofia che, se favorì la laicizzazione del pensiero, fu capace anche di coniugarsi alla religione in una visione rinnovata del cristianesimo.
Fondamentale nell’irradiazione europea della cultura umanistica fu la circolazione del sapere permessa dalla diffusione della stampa.
Nel Quindicesimo Secolo nelle arti plastiche e figurative si diffuse un linguaggio espressivo nuovo basato si un’attenzione oggettiva per la natura e sulla rappresentazione razionale dello spazio secondo le leggi della prospettiva.
Gli artisti cominciarono a essere considerati degli intellettuali e a essere ospitati, insieme a letterati e pensatori, nelle corsi signorili e principesche.
La Roma pontificia divenne il centro propulsore del Rinascimento fino ai primi decenni del Sedicesimo Secolo.
Il desiderio di sapere globale, esteso a ogni aspetto della realtà, rappresentò una delle eredità maggiori dell’Umanesimo nella storia della cultura e della scienza.
L’astronomia giunse a intuire la non finitezza dell’universo e la centralità del sole nel sistema planetario.
Dall’ipotesi ormai generalmente accettata della sfericità della terra matematici e cosmografi derivarono la supposizione che fosse possibile raggiungere qualsiasi suo punto procedendo in qualsiasi direzione.
La più raffinata rappresentazione dello spazio consentì di redigere carte geografiche del mondo conosciuto, dello spazio marino e delle possibili distanze tra Europa e Asia.
Nel corso del Quindicesimo Secolo maturò così in Europa l’idea di raggiungere le Indie, vale a dire la parte sud-orientale del continente asiatico, non più attraverso un percorso marittimo e terrestre tra Mediterraneo, Egitto e Mar Rosso, ma direttamente vi amare.
Motivazioni commerciali furono all’origine delle esplorazioni portoghesi lungo le coste dell’Africa: la ricerca di oro, di spezie e di schiavi.
A queste si accompagnò una forte componente religiosa, vale a dire l’idea di cristianizzare il mondo, che era particolarmente sentita nei regni iberici dove aveva forti radici l’ideale della reconquista.
I portoghesi entrarono in contatto alla fine del Quindicesimo Secolo con un continente asiatico organizzato in imperi fortemente caratterizzati, come la cristianità occidentale, da identità religiose: i sultanati indiani progressivamente islamizzati e infine inquadrati dall’impero Moghul, il sud-est buddista dominato dall’Impero Khmer e dal quello Dai Viet, la Cina dapprima invasa dai mongoli e poi liberata dalla dinastia confuciana dei Ming, il Giappone guidato formalmente da un “sovrano celeste” shintoista ma governato di fatto dal regime militare dello shogunato.
Gli spagnoli investirono invece sull’esplorazione avviata dal viaggio di Cristoforo Colombo, influenzato dalla teoria del cosmografo Toscanelli che la via più diretta per raggiungere l’Oriente fosse la traversata dell’Atlantico.
A rendersi conto di essere al cospetto di un mondo nuovo fu l’umanista Amerigo Vespucci, da cui derivò il nome del continente.
I conquistadores distrussero i grandi imperi autoctoni dei maya, degli aztechi e degli inca, depredandone le immense ricchezze e avviando il fenomeno del colonialismo europeo.
Snodo 14. Sintesi cronologica.
Tredicesimo Secolo.
1275-92 Il veneziano Marco Polo soggiorna presso la corte imperiale cinese, visitando l’Asia orientale e lasciandone testimonianza nel Milione.
1279 La dinastia mongola degli Yuan, fondata da Qubilai, si impone alla guida dell’Impero cinese, spodestando la dinastia Song.
Quattordicesimo Secolo.
1315 Albertino Mussato è incoronato poeta dai concittadini di Padova dopo la lettura pubblica della sua tragedia sulla tirannide di Ezzelino da Romano.
1328 Il sultanato islamico di Delhi, formatosi nel Tredicesimo Secolo nell’India settentrionale, sposta la capitale a Daulatabad nel sud del subcontinente.
1333 Il tentativo di restaurazione del potere imperiale provoca la fine dello shogunato degli Hojo e apre una lunga fase di guerra civile in Giappone.
1338 Si afferma in Giappone lo shogunato degli Ashikaga, caratterizzato dall’espansione dei commerci interni e con la Cina.
1341 Francesco Petrarca, prima grande figura di letterato umanista, è incoronato poeta, al modo antico, dal Senato di Roma.
1368 Il seguito a una rivolta contro la dominazione mongola, Zhu Yuanzhang conquista Pechino e dà inizio alla dinastia cinese dei Ming.
1375 Muore Giovanni Boccaccio, maggiore prosatore del suo tempo e alacre scopritore di testi antichi.
1397 Il cancelliere Coluccio Salutati istituisce la prima cattedra di greco a Firenze, affidandola al dotto bizantino Emanuele Crisolora.
Quindicesimo Secolo.
1418-56 Sotto l’impulso del re Enrico il navigatore, i portoghesi fondano basi commerciali e militari nelle isole africane di Madera, delle Azzorre, di Capo Verde e lungo le coste del Senegal.
1428 Muore il pittore Masaccio, caposcuola del rinnovamento figurativo dell’arte rinascimentale.
1428 La dinastia Le libera i territori occupati nel 1407 dall’Impero cinese dei Ming e ricostituisce l’Impero del Dai Viet nell’area dell’odierno Viet Nam.
1431 La conquista della capitale Angkor da parte della popolazione thai pone fine all’Impero Khmer, sorto nel Nono Secolo, nel sud-est asiatico.
1436 Si completa a Firenze la costruzione, avviata nel 1420, della grande cupola della cattedrale di Santa Maria del Fiore, sotto la direzione dell’architetto Filippo Brunelleschi.
1440 Il re Montezuma Primo accresce la potenza dell’Impero azteco, esteso a gran parte del Messico centro-meridionale.
1440 Lorenzo Valla dimostra che la donazione dell’Impero fatta dall’imperatore Costantino al Papa Silvestro Primo è un falso dell’Ottavo Secolo.
1441-42 Una missione del clero del Regno d’Abissinia partecipa al Concilio di Firenze.
1444 Muore Leonardo Bruni, cancelliere della Signoria di Firenze, umanista e traduttore dei grandi trattati di filosofia pratica di Aristotele.
1444 Il primo carico di schiavi, acquistato nel regno africano del Benin, è portato in Portogallo.
1453 L’umanista Giannozzo Manetti rivendica il senso della dignità dell’uomo e della sua funzione nel mondo.
1453 Dopo la caduta di Costantinopoli, molti eruditi greci portano in Occidente i propri libri, che contribuiscono alla nascita di importanti biblioteche.
1456 L’artigiano tedesco Johannes Gutenberg pubblica a Magonza la prima Bibbia a stampa.
1459 Per volere di Cosimo de’ Medici, signore di Firenze, il filosofo Marsilio Ficino fonda l’Accademia platonica.
1464 L’Impero del Songhai, nel Sahel africano, annette l’Impero del Mali, che la dinastia dei Keita aveva convertito all’islam.
1464 Muore il matematico tedesco Niccolò Cusano, che per primo aveva avanzato l’idea che l’universo possa non essere finito e non avere un centro unico.
1467 In Giappone si sviluppano autonomi poteri locali da parte dei governatori militari, fino alla deposizione nel 1753 dell’ultimo shogun Ashikaga.
1472 Muore Leon Battista Alberti, una delle figure più poliedriche del Rinascimento: letterato, pedagogista, architetto, archeologo.
1482 Muore il matematico Paolo dal Pozzo Toscanelli, giunto per primo a sostenere che la via più diretta per raggiungere l’Asia fosse l’Oceano Atlantico.
1484 Cristoforo Colombo presenta invano al re di Portogallo Giovanni Secondo il progetto di raggiungere l’Asia attraversando direttamente l’Oceano Atlantico.
1486 Nell’Oratio de hominis dignitate, il filosofo Giovanni Pico della Mirandola esalta la libertà che differenzia l’uomo dagli altri esseri del creato.
1487 L’esploratore portoghese Bartolomeo Diaz raggiunge il capo di Buona Speranza, la punta meridionale del continente africano.
1491 Il sovrano del regno di Manikongo, sul fiume Congo, si fa battezzare col nome di Giovanni Primo e accoglie missionari e artigiani europei.
1492 Finanziato dalla regina Isabella di Castiglia, Cristoforo Colombo intraprende il suo viaggio atlantico verso le Indie e sbarca su un’isola dell’arcipelago delle Bahamas.
1493 Il portoghese Pero da Covilhã è il primo europeo a giungere alla corte del regno cristiano di Etiopia.
1494 Il re di Spagna e di Portogallo sottoscrivono il trattato di Tordesillas, che spartisce le terre in via di esplorazione oltre l’Atlantico.
1498 Il navigatore portoghese Vasco da Gama raggiunge via mare le Indie, bordeggiando le coste africane e sbarcando a Calicut.
Sedicesimo Secolo.
1500 L’esploratore portoghese Pedro Alvares Cabral raggiunge la parte più orientale dell’odierno Brasile.
1504 L’esplorazione delle coste atlantiche fino alla Patagonia induce Amerigo Vespucci a ritenere di essere al cospetto di un “mondo nuovo”.
1507 Le relazioni di Amerigo Vespucci inducono il cosmografo tedesco Martin Waldseemüller a indicare il nuovo continente con il nome di America.
1508 I portoghesi conquistano Goa, strappandola al sultanato indiano di Jaunpur.
1515 Muore a Venezia l’umanista Aldo Manuzio, il primo grande imprenditore editoriale.
1519 Muore Leonardo da Vinci, la figura che meglio di ogni altra incarna la sintesi umanistica tra arte e cultura, tra scienza e tecnica.
1519 L’arrivo dei conquistadores spagnoli determina il crollo e la depredazione dell’Impero azteco.
1521 L’esploratore spagnolo Ferdinando Magellano raggiunge per primo la Polinesia navigando da est verso ovest, per poi dirigersi verso le Filippine.
1526 Il turco-mongolo Babur detto il Conquistatore fonda l’Impero Moghul esteso dall’Afghanistan al Bengala.
1527 Dopo il saccheggio imperiale Roma decade come centro culturale e il Rinascimento si irradia definitivamente in tutta l’Europa.
1528 Baldassare Castiglione pubblica il trattatello Il Cortigiano, in cui delinea la nuova figura dell’uomo di corte abile tanto nelle armi che nelle lettere.
1531 Lo sbarco sulle coste dell’Oceano Pacifico dei conquistadores spagnoli avvia il crollo e la depredazione dell’Impero andino degli inca.
1536 Muore il teologo olandese Erasmo da Rotterdam, la figura più significativa della diffusione della cultura umanistica fuori d’Italia.
1541 Inaugurazione della Cappella Sistina in Vaticano, affrescata da Michelangelo Buonarroti con le scene del Giudizio universale.
1543 Nel De revolutionibus orbium coelestium, l’astronomo polacco Niccolò Copernico sostiene che il sole costituisce il centro del sistema planetario.
Le figure sociali del Rinascimento
Snodo 14. Approfondimenti bibliografici.
Sull’Umanesimo.
L’età dell’Umanesimo e del Rinascimento: le radici italiane dell’Europa moderna / G. M. Anselmi. – Carocci, 2008
Atlante della letteratura italiana. Vol. 1.: Dalle origini al Rinascimento / a c. di S. Luzzato et al. – Einaudi, 2010
L’Umanesimo italiano da Petrarca a Valla / G. Cappelli. – Carocci, 2010
Medioevo e Rinascimento / E. Garin. – Laterza, 2005
L’Umanesimo italiano: filosofia e vita civile nel Rinascimento / E. Garin. – Laterza, 2008
Sulle tracce degli antichi: Padova, Firenze e le origini dell’Umanesimo / R. G. Witt. – Donzelli, 2005
Sul Rinascimento.
La civiltà del Rinascimento in Italia / J. Burckhardt. – Newton Compton, 2010
Cultura e società nell’Italia del Rinascimento / P. Burke. – Il Mulino, 2001
Il Rinascimento / P. Burke. – Il Mulino, 2001
Il Rinascimento europeo: centri e periferie / P. Burke. – Laterza, 1999
La cultura del Rinascimento / E. Garin. – Il Saggiatore, 2012
Il pensiero e le arti nel Rinascimento / P. O. Kristeller. – Donzelli, 2005
La prospettiva come “forma simbolica” / E. Panofsky. – Abscondita, 2007
Rinascimento e rinascenze nell’arte occidentale / E. Panofsky. –Feltrinelli, 2013
Il Rinascimento in Italia / V. Reinhardt. – Il Mulino, 2004
Sulla diffusione della stampa.
Stampa e cultura in Europa tra Quindicesimo e Sedicesimo Secolo / L. Braida. – Laterza, 2009
Le rivoluzioni del libro: l’invenzione della stampa e la nascita dell’età moderna / E. L. Eisenstein. – Il Mulino, 2011
La nascita del libro / L. Febvre, H.-J. Martin. – Laterza, 2011
Sulle esplorazioni geografiche e sull’espansione coloniale europea
La scoperta dell’umanità: incontri atlantici nell’età di Colombo / D. Abulafia. – Il Mulino, 2010
Terre ignote, strana gente: storie di viaggiatori medievali / D. Balestracci. – Laterza, 2008
L’espansione europea dal Tredicesimo al Quindicesimo Secolo / P. Chaunu. – Mursia, 1979
Dal nuovo mondo all’America: scoperte geografiche e colonialismo, Secoli Quindicesimo-Sedicesimo /M. Donatini. – Carocci, 2004
Conquista: la distruzione degli indios americani / M. Livi Bacci. – Il Mulino, 2009
L’invenzione di un impero: politica e cultura nel mondo portoghese, 1450-1600 / G. Marcocci. – Carocci, 2011
La conquista dell’America / T. Todorov. – Einaudi, 2014
Alla ricerca dell’oro: mercanti, viaggiatori, missionari in Africa e nelle Americhe, Secc. Tredicesimo-Sedicesimo / A. Unali
Fine
Storia medievale di Montanari
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Storia medievale Montanari
Cap. 1. La metamorfosi del mondo romano e la fine dell’Impero di Occidente, secoli 3-5
Riassunto
Una trasformazione profonda si realizzò durante i due secoli e mezzo che precedettero la caduta dell’Impero romano d’Occidente (476), l’organismo politico che aveva costruito ed esercitato la propria egemonia in larga parte del mediterraneo e dell’Europa. Tale periodo di mutamento, che è stato definito “rivoluzione tardo romana” (Brown), è distinguibile in 4 fasi. Nella prima metà del 3 secolo l’impero visse ancora un’età di pace d relativo splendore. Nella seconda metà del 3 secolo le strutture militari che servivano a contenere la pressione alle frontiere cedettero e i romani furono ripetutamente sconfitti dalle popolazioni stanziate ai confini settentrionali e orientali. Nel 4 secolo l’emergenza militare determinò una serie di trasformazioni amministrative e politiche. Fu questo il momento in cui avvennero le più importanti modifiche: la cristianizzazione dell’impero, l’insediamento di popoli “barbari” entro i suoi confini, l’ampliarsi del divario fra ricchi e poveri e di quello fra Oriente e Occidente. Solo nel 5 secolo in occazione di nuovi movimenti di popoli, queste trasformazioni fecero emergere in Occidente una società nuova, una società senza impero.
Bibliografia
Il mondo tardo antico: da Marco Aurelio a Maometto / P. Brown. – Einaudi, 1974
Il tardo impero romano / A. Cameron. – Il Mulino, 1999
La fine dell’impero e le trasmigrazioni dei popoli / L. Cracco Ruggini. – In: La Storia: i grandi problemi dal Medioevo all’età contemporanea / a cura di N. Tranfaglia e M. Firpo, vol. 2. – UTET, 1986
Il mondo tardo antico / A. Schiavone. – In: Storia medievale. – Donzelli, 1998
La caduta della Repubblica romana / P. A. Brunt. – Laterza, 1990
L’economia romana / A. H. M. Jones. – Einaudi, 1984
Il tardo impero romano, 284-602 d. C. / A. H. M. Jones. – Il Saggiatore, 1973-1981. – 3 voll.
La fine del mondo antico / S. Mazzarino. – Rizzoli, 1988
Le invasioni barbariche / C. Azzara. – Il Mulino, 1999
Lo sfondo sociale della lotta tra paganesimo e cristianesimo / A. H. M. Jones. – In: Il conflitto tra paganesimo e cristianesimo nel secolo 4 / a cura di A. Momigliano. – Einaudi, 1968
Società romana e impero tardoantico / a cura di A. Giardina. – Laterza, 1986
Industria artistica tardoromana / A. Riegl. – Einaudi, 1958
Economia naturale e economia monetaria / A. Dopsch. – Sansoni, 1967
Maometto e Carlomagno / H. Pirenne. – Laterza, 1969
Cap. 2. Il cristianesimo: le chiese episcopali e il monachesimo delle origini, secoli 4-6
Riassunto
Il cristianesimo fu inizialmente una delle numerose religioni salvifiche diffuse fra le classi aristocratiche dell’impero romano. Il suo straordinario successo pressi i ceti eminenti urbani, e l’organizzazione gerarchica che presto la nuova religione si diede, fecero si che essa acquisisse dal 4 secolo in poi un ruolo centrale nella conservazione delle strutture amministrative, sociali e culturali della compagine imperiale nel momento della sua dissoluzione.
Bibliografia
La formazione dell’Europa cristiana: universalismo e diversità / P. Brown. – Laterza, 1995
Il cristianesimo latino altomedievale / G. Tabacco. – In: Storia del cristianesimo: il Medioevo / a cura di G. Filoramo…et al. – Laterza, 1997
L’evangelizzazione dell’Europa e lo sviluppo della potenza ecclesiastica / G. Tabacco i. – In: La Storia: i grandi problemi dal Medioevo all’età contemporanea / a cura di N. Tranfaglia e M. Firpo, vol. 2. – UTET, 1986
Terra e società nell’Italia padana: i secoli 9 e 10 / V. Fumagalli. – Einaudi, 1976
Ortodossia ed eterodossia / M. Gallina. – In: Storia del cristianesimo: il Medioevo / a cura di G. Filoramo…et al. – Laterza, 1997
Il millennio bizantino / H. G. Bec. – Salerno, 1981
Cap. 3. Le invasioni e i regni romano-barbarici
Riassunto
Tra 4 e 6 secolo popoli che a lungo erano vissuti ai confini dell’impero romano – con il quale spesso avevano stabilito forme di convivenza o di alleanza – migrarono al suo interno in seguito all’irruzione di nuove popolazioni provenienti dalle steppe euroasiatiche e per altri fattori di natura economica, politica e militare. Le loro migrazioni portarono alla caduta dell’Impero romano d’Occidente e alla formazione di nuovi regni, determinando una profonda frattura nella storia del continente europeo.
Bibliografia
Le origini etniche dell’Europa: barbari e romani tra antichità e medioevo / W. Pohl. – Viella, 2000
Stato e nazione nell’alto medioevo: ricerche sulle origini nazionali di Francia, Italia e Germania / E. Sestan. – ESI, 1952
Prima delle nazioni: popoli, etnie e regni fra antichità e medioevo / S. Gasparri. – NIS, 1997
Le invasioni barbariche / C. Azzara. – Il Mulino, 1999
Storia dei Goti / H. Wolfram. – Salerno, 1985
Cap. 4. L’impero romano d’Oriente, secoli 6-9
Riassunto
Nella sua parte orientale l’Impero romano continuò ad esistere: i secoli 5 e 6 non rappresentarono qui un momenti di cesura come in Occidente. Anzi, nel corso del 6 secolo, lo stesso Occidente fu profondamente segnato dal programma di azione politica dell’imperatore Giustiniano, che si propose di ricondurre a unità l’Impero riconquistando i territori che erano già stati inclusi nella sua parte occidentale. Tale intento, seppure solo parzialmente realizzato, comportò una generale rielaborazione delle categorie culturali e amministrative romane, da cui derivò una sorta di summa dei valori che il mondo antico poteva lasciare in eredità alla nuova società multietnica creatasi nei territori imperiali a iniziare dal 4 secolo.
Bibliografia
L’eredità di Roma da Odoacre a Costantino / O. Capitani. – In: Storia dell’Italia medievale. – Laterza, 1992
Potere e società a Bisanzio: dalla fondazione di Costantinopoli al 1204 / M. Gallina. – Einaudi, 1995
Storia dell’Impero bizantino / G. Ostrogorsy. – Einaudi, 1963
Il millennio bizantino / H. G. Beck. – Salerno, 1981
L’Italia bizantina dall’invasione longobarda alla caduta di Ravenna / A. Guillou. – In: Storia d’Italia, vol. 1. – UTET, 1980
I bizantini in Italia / V. von Falkenhausen. – Scheiwiller, 1982
Cap. 5. I Longobardi e le due Italie, secoli 6-8
Riassunto
I Longobardi sono uno dei popoli germanici che maggiormente hanno attirato l’attenzione di storici e archeologi a causa della particolarità della loro struttura sociale e per le modalità con cui fondarono un nuovo regno in Italia. Valicate le Alpi nel 568, nel giro di pochi anni essi conquistarono a danno dei Bizantini gran parte delle regioni settentrionali della penisola, coste escluse, e alcuni importanti territori del centro-sud, dando vita a un regno destinato a durare circa due secoli. Con il loro avvento si ruppe l’unità politica e culturale che sin dall’antichità aveva segnato l’Italia.
Bibliografia
Storia dei longobardi / J. Jarnut. – Einaudi, 1995
I Longobardi: storia e archeologia di un popolo / N. Christie. – ECIG, 1997
Nobili e re: l’Italia politica nell’alto medioevo / P. Camamrosano. –Laterza, 1998
L’età longobarda / G. P. Bognetti. – Giuffré, 1966-1968. – 4 voll.
Alle origini dei poteri temporali dei papi: riferimenti dottrinari, contesi ideologici e pratiche politiche / G. Arnaldi. – In: Storia d’Italia. Annali 9, La Chiesa e il potere politico. – Einaudi, 1986
Cap. 6. L’Impero arabo-islamico, secoli 7-10
Riassunto
In poco più di cento anni, dai primi decenni del 7 secolo alla metà del successivo, nella penisola arabica si costituì un nuovo impero che estinse quello persiano dominato dalla dinastia sasanide, mutilò gravemente quello bizantino e finì per estendersi dalla Spagna all’India. Questa impresa, che è stata definita “la più grande rivoluzione politica del mondo antico” (Brown), ebbe inizio con l’affermazione di un nuovo monoteismo, predicato dal profeta Maometto, che riuscì per la prima volta a coinvolgere nello stesso progetto religioso e politico le diverse tribù che abitavano l’Arabia. Alla morte di Maometto (632) i suoi seguaci avevano già convertito tutta la penisola. Nel periodo in cui dominarono i 4 luogotenenti del profeta (in arabo califfi) si cercò di mantenere una netta separazione tra conquistatori e conquistati e l’impero ebbe la sua affermazione più spettacolare giungendo a comprendere l’intera regione mediorientale e parte del Nord-africa. Nella fase successiva (661-750), caratterizzata dai califfi della dinastia omayyade, che stabilirono la capitale nella città di Damasco, la separazione cominciò a cedere il passo a diverse forme di integrazione. Le conquiste si estesero a est fino all’Indo mentre a ovest si completò la conquista del Maghreb e si arrivò, attraverso la Spagna, alla Francia meridionale. Nei due secoli seguenti, con l’avvento della dinastia abbaside (750-945), che fondò la città di Baghdad stabilendovi la nuova capitale, le conquiste finirono e si provvide a consolidare l’amministrazione. Nella cornice del nuovo impero si formarono una serie di regni dominati da dinastie locali, destinati a sopravvivere all’impero stesso e a consegnare ai posteri l’eredità del mondo arabizzato.
Bibliografia
La formazione dell’Europa cristiana: universalismo e diversità / P. Brown. – Laterza, 1995
L’Islam e l’Europa / P. Guichard. – In: Storia dell’Europa, vol. 3: Il medioevo. – Einaudi, 1994
Storia delle società islamiche / J. M. Lapidus. – Einaudi, 1993
Maometto / M. Rodinson. – Einaudi, 1973
Maometto: la sua vita, la sua fede / T. Andrae. – Laterza, 1981
Orientalismo / E. Said. – Bollati Boringhieri, 1991
Cap. 7. I Franchi e l’Europa carolingia, secoli 6-9
Riassunto
Il giorno di Natale dell’anno 800 Carlo Magno, re dei Franchi, fu incoronato imperatore da papa Leone 3. Questa incoronazione ratificava l’esistenza di un nuovo, ampio impero, che si estendeva dalla Catalogna all’Italia centrale e che riuniva gran parte della cristianità occidentale. A lungo gli storici hanno voluto vedere in questo regno, tradizionalmente definito come impero carolingio, l’epoc ain cui si sono poste le basi costitutive di alcune nazioni odierne oppure un primo esempio di Europa unita, proiettando in tal modo nel passato categorie politiche e culturali odierne. Oggi questo periodo viene analizzato soprattutto come un’età di sperimentazione, durante la quale una società multietnica cercò di fondere la tradizione germanica con quella romana, dando vita a forme di organizzazione politica ed economica destinate a lasciare tracce profonde nella storia europea.
Bibliografia
L’impero carolingio / H. Fichtenau. – Laterza, 1974
L’Europa carolingia e la sua dissoluzione / G. Sergi. – In: Storia del cristianesimo: il Medioevo / a cura di G. Filoramo…et al. – Laterza, 1997
Le ideologie politiche del Medioevo / G. Tabacco. – Einaudi, 2000
I Carolingi: una famiglia che ha fatto l’Europa / P. Riché. – Sansoni, 1988
Carlo Magno: un padre dell’Europa / A. Barbero. – Laterza, 2000
Carlo magno / M. Becher. – Il Mulino, 2000
L’Italia carolingia / G. Albertoni. – Carocci, 1997
Cap. 8. Conti e vassalli, feudi e comitati, secoli 8-10
Riassunto
Efficaci forme di organizzazione sociale e politica si realizzarono nel regno dei Franchi tra 7 e 8 secolo. Su di esse si fondò l’affermazione dei Carolingi nell’Europa occidentale durante il regno di Pipino il Breve e del figlio Carlo, e con la nascita dell’Impero tali modelli organizzativi si diffusero nei vasti territori soggetti alla dinastia carolingia.
Queste forme istituzionali sono state per lungo tempo accomunate dalla storiografia con l’aggettivazione “feudale”: feudali sono state definite le forme di organizzazione sociale, ovvero il fatto che le persone fossero legate da rapporti di fedeltà personale; feudali le forme di organizzazione politica, ossia l’attribuzione a fedeli delle cariche pubbliche; feudali le forme di organizzazione economica, ossia il sistema curtense e lo sfruttamento economico dei “benefici” o feudi.
Non solo: la storiografia tradizionale spesso utilizza il termine “feudale” per definire, senza distinzioni, l’insieme di questi fenomeni politici e socio-economici, sia che si tratti della loro fase di nascita nel regno dei Franchi e nell’Impero carolingio (secoli7-11), sia delle forme che assunsero durante l’età signorile (10-11 secolo), sia infine della ricomposizione istituzionale del 12 e 13 secolo. La storiografia attuale tende invece a distinguere nei tempi e nei modi questo insieme estremamente diversificato di situazioni.
Bibliografia
Che cos’è il feudalesimo? / F. L. Ganshof. – Einaudi, 1989
Sperimentazioni del potere nell’alto Medioevo / G. Tabacco. – Einaudi, 1993
Cap. 9. Economia e paesaggi, secoli 5-10
Riassunto
Da quasi due secoli gli storici discutono sulle modalità e le ragioni della grande trasformazione che interessò l’economia europea tra 500 e 1000. La difficoltà di questa discussione è legata anche alla scarsità delle fonti disponibili per questi secoli e alla conseguente necessità di ricorrere a congetture. Su almeno due punti, tuttavia, la maggior parte degli studiosi si trova d’accordo: il declino demografico e l’impoverimento materiale. Nei 4 secoli tra 200 e 600 la popolazione europea diminuì drasticamente, per ricominciare a crescere solo verso il 700 e toccar attorno al 1000 un livello (forse 30-40 milioni) vicino a quello di partenza. Altrettanto evidente è la diminuzione complessiva di ricchezza. E’ stato osservato come dal 7 secolo non vi sia traccia di edilizia monumentale né della presenza – indice di un commercio attivo – di ceramica africana nel Mediterraneo (Wickham). A partire invece dal secolo 8, soprattutto in virtù di un nuovo modo di sfruttamento della terra, la ricchezza sembra ricomparire, pur senza raggiungere il livello e la diffusione dell’età tardo-antica. Come e perché si sia passati dal primo all’ultimo scenario è ancora argomento di dibattito
Bibliografia
L’azienda curtense in Italia: proprietà della terra e lavoro contadino nei secoli 8-11 / B. Andreolli, M. Montanari. – Clueb, 1985
Le campagne europee prima e dopo il mille: una società in trasformazione / a cura di B. Andreolli…et al. – Clueb, 1985
Maometto e Carlomagno / H. Pirenne. – Laterza, 1990
Economia naturale ed economia monetaria / A. Dopsch. – Sansoni, 1975
La società milanese nell’età precomunale / C. Violante. – Laterza, 1974
Traffici e mercati negli antichi imperi / a cura di K. Polanyi. – Einaudi, 1978
Guerrieri e contadini nel Medioevo: le origini dell’economia europea / G. Duby. – Laterza, 1975
L’economia degli antichi e dei moderni / M. Finley. – Laterza, 1974
La transizione dall’antichità al feudalesimo / K. Modzelewski. – In: Storia d’Italia, Annali 1: Dal feudalesimo al capitalismo. – Einaudi, 1978
Il tardo impero romano, 284-602 d. C. / A. H. M. Jonas. – Il Saggiatore, 1973-1981
La villa romana e la piantagione schiavistica / A. Carandini. – In: Storia di Roma, vol. 4.: Caratteri e morfologia. – Einaudi, 1989
L’alimentazione contadina nell’alto medioevo / M. Montanari. – Liguori, 1979
La fame e l’abbondanza: storia dell’alimentazione in Europa / M. Montanari. – Laterza, 1993
Popolazione e alimentazione: saggio di storia demografica europea / M. Livi Bacci. – Il Mulino, 1987
La servitù nella società medievale / M. Bloch. – La Nuova Italia, 1975
L’anno mille, il mondo si trasforma / G. Bois. – Laterza, 1991
Schiavi, servi e villani nell’Italia medioevale / F. Panero. – Paravia, 1999
Il sistema curtense: la produzione e lo scambio / P. Toubert. – Storia d’Italia, Annali 6. – Einaudi, 1983
Terra e società nell’Italia padana / V. Fumagalli. – Einaudi, 1976
Contadini su terre di signori: studi sulla contrattualità agraria altomedievale / B. Andreolli. – Clueb, 1999
Cap. 10. La città, secoli 4-10
Riassunto
L’Impero romano aveva basato il suo ordinamento civile e politico su un’ordinata rete di città. Il crollo di tale ordinamento determinò profonde trasformazioni del tessuto urbano: gli scambi di merci ad ampio raggio vennero meno, gli apparati amministrativi entrarono in crisi, la popolazione diminuì; la città perse in larga misura la sua funzione di centro di coordinamento del territorio. Si verificò allora un radicale cambiamento dei rapporti fra città e campagna, con il ridursi degli spazi urbani e un diffuso fenomeno di ruralizzazione degli abitanti.
Sul significato da dare a questo insieme di fenomeni gli studiosi non sono tuttavia concordi. Interpretando in maniera difforme sia le testimonianze scritte, sia quelle materiali offerte dall’indagine archeologica, alcuni insistono sull’idea di decadenza e riconoscono nella storia delle città una netta cesura, destinata a ricomporsi solo con la “rinascita” dei secoli successivi al Mille (come riteneva H. Pirenne) o già a iniziare dall’epoca carolingia (come ha sostenuto Cinzio Violante e come oggi generalmente si ammette). Altri studiosi preferiscono invece rilevare gli elementi di continuità che, pur con importanti cambiamenti sul piano materiale e istituzionale, garantirono la sopravvivenza e il rinnovamento delle funzioni urbane anche nei secoli di maggiore crisi.
Bibliografia
La città vescovile nell’alto Medioevo / G. Tabacco. – In: Modelli di città: strutture e funzioni politiche / a cura di P. Rossi. – Einaudi, 1987
Le città del Medioevo / H. Pirenne. – Laterza, 1971
La società milanese nell’età precomunale / C. Violante. – Laterza, 1974
Terra e società nell’Italia padana: i secoli 9 e 10 / V. Fumagalli. – Einaudi, 1976
Signori e vassalli nell’Italia delle città, secoli 9-12 / a cura di G. G. Marlo. – UTET, 1995
Cap. 11 Alfabetismo e cultura scritta, secoli 5-11
Riassunto
Dal 4 secolo la capacità di scrivere andò concentrandosi nelle mani di un numero sempre minore di persone. Tra la fine del 5 e l’inizio del 7 secolo, in coincidenza con la fine dell’impero, questo processo di intensificò. Si passò “da un tipo di libro inteso come strumento di lettura e trasmettitore di cultura, a un altro e opposto tipo di libro sentito e visto piuttosto come scrigno prezioso di misteri e a volte addirittura come venerando oggetto di culto” (Petrucci, Romeo). Questo processo era collegato alla “clericalizzazione della produzione letteraria e narrativa” che limitò ai soli ecclesiastici la produzione di tutte le scritture che non avessero un carattere “privato o comunque di circoscritta ed immediata utilità” (Cammarosano). Con l’Impero era venuto a mancare il sistema scolastico che aveva caratterizzato l’età tardo-antica. Il ridimensionamento del ruolo delle città e la scomparsa di una classe di funzionari da formare fecero si che la cultura scritta non si insegnasse più in strutture stabili. Rimasero le scuole cristiane, vescovili e monastiche, che anche i laici cominciarono a frequentare, e presero piede forme di trasmissione del sapere più privare e informali.
In età carolingia, tra 8 e 9 secolo, la tendenza verso una sempre più limitata alfabetizzazione non venne meno, anzi aumentò ai livelli sociali più bassi. Grazie all’azione dei sovrani carolingi, tuttavia, ai livelli più alti si moltiplicarono i centri di copiatura di codici, in particolare gli scriptoria situati presso i monasteri. Tanto nei contesti monastici quanto nelle corti maturarono esperienze culturali nuove, come la rinascita del classicismo e l’inizio di una nuova speculazione teologica e scientifica. Era il primo segno di una nuova stagione che sarebbe maturata nel secolo 12, quando, per una concomitanza di fattori economici e sociali, i laici tornarono ad affacciarsi alla ribalta della produzione culturale.
Bibliografia
Storia dell’alfabetizzazione occidentale / H. J. Graff. – Il Mulino, 1989
L’istruzione in Italia nei primi secoli del Medioevo / W. Giesebrecht. – Sansoni, 1985
Scriptores in urbibus: alfabetismo e cultura scritta nell’Italia altomedievale / A. Petrucci, C. Romeo. – Il Mulino, 1992
Educazione e cultura nell’occidente barbarico dal 6 al’8 secolo / P. Riché. – Armando, 1966
Le scuole e l’insegnamento nell’occidente cristiano: dalla fine del 5 secolo alla metà dell’11 secolo / P. Riché. – Jouvence, 1984
Le scuole medievali sino al 1300 / M. Deansley. – In: Storia del mondo medievale. – Garzanti, 1978
Istruzione ed educazione nel Medioevo / C. Frova. – Loescher, 1974
Italia medievale: geografia e storia delle fonti scritte / P. Cammarosano. – Carocci, 2000
Storia dell’Italia medievale, 410-1226 / O. Capitani. – Laterza, 1986
Libri e lettori nel Medioevo: guida storica e critica. – Laterza, 1977
Cap. 12. Le seconde invasioni e la ristrutturazione del territorio europeo, secoli 9-11
Riassunto
Tra i secoli 9 e 11 l’Europa occidentale fu teatro di nuove ondate migratorie che, in alcune regioni, modificarono profondamente gli assetti sociali, politici e territoriali. Si trattò di un fenomeno assai meno omogeneo rispetto alle “invasioni barbariche” dell’età tardo-antica. Ne furono protagoniste popolazioni di diversa provenienza, Saraceni, Normanni, Ungari, Slavi, che compirono incursioni devastanti ma diedero anche vita a nuovi stanziamenti. Data la quasi simultaneità di tali migrazioni, queste popolazioni furono percepite dai contemporanei come diverse facce di un unico pericolo e ciò ha indotto, sino a tempi recenti, la stessa storiografia ad analizzarli unitariamente, all’interno di un fenomeno definito come “seconde invasioni”. In realtà le loro vicende, pur incrociandosi, seguirono strade assai diverse.
Bibliografia
Le invasioni barbariche / C. Azzara. – Il Mulino, 1999
Gli slavi: le civiltà dell’Europa centrale e orientale / F. Conte. – Einaudi, 1991
Gli slavi occidentali e meridionali e l’area balcanica / S. Circovic. – In Storia d’europa, vol. 3. – Einaudi, 1994
Le incursioni ungare in Europa nel secolo 10 / G. Fasoli. – Sansoni, 1945
Castelli e villaggi nell’Italia padana / A. A. Settia. – Liguori, 1984
Dalla terra ai castelli: paesaggio, agricoltura e poderi nell’Italia medievale / P. Toubert. – Einaudi, 1995
La società feudale / M. Bloch. – Einaudi, 1949
I Normanni in Italia / D. J. A. Matthew. – Laterza, 1997
Normanni, svevi, angioini, aragonesi: il mezzogiorno d’Italia nel Medioevo / S. Tramontana. – Carocci, 2000
Cap. 13. Il trionfo dei poteri locali nelle campagne e nelle città, secoli 10-11
Riassunto
I secoli 10 e 11 in Europa furono caratterizzati da un sistema politico, sociale ed economico che è stato a lungo definito “feudale”, mentre la storiografia attuale preferisce designarlo come “ordinamento signorile” (Berthelemy). La tradizione storiografica ha spesso associato – a dire il vero abusivamente – l’aggettivo “feudale” al concetto di anarchia. Parlare di “ordinamento signorile” costituisce invece un modo per sottolineare l’importanza di considerare tale periodo per se stesso, piuttosto che come un’epoca di disordine e di trapasso fra la dissoluzione dell’impero carolingio e la nascita di nuove strutture politiche quali i comuni cittadini, i principati e i regni nazionali.
Bibliografia
Una società francese nel Medioevo: la regione di Macon nei secoli 11 e 12 / G. Duby. – Il Mulino, 1985
Dai re ai signori: forme di trasmissione del potere nel Medioevo / G. Tabacco. – Bollati Boringhieri, 2000
I confini del potere: marche e signorie fra due regni medievali / G. Sergi. – Carocci, 1998
Castelli e villaggi nell’Italia padana / A. A. Settia. – Liguori, 1984
Dalla terra ai castelli: paesaggio, agricoltura e poteri nell’Italia medievale / P. Toubert. – Einaudi, 1995
Terra e società nell’Italia padana: i secoli 9 e 10 / V. Fumagalli. – Einaudi, 1976
Cap. 14. Impero e regni nell’età post-carolingia, secolo 10
Riassunto
Dopo la deposizione di Carlo il Grosso, avvenuta nell’887, i vari territori dell’Impero carolingio conobbero sviluppi politici e istituzionali differenti, che si intrecciarono e sovrapposero all’affermazione di poteri a carattere locale. Questo processo di ridefinizione dei poteri è stato tradizionalmente interpretato in chiave negativa, come semplice fase di decadenza dell’organizzazione politico-amministrativa carolingia. Inoltre, a partire dai primi decenni del 19 secolo, la storiografia ha ricercato in questo periodo le “radici” degli stati nazionali odierni. Oggi entrambe queste interpretazioni sono rifiutate dalla maggior parte degli storici, che sottolineano la necessità di analizzare i regni post-carolingi non in funzione di altre realtà ma in se stessi, nella loro specificità.
Furono i poteri signorili a caratterizzare il 10 secolo e fu sulla loro base che si riorganizzò il potere regio. Esito di questo processo fu l’affermazione di un’organizzazione “policentrica” dei poteri (Tabacco), che caratterizzò sia i singoli regni, sia l’impero, il cui ruolo universalistico fu rilanciato proprio nella seconda metà del secolo 10 dagli imperatori della dinastia sassone.
Bibliografia
L’impero romano-germanico e la sua crisi, secoli 5-14 / G. Tabacco. – In: La storia. – UTET, 1986
Una sera dell’anno mille: scene di Medioevo / G. M. Cantarella. – Garzanti, 2000
Storia della Francia / a cura di G. Duby. – Bompiani, 1989
Egemonie sociali e strutture del potere nel Medioevo italiano / G. Tabacco. – Einaudi, 1979
Storia dell’Italia medievale, 416-1216 / O. Capitani. – Laterza, 1986
L’Italia dei poteri locali / L. Provero. – Carocci, 1998
Nobili e re: l’Italia politica dell’alto Medioevo / P. Camamrosano. – Laterza, 1998
Cap. 15. L’anno mille: continuità e trasformazioni
Riassunto
Da più di un secolo gli storici hanno smesso di pensare all’anno mille come momento di massima decadenza dell’Occidente, come l’epoca in cui un’umanità prostrata dall’ignoranza e dal pregiudizio credette che fosse giunta la fine del mondo. Tale idea nacque nel Rinascimento e costituì uno dei modi con cui la cultura europea manifestò il suo disprezzo verso i secoli ”rozzi” e “oscuri” dai quali usciva. Oggi una simile immagine è stata abbandonata. Molti studiosi, tuttavia, utilizzano ancora l’anno mille come momento di cesura tra due epoche. Si tratta naturalmente di una convenzione, ma è indubbio che, come tutte le convenzioni capaci di resistere a lungo, essa offre numerosi vantaggi ed è fondata su alcune bune ragioni. L’anno Mille rappresenta un confine ovvio essendo posto al centro esatto di un’epoca storica. Inoltre, il paragone tra la società europea dell’età carolingia e quella del 1050 rivela una serie di decisivi cambiamenti dal punto di vista politico, economico e sociale. Al tempo stesso, non si può dare a questa convenzione un valore troppo ampio o rigido. Non è mancato, soprattutto in passato, chi con un salto logico ha tentato di leggere l’anno Mille come punto di svolta tra l’età antica e la moderna, cercandovi – con molta fantasia – le prime manifestazioni di elementi tipici della modernità come il capitalismo o la formazione della classe borghese. Oggi il dibattito si è spostato su un problema più specifico, la cosiddetta “mutazione feudale”. Da un lato sono schierati quanti sostengono che attorno al Mille si verificò una mutazione rapida e radicale, capace di cancellare il volto dell’Europa carolingia e di produrre una nuova società fondata sulla signoria territoriale e sui rapporti feudali, che sarebbe durata almeno fino alla riaffermazione del potere regio nei secoli 12 e 13. Dall’altro si pongono quanti pensano che il cambiamento si ebbe in virtù di un’evoluzione lenta e graduale, fatta di aggiustamenti progressivi.
Bibliografia
L’anno mille: storia religiosa e psicologia collettiva / G. Duby. – Einaudi, 1976
L’attesa della fine dei tempi nel Medioevo / a cura di O. Capitani e J. Miethike. – Il Mulino, 1990
Maometto e Carlomagno / H. Pirenne. – Laterza, 1969
Tecnica e società nel Medioevo / L. White jr. – Feltrinelli, 1967
Storia minima della popolazione del mondo / M. Livi Bacci. – Mondadori, 1998
La popolazione italiana dal Medioevo ad oggi / L. Del Panta…et al. – Laterza, 1996
Economia preindustriale: mille anni dal 9 al 18 secolo / P. Malanima. – Bruno Mondadori, 1995
Storia economica dell’Europa preindustriale / C. M. Cipolla. – Il Mulino, 1997
L’infanzia dell’Europa: economia e società dal 10 al 12 secolo / R. Fossier. – Il Mulino, 1987
L’anno mille: il mondo si trasforma / G. Bois. – Laterza, 1991
Il secolo 11: una svolta? / a cura di C. Violante…et al. – Il Mulino, 1993
Cap. 16. Il nuovo monachesimo e la riforma della Chiesa, secoli 10-12
Riassunto
L’integrazione di vescovi e abati nella gestione del potere, già praticato in età carolingia, si diffuse in forme nuove nel corso del 10 secolo, l’età di affermazione dei poteri locali. Fu allora che numerose famiglie aristocratiche cercarono di impossessarsi in maniera duratura della cariche ecclesiastiche; a loro volta, vescovi e abati cercarono di mettere in atto i privilegi di esenzione e di immunità, costituendo delle aree di dominio signorile del tutto simili a quelle che, parallelamente, venivano costruite dai signori laici. Inoltre, nei medesimi anni si affermò il sistema delle “chiese private”, ovvero la fondazione, da parte di esponenti di famiglie eminenti, di chiese poste direttamente sotto il loro controllo. Questo processo di rafforzamento delle istituzioni ecclesiastiche a livello locale coincise con l’indebolimento del papato, sempre più in balia di famiglie dell’aristocrazia romana che spesso avevano imposto alla guida della chiesa personalità non adeguate al compito che avrebbero dovuto svolgere. La restaurazione dell’Impero attuata dagli Ottoni, il loro ricorso a strumenti ideologici di derivazione carolingia e la loro prassi politica orientata a un forte controllo dell’episcopato resero ancora più evidente la crisi della chiesa romana. Si sentì pertanto, in molti ambiti ecclesiastici, l’esigenza di riorganizzare la chiesa e, soprattutto, di ripristinare l’autorità morale e politica della sua guida, il papa. Frattanto, la scarsa autorevolezza di alcuni papi e il comportamento di molti vescovi e abati, che agivano più come esponenti di un’aristocrazia militare che come guide spirituali, contribuirono alla nascita di movimenti religiosi “paureristici”, che mettevano in discussione o rifiutavano la chiesa come istituzione e proponevano un ritorno agli ideali del cristianesimo evangelico. Presero corpo in tal modo progetti diversi di riforma della chiesa, interni ed esterni alla sue istituzioni.
Bibliografia
Chiesa, chiese, movimenti religiosi / G. M. Cantarella…et al. – Laterza, 2001
Il papa e il sovrano: Gregorio 7 e Enrico 6 nella lotta per le investiture / a cura di G. M. Cantarella…et al. – Europia, 1985
Medioevo riformato del secolo 11: Pier Damiani e Gregorio 7 / G. Fornasari. – Liguori, 1996
Tradizione e interpretazione: dialettiche ecclesiologiche del secolo 11 / O. Capitani. – Jouvence, 1990
Chiesa gregoriana: ricerche sulla riforma del secolo11 / G. Miccoli. – La Nuova Italia, 1966
I monaci di Cluny / G. M. Cantarella. – Einaudi, 1993
La pataria: lotte religiose e sociali nella Milano dell’11 secolo / P. Golinelli. – Europia, 1984
Matilde e i Canossa nel cuore del Medioevo / P. Golinelli. – Camunia, 1991
Matilde di Canossa: potenza e solitudine di una donna del Medioevo / V. Fumagalli. – Il Mulino, 1996
Cap. 17. La costruzione delle monarchie feudali, secoli 11-12
Riassunto
In molte zone d’Europa tra la fine del secolo 11 e la fine del 12 il panorama politico cambiò. La forte pluralità di signorie e principati territoriali lasciò progressivamente il campo a monarchie capaci di esercitare di esercitare la propria egemonia su porzioni crescenti di territorio e sui poteri che in questo territorio si erano radicati. Questo processo di ricomposizione politica e territoriale, in virtù del quale si delineò il quadro di riferimento della successiva storia europea, ebbe sviluppi diversi in Francia, in Inghilterra, nell’Italia meridionale e nelle penisola iberica. Comune fu, tuttavia, l’importante ruolo assunto dalle relazioni vassallatico-beneficiarie. Le nuove monarchie se ne servirono, modificandole in un senso nuovo, per affermare e mantenere la propria superiorità rispetto ai principi e ai signori locali. La novità fu rappresentata quindi dall’emergere (di volta in volta per cause diverse. Nuove conquiste, relazioni diplomatiche con altri poteri, vicende dinastiche) di casate desiderose di presentarsi come superiori rispetto al pullulare di poteri locali. Queste casate provvidero a ristrutturare le relazioni feudali e a inquadrare i soggetti politici esistenti. Particolarmente sentita fu l’esigenza di ridurre il margine di autonomia dei nobili più potenti, non solo richiedendo loro la prestazione dell’omaggio feudale, ma anche promuovendo nuovi strumenti di controllo tramite riforme amministrative e giudiziarie e tramite una redazione scritta di elenchi di diritti. All’inizio del 13 secolo, nei territori in cui era avvenuta questa ristrutturazione in senso monarchico, i signori, come anche le comunità urbane e rurali e le chiese, apparivano ancora dotati di potere, ma tali poteri erano disposti all’interno di una nuova struttura politica gerarchica che aveva il proprio vertice il sovrano.
Bibliografia
I re taumaturghi / M. Bloch. – Einaudi, 1973
I due corpi del re / E. Kantorowicz. –Einaudi, 1989
Principi e corti: l’Europa del secolo 12 / G. M. Cantarella. – Einaudi, 1997
Il regno normanno di Sicilia / M. Caravale. – Giuffrè, 1996
I Normanni in Italia / D. Matthew. – Laterza, 1997
Cap. 18. Società cittadina e origine degli ordinamenti comunali, secoli 11-12
Riassunto
Tra la fine dell’11 e gli inizi del 12 secolo nacquero e progressivamente si definirono all’interno delle società urbane ordinamenti e magistrature tendenzialmente indipendenti dai rappresentanti dei poteri tradizionali, che miravano all’autogoverno delle comunità.
L’origine e lo sviluppo dei comuni cittadini costituiscono uno degli argomenti su cui maggiormente si cono esercitati gli storici italiani a partire dai primi decenni dell’Ottocento, quando si volle leggere in tale fenomeno la manifestazione della rivolta dello spirito nazionale italiano contro la dominazione imperiale germanica, trasponendo ai secoli passati il concetto e le tensioni politiche di quegli anni. Tale indirizzo ideologico dato allo studio die comuni cittadini ha provocato nel secondo Novecento la reazione di molti storici italiani e stranieri, che hanno contestato la centralità assoluta del fenomeno comunale nella storia italiana e proposto, invece, una rilettura delle vicende dei secolo 11 e 12 in rapporto con le contemporanee vicende europee, valorizzando lo studio delle campagne e dei poteri signorili. Proprio questo nuovo orientamento storiografico, tuttavia, consentendo una valutazione meno ideologica e più concreta della realtà cittadina e comunale italiana, ha fatto emergere, nel confronto con le altre realtà europee, i tratti assolutamente originali e caratteristici delle vicende urbane nell’Italia centro-settentrionale.
Bibliografia
Signori e vassalli nell’Italia delle città, secoli 9 e 12 / H. Keller. – Einaudi, 1995
Italia medievale: struttura e geografia delle fonti scritte / P. Cammarosano. – NIS, 1991
Cap. 19. La nascita della cavalleria e l’invenzione delle crociate, secoli 11-13
Riassunto
A partire dal 10 secolo nelle fonti di diverse regioni europee si affaccia sempre più frequentemente il termine, miles, già utilizzato nei secoli precedenti con accezioni di colta in volta differenti, che andavano dal significato più generico di guerriero, a piedi o a cavallo, a quello più tecnico di vassallo. Ma chi erano i miles attorno al Mille? A questa domanda, in apparenza semplice, sono state date dagli storici risposte profondamente diverse, perché essa si intrecci con altre questioni cruciali per comprendere l’organizzazione sociale dell’epoca, a cominciare dalla definizione di nobiltà e di feudalesimo fino ad arrivare alle crociate.
Bibliografia
La società feudale / M. Bloch. – Einaudi, 1974
Cavalieri e cavalleria nel Medioevo / J. Flori. – Laterza, 1985
Nella Francia nord-occidentale del 12 secolo: i “giovani” nella società aristocratica / G. Duby. – In: Terra e nobiltà nel Medioevo. – SEI, 1971
Lo specchio del feudalesimo: sacerdoti, guerrieri e lavoratori / G. Duby. - Laterza, 1980
Santiago di Compostela: il pellegrinaggio medievale / G. Cherubini. – Protagon, 1998
La civiltà dell’Occidente medievale / J. Le Goff. – Einaudi, 1981
Storia delle crociate / S. Runciman. – Einaudi, 1966
L’invenzione delle crociate / C. Tyerman, . Einaudi, 1998
Colonialismo medievale: il regno latino di Gerusalemme / J. Prawer. – Jouvence, 1982
Cap. 20. L’impero bizantino e l’est europeo, secoli 7-15
Riassunto
Gli storici hanno discusso a lungo su quale data segni il momento in cui non si può parlare di impero romano d’Oriente bensì di un impero bizantino con caratteristiche diverse rispetto alla tradizione antica. Una recente proposta metodologica ha indotto a spostare l’attenzione dal dato cronologico a quello geografico: “le sorti dell’impero seguono quelle del suo territorio” (Guillou). La storia bizantina comincia allora con la ridefinizione territoriale conseguente alle conquiste di Arabi, Slavi e Bulgari. A partire da questo momento essa può essere suddivisa in alcune fasi, scandite da rilevanti modifiche dell’estensione dell’Impero: una prima fase (secoli 8-9) di riassestamento politico-amministrativo di ciò che restava dell’antico impero; una seconda (secoli 9-10) di rinnovata espansione; una terza (secoli 11-12) ancora di ripiegamento fino alla massima contrazione provocata dalle conquiste degli occidentali con la quarta crociata (1204-1259); infine, un tentativo di riaccorpamento proseguito fra molte difficoltà fino alla conquista dell’Impero da parte dei Turchi (1453).
Bibliografia
Storia dell’impero bizantino / G. Ostrogorsky. – Einaudi, 1968
Il millennio bizantino / H. G. Beck. – Salerno, 1981
Potere e società a Bisanzio: dalla fondazione di Costantinopoli al 1204 / M. Gallina. – Einaudi, 1995
Cap. 21. Il rinnovamento culturale, secolo 12
Riassunto
I testi scritti, che rappresentano il principale strumento di lavoro degli storici, in Europa si moltiplicano enormemente a partire dal secolo12. Tale vera e propria esplosione, facilmente percepibile a chi osservi cataloghi di biblioteche ed inventari di archivi, costituisce il segno di un processo importante. La ripresa di una tradizione culturale laica che pone fine al monopolio ecclesiastico sulla produzione e la conservazione di scritture. Questa novità è alla base di una serie di fenomeni distinti ma tutti connessi all’ampliarsi del numero delle persone alfabetizzate al di fuori della cerchia dei chierici: l’origine dell’università, la riscoperta del diritto romano e del sapere greco, la prima scrittura delle lingue neolatine.
Bibliografia
La società medievale / a cura di S. Collodo…et al. – Monduzzi, 1999
Libri e lettori nel Medioevo: guida storica e critica / a cura di G. Cavallo. – Laterza, 1998
Gli intellettuali nel Medioevo / J. Le Goff. – Mondadori, 1989
Le origini dell’università / a cura di G. Arnaldi. – Il Mulino, 1974
La rinascita del 12 secolo / C. H. Haskins. – Il Mulino, 1972
La filosofia nel Medioevo / E. Gilson. – La Nuova Italia, 1990
Sant’Agostino e la fine della cultura antica / H.-I. Marrou. – Jaca Book, 1987
Cap. 22 L’Impero e la dinastia sveva, secoli 12-13
Riassunto
Quando Federico di Svevia, detto il barbarossa, divenne re di Germania e poi fu incoronato imperatore, l’autorità imperiale tornò ad essere protagonista delle vicende europee dopo quasi cinquant’anni di relativo silenzio. Tuttavia, nell’arco di sole tre generazioni della casata di Svevia, l’impero passò da una fase di rinnovata affermazione del suo ruolo a una fine senza appello del concetto stesso di potere universale che gli era connaturato.
Le complesse vicende che videro protagonisti i sovrani svevi – Federico 1, Enrico 6 e Federico 2 – solo legate da un comune denominatore, ossia il tentativo di definire giuridicamente, attraverso il recupero del diritto romano da una parte e la formalizzazione di un diritto feudale dall’altra, gli ambiti legittimi di azione del potere imperiale. La loro attività, seppure talvolta estremamente efficace, venne contrastata da molteplici forze ostili nello scenario dei territori a loro formalmente soggetti: sia il regno germanico che l’Italia del centro-nord avevano vissuto nei primi decenni del 12 secolo sviluppi politici e istituzionali di tale portata da rendere, nel lungo periodo, inefficace la robusta azione dei sovrani della dinastia sveva.
Bibliografia
Federico 2 imperatore / E. Kantorowicz. – Garzanti, 1988
Federico 2: un imperatore medievale / D. Abulafia. – Einaudi, 1990
Cap. 23. I comuni italiani, secoli 12-14
Riassunto
Nel corso dei secoli 12-14 nei comuni dell’Italia centro-settentrionale la conformazione dell’aristocrazia cittadina e il sistema di governo cambiarono profondamente. Nel 1150 i comuni non erano ancora stati ti riconosciuti dall’imperatore, che formalmente li dominava detenendo la corona del regno d’Italia. Con la pace di Costanza del 1183 l’impero riconobbe la legittimità dei governi autonomi delle città italiane, aprendo la strada a uno sviluppo sociale e istituzionale che nel giro di due secoli modificò il paesaggio politico della penisola. L’impero e le signorie locali cessarono di essere le principali strutture di inquadramento dei territori e cedettero il passo a una molteplicità di regimi cittadini, disposti secondo reti di alleanza che si sarebbero col tempo trasformate in più vaste coordinazioni politiche. Attorno al 1350, dagli stessi comuni si erano sviluppati ampi stati territoriali la cui salute politica era ben più florida di quella dell’impero stesso.
Bibliografia
Egemonie sociali e strutture del potere nel Medioevo italiano / G. Tabacco. – Einaudi, 1979
Cap. 24. Il consolidamento dei regni europei, secolo 13
Riassunto
Lo storico francese Jacques Le Goff ha affermato di recente che uno degli aspetti fondamentali della storia europea del 13 secolo è costituito dalla “irresistibile ascesa delle monarchie e dello stato che esse costituiscono”. Infatti, dopo la difficile costruzione delle monarchie su base feudale avvenuta nel secolo precedente, nel corso del Duecento si ebbe in gran parte dell’Occidente europeo, in modi e tempi diversi, un ulteriore rafforzamento del potere monarchico, proprio mentre tramontavano le idee universalistiche di potere legate all’impero e al papato. Spesso questo rafforzamento è stato interpretato come un primo passo verso l’affermazione dello stato moderno, attraverso un’analisi che potremmo definire finalistica. In altri termini, a partire dall’idea di stato che si affermò nel Cinquecento e nel Seicento, si è cercato di rintracciare nel passato le origini di un percorso che, appunto, sarebbe sfociato nello stato assoluto di età moderna. Oggi invece si preferisce analizzare la formazione duecentesca di un nuovo modello di stato monarchico come un processo di grande interesse in sé, al di là degli sviluppi successivi, , che non sono sempre lineari né basati su un semplice rapporto di evoluzione progressiva.
Bibliografia
Il basso Medioevo / J. Le Goff. – Feltrinelli, 1967
Il medioevo da Ugo Capeto a Giovanna d’Arco, 987-1460 / G. Duby. – Laterza, 1993
Storia dell’Inghilterra da Cesare ai giorni nostri / K. G. Morgan. – Bompiani, 1993
Storia del Medioevo / S. Claramunt…et al. – B. Mondadori, 1997
Cap. 25. Papato universale e stato della chiesa, secoli 12-14
Riassunto
Come le monarchie europee e i comuni italiani, anche il papato romano cominciò fra 9 e 12 secolo a riorganizzarsi dal punti di vista territoriale, istituzionale e amministrativo, giungendo, già nel corso del Duecento, a esercitare il suo potere su soggetti politici sino a quel momento dotati di autonomia e indipendenza (nobili, città, chiese). Rispetto ai regni e ai regimi comunali, tuttavia, il papato ebbe alcune specificità, come il prestigio spirituale da esso rivendicato nel corso della lotta per le investiture o il carattere elettivo della propria monarchia. Queste caratteristiche pesarono fortemente nel modello di organizzazione che esso si diede, sia come potere temporale all’interno di un territorio determinato (lo stato pontificio), sia come vertice della gerarchia ecclesiastica, sia, infine, come autorità spirituale e punto di riferimento universale per l’intera cristianità
Bibliografia
Il trono di Pietro: l’universalità del papato da Alessandro 3 a Bonifacio 8 / A. Paravicini Bagliani. – Carocci, 1996
Il nepotismo nel Medioevo / S. Carocci. – Viella, 1999
Cap. 26. Eresie e ordini mendicanti, secoli 12-14
Riassunto
Le vicende religiose e politiche che dall’11 secolo videro protagonista la chiesa di Roma furono decisive per l’affermarsi di un coerente dominio temporale soggetto al papato, ma causarono forti disagi all’interno della cristianità occidentale, che nell’azione dei pontefici vedeva dimenticati gli ideali evangelici. La risposta del potere ecclesiastico alle correnti religiose, spontaneamente originate da tali disagi fu duplice: alcuni movimenti, anche di radicale contestazione, furono ricondotti nel seno della chiesa; altri furono condannati sia sul piano teologico che sul piano giudiziario, e qualificati come “eresie”. Essi avevano un immediato riflesso politico, non solo perché sovvertivano l’ordinamento ecclesiastico con la creazione di chiese parallele e in alcuni casi minacciavano la pace sociale, ma anche perché, con la loro stessa esistenza, intaccavano l’autorità della chiesa di Roma mettendone in discussione il monopolio dottrinale.
Bibliografia
L’eresia medievale / O. Capitani. – Patron, 1971
Medioevo ereticale / O. Capitani. – Patron, 1977
L’eresia del male / R. Manselli. – Morano, 1980
eretici ed eresie medievali / G. G. Merlo. – Il Mulino, 1989
Movimenti religiosi e serre ereticali nella società medievale italiana / G. Volpe. – Donzelli, 1997
La storia religiosa / G. Miccoli. – In: Storia d’Italia, vol. 2 t. 1. – Einaudi, 1974
Ordini mendicanti e società italiana, 13-15 secolo / A. Vauchez. – Il Saggiatore, 1990
Francesco d’Assisi e il primo secolo di storia francescana. – Einaudi, 1997
Francesco e l’invenzione delle stimmate / C. Frugoni. – Einaudi, 1993
San Francesco d’Assisi / J. Le goff. – Laterza, 2000
Fra’ Dolcino: nascita, vita e morte di un’eresia medievale / a cura di R. Orioli. – Europea, 1987
Eretici del medioevo / L. Paolini. – Patron, 1989
Cap. 27. Crisi e nuovi equilibri, secolo 14
Riassunto
La storia del 14 secolo è segnata da alcuni eventi drammatici, quali la serie di cattivi raccolti che a più riprese colpirono le campagne europee, la peste che si diffuse in tutta Europa a partire dal 1348, le rovonose campagne militari in cui furono impegnati gli eserciti delle maggiori monarchie. Questi eventi presero corpo in un contesto economico-sociale dagli equilibri precari, che, al termine di una prolungata fase di espansione, ne fece scoppiare le contraddizioni lasciando il campo a una profonda depressione.
Sarebbe tuttavia riduttivo definire il Trecento esclusivamente come un’età di crisi. Lo sconvolgimento degli equilibri economici, oltre a causare forti tensioni sociali nelle città e nelle campagne, fu anche l’occasione per avviare una generale riorganizzazione produttiva, che pose le basi dell’economia moderna.
Bibliografia
Storia economica e sociale del Medioevo / H. Pirenne. – Garzanti, 1967
La peste nera e la fine del medioevo / K. Bergdolt. – Piemme, 1997
Medioevo: i caratteri originali di un’età di transizione / G. Vitolo. – Sansoni, 2000
L’economia rurale nell’Europa medievale: Francia, Inghilterra, Impero, secoli 9-15 / G. Duby. – Laterza, 1976
I contadini nella storia d’Europa / W. Rosener. – Laterza, 1995
L’Italia delle città: il popolamento urbano tra Medioevo e Rinascimento / L. Sandri. – Le Lettere, 1990
Signori contadini borghesi: ricerche sulla società italiana del basso Medioevo / G. Cherubini. – La Nuova Italia, 1974
Cap. 28. Gli stati regionali in Italia, secoli 14-15
Riassunto
Il processo di ricomposizione territoriale che in molte aree d’Europa aveva preso avvio sin dal 12 secolo a opera delle grandi monarchie, in Italia era stato condotto dalle città comunali. Attraverso la conquista del contado, i comuni cittadini avevano contribuito alla riduzione del numero complessivo dei poteri presenti sul territorio. Ma questa riduzione non era andata oltre un certo limite. Paragonate alle corone e ai principati europei le città-stato italiane erano riuscite a estendere il proprio controllo solo su aree di piccole dimensioni. Questa situazione cominciò a cambiare verso al fine del Duecento. A partire da allora, fino alle metà del Quattrocento, il pulviscolo di poteri che comprendeva i comuni e le signorie territoriali che avevano resistito alla loro espansione lasciò il posto a cinque stati regionali, con l’eccezione di poche aree si dividevano l’intera penisola. Non si trattò di un’evoluzione indolore, poiché il progressivo ridursi dei soggetti politici fu l’esito di una lunga serie di guerre, al termine delle quali i poteri più forti inglobarono quelli più deboli. Inoltre, queste guerre non si limitarono a selezionare gli stati esistenti, ma li cambiarono profondamente nella loro struttura interna, innescando la necessità di maggiori entrate e favorendo così lo sviluppo di nuovi meccanismi di prelievo economico.
L’estensione territoriale – resa possibile dalle nuove entrate – portò infine gli stati a promuovere importanti riforme amministrative e operazioni diplomatiche tramite le quali, fra Tre e Quattrocento, essi rifondarono le relazioni con i poteri che avevano assoggettato.
Bibliografia
Egemonie sociali e strutture del potere nel Medioevo italiano / G. Tabacco. – Einaudi, 1979
Le signorie / L. Simeoni. – Vallardi, 1950
La crisi degli ordinamenti comunali e le origini dello Stato del Rinascimento / a cura di G. Chittolini. – Il Mulino, 1979
Cap. 29. Verso la formazione degli stati nazionali, secoli 14-15
Riassunto
Nel corso del Trecento e del Quattrocento i regimi monarchici che si erano sviluppati in Europa nei due secoli precedenti vennero stabilizzandosi sul piano dell’organizzazione politico-amministrativa e dell’estensione territoriale. Questa fase storica è stata spesso individuata come il momenti di passaggio verso lo stato “nazionale” di età moderna. Ma tale prospettiva pecca di eccessiva semplificazione, poiché il processo di costruzione delle monarchie nazionali – che in ogni caso solo in parte prefigurano lo stato moderno – riguardò esclusivamente alcune realtà politiche, in particolar ei regni di Francia e di Inghilterra che, dopo un conflitto durato più di un secolo, assunsero una fisionomia stabile, destinata a durare nel tempo. In altre regioni europee continuarono invece a prevalere i poteri territoriali di ambito regionale, che diedero luogo a una vasta frammentazione politica.
Bibliografia
Crisi di poteri e politologia in crisi / C. Dolcini. – Patron, 1988
La formazione degli stati nazionali nell’Europa occidentale / a cura di C. Tilly. – Il Mulino, 1984
L’Occidente nei secoli 14 e 15: gli stati / B. Guenee. – Mursia, 1992
Aquile e leoni: stato e nazione in Europa / H. Schulze. – Laterza, 1994
Le ideologie politiche nel Medioevo / G. Tabacco. – Einaudi, 2000
Cap. 30. L’invenzione del Medioevo
Riassunto
Medioevo: in un testo di storia medievale sembrerebbe impossibile non usare mai questo termine. Ma proprio questa è stata la sfida del libro che giunge qui al capitolo conclusivo: in nessun caso – tranne che nel titolo di apertura – si è fatto uso della parola “Medioevo” o dell’aggettivo “medievale”. Non presumiamo che il lettore se ne sia accorto, ma è questo il momenti di farglielo notare perché la nostra scelta non è stata solo un abile gioco di prestigio ma un modo per comunicare un’idea che ci sta particolarmente a cuore: il medioevo non esiste se non come invenzione moderna. E’ un concetto che si sviluppa a iniziare dal 15 secolo, che non ha nulla a che vedere con la realtà dei secoli cosiddetti medievali e che pertanto abbiamo deciso di trattare solo al termine del nostro percorso cronologico, quando effettivamente una storia del Medioevo, o meglio dell’idea di Medioevo, comincia a essere possibile.
Bibliografia
Viaggio intorno al concetto di Medioevo / L. Gatto. – Bulzoni, 1992
Introduzione allo studio della storia medievale / P. Delogu. – Il Mulino, 1994
Sperimentazioni del potere nell’alto Medioevo / G. Tabacco. – Einaudi, 1993
Medioevo passato prossimo: appunti storiografici: tra due guerre e molte crisi / O. Capitani. – Il Mulino, 1979
Introduzione allo studio della storia medievale / F. Natale, E. Pispisa. – Intilla, 1986
Guida allo studio della storia medievale / C. Dolcini. – UTET, 1992
Scrivere storia / V. Fumagalli. – Laterza, 1995
Introduzione alla storia medievale
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Introduzione alla storia medievale
Cap. 1 L’età medievale: spazio, tempo, periodizzazioni / di Luigi Provero
Riassunto
“Periodizzare” significa individuare nel flusso del tempo dei momenti di frattura e delle fasi più omogenee. Questo è sempre stato uno dei principali obiettivi degli storici, che non si sono mai limitati a narrare gli avvenimenti del passato, ma hanno cercato di interpretarli, di cogliere i mutamenti e i loro ritmi, ovvero – appunto – periodizzare.
Per ragionare sul Medioevo, come su qualunque altro periodo storico, dobbiamo dunque partire dal presupposto che il nome e l’idea di “medioevo” non sono dati oggettivi, ma l’esito di una scelta culturale che nasce da un’interpretazione del passato.
Ragionare sull’idea di medioevo e sui suoi limiti cronologici non è quindi un esercizio erudito, ma uno sforzo necessario per comprendere la formazione di alcuni riferimenti fondamentali della nostra cultura storica
Bibliografia
Un lungo medioevo / Jacques Le Goff. – Laterza, 2006
L’idea di Medioevo: tra senso comune e pratica storica / G. Sergi. – Donzelli, 1998
Le ideologie politiche del Medioevo / G. Tabacco. – Einaudi, 2000
L’eredità di Roma: storia d’Europa dal 400 al 1000 d. C. / C. Wickam. – Laterza, 2014
Cap. 2 Narrare, stabilire, registrare: le “voci” del Medioevo / di Giuseppe Albertoni
Riassunto
Il Medioevo fu caratterizzato a lungo dal predominio della comunicazione orale. Quando avviciniamo una fonte scritta d’età medievale, di conseguenza, dobbiamo sempre essere consapevoli che era parte di un sistema comunicativo più ampio, fatto di parole non scritte, di gesti, di immagini e di rituali.
In questo sistema comunicativo, scrivere narrazioni, delibere, decisioni, leggi, passaggi di proprietà o altri atti non sempre era agevole o necessario.
Non è semplice, d’altra parte nemmeno per lo storico odierno leggere i testi redatti nel medioevo a causa delle scritture impiegate, del loro formalismo, della lingua in cui furono composte. Ancora più difficile è ricostruire il più ampio sistema comunicativo nel quale erano collocate. Ma chi scriveva nel Medioevo? Di cosa scriveva? Quali testi sono stati conservati? Quali “voci” possiamo ancora ascoltare? In questo capitolo proveremo a dare una prima risposta a questi interrogativi, ricordando che, in ogni caso, le testimonianze scritte devono essere sempre poste in dialogo con quelle materiali
Bibliografia
Apologia della storia o Mestiere dello storico / M. Bloch. – Einaudi, 2009
Italia medioevale: struttura e geografia delle fonti scritte / P. Cammarosano. – Carocci, 1991
Medioevo da leggere: guida allo studio delle testimonianze scritte del Medioevo italiano / A. Petrucci. – Einaudi, 1992
L’Europa dopo Roma: una nuova storia culturale, 500-1000 / J. M. H. Smith. – Il mulino, 2008
Cap. 3 Far parlare gli oggetti: lo studio del Medioevo e l’archeologia / di Simone M. Collavini
Riassunto
Nell’ultimo mezzo secolo le fonti materiali hanno assunto peso crescente per lo studio del Medioevo, ma il fenomeno è destinato a farsi sempre più consistente, non fosse altro perché ogni giorno centinaia di scavi archeologici mettono a disposizione nuove informazioni, mentre la documentazione scritta, soprattutto quella dell’atro e pieno Medioevo, è incrementata solo da rari e fortunati ritrovamenti. Così nelle indagini di dettaglio e negli studi di sintesi, accanto ai testi scritti hanno assunto importanza strutture edilizie, sepolture, manufatti, relitti navali, resti umani animali e botanici, per fare solo qualche esempio.
Questa novità è legata a un fenomeno più generale: l’allargarsi dell’attenzione degli storici dai temi tradizionali (narrazione degli eventi, storia delle istituzioni, storia della cultura alta, storia della chiesa) ai temi imposti dalla “nuova storia” e, più in generale, dal crescente influsso delle scienze sociali, accompagnato dall’ampliarsi delle ricerche dai gruppi egemoni ai ceri inferiori e dalla politica e dalla cultura alle strutture economiche e sociali. Hanno così avuto impulso la storia economica e quella della mentalità, la storia locale e quella dei ceti inferiori, la storia di genere. La valorizzazione del dato archeologico, dei documenti privati e delle altre scritture dell’uso rimanda al tentativo di individuare nuove tipologie di fonti in vista dell’apertura di nuovi campi alla ricerca storica. Un fenomeno che, talora, ha reso problematiche le tradizionali periodizzazioni, fino a mettere in discussione la nozione stessa di “Medioevo”. Su molti di questi temi le fonti materiali sono del resto più ricche di informazioni di quelle scritte: interessano tutta la popolazione e non solo le élite alfabetizzate, possono essere trattate quantitativamente e sono distribuite più omogeneamente nello spazio.
Bibliografia
Castelli: storia e archeologia del potere nella Toscana medioevale / a cyra di R. Francovich e M. Ginatempo. – All’insegna del giglio, 2000
Introduzione all’archeologia medievale / S. Gelichi. – Carocci, 1998
Fonti archeologiche e fonti storiche: un dialogo complesso / C. Wickam. – In: Storia d’Europa e del Mediterraneo / diretta da A. Barbero, Sez. 4.: Il Medioevo (secoli V-XV) / a cura di S. Carocci, vol. 9.: Strutture, preminenze, lessici comuni. – Salerno, 2007
Cap. 4 Regni e impero / di di Alessio Fiore
Riassunto
Benché il potere regio non fosse ugualmente forte in tutte le regioni della cristianità occidentale, la maggior parte della popolazione europea visse nel medioevo sotto un re di cui, almeno formalmente, riconosceva la giurisdizione. L’unica reale eccezione a questa situazione fu una terra dell’estrema periferia europea, l’Islanda, che fino al 1262, quando riconobbe il dominio del re di Norvegia, si autogovernò senza strutture gerarchiche formali.
Un regno del secolo 6. poco però aveva in comune con un regno del secolo 12. e tanto meno con le monarchie del secolo 15. Regno è dunque una espressione polisemica, che può indicare realtà politiche anche molto diverse fra loro. E’ quindi importante cercare di comprendere cosa fosse un regno e quali fossero le sue caratteristiche materiali e simboliche nei diversi momenti del medioevo per poter capire adeguatamente gli sviluppi politici europei.
Bibliografia
I due corpi del re: l’idea di regalità nella teologia politica medievale / E. H. Kantorowicz. – Einaudi, 1989
Il re nell’occidente medievale / J. Le Goff. – Laterza, 2008
Cap. 5 Chiese, monasteri e religiosità / di Tiziana Lazzari
Riassunto
Il fenomeno religioso appare così pervasivo di ogni aspetto della vita del millennio medievale che compare inevitabilmente in ogni argomento si intenda trattare: l’affermazione del cristianesimo in epoca tardoantica aveva trasformato profondamente le istituzioni, la simbologia politica e lo stesso linguaggio del potere. L’economia urbana e delle campagne fu strettamente connessa alle iniziative di chiese e monasteri e la conservazione dei testi scritti fino al secolo 12. è necessariamente legata all’archivio di un ente religioso o ecclesiastico. Ma il cristianesimo non fu soltanto la religione ufficiale delle élite, politiche, intellettuali ed economiche. Fu anche la fede di chi cercava un percorso di salvezza individuale, di chi credeva alla possibilità di costruire una società migliore, più egualitaria, meno violenta. L’interazione fra questi due modi di intendere la cristianità originò tensioni costanti e conflitti sanguinosi, ma fu per lungo tempo l’occasione di sperimentazioni innovative che furono imbrigliate con efficacia solo a partire dal secolo 13.
Bibliografia
La Chiesa nel Medioevo / C. Azzara e A. Rapetti. – Il Mulino, 2010
Per la cruna di un ago: la ricchezza, la caduta di Roma e lo sviluppo del cristianesimo / P. Brown. – Einaudi, 2014
Storia del cristianesimo: il Medioevo / M. Gallina, G. G. Merlo e G. Tabacco. – Laterza, 1997
Le città dei monaci: storia degli spazi che avvicinano a Dio / F. Marazzi. – Jaca Book, 2015
Storia del cristianesimo, vol. 2.: L’età medievale (secoli 8.-15.) / A cura di M. Benedetti. – Carocci, 2015
Cap. 6 Le città / di Tiziana Lazzari
Riassunto
“Potrei dirti di quanti gradini sono fatte le vie e le scale, di che sesto gli archi dei porticati, di quante lamine di zinco sono ricoperti i tetti: ma so già che sarebbe come non dirti nulla. Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato”.
Così scriveva Italo Calvino nelle Città invisibili agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso e, negli stessi anni, Pier Paolo Pasolini girava un breve documentario per la RAI, intitolato La forma della città, nel quale sottolineava la diretta relazione fra la forma urbana e l’azione politica di chi l’aveva vissuta, nei secoli.
L’urgenza determinata dalle dissennate scelte urbanistiche di quegli anni spingeva gli intellettuali a riflettere su un tema che, però, non era nuovo, perché si ripresenta con regolarità nella storia della cultura ogni volta che la società contadina, e il contesto politico in cui questa è inserita, cambia profondamente e che, allora, modifica in modo altrettanto vistoso il proprio habitat, la forma della città.
Bibliografia
La città nella storia d’Europa / L. Benevolo. – Laterza, 1993
Per antiche strade: caratteri e aspetti delle città medievali / F. Bocchi. – Vella, 2013
I Normanni in città: schemi politici ed urbanistici. – In: Società, potere e popolo nell’età di Ruggero 2. – Bari, 1979
Le città italiane nel Medioevo: 12.-14. Secolo / F. Franceschi e I. Taddei. – Il Mulino, 2012
L’immagine della città nella storia d’Italia / a cura di F. Bocchi e R. Smurra. – Viella, 2003
Cap. 7 Signoria e feudalesimo / di Luigi Provero
Riassunto
Nell’immaginario diffuso, il feudalesimo è un calderone in cui rientrano il vassallaggio e il dominio signorile, i castelli e la violenza, il particolarismo e la servitù. La definizione che ne da Flaubert nel suo Dizionario del luoghi comuni, “Feudalesimo: non averne alcuna idea precisa ma inveire contro”, è solo la versione umoristica di una diffusa idea di feudalesimo che unisce la massima confusione e il massimo connotato negativo. L’origine di questa confusione concettuale è probabilmente da situare nel momento finale della storia del feudalesimo, ovvero durante la Rivoluzione francese che abrogò il feudalesimo, intendendo allora con questo termine tutti i diritti signorili, le forme di asservimento e di dipendenza personale.
Bibliografia
La feudalità in età moderna / R. Ago. – Laterza, 1994
Vassalli, feudi, feudalesimo / G. Albertoni. – Carocci, 2015
Il mutamento feudale: secoli 10.-12. / J.-P. Poly e E. Bournazel. – Mursia, 1990
Dai re ai signori: forme di trasmissione del potere nel Medioevo / G. Tabacco. – Einaudi, 2000
Cap. 8 Le “regole del gioco” della politica / di Giusepep Albertoni
Riassunto
La ricerca antropologica ha dimostrato da decenni che la comunicazione sociale e politica non può essere ricondotta alla sola dimensione verbale: si comunica, infatti, anche attraverso i gesti, gli abiti, le acconciature, il cibo, gli oggetti. Ma, al contrario dell’antropologo, lo storico non ha la possibilità di osservare direttamente la società che studia e che può filtrare solo attraverso le fonti, scritte e materiali.
Di conseguenza, frequentemente può comprendere con grande difficoltà il “vocabolario” e la “grammatica” – in altri termini il “codice” – all’interno del quale la comunicazione non verbale si pone.
Questa difficoltà ha fatto si che a lungo i medievisti abbiano privilegiato la componente istituzionale, giuridica o signorile dell’esercizio del potere, dedicando minore attenzione al ruolo in esso svolto dalla comunicazione non verbale o simbolica. Ciò non significa, naturalmente, che questi aspetti siano stati trascurati, come dimostrano ricerche pionieristiche sulla regalità medievale come I re taumaturghi di Marc Bloch o Insegne del potere e simbolismo dello stato di Percy Ernst Schramm.
Tuttavia, solo a partire dagli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, con la cosiddetta “svolta storico-antropologica”, essi si sono imposti all’attenzione degli studiosi, che ormai quasi unanimemente riconoscono l’importanza di gesti e rituali per comprendere le caratteristiche specifiche – le “regole del gioco” – della politica medievale.
Bibliografia
I re taumaturghi: studi sul carattere sovrannaturale attribuito alla Potenza dei re, particolarmente in Francia e Inghilterra / M. Bloch. – Einaudi, 1973
I riti, il tempo, il riso: cinque saggi di storia medievale / J. Le Goff. – Laterza, 2001
Il gesto nel Medioevo / J.-C. Schmitt. – Laterza, 1990
Cap. 9 La guerra
Riassunto
In epoca medievale la guerra fu indubbiamente, insieme con la fiscalità e la giustizia, uno dei principali strumenti dell’attività di governo. La sua analisi è, dunque, un eccellente punto di osservazione per cogliere i principali assetti sociali e di potere del Medioevo e le loro trasformazioni nel corso del tempo. Bisogna tuttavia premettere che tracciare una linea di demarcazione tra guerra e semplice violenza appare, in molti contesti medievali, assai difficile, anche per il livello spesso assai ridotto che, come vedremo meglio in seguito, caratterizzò le attività belliche. In questo senso è fondamentale tenere a mente che nel Medioevo occidentale l’esercizio della violenza, molto spesso, non era un monopolio delle formazioni politiche, ma era largamente diffuso all’interno del corpo sociale: individui o gruppi potevano ricorrere autonomamente alla forza, in modo più o meno organizzato a seconda delle diverse situazioni.
Le formazioni politiche (in primo luogo i regni, ma anche principati o comuni urbani) cercarono di limitare tutto ciò, ma con risultati il più delle volte limitati. La possibilità di ricorrere alla violenza pur con modalità assai di verse a seconda dei vari contesti – era infatti largamente riconosciuta. La vendetta di sangue, cioè il diritto di vendicare la morte di un parente stretto con le armi, uccidendo il responsabile ( e spesso anche i suoi congiunti) era, per esempio, ritenuta una pratica lecita, anche se la normativa cercava di contenerla attraverso forme di compensazione in denaro. Se l’esercizio legalmente ammesso della violenza era molto più ampio di quello attuale, non stupisce rilevare che la società nel suo complesso fosse molto più tollerante nei confronti della violenza privata rispetto alla nostra, anche quando essa era, almeno formalmente, illegittima.
Vi era quindi una costante tensione tra i tentativi di controllo da parte del potere centrale dell’esercizio della violenza e l’autonomia di cui davano prova gli attori sociali e tuttavia, fino alla piena età moderna, lo sforzo statale di assumerne il monopolio non fu mai coronato da pieno successo.
Bibliografia
La guerra nel Medioevo / P. Contamine. – Il Mulino, 2005
Rapine, assedi, battaglie: la guerra nel Medioevo / A. A. Settia. – Laterza, 2002
Cap. 10 Uomini e donne, parentele e affinità
Riassunto
Esistono realtà sociali elementari, quali l’essere maschio o femmina, o appena più complesse, per esempio la famiglia, che vengono comunemente interpretate in senso astorico e, a tal proposito, viene loro attributo un aggettivo tanto diffuso quanto pericoloso, “naturale”. Si sostiene pertanto l’esistenza di una famiglia “naturale”, intendendo con questa espressione una coppia coniugale con uno o più figli, così come si dichiara “naturale” essere – e comportarsi da – uomini o donne.
Studiare la storia aiuta invece a comprendere che l’identità di genere, così come le forme sociali della riproduzione, non appartengono al campo della biologia, ma a quello della cultura e che perciò cambiano profondamente nei diversi contesti storici e politici.
Bibliografia
Agire da donna: modelli e pratiche di rappresentazione (secoli 6.-10.) / a cura di C. La Rocca. – Brepols, 2007
Memorie sepolte: tombe e identità nell’alto Medioevo (secoli 5.-8.) / I. Barbiera. – Carocci, 2012
Lignaggio, nobiltà e cavalleria nel secolo 12. Nella regione di Macon: una revisione / G. Duby. – In: Le società medievali / G. Duby. – Einaudi, 1985
Famiglia e parentela nell’Italia medievale / a cura di G. Duby e J. Le Goff. – Il Mulino, 1981
Le donne nell’alto Medioevo / T. Lazzari. – Mondadori Bruno, 2010
Uomini e donne nel Medioevo: storia del genere (secoli 12.-15.). – Il Mulino, 2014
Cap. 11 Libertà, servitù, forme di dipendenza personale / di Simone M. Collavini
Riassunto
La distinzione della popolazione in liberi e servi è una delle eredità medievali di Roma. Essa compare nelle leggi romano-barbariche e, per tutto il Medioevo, le fonti narrative e documentarie ricordano servi, in quantità e contesti variabili nel tempo. La loro condizione giuridica e i termini con cui erano designati (servi, ancillae, mancipia) mutarono poco dalla tarda romanità, salva l’affermazione del termine sclavus (dovuta alle origini slave di molto dei servi della tratta). Tale contrapposizione agì nella società medievale sia sul piano del diritto sia su quello delle rappresentazioni ideologiche; e, almeno in certi contesti, incise sulle forme di vita di specifici, ma limitati, gruppi servili.
Bibliografia
Come e perché finì la schiavitù antica / M. Bloch. – In: La servitù nella società medievale. – La Nuova Italia, 1975
Lo specchio del feudalesimo: sacerdoti guerrieri e lavoratori / G. Duby. – Laterza, 1981
Le origini dell’economia europea: comunicazioni e commerci / M. McCormick. – Vita e Pensiero, 2009
Cap. 11 Aristocrazie e nobiltà / di Giuseppe Albertoni
Riassunto
Lo storico tedesco Karl Ferdinand Werner pubblicò un importante libro dedicato alla nascita della nobiltà e allo sviluppo delle élite politiche in Europa. Nelle sue conclusioni ricordò un episodio significativo, che ebbe come protagonista Giovanni Tomasi di Lampedusa, il principe siciliano autore del Gattopardo, notoriamente uno dei maggiori romanzi della letteratura italiana del Novecento. Alla domanda di un giornalista che gli chiedeva: “Ma che cosa fate nella vita?” egli si ostinava a rispondere: “Sono un principe”.
Ora questa risposta appariva a Werner il lontano retaggio di società nelle quali l’individuo non si definiva in base al proprio lavoro, ma al proprio status sociale. In esse le identità sociali individuali e collettive non erano definite in base alla domanda “Che cosa fai?”, ma al quesito “Chi sei?”; non dun/ G. Duby. - que in base al lavoro o all’attività ma in base alla nascita e agli obblighi che ne derivavano. Questo ordinamento sociale caratterizzato dalla presenza di una “nobiltà di sangue” distinta dagli altri ceti si affermò nelpieno e nel basso medioevo in seguito a mutamenti strutturali nella definizione delle élite e del loro ruolo
Bibliografia
La società feudale / M. Bloch. – Einaudi, 1949 e successive
Nobili e re: l’Italia politica dell’alto Medioevo / P. Cammarosano. – Laterza, 1998
Una società francese nel Medioevo: la regione di Macon nei secoli 11. e 12. / G. Duby. – Il Mulino, 1985
La nascita della nobiltà: lo sviluppo delle élite politiche in Europa / K. F. Werner
Cap. 13 Demografia, economia e scambi
Riassunto
Tra i secoli 5. e 15. lo sviluppo economico e la crescita demografica furono spesso legati a filo doppio, tanto che proprio l’aumento della popolazione è stato di frequente ritenuto dalle ricerche degli ultimi decenni il principale motore del processo di sviluppo economico che caratterizzò gran parte del Medioevo. La crescita demografica generò infatti un aumento della domanda, stimolando quindi in modo decisivo la produzione, benché, come vedremo, anche altri fattori abbiano contribuito a determinare dorme e modalità dell’aumento produttivo
Bibliografia
Le origini dell’economia europea: comunicazioni e commerci / M. McCormick. – Vita e Pensiero, 2009
La fame e l’abbondanza: storia dell’alimentazione in Europa / M. Montanari. – Laterza, 1993
La banca e il credito nel Medioevo / L. Palermo. – Bruno Mondadori, 2008
Le società dell’alto Medioevo: l’Europa e il Mediterraneo (400-800) / C. Wickham. – Viella, 2009
Cap. 14 Le forme dell’identità politica collettiva / di Luigi Provero
Riassunto
In ogni periodo storico l’azione sociale e politica passa sempre attraverso il coordinamento in strutture collettive: è una questione di necessaria collaborazione trai singoli, ma è anche un processo di elaborazione di identità collettive, l’affermazione di una dimensione in cui il singolo si sente parte di un qualcosa di più grande (una parentela, una comunità, un popolo).
Tutte le identità collettive, a qualunque livello, sono l’esito di processi di elaborazione e di costruzione e per questo hanno attirato l’attenzione degli storici: il singolo non è semplicemente e passivamente un membro di una collettività ma agisce per esserne parte e per modificarne le forme e i funzionamenti.
Della prima forma di identità politica collettiva, la parentela nelle sue varie accezioni, dalla famiglia nucleare al clan tribale si è già detto. Presenteremo qui qualche esempio di forme di collettività che ebbero un chiaro rilievo politico come quadri che organizzavano e orientavano l’azione dei singoli nel mondo: forme di identità e di azione utili a mostrare l’importanza di questa dimensione.
Bibliografia
Prima delle nazioni: popoli, etnie e regni tra Antichità e Medioevo / S. Gasparri. – Carocci, 1997
“Comunia”: le risorse collettive nel Piemonte comunale / R. Rao. – LED, 2008
Le parole dei sudditi: azioni e scritture della politica contadina nel Duecento / L. Provero. – CISAM, 2012
Comunità e clientele nella Toscana del 12. Secolo: le origini del comune rurale nella Piana di Lucca. – Viella, 1995
Cap. 15. 380: Impero romano e cristianesimo / di Luigi Provero
Riassunto
Il 27 febbraio 380 a Tessalonica, l’odierna Salonicco, su iniziativa dell’imperatore Teodosio fu emanato un decreto che riconosceva come religione ufficiale dell’Impero il cristianesimo, nelle forme che erano state definite dal concilio di Nicea del 325. Toeodosio vietò quindi sia i culti pagani, sia l’eresia ariana e fece del cristianesimo niceno l’unica religione ammessa.
Fu il completamento di un processo che, nel giro di pochi decenni, aveva portato il cristianesimo dalla condizione di religione minoritaria e perseguitata a quella di religione ufficiale e dominante. Per comprendere l’editto di Tessalonica occorre quindi tornare indietro alle persecuzioni che avevano colpito i cristiani alla fine del secolo 3. e all’editto di Milano, che nel 313 aveva concesso loro la libertà di culto.
Bibliografia
La formazione dell’Europa cristiana: universalismo e diversità, 200-1000 d. C. / P. Brown. – Laterza, 1993
Storia di Roma, vol. 3.: L’età tardoantica / a cura di A. Carandini, L. Cracco Ruggini e G. Tabacco. – Einaudi, 1993
Il cristianesimo latino altomedievale / G. Tabacco. – In: Storia del cristianesimo: Il Medioevo / a cura di G. Filoramo e D. Menozzi. – Laterza, 1997
L’eredità di Roma: storia d’Europa dal 400 al 1000 d. C. / C. Wichham. – Laterza, 2014
Cap. 16 476 Inizio del Medioevo o trasformazione del mondo antico? / di Simone M. Collavini
Riassunto
Tra la fine del secolo 4. E la fine del secolo 5. All’unità politica romana si sostituì nell’Europa occidentale una pluralità di regni autonomi. Una molteplicità di modelli regionalmente differenziati subentrò all’omogeneità delle strutture istituzionali, sociali ed economiche romane. Il 476 con la deposizione dell’imperatore d’occidente Romolo Augustolo da parte di Odoacre e l’invio delle insegne imperiali a Costantinopoli , ha assunto il ruolo di simbolo del cambiamento: finisce l’impero romano, inizia il Medioevo.
Bibliografia
Tempi barbarici: l’Europa occidentale tra antichità e Medioevo / S. Gasparri e C. La Rocca. – Carocci, 2012
Le origini etniche dell’Europa: barbari e romani tra antichità e Medioevo / W. Pohl. – Viella, 2000
La caduta di Roma e la fine della civiltà / B. Ward-Perkins. – Laterza, 2015
L’eredità di Roma: storia d’Europa dal 400 al 1000. / C. Wickham. – Laterza 2014
Cap. 17. 527 Giustiniano e un impero romano lontano da Roma / di Giuseppe Albertoni
Riassunto
La storia dell’Impero Romano non finì con la deposizione di Romolo Augustolo del 476- La parte orientale dell’Impero infatti si mantenne in vita e nella prima metà del secolo 6. Sembrò in grado di recuperare il controllo dei territori persi in Occidente. Ciò avvenne quando la guida dell’impero fu assunta da Giustiniano, che nell’aprile del 527 fu incoronato solennemente imperatore dal patriarca di Costantinopoli di fronte ad una assemblea di alti dignitari, senatori, militari. AL contrario di quanto era usuale, tuttavia, il nuovo imperatore non si recò nel grande ippodromo cittadino per ottenere l’acclamazione popolare.
Questa scelta esprime senza ambiguità la sua concezione del potere, che si ineriva nella tradizione imperiale romana ma, nel contempo, la rinnovava su basi cristiane: era Dio e non il popolo a legittimare il potere dell’imperatore. A partire da questo principio Giustiniano si rappresentava e agiva come vicario di Dio in terra che doveva guidare un impero cristiano unito dal punto di vista religioso e politico
Bibliografia
Giustiniano / M. Meier. – Il Mulino, 2007
Il mondo bizantino, vol. 1: L’impero romano d’oriente / a cura di S. Ronchey e T. Braccini. – Einaudi, 2007
Storia dell’Impero bizantino / G. Ostrogorsky. – Einaudi, 1968
Storia di Bisanzio / W. Treagold. – Il Mulino, 2005
Cap. 18 568 I longobardi e la frammentazione politica dell’Italia / di Tiziana Lazzari
Riassunto
Il giorno dopo la Pasqua del 568 i longobardi guidati dal loro re Alboino insieme con le mogli, i figli e tutti i loro beni lasciarono la Pannonia e si diressero verso l’Italia. Attivati alla Alpi orientali confine naturale e politico insieme tra la Pannonia e la penisola, il loro re salì sul monte più alto della zona, popolato da bisonti selvaggi e dalla cima contemplò la terra che di lì a poco avrebbe percorso e conquistato. Da allora il monte fu chiamato Monte dl Re.
Bibliografia
Le leggi dei Longobardi: storia, memoria e diritto di un popolo germanico / C. Azzara e S. Gasparri. – Viella, 2004
Italia longobarda / S. Gasparri. – Laterza, 2012
I Longobardi dei ducati di Spoleto e Benevento: atti del 16. Congresso internazionale di studio sull’alto Medioevo. – CISAM, 2003
Il regno dei Longobardi in Italia: archeologia, società e istituzioni. – CISAM. 2004
Le origini etniche dell’Europa: barbari e romani tra antichità e Medioevo / W. Pohl. – Viella, 2000
Cap. 19. 622 L’egira: l’affermazione dell’Islam e il mondo mediterraneo / di Alessio Fiore
Riassunto
L’espressione egira (hijjra, “migrazione”) indica la fuga di Maometto e dei suoi seguaci dalla Mecca nel 622 e il oro insediamento a Medina, Segna convenzionalmente l’inizio del calendario islamico, introdotto solo pochi decenni dopo tali eventi. Si tratta del momento in cui la predicazione religiosa e morale di Maometto cominciò a dare vita a una nuova comunità religiosa e politica, la umma. Proprio l’inscindibile nesso tra questi due elementi aiuta a spiegare la rapidissima espansione degli arabi seguaci del profeta, che nel giro di pochi decenni modificò in modo irreversibile gli equilibri mediterranei, e non solo
Bibliografia
Storia del mondo islamico / I. M. Lapidus. – Einaudi, 1993. – 3 v.
Storia del mondo islamico / C. Lo Iacono. – Einaudi, 2003
Cap. 20 800 Carlo magno e il ritorno dell’impero in Occidente / di Tiziana Lazzari
Riassunto
Il giorno di Natale dell’anno 800 Carlo, re dei franchi e dei longobardi, si trovava a Roma e partecipò alla messa solenne della festività nella basilica di San Pietro. Mentre era davanti all’altare assorto in preghiera papa Leone 3. – che Carlo aveva appena reinsediato dopo una rivolta – gli impose sul capo la corona e turro il popolo romano lo acclamò “grande e pacifico imperatore romano, coronato da Dio”.
Su come andarono veramente le cose in quel giorno famoso, esistono numerose narrazioni, che differiscono fra loro in molti particolari, a seconda dell’interpretazione ideologica che ciascun autore diede dell’evento. Esse comunque sono concordi sul fatto che l’episodio avvenne e che il titolo imperiale fu nuovamente attribuito a un re in Occidente: si riconoscevano così l’ampiezza dei territori conquistati dai franchi e il tentativo forte di assoggettarli a una sola fede, quella cristiana, e a regole sufficientemente coerenti di convivenza.
Bibliografia
L’Italia carolingia / G. Albertoni. – Carocci, 1997
Carlo Magno: un padre sull’Europa / A. Barbero. – Laterza, 2006
I franchi / B. Jussen. – Il Mulino, 2015
Carlo magno: il barbaro santo / S. Weinfurter. – Il Mulino, 2015
Cap. 21 843 Dall’impero ai regni / di Luigi Provero
Riassunto
Nell’843 a Verdun i figli dell’imperatore Ludovico il Pio morto tre anni prima divisero in tre parti l’impero carolingio: da quel momento in poi nessuno riuscì più a riunire nelle proprie mani in modo duraturo fli amplissimi territori che erano stati controllati da Carlo magno e dal figlio.
Fu un momento importante dal punto di vista dei grandi quadri territoriali e della vicenda dinastica dei carolingi, ma la divisione non mutò in modo significativo la natura del potere regio, le sue relazioni con l’aristocrazia, la sua capacità di controllare la società. La pace di Verdun si pone invece all’interno di un processo molto più lento, di trasformazione degli equilibri tra regno e aristocrazia, un processo che si attuò lungo linee in gran parte comuni a tutto l’impero, ma con differenze via via più significative tra i diversi regni.
Bibliografia
Nobili e re: l’Italia politica dell’alto Medioevo / P. Cammarosano. – Laterza, 1998
Gli Ottoni: una dinastia imperiale fra Europa e Italia (secc. 10.-11.) / H. Keller. – Carocci, 2012
I confini del potere: marche e signorie fra due regni medievali / G. Sergi. – Einaudi, 1995
Cap. 22 955 Nuovi protagonisti nella storia d’Europa. Ungari, slavi e normanni
Riassunto
Il 10 agosto 955 l’esercito di Ottone 1., re di Germania e futuro imperatore, sconfisse a Lechfeld, in Baviera, contingenti ungari in passato autori di devastanti incursioni. La sua vittoria fu rappresentata dalle fonti coeve come un’affermazione della cristianità contro la barbarie pagana. Da una diversa prospettiva, essa è oggi considerata una tappa rilevante ma non decisiva di un nuovo “allargamento” dell’Europa verso oriente e settentrione. Protagoniste di questo “allargamento” furono società a lungo caratterizzate da strutture politiche deboli, per lo più locali o regionali, e da un potere regio che, se presente, era intermittente.
Tra i secoli 9. e 10. tuttavia esse uscirono dal loro isolamento e diedero vita ad aggregazioni politiche più strutturate. Cercheremo qui di spiegare quali furono le cause di questo mutamento, le modalità dell’incontro/scontro con i regni dell’Europa occidentale e con l’impero bizantino, i processi di inclusione, emulazione o esclusione che portarono all’affermazione di novi regni che modificarono strutturalmente gi assetti politici europei.
Bibliografia
I normanni / H. Houben. – Il Mulino, 2013
L’Europa dei barbari: le culture tribali di fronte alla cultura romano-cristiana / K. Modzelewski. – Bollati Boringhieri, 2008
L’eredità di Roma: storia d’Europa dal 400 al 100 d. C. / C. Wickham. – Laterza, 2014
Cap. 23. Ordinamento signorile / di Luigi Provero
Riassunto
Il 28 maggio 1037 Corrado 2., impegnato nell’assedio di Milano, concesse l’Edictum de beneficiis, un ampio privilegio con cui riconobbe ai vassalli dei conti o dei vescovi (capitanei) e ai loro “fedeli” (valvassores) il diritto di conservare a vita i propri benefici (beneficia, beni fondiari o diritti assegnati temporaneamente) e di trasmetterli agli eredi, un diritto che solo una grave colpa avrebbe potuto cancellare.
L’intervento imperiale fu efficace per sanare un ampio conflitto tra l’aristocrazia minore e i maggiori “potenti” del regno italico (soprattutto vescovi) ed è per noi un atto fondamentale per cogliere come i legami giurati tra persone, tra cui quelli vassallatici, fossero divenuti in questa fase la principale forma di solidarietà all’interno della società aristocratica.
Ma la questione dei diritti di capitanei e valvassores (detti anche primi e secundi milites) era solo uno degli aspetti di una più ampia trasformazione, su cui il potere imperiale poteva incidere marginalmente: era in atto un grande e lento mutamento delle strutture del potere e dell’organizzazione sociale, una ridefinizione degli equilibri tra re e aristocrazie, verso forme di dominio signorile delle campagne, ma anche verso l’avvio di nuovi regni su base “nazionale”.
La lentezza , la gradualità e il carattere decisamente locale di questi processi fanno si che sia impossibile datarli a un momento preciso: usiamo il 1037 come un simbolo, il momento in cui l’impero prese atto di un’organizzazione sociale che trovava uno dei suoi fondamenti nelle reti clientelari.
Bibliografia
Signorie di Mezzogiorno: società rurali, poteri aristocratici e monarchia (12.-13. Secolo) / S. Carocci. – Viella, 2014
Le origini dell’economia europea: guerrieri e contadini nel Medioevo / G. Duby. – Laterza, 1975
L’Italia dei poteri locali: secoli 10.-12. / L. Provero. – Carocci, 1998
Comunità e clientele nella Toscana del 12. Secolo: le origini del comune rurale nella piana di Lucca / C. Wickham. – Viella, 1995
Cap. 24 1059 La nuova chiesa occidentale / di Tiziana Lazzari
Riassunto
Il 12 aprile del 1059 in un sinodo riunito a Roma nella basilica del Laterano papa Nicolò 2. firmò un decreto (Decretum in electione papae) che stabiliva nuove regole per l’elezione del vescovo di Roma. Le nuove regole, che arrivavano dopo alcuni anni di gravissimi conflitti sull’elezione del pontefice, stabilivano che da quel momento in avanti il vescovo di Roma sarebeb stato scelto e designato dai cardinali vescovi, approvato dai cardinali chierici e infine, a scelta fatta, acclamato dal resto del clero e dal popolo di Roma.
Il decreto non si discostava molto dalle norme canoniche relative alle elezioni vescovili che volevano che i presuli fossero eletti col concorso del clero e del popolo delle rispettive diocesi. Identificava però nei cardinali vescovi, e cioè vescovi dele diocesi suburbicarie di Roma – poste nell’immediato circondario della città – un nuovo soggetto collettivo che assumeva una funzione decisiva nella designazione del nuovo pontefice.
E, soprattutto, il decretum cominciava a prendere le distanze in modo radicale dalle consuetudini che nell’ultimo secolo avevano presieduto l’elezione del papa, riportando la piena responsabilità dell’elezione in un contesto rigidamente ecclesiastico, pur conservando un esplicito riconoscimento dell’autorità regia nell’approvazione della scelta fatta, espresso nella formulazione che faceva salvi, nell’applicazione delle nuove regole, l’honor e la reverentia dovuti all’imperatore, carica ricoperta a quel tempo da Enrico 3.
Bibliografia
Dalle chiese alla monarchia papale / G. M. Cantarella. – In: Chiesa, chiese, movimenti religiosi / a cura di G. M. Cantarella. – Laterza, 2001
Il sole e la luna: la rivoluzione di Gregorio 7. Papa, 1073-1095 / G. M. Cantarella. – Laterza, 2005
L’Italia medievale nei secoli di trapasso: la riforma della chiesa, 1012-1122 / O. Capitani. – Patron, 1984
Chiesa gregoriana: ricerche sulla riforma del secolo 11 / G. Miccoli. – La Nuova Italia, 1966
Chiesa feudale e riforme in Occidente, secc. 10.-12.: introduzione a un tem storiografico. – CISAM, 1999
Cap. 25. 1099 L’espansione occidentale nel Mediterraneo / di Simone M. Collavini
Riassunto
Il 15 luglio 1099, cavalieri e fanti occidentali presero Gerusalemme, massacrando moltissimi “infedeli”, raccogliendo un bottino immenso e recandosi, infine, a venerare il Sacro Sepolcro. L’episodio segna il culmine della spedizione nota come “prima crociata”, che ebbe un enorme successo, sia perché “liberò” Gerusalemme, sia perché creò vari “dominati” latini in Oriente e permise ai partecipanti alla spedizione di accumulare enormi risorse materiali e simboliche. Nacque così il mito del passaggio in Terrasanta, che per secoli orientò l’azione di cavalieri e principi, sovrani e pontefici.
Per capire questo mito, il fenomeno va posto in un quadro più ampio: l’espansione europea nel Mediterraneo durante il pieno Medioevo.
Fra i secoli 11. e 14. L’Europa di tradizione carolingia si espanse, conquistando, colonizzando e acculturando le aree circostanti. Ciò fu possibile grazie alla crescita demografica ed economica in atto, all’aggressività militare e culturale delle sue élite e alla loro capacità di integrare le aree conquistate. I cavalieri aprirono la strada, ma furono contadini e artigiani, mercanti ed ecclesiastici a trasformarle in profondità. Tali fenomeni, che cambiarono il nord e l’est del continente, coinvolsero anche il Mediterraneo nel secolo 11. Frontiera tra l’Occidente e le più complesse civiltà bizantina e islamica. Le crociate, la conquista normanna e l’espansione delle città marittime italiane nel Mediterraneo sono tutti aspetti di questo fenomeno.
Bibliografia
L’espansione dell’Occidente nel Mediterraneo / S. M. Collavini. – In: Storia d’Eueopa e del Mediterraneo / diretta da A. Barbero. – Vol. 8.: Popoli, poteri, dinamiche. – Salerno, 2006
L’invenzione delle crociate / C. Tyerman. – Einaudi, 2000
Le guerre di Dio: nuova storia delle crociate / C. Tyerman. – Einaudi, 2012
Cap. 26. 1137 Principati e regni / di Alessio Fiore
Riassunto
Nel 1137 il conte di Barcellona, a capo di un’ampia contea che comprendeva l’odierna Catalogna e una serie di possedimenti minori estesi anche a sud della Francia, si sposò con l’erede del confinante regno d’Aragona. In questo modo la dinastia comitale prese il controllo del regno vicino, dando vita a quella che nei secoli successivi si sarebbe rivelata come una delle più dinamiche formazioni politiche del bacino del Mediterraneo. Questa vicenda è importante non solo in sé, ma perché consente di focalizzare l’attenzione sul processo di ricomposizione dei quadri territoriali che caratterizza il secolo 12. Inoltre è significativa perché mette in primo piano una delle principali forme di organizzazione politica tra i secoli 11. E 12., i “principati territoriali”
Cap. 27. 1183 I comuni italiani nel secolo 12. / di Simone M. Collavini
Riassunto
Nel giugno 1183, Federico 1. E la lega lombarda, un’alleanza di comuni dell’Italia del nord guidata da Milano, fecero pace, perfezionando la tregua conclusa a Venezia nel quadro degli accordi tra l’imperatore e papa Alessandro 3. (1177). A tutela del prestigio del sovrano, l’atto era una concessione, ma segnava la vittoria della lega: si legittimavano i comuni; si permetteva loro di allearsi e di eleggersi dei governanti (consoli); si concedevano diritto già esercitati di fatto, ma ritenuti di origine regia (regalia).
In cambio i comuni dovevano alcuni tributi e il riconoscimento della sovranità imperiale. Le clausole riguardavano però le sole città della lega, meno di una ventina e per anni la loro sorte rimase incerta.
A seconda delle letture della storia d’Italia, la pace di Costanza è stata ritenuta il trionfo degli italiani sugli stranieri, l’origine delle “libertà italiane” o la vittoria delle autonomie locali sul centralismo. Tralasciando le interpretazioni ideologiche, essa mostra a un tempo l’eccezionalità e l’inserimento dell’esperienza comunale in un contesto europeo: anche altrove le città ottennero “libertà” dai re, ma l’ampiezza delle autonomie dei comuni italiani, in seguito ulteriormente riconosciute, non ha paralleli e li rese i poteri localmente dominanti nel basso Medioevo.
Bibliografia
Cavalieri e cittadini: guerra, conflitti e società nell’Italia comunale / J. C. Maire Vigueur. – Il Mulino, 2004
L’Italia dei comuni, 1100-1300 / F. Menant. – Viella, 2011
I comuni italiani, secoli 12.-14. / G. Milani. – Laterza, 2009
Potere al popolo: conflitti sociali e lotte politiche nell’Italia comunale del Duecento / A. Poloni. – Buono Mondadori, 2010
Cap. 28. 1194 Dai normanni agli Angioini: il regno del sud / di Luigi Provero
Riassunto
Nel 1194 due avvenimenti segnarono in modo importante la storia del sud Italia: il giorno di Natale l’imperatore Enrico 6. fu incoronato re di Sicilia, riunendo nelle sue mani un immenso territorio, che andava dal Mare del nord al canale di Sicilia: il giorno seguente a Jesi nacque il figlio di Enrico, il futuro imperatore Federico 2. destinato a diventare una figura chiave della storia europea del Duecento. Il 1194 è quindi una buona data di riferimento per leggere le vicende del sud Italia tra i secoli 11. e 13., segnate dall’alternanza tra una storia a parte (con funzionamenti e dinamiche diversi dall’Europa di tradizione carolingia) e una ricorrente connessione con le vicende del nord Italia e dell’impero. Ma per leggere tutto ciò, dobbiamo risalire a quasi due secoli prima, all’inizio del secolo 11. Quando gruppi di cavalieri normanni cominciarono a insediarsi tra Campania e Puglia.
Bibliografia
Federico 2.: un imperatore medievale / D. Abulafia. – Einaudi, 1990
L’Italia mediterranea e gli incontri di civiltà / P. Corrao, M. Gallina e C. Villa. – Laterza, 2001
Federico 2.: imperatore, uomo, mito / H. Houben. – Il Mulino, 2009
Il Mezzogiorno medievale: Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi nei secoli 11.-15. / S. Tramontana. – Carocci, 2000
Cap. 29. 1198 La monarchia papale /di Simona M. Collavini
Riassunto
L’8 gennaio 1198 i cardinali elessero papa il più giovane membro del collegio, Lotario dei conti da Segni, poi Innocenzo 3. (1198-1216). Da tempo cardinale, egli aveva studiato teologia a Parigi e diritto canonico a Bologna es era noto come intellettuale e uomo di curia, ma soprattutto come scaltro politico.
Più di ogni suo predecessore Innocenzo 3. Riuscì ad affermare il suo potere nella società occidentale in campo ecclesiastico e più latamente politico: un successo reso possibile dalle sue capacità personali e dal fortunato convergere di evoluzioni strutturali e contingenze congiunturali.
Bibliografia
Chiesa, chiese, movimenti religiosi / G. M. Cantarella, V. Polonio e R. Rusconi. – Laterza, 2001
Le eresie medievali / B. Garofani. – Carocci, 2008
Il papato da Leone 9. A Bonifacio 8.: centralità e universalità / A. Paravicini Bagliani. – In: Storia d’Europa e del Mediterraneo / diretta da A. Barbero, vol. 8. – Salerno, 2006
Innocenzo 3., 1198-1216 / J. Sayers. – Viella, 1997
Cap. 30 1214 Le monarchie europee / di Alessio Fiore
Riassunto
L’inizio del secolo 13. Fu una fase cruciale per la definizione del panorama politico europeo: fu il punto di arrivo di processi iniziati molto tempo prima, ma fu anche una fase di snodo che portò all’affermazione di alcuni quadri di ordinamento territoriale forti e stabili, con il venir meno di quella fluidità che aveva caratterizzato la fase precedente, ancora aperta a esiti molto differenti da quelli che poi si concretizzarono effettivamente. Questo processo di stabilizzazione fu scandito da alcune grandi battaglie, cruciali sotto il profilo dei concreti rapporti di forza e, soprattutto, sotto quello ideologico e identitario. In questa prospettiva la battaglia di Bouvines del 1214, tra il re di Francia Filippo 2. Augusto e l’imperatore Ottone 4. Di Brunswick, fu probabilmente la più importante, ma non certo l’unica di questa fase decisiva.
Bibliografia
La domenica di Bouvines: 27 luglio 1214 / G. Duby. – Einaudi, 1984
Cap. 31. 1241 L’Europa davanti ai mongoli / di Alessio Fiore
Riassunto
Nel 1241 un’armata di mongoli, una popolazione nomade proveniente dalla steppe dell’Asia nord-orientale, penetrò in Europa centrale, dopo avere conquistato solo pochissimi anni prima gran parte di quella orientale. Dopo aver annientato gli eserciti dei regni di Ungheria e Polonia ne saccheggiò per quasi un anno i territori senza incontrare particolari resistenze. L’armata tornò repentinamente nelle steppe asiatiche in seguito alla morte del capo (gran khan o khagan) mongolo, per l’elezione del successore, che però decise di sospendere le operazioni militari in Europa per concentrarsi sulla Siria e sulla Cina meridionale. Negli anni successivi le potenze europee, dopo un primo momento di impotente sbigottimento, si trovarono con difficoltà a interagire con questi nuovi quanto ingombranti attori della scena internazionale.
Bibliografia
I mongoli / M. Rossabi. – Il Mulino, 2015
Cap. 32. 1309 La crisi degli universalismi / di Luigi Provero
Riassunto
Nel 1309 papa Clemente 5. Decise di stabilire la propria residenza e la corte papale lontano da Roma, ad Avignone, dove i papi restarono per quasi settant’anni. Il periodo avignonese fu l’espressione di una nuova posizione del papato negli equilibri politici europei, caratterizzati dalla rottura ormai definitiva della solidarietà con l’impero, dall’avvicinamento al regno di Francia dopo un periodo di duri conflitti e dalla difficoltà a tenere sotto controllo i potentissimi baroni romani. Per comprendere questa fase dobbiamo ripartire dai decenni precedenti e collegare la trasformazione del papato con quella dell’altro grande potere universale, l’impero
Bibliografia
Il giubileo di Bonifacio 8. / A. Frugoni. – Laterza, 1999
L’Occidente nei secoli 14. e 15.: gli stati / B. Guenée. – Mursia, 1992
Il trono di Pietro: l’universalità del papato da Alessandro 3. a Bonifacio 8. / A. Parravicini Bagliani. – Carocci, 1996
Le ideologie politiche del Medioevo / G. Tabacco. – Einaudi, 2000
Cap. 33. 1313 Dal comune alla signoria / di Tiziana Lazzari
Riassunto
Durante una dura campagna militare, volta a riconsegnare al coordinamento imperiale le molteplici realtà politiche del regno italico, quando con il suo esercito stava assediando la città di Siena, uno dei baluardi dello schieramento guelfo, l’imperatore Enrico 7. Si ammalò di malaria e fu costretto ad abbandonare la lotta. I tentativi di cura presso le località termali toscane nei pressi non sortirono l’effetto sperato e il 24 agosto 1313, a neppure quarant’anni, l’imperatore moriva a Buonconvento, nella chiesa di San Pietro. Fu sepolto a Pisa, città di tradizionale schieramento filo-imperiale e con il suo corpo furono sepolte anche le residue aspirazioni di coordinare il regno italico all’impero.
Bibliografia
Il sistema politico dei comuni italiani (secoli 12.-14.) / J.-C. Maire Vigueur e E. Faini. – Bruno Mondadori, 2010
I comuni italiani: secoli 12.-14. / G. Milani. – Laterza, 2005
Potere al popolo: conflitti sociali e lotte politiche nell’Italia comunale del Duecento / A. Poloni. – Bruno Mondadori, 2010
Dai comuni agli stati territoriali: l’Italia delle città tra 13. e 15. Secolo / L. Tanzini. – Monduzzi, 2010
A consiglio: la vita politica nell’Italia dei comuni / L. Tanzini. – Viella, 2010
Cap. 34 1348 Economia e società nel tardo Medioevo / di Simone M. Collavini
Riassunto
Diffuso da pulci di topo e ratti presenti su navi genovesi provenienti dal Mar Nero, alla fine del 1347 il bacillo della peste ricomparve in occidente dopo un’assenza di oltre mezzo millennio. L’impreparazione biologica degli europei e l’assenza di conoscenze mediche adeguate ne favorirono la rapidissima diffusione con effetti devastanti. In pochi anni (1348-1350) scomparve da un terzo alla metà degli europei. Il morbo, poi, si fece endemico, ripresentandosi a ogni generazione – seppur in forme sempre meno virulente – fino all’età moderna, rendendo lenta e incerta la riprese demografica.
La pandemia è stata ritenuta effetto e causa a un tempo di una più generale crisi dell’Europa tardomedievale, la cosiddetta “crisi del Trecento”. L’idea di una crisi generalizzata della società europea alla fine del Medioevo pone però alcuni problemi. Come connettere la “crisi” alla precedente fase di crescita e all’espansione europea della prima età moderna? Siamo di fronte a un arretramento lungo il percorso di crescita dell’Occidente o a una complessiva trasformazione delle strutture economiche di base? Tali domande hanno ancor più rilievo per l’Italia: la crisi tardomedievale, infatti, corrisponde alla straordinaria fioritura culturale dell’Umanesimo e del Rinascimento.
Bibliografia
Potere e mercanti in Sicilia: secoli 13.-16. / S. R. Epstein. – Einaudi, 1996
Cap. 35 1453 I turchi e l’Europa orientale
Riassunto
Il 29 maggio 1453 l’esercito turco, guidato dal sultano Maometto 2., conquistò Costantinopoli, ponendo così termine alla millenaria storia dell’impero bizantino, al quale subentrò un nuovo impero euro-asiatico a guida musulmana, l’impero ottomano. La caduta di Costantinopoli, tuttavia, non fu solo l’esito dell’espansione militare turca. Fu parte di un più ampio processo di ridefinizione degli equilibri politici, economici e religiosi che anche nel Balcani e nell’Europa orientale, così come nell’Europa occidentale, portò al superamento dell’universalismo imperiale e all’affermazione di regni più centralizzati e coerenti.
Bibliografia
Il Commonwealth bizantino: l’Europa orientale dal 500 al 1453 / D. Obolensky. – Laterza, 1977
Storia dell’impero bizantino / G. Ostrogorsky. – Einaudi, 1968/1993
Storia di Bisanzio / W. Treagold, 2005
Cap. 36. 1454 Gli stati regionali italiani
Riassunto
La pace di Lodi, nel 1454, segnò la fine di un duro conflitto tra il ducato visconteo di Milano e la repubblica di Venezia e fu favorita anche dalla successione di Francesco Sforza ai Visconti. Si trattò di un momento cruciale, di importanza non solo locale, perché l’accordo, raggiunto tramite la mediazione del papato, portò a una relativa stabilizzazione del complesso quadro politico della penisola, scosso nel secolo e mezzo precedente da continui scontri militari tra le diverse formazioni regionali, ciascuna delle quali si proponeva di raggiungere sempre maggiori spazi di egemonia. Con il trattato di Lodi, assunsero una forma stabile quei grandi quadri territoriali destinati a caratterizzare, con poche modifiche, il quadro italiano fino alla vigilia dell’Unità.
Bibliografia
La formazione dello stato regionale e le istituzioni del contado: secoli 16. e 15. / G. Chittolini. – Einaudi, 1979
L’Italia degli stati territoriali: secoli 13.-15. / I. Lazzarini. – Laterza, 2004
Origini dello Stato: processi di formazione statale in Italia fra Medioevo et età moderna /a cura di G. Chittolini, A. Molho e P. Schiera. – Il Mulino, 1994
Lo stato del Rinascimento in Italia, 1350-1520 / a cura di A. Gamberini e I. Lazzarini. – Viella, 2014
Cap. 37 1492 Nuovi equilibri europei
Riassunto
Il 1492 fu un anno denso di avvenimenti che segnarono momenti di svolta di lunga durata: a Firenze morì Lorenzo il magnifico, il signore mediceo che era stato a lungo uno dei principali artefici della conservazione dell’equilibrio fra le diverse forze politiche attive nella penisola deciso a Lodi. Più a ovest, nella penisola iberica, capitolò l’emirato islamico di Granada, che era rimasta l’ultima piazzaforte musulmana sul continente europeo, Nello stesso anno, partito dalle coste occidentali della penisola iberica, Cristoforo Colombo sbarcò sull’isola di Guanhani, dell’arcipelago delle Bahamas, che chiamò San Salvador. Iniziava così una nuova storia, quella dell’espansione dell’Europa occidentale in direzione del continente americano.
Bibliografia
La guerra dei cent’anni / P. Contamine. – Il Mulino, 2013
Storia medievale di Provero Vallerani
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Storia medievale / Provero Vallerani
Bibliografia generale
L’eredità di Roma: storia di Roma dal 400 al 1000 d. C. / C. Wickham. – Laterza, 2014
Tempi barbarici: l’Europa occidentale tra antichità e Medioevo, 300-900 / S. Gasparri, C. La Rocca. – Carocci, 2012
La caduta di Roma e la fine della civiltà / B. Ward-Perkins. – Laterza, 2005
Parte prima: La trasformazione del mondo romano
Introduzione
L’idea di Medioevo nasce quando il Medioevo finisce: furono gli umanisti, a partire dal secolo 15., a individuare un periodo di mezzo (una ‘media aetas’) che si frapponeva tra loro e l’età classica, a cui volevano richiamarsi. E’ quindi un’idea che nasce in un momento storico preciso e con intenti chiari: affermare la propria diretta discendenza dalla cultura classica e connotare il millennio precedente come un intermezzo, un periodo di barbarismi e di declino linguistico e culturale, una rottura che andava sanata. Il giudizio negativo sul medioevo, nato sul piano culturale, non faticò a estendersi alla valutazione delle forme politiche e della società: gli uomini del Rinascimento, formati in una cultura che vedeva nello Stato il modello politico più alto, guardavano con perplessità e disprezzo il Medioevo e soprattutto i suoi ultimi secoli, con l’altissima frammentazione dei poteri di cui gli stati rinascimentali apparivano come una cura.
Come tutte le periodizzazioni storiche, il Medioevo è quindi una convenzione, e come tale deve essere trattato: uno strumento concettuale, utile se ci permette di comprendere meglio il passato. Ovviamente nessuno può pensare che il millennio medievale esprima una civiltà omogenea e compatta, che sia un blocco unico che può essere letto come un insieme indifferenziato. Ma la nozione di Medioevo resta utile perché indica un periodo che si colloca tra due fasi di profondo mutamento pressoché di tutte le forme della vita associata: da un lato la trasformazione del mondo romano, tra 4. E 6. Secolo; dall’altro la formazione dell'Europa moderna, un migliaio di anni dopo.
Torneremo alla fine del volume sui cambiamenti che tra 14 e 16 secolo rivoluzionarono l’Europa occidentale e che – nella periodizzazione più comunemente accettata – pongono fine al Medioevo. I quattro capitoli della prima parte del volume intendono presentare il prima grande sistema di cambiamenti, quello che caratterizza la transizione dalla Antichità al Medioevo. Fu una fase segnata da un sistema articolato di cambiamenti, quindi, e proprio questa articolazione la rende pienamente rilevante: non solo le invasioni barbariche, ma una profonda trasformazione delle forme di vita, un mutamento che ebbe inizio ben prima della caduta dell’Impero e si concluse molto dopo. Possiamo considerare unitariamente i secoli dal 4 al 6 come una complessiva fase di trasformazione.
Cambiarono le fedi religiose, la distribuzione dei diversi popoli in Europa e nel Mediterraneo, i sistemi politici, le forme della circolazione economica. Vediamo in estrema sintesi queste quattro linee di cambiamento che connotano complessivamente i capitoli di questa parte. Il Cristianesimo si era progressivamente diffuso nei territori dell’Impero, ma nel corso del 4 secolo compì un salto di qualità fondamentale: prima la libertà di culto concessa da Costantino nel 313, poi il riconoscimento come religione ufficiale dell’Impero nel 380, trasformarono in pochi decenni il Cristianesimo da religione minoritaria e illecita a culto dominante. Negli stessi decenni gruppi sempre più numerosi di persone originariamente estranee all’Impero (e perciò dette ‘barbare’) si stanziarono all’interno del dominio romano, non in seguito a una conquista, ma riconosciuti e accolti dallo stesso Impero, di cui andarono a costituire l’esercito. Nel secolo successivo molti di questi gruppi presero il potere in diversi settori dell’Impero occidentale, formando i cosiddetti regni romano-germanici, mentre la parte orientale dell’Impero, territorialmente ridotta, conservò molte forme del potere imperiale. Infine, questa rottura del nesso politico romano trasformò radicalmente i meccanismi economici: il prelievo la redistribuzione delle tasse attraverso tutto il Mediterraneo e l’Europa avevano infatti costituito il principale sistema di circolazione economica in età imperiale: la loro interruzione, con la fine dell’Impero d’Occidente, non arrestò gli scambi tra le diverse sponde del Mediterraneo, ma certo ruppe l’interdipendenza economica tra le diverse regioni, quale si era definita nei secoli precedenti.
In estrema sintesi, all’inizio del 6 secolo pressoché tutte le forme del vivere associato erano diverse rispetto a due secoli prima: si rispondeva a poteri diversi, si erano diffuse lingue nuove (ma si continuava a parlare e soprattutto a scrivere in latino), si credeva in un Dio diverso, nella vita quotidiana si usavano per lo più oggetti di produzione locale, le città (e soprattutto Roma) erano più piccole. Un muramento così complesso ovviamente non si può ridurre a una data: non si può indicare un momento preciso di inizio del Medioevo. Molte date sono state proposte, e ognuna di queste rappresenta una scelta, una selezione, un’interpretazione del mutamento: la classica del 476 (la fine dell’Impero d’Occidente) esprime l’idea che la struttura fondante del mutamento sia rappresentata dalle istituzioni più alte, dal titolo imperiale; il 410 (il sacco di Roma da parte dei Visigoti) privilegia una lettura etnico-militare, con la libera mobilità dei popoli barbarici nei territori dell’Impero, fino alla violazione del suo centro, che da secoli (dai Galli di Brenno) non veniva raggiunto dai nemici; il 324 (fondazione di Costantinopoli) è un modo per evidenziare i quadri territoriali e istituzionali, con la creazione di una nuova capitale, alternativa a Roma; il 313 (l’editto di Milano) indica invece nel mutamento religioso il fattore più connotante.
Ogni data è una interpretazione, è l’individuazione di un singolo fattore che viene così ritenuto determinante nel mutare dell’intera civiltà: in questo senso le date possono essere utili: proprio il fatto che siano state suggerite tante date diverse ci aiuta a ricordare come il mutamento fosse costituito da molti fattori. Ma è importante ricordare che non è il fatto specifico (l’editto di Milano, la deposizione di Romolo Augustolo…) a determinare il mutamento, ma è il mutamento strutturale a manifestarsi nel fatto.
Questo è in breve il quadro che unisce la prima parte del volume: il processo di trasformazione del mondo romano attraverso un sistema di profondi cambiamenti. Questa idea di ‘trasformazione del mondo romano’ non vuole offrire l’immagine di una transizione morbida e pacifica: furono secoli di grandi conflitti e saccheggi (che per due volte colpirono la stessa Roma), persecuzioni religiose e violenze. Ma le violenze e i disordini ci furono in molti altri periodi: ciò che connota davvero questi secoli è il fatto che l’esito di queste violenze fu appunto la trasformazione del mondo romano, la creazione di molte dominazioni – dall’Impero bizantino ai piccoli regni inglesi – che in modi diversi rielaborarono i modelli di funzionamento sociale, economico e politico dell’Impero.
I 4 capitoli che costituiscono questa parte leggono il mutamento attraverso altrettante chiavi tematiche diverse: i funzionamenti dell’Impero tardoantico e l’affermazione del Cristianesimo; la formazione dei regni romano-germanici nell’Europa occidentale; lo specifico caso del regno franco, contesto in cui ci sviluppò la più efficace simbiosi tra diversi gruppi etnici; e infine la rottura del quadro mediterraneo unitario tardoromano. Al contempo i capitoli delineano in parte anche una scansione cronologica, dato che il primo si concentrerà sul 4 secolo, i seguenti su 5 e 6secolo
Cap. 1 L’Impero cristiano
Riassunto
Negli ultimi decenni sono cambiate radicalmente le letture che gli storici propongono dei secoli finali dell’età romana, il cosiddetto tardoantico, che non è più visto come una lunga fase di decadenza dell’Impero, ma come un periodo con suoi propri connotati, in un complesso e innovativo equilibrio tra la dimensione regionale del mondo romano, le istanze del governo centrale, la progressiva penetrazione di nuove popolazioni nei territori imperiali e nuove forme religiose.
Da qui dobbiamo partire: solo la comprensione dei caratteri fondamentali del tardo impero ci potrò permettere di leggere i funzionamenti della società europea del primo Medioevo. Dobbiamo quindi osservare le principali strutture di potere e di prelievo, il ruolo dell’esercito e della sua componente barbarica, il mutamento religioso che si attuò a partire dal 4. Secolo, con la cristianizzazione dell’Impero e l’avvento della figura del monaco cristiano, che assumerà un ruolo rilevante lungo il Medioevo.
E’ una fase di intensi confronti tra diversi modelli di civiltà e di spiritualità, per lo studio della quale tuttavia dobbiamo scontare importanti effetti distorsivi dovuti alle fonti disponibili, che incidono pesantemente sulla conoscenza di alcune delle trasformazioni più importanti di questi secoli: da un lato le narrazioni di parte cristiana del confronto tra pagani e cristiani e pagani hanno rapidamente messo in secondo piano le posizioni pagane (esempio classico è la figura dell’imperatore Giuliano, la cui coerente e matura ideologia pagana gli è valsa il titolo dispregiativo di “Apostata”); dall’altro lo scontro tra mondo romano e popolazioni barbare è narrato da testi esclusivamente di ambito romano, al punto che gli stessi processi di costruzione dell’identità etnica dei popoli germanici sono leggibili in massima parte attraverso testi romani o narrazioni storiche scritte secoli dopo, quando i popoli germanici erano ormai solidamente stanziati all’interno dei territori romani.
Questo sistema di fonti ha dato vita a ricostruzioni storiche spesso incerte e soprattutto caiche di implicazioni ideologiche e politiche, attorno al nesso tra potere e religione e attorno alle identità etniche e all’opposizione tra mondo tomano e mondo germanico. La medievistica ha affrontato – e sta affrontando – un duro percorso per svincolarsi dagli eccessivi lacci ideologici, valorizzando invece gli spunti innovativi che sono derivati dalle ricerche archeologiche.
Bibliografia
Il mondo tardo antico: da Marco Aurelio a Maometto / P. Brown. – Einaudi, 1974
Per la cruna di un ago: la ricchezza, la caduta di Roma e lo sviluppo del cristianesimo, 350-550 d. C. / P. Brown. – Einaudi, 2014
Storia di Roma, vol. 3: l’età tardoantica / a cura di A. Carandini, L. Cracco Ruggini, A. Giardina. – Einaudi, 1993
Cap. 2 Barbari e regni
Riassunto
Le “invasioni barbariche”, la caduta dell’Impero e la formazione dei regni romano-germanici sono state considerate tradizionalmente come i passaggi chiave della transizione dall’antichità al Medioevo. La tradizione della “caduta dell’Impero d’Occidente” ha spesso posto al centro il dato politico-militare, con el conquiste dei territori imperiali da parte di popolazioni germaniche e la deposizione dell’ultimo imperatore d’Occidente nel 476.
Come abbiamo visto nell’introduzione di questa parte del volume, il mutamento fu radicale ma fu ben più complesso delle vicende militari e istituzionali, coinvolse una profonda trasformazione delle forme di vita religiosa e dei sistemi di circolazione economica e si distese su un lungo periodo, dal 4. al 6. secolo. Dobbiamo quindi relativizzare l’importanza dell’espansione militare germanica, sia perché fu tutt’altro che improvvisa (i Germani, come abbiamo visto, costituivano gran parte dell’esercito romano), sia perché non fu l’unico o il principale motore del mutamento.
Posti questi limiti, possiamo ora concentrarci sul processo di affermazione politico-militare delle popolazioni germaniche, che – se non fu il meccanismo centrale della transizione al Medioevo – fu in ogni caso un’evoluzione di grande rilievo, che mutò i quadri politici e le forme di vita delle popolazioni e influenzò profondamente i sistemi economici mediterranei. E il punto di partenza deve essere una breve presentazione degli avvenimenti militari del 5. Secolo che, pur senza proporre un’analitica ricostruzione di vicende quanto mai complesse e frammentate, permetta di coglierne l’intensità e i principali esiti.
Bibliografia
Le origini etniche dell’Europa: barbari e romani fra antichità e Medioevo / W. Pohl. – Viella, 2000
Il mito delle nazioni: le origini medievali dell’Europa / H. Wolfram. – Carocci, 2009
Teodorico / P. Fouracre. – Il Mulino, 2013
Cap. 3 La simbiosi franca
Riassunto
Tra i diversi regni romano-germanici, quello dei Franchi merita una trattazione a sé, un po’ più ampia di quella dedicata a popoli come gli Ostrogoti o i vandali. Questo per due motivi:
- Prima di tutto i Franchi furono quelli che svilupparono con la massima efficacia l’incontro con le popolazioni di tradizione romana, realizzando una vera e propria simbiosi, un’unione profonda a costituire un nuovo popolo, in grado di integrare e sviluppare diverse culture politiche;
- Inoltre, come diretta conseguenza di ciò, i Franchi nel giro di due secoli riuscirono ad affermarsi come il regno più potente d’Europa, ponendo le basi per la straordinaria espansione carolingia alla fine dell’8 secolo.
Ma per leggere questi processi occorre ritornare indietro nel tempo, a quella fase, tra 3 e 5 secolo, in cui i Franchi prima entrarono in contatto con l’Impero romano, poi assunsero il controllo della Gallia.
Bibliografia
Storia dei Franchi: i dieci libri delle storie / Gregorio di Tours. – Liguori, 2001
Cap. 4 La rottura del Mediterraneo romano
Riassunto
Roma già in età repubblicana aveva realizzato un quadro politico-territoriale che non ha uguali nella storia, ovvero l’unità del Mediterraneo. Fu un’unità politica che non cancellò la varietà delle forme di vita, di lingua o di culto: il dominio romano restò un insieme di società molto diverse, riunite dalla sottomissione politica, dall’apparato burocratico e da un capillare sistema fiscale. Nei due capitoli precedenti abbiamo presentato il crollo di questo sistema politico-militare in Occidente, con la transizione dall’Impero ai regni; qui si torna a un orizzonte mediterraneo e si ampliano le prospettive, a mostrare come il mutamento abbia convolto aspetti che andavano ben al di là della dimensione politica.
L’ordine dei capitoli non è casuale, non per affermare un’assoluta centralità della dimensione politica, ma perché in questo specifico contesto molti mutamenti furono conseguenze della ridefinizione dei circuiti economici (in specifico in Occidente), sia il nuovo assetto dell’Impero, ridotto a prospettive poco più che regionali nel Mediterraneo orientale; infine le dispute teologiche, che in questi secoli divisero il Cristianesimo, riprodussero su un piano diverso l’approfondimento delle divisioni tra le diverse parti dell’Impero romano.
Bibliografia
La società dell’alto Medioevo: Europa e Mediterraneo, secoli 5-8 / C. Wickham. – Viella, 2009
Le origini dell’economia europea: comunicazioni e commercio, 300-900 d. C. / M. McCormick. – Vita e Pensiero, 2008
Costantinopoli: nascita di una capitale, 300-451 / G. Dragon. – Einaudi, 1991
Storia delle società islamiche / I. Lapidus. – Einaudi, 1993
Parte 2 Il sistema di dominazione altomedievale
Introduzione
Questa parte del manuale è dedicata al periodo compreso tra il 7 e il 10 secolo, un’epoca segnata da profonde trasformazioni degli assetti di potere (come la costruzione dell’Impero carolingio e la sua divisione in nuovi regni) ed economici (con lo sviluppo di un’accresciuta pressione aristocratica sulle risorse agrarie e l’apertura di nuove reti di scambio); ma è anche un periodo con alcuni importanti caratteri di stabilità: cessata l’intensa mobilità di popoli dei secoli 5 e 6 e concluso il processo di rielaborazione dell’eredità romana, ci troviamo di fronte a sistemi di dominazione fondati su un delicato equilibrio tra poteri regi e l’aristocrazia. Tutti i sistemi politici di cui tratteremo in questa parte nacquero dalle diverse forme di questo rapporto, che non si tradusse mai né in un potere monarchico assoluto, né in una totale libertà d’azione delle famiglie aristocratiche. La dinamica tra regno e aristocrazia è quindi una chiave fondamentale per leggere questi secoli: è di fatto la struttura portante di tutte le forme di potere analizzate nei prossimi capitoli: in questi secoli in tutte le dominazioni è evidente la centralità del re, ma è una centralità costruita coordinando l’aristocrazia.
Ma quando parliamo di “dominazione” altomedievale dobbiamo intendere questo termine in senso molto ampio: non è solo questione di potere regio, ma di ricchezza, di controllo degli uomini e delle risorse, di controllo delle loro anime attraverso il sistema delle chiese. Così nei capitoli di questa parte si discuterà delle forme di potere, ma anche dell’integrazione tra potere regio ed ecclesia, di sistemi di produzione e scambio. Solo nel quadro di questa integrazione si possono comprendere appieno la natura e l’efficacia della dominazione aristocratica: la potenza si esercitava assolvendo funzioni di governo e di guida militare per conto del regno, ma anche accumulando possessi fondiari, elaborando forme efficaci di sfruttamento della terra, costruendo chiese e occupando funzioni ecclesiastiche. E tra le tante diverse azioni politiche, un ruolo centrale era ricoperto dai legami personali e clientelari, vero fondamento delle dominazioni altomedievali. Non si può ovviamente ridurre la storia del potere a una storia di persone ed è importante leggere come il potere si traduca in istituzioni; ma non è possibile fare storia del potere prescindendo dalle persone e dalle loro reti relazionali e parentali.
Dati questi caratteri di lungo periodo, comuni a molte diverse dominazioni, bisogna al contempo evitare di cancellare le differenze, e per questo concentreremo una parte importante della nostra attenzione sulla più grande costruzione politico-territoriale del Medioevo, l’Impero carolingio. Non si deve però isolare l’Impero dalle altre costruzioni politiche e occorre invece vederlo come un coerente sviluppo delle forme di regalità precedenti e soprattutto del regno merovingio: come altri regni precedenti e successivi, l’Impero fu espressione di un equilibrio dinamico tra re e aristocrazia. Questa lettura ci permette inoltre di non accentuare eccessivamente né l’unità dell’Impero né l’impatto della sua fine e quindi di non opporre in modo troppo netto l’unità imperiale di Carlo magno e Ludovico il Pio alle divisioni della generazione successiva: le differenze regionali erano importanti sotto Carlo e l’idea di unità dell’Impero e del gruppo carolingio sopravvisse nella seconda metà del 9 secolo. Gli sviluppi successivi, interni ai singoli regni, costituirono sì una dissoluzione del nesso carolingio, ma furono del tutto coerenti con le dinamiche che avevano portato alla costruzione dell’Impero stesso.
Bibliografia
Egemonie sociali e strutture del potere nel Medioevo italiano / G. Tabacco. – Einaudi, 1979
Cap. 1 Nobili, chiese e re: ricchezze e poteri
Riassunto
Tra 6 e 8 secolo la geografia politica dell’Europa occidentale appare molto più stabile che nei due secoli precedenti: con l’eccezione della conquista longobarda dell’Italia, la mobilità dei popoli germanici rallenta decisamente e la fisionomia territoriale dei principali regni appare nel complesso definita. Constatiamo una conflittualità intensa, uno stato di guerra quasi endemico tra le diverse dominazioni, ma se questo porta a una continua mobilità dei confini, non ne consegue invece una ridefinizione complessiva dei quadri territoriali.
Possiamo quindi ragionare sui funzionamenti di regni maturi, che hanno superato la fase generativa e l’incontro romano-germanico che avevano caratterizzato i primi decenni. Tre sono le chiavi fondamentali attraverso cui leggeremo i funzionamenti sociali di questi secoli: l’equilibrio politico tra le aristocrazie e i re; lo sfruttamento delle risorse agrarie; l’apertura di nuove reti di scambio: Il quadro territoriale su cui ci concentreremo sarà lievemente diverso da quello dei capitoli 2 e 3 della prima parte: dopo la cancellazione del regno vandalo a opera degli eserciti di Giustiniano, ci occuperemo dello spazio europeo occidentale, ovvero delle isole britanniche, del regno visigoto e – più ampiamente – del regno franco. Lo spazio italiano sarà invece oggetto di una specifica trattazione nel capitolo seguente, dedicato al dominio longobardo, ma si vi si farà qui riferimento per quanto riguarda i funzionamenti economici, dal punto di vista sia dell’accentuata pressione aristocratica sulle risorse agrarie, sia della costruzione di reti di scambio.
Bibliografia
Le origini dell’economia europea: guerrieri e contadini nel Medioevo / G. Duby. – Laterza,1975
Dalla terra ai castelli: paesaggio, agricoltura e poteri nell’Italia medievale / P. Toubert. – Einaudi, 1995
Cap. 2 Nuovi quadri politici: il regno longobardo
Riassunto
La medievistica e più in generale la cultura in generale la cultura italiana del 19 e 20 secolo si sono interessate a lungo del regno longobardo, con letture profondamente diverse, connesse ad alcune sue peculiarità: fu la prima dominazione germanica in Italia a porsi in netta contrapposizione con l’Impero; ma al contempo i Longobardi rappresentarono una dominazione esclusivamente italiana, prima che la conquista franca unisse la penisola a un quadro politico più ampio – l’Impero carolingio e poi tedesco – in cui sarà inglobata per tutto il Medioevo; infine il regno longobardo convisse con le ambizioni egemoniche del papato, in una contrapposizione politico-territoriale che assunse anche connotati religiosi, tra Longobardi ariani e Romani cattolici.
Così su questa fase si sono addensati diversi interessi culturali e letture ideologiche: qui si è accentrata l’attenzione di chi si interrogava sul rapporto tra Romani e barbari, sui processi di dominazione, asservimento e fusione, con un’evidente analogia, in età risorgimentale, fra il rapporto Longobardi-Romani e quello Austriaci-Italiani; ma il regno longobardo è stato anche visto come un momento di possibile unità italiana, libera da egemonie straniere; e infine si è riflettuto su questo periodo come momento fondamentale per definire il ruolo politico della Chiesa.
Con il progressivo attenuarsi delle letture di orientamento nazionalistico e religioso, è rimasta al centro della scena la questione etnica, ovvero l’identità longobarda, i rapporti tra le due popolazioni e la loro assimilazione. Questo aspetto ha subito profonde trasformazioni nella seconda metà del secolo 20, grazie a due processi tra loro connessi: da un lato l’integrazione della storia longobarda nella più ampia storiografia europea dedicata ai regni romano-germanici e più in generale alla trasformazione del mondo romano; dall’altro la crescita della ricerca archeologica, che ha rivoluzionato le conoscenze rispetto alle ridottissime fonti scritte relative all’età longobarda.
Il corpus di testi di cui può fruire lo studio dell’età longobarda non è infatti particolarmente povero, se confrontato ad esempio alle fonti disponibili per la Spagna visigota, ma è un patrimonio documentario piuttosto limitato dal punto di vista tipologico: poiché è molto ridotta la serie di atti documentari (vendite, donazioni, sentenze…), le informazioni disponibili derivano soprattutto da due grandi testi, ovvero da un lato la Storia dei Longobardi scritta da Paolo Diacono all’inizio del 9 secolo, pochi anni dopo la caduta del regno sotto il controllo dei Franchi, e dall’altro la raccolta delle leggi promulgate da dai re longobardi, a partire dall’editto di Rotari del 643. Due fonti per molti versi straordinarie, ma che richiedono un’analisi particolarmente attenta alla natura di questi testi per cogliere gli elementi di distorsione della realtà.
Si tratta di leggere le fonti tenendo sempre presente che esse non sono nate per rappresentare o descrivere la realtà, ma per intervenire su di essa. Le leggi nacquero dal tentativo dei re di consolidare il proprio potere; la narrazione di Paolo Diacono ha delle finalità meno evidenti e più discusse, dato che non si sa con certezza dove e per chi abbia scritto Paolo: forse alla corte carolingia d’Italia, per informare i nuovi dominatori della storia della penisola nei due secoli precedenti; più probabilmente all’interno del principato di Benevento, l’ultima dominazione longobarda in Italia, che riuscì a restare autonoma dal dominio franco dopo la conquista del regno a opera di Carlo magno. In ogni caso il testo di Paolo non fu una libera narrazione, ma un racconto pesantemente condizionato dal contesto in cui nacque.
Bibliografia
Italia longobarda: il regno, i Franchi, il papato / S. Gasparri. – Laterza, 2012
Storia dei Longobardi / I. Jarnut. – Einaudi, 1995
I Longobardi / C. Azzara. – Il mulino, 2015
Longobardi e Bizantini / P. Delogu, A. Guillou, G. Ortalli. – Utet, 1980
Gregorio Magno: alle origini del Medioevo / S. Boesch Gajano. – Viella, 2004
Cap. 3 Impero carolingio, ecclesia carolingia
Riassunto
L’Impero carolingio è una realtà a cui faranno riferimento in modi diversi molti dei prossimi capitoli: le strutture del potere, economiche ed ecclesiastiche del 10 e 11 secolo possono infatti essere lette da molti punti di vista come una rielaborazione dei funzionamenti del 9. Questo avvenne perché l’Impero carolingio non solo fu la realtà politica più ampia del Medioevo occidentale, ma trasformò in profondità molti aspetti della vita associata: le reti di scambio, il ruolo delle chiese e del papato, i funzionamenti della giustizia. Per questo motivo già nei capitoli precedenti abbiamo più volte fatto riferimento all’età carolingia, quando abbiamo cercato nel regno franco merovingio gli elementi che hanno preparato lo straordinario successo dell’8-9 secolo, o quando abbiamo connesso al potere franco il diffondersi sia di nuove forme di sfruttamento delle terre (le curtes), sia il costituirsi di reti di scambio commerciale nel mare del Nord.
Questo rappresenta quindi un capitolo chiave: nello straordinario sviluppo politico e territoriale dell’Impero carolingio vediamo venire a maturazione le elaborazioni dei regni altomedievali; qui si compì la più alta simbiosi tra potere regio e potere sacerdotale, si aprirono orizzonti culturali e commerciali prima assenti. La comprensione di questa specifica fase storica diventa fondamentale per cogliere le implicazioni di molte evoluzioni dei secoli seguenti.
Per mettere in piena evidenza la natura articolata e complessa della costruzione carolingia, abbiamo introdotto nel titolo del capitolo la doppia definizione di impero carolingio ed ecclesia carolingia. Occorre chiarire fin da subito che non si tratta di una distinzione o di un’opposizione, ma piuttosto della piena simbiosi tra due realtà che appaiono separate ai nostri occhi, ma non a quelli degli uomini del 9 secolo: l’ecclesia era l’insieme dei fedeli cristiani che trovavano la propria guida nei vescovi e nell’imperatore, che convergevano con strumenti diversi verso un doppio fine, la giustizia in terra e la salvezza oltre la morte. Impero ed ecclesia non erano Stato e Chiesa, ma due modi per leggere la stessa realtà
Citazione
Per concludere, possiamo nel complesso individuare quattro ampie fasi della storia dei Pipinidi/Carolingi:
- dall’inizio del 7 secolo e fino al 751 furono una grande dinastia dell’aristocrazia austrasiana, che costruì il proprio potere all’interno del regno merovingio
- dal 751 all’840 – con Pipino 3, Carlo Magno e Ludovico il Pio – un singolo re carolingio controllò il popolo franco prima e un grande impero poi
- dall’840 (la morte di Ludovico il Pio)all’888 (la morte di Carlo il grosso) il sistema di potere carolingio si articolò in regni distinti e separati, senza una vera unità dinastico-territoriale
- dall’888 al 987 (la morte senza eredi di Ludovico 5, re di Francia) i Carolingi furono una delle dinastie che, nei diversi reni, si contendevano il potere, in una fase particolarmente conflittuale
Bibliografia
Carlo Magno il signore dell’Occidente / D. Hagermann. – Einaudi, 2015
L’Italia carolingia / G. Albertoni. – Carocci, 1997
Cap. 4 Il Mediterraneo bizantino e islamico
Riassunto
Nei decenni tra 7 e 8 secolo si assistette a una profonda trasformazione dei quadri di vita di gran parte del mediterraneo meridionale e orientale: la nascita dell’Islam fu prima di tutto una trasformazione religiosa, ma immediatamente si tradusse anche in una ridefinizione dei sistemi politici di ampi territori già appartenenti all’Impero romano/bizantino e ai regni romano-germanici. Dalla Siria alla Spagna, larga parte delle coste mediterranee furono direttamente coinvolte in questo processo, che peraltro si estese a Oriente ben al di là degli antichi confini dell’Impero, fino alla valle dell’Indo.
Partendo quindi dall’esperienza religiosa di Muhammad e dalla sua predicazione, possiamo analizzare i primi secoli di storia islamica come un processo di mutamento su molti piani, che coinvolse tutte le forze attive nel Mediterraneo. In particolare all’affermazione dell’Islam dobbiamo collegare i processi di ridefinizione dell’Impero bizantino: una riduzione degli orizzonti territoriali, non più proiettati sulle ambizioni universali proprie della tradizione imperiale romana; una ridefinizione dei funzionamenti interni; una nuova centralità dell’esercito. Ma la stoia bizantina dei secoli centrali del Medioevo non fu solo una vicenda di crisi, ma anche di ricostruzione si nuove basi (militari, fiscali e ideologiche) di una potenza sovraregionale in grado di esercitare un’efficace egemonia su larghi settori dell’Europa orientale.
Bibliografia
Bisanzio: storia di un impero, secoli 4-13 / M. Gallina. – Carocci, 2008
Il commonwealth bizantino: l’Europa orientale dal 500 al 1453 / D. Obolensky. – Laterza, 1974
Storia della più grande dinastia islamica: ascesa e declino della corte dei califfi / H. Kennedy. – Newton Compton, 2005
Cap. 5 Società e poteri nel 10 secolo
Riassunto
I territori già compresi nell’Impero carolingio, nel 10 secolo seguirono percorsi divergenti ma coerenti: divergenti poiché i diversi regni svilupparono proprie dinamiche politiche specifiche; coerenti perché le principali linee di tendenza furono comuni. Questo capitolo si muoverà quindi in una continua alternanza tra quadri generali e approfondimenti su singole realtà territoriali.
Il periodo di cui trattiamo è la cosiddetta “età postcarolingia”, una definizione del tutto corretta, che però abbiamo scelto di non porre in primo piano: questo capitolo non deve essere letto con un occhio rivolto prevalentemente al passato (ovvero in termini di declino dell’Impero e dei suoi funzionamenti), ma al presente, per cogliere quali equilibri sociali, funzionamenti politici e forme religiose vennero costruiti nel 10 secolo. Per l’Impero carolingio si ripropone infatti lo stesso rischio dell’Impero romano: i secoli dopo la fine dell’Impero sono spesso ridotti a una lettura in termini di declino, superamento ecc. Indubbiamente nel 10 secolo vediamo tramontare definitivamente la struttura imperiale unitaria, che aveva rappresentato un’intelaiatura politica, istituzionale e culturale che attraversava gran parte dell’Europa occidentale; non si tratta quindi di negare questo declino, ma di rileggerlo cercando anche e soprattutto le novità, i meccanismi di costruzione del potere e della società, che nel 10 secolo assunsero forme oggettivamente nuove.
Nello specifico caso italiano, i secoli 10 e 11 sono spesso visti – a livello manualistico – come un periodo di declino dell’ordinamento carolingio o come preparazione dell’età comunale; il nostro intento è invece quello di mettere in rilievo i peculiari funzionamenti di questa fase, in cui gli elementi residui dell’ordinamento carolingio si unirono con una liberissima sperimentazione di forme di potere totalmente nuove.
Bibliografia
Nobili e re: l’Italia politica dell’alto Medioevo / P. Cammarosano. – Laterza, 1998
Gli ottoni: una dinastia imperiale fra Europa e Italia, secc. 10-11 / H. Keller. – Carocci, 2012
Lo specchio del feudalesimo: sacerdoti, guerrieri e lavoratori / G. Duby. – Laterza, 1980
Parte terza Poteri locali e poteri regi tra l’11 e il 13 secolo
Introduzione
Alla fine del secolo 10 l’Europa postcarolingia era ormai un mondo plurale: nuovi re, conti e marchesi di origine carolingia, monasteri, chiese e comunità dovevano trovare sistemi per governarsi e resistere alle pressioni esterne, senza poter contare su un inquadramento istituzionale sovralocale. La riduzione degli orizzonti politici e dello spazio e dello spazio d’azione delle forze sociali fu la conseguenza più immediata di questo nuovo contesto localizzato che aveva trasformato il volto delle regioni europee fra 10 e 12 secolo: contavano moltissimo i legami di prossimità ai re, i rapporti diretti tra potenti confinanti, la solidarietà di villaggio, il radicamento locale a tutti i livelli.
Eppure non si arrivò mai a una disintegrazione incontrollata del potere pubblico. Una serie di reazioni e di correttivi furono messi in pratica da autorità diverse, che si sforzarono di conferire un ordine alle relazioni fra le persone e i poteri istituzionalizzati nascenti. Questa terza parte dà conto proprio dei tentativi e dei progetti di riordinamento della società elaborati dai diversi protagonisti del Medioevo centrali: chiese, papi, capi militari, signori di castello, città e regni.
Si è scelto di dare la precedenza ai progetti di riforma della Chiesa a livello locale e centrale. Per varie ragioni, infatti, non ultima la scomparsa di buona parte dell’apparato pubblico carolingio, furono i vescovi a guidare in questa fase le prime iniziative di riordino dei rapporti fra gruppi sociali e territori sotto il profilo religioso ed ecclesiastico. Recuperare i beni delle chiese, rivendicare una dimensione autonoma del messaggio religioso e predicare un ritorno alla spiritualità cristiana delle origini furono gli obbiettivi dei gruppi riformatori interni alle chiese episcopali, soprattutto in Germania, nel cuore dell’Impero ricreato dagli Ottoni. Iniziative locali e spinte dall’alto, provenienti anche da parte della stessa curia imperiale si sommarono nel corso del secolo 11: il risultato fu un vasto movimento di riforma della Chiesa che giunse a coinvolgere il papato, fortemente rinnovato dai pontefici di origine tedesca. I papi riformatori rivendicavano una maggiore centralità nella Chiesa e una superiorità anche sul piano politico nei confronti dei poteri laici. Il conflitto con l’imperatore Enrico 4, più volte deposto da papa Gregorio 7, mise in luce la crisi profonda del precedente equilibrio di poteri d’età carolingia: il papa rivendicava ora un potere superiore sugli uomini, sottoponendo l’Impero al suo controllo. Il dominio sui fedeli si sovrapponeva al dominio sui sudditi e le due autorità universali inevitabilmente erano portate a scontrarsi. In realtà l’intera vita religiosa della società locali fu sottoposta a un maggiore controllo da parte delle autorità ecclesiastiche: le pratiche quotidiane dei fedeli, le loro credenze, il percorso verso la salvezza ricaddero sotto la cura pastorale di un clero più colto e intenzionato come guida della società cristiana. Questo riguardava sia le masse di fedeli delle città e delle campagne, destinatarie di una specifica azione di evangelizzazione, sia le élite militari spesso indisciplinate e senza regole, richiamate al rispetto dell’ordine imposto dalla Chiesa.
Se la violenza legittima e la guerra non potevano certo essere eliminate, potevano tuttavia essere regolate secondo nuovi criteri di legittimità. La Chiesa cercò di delimitare i momenti e i luoghi in cui era lecito usare violenza; anzi conferì una sacra alla guerra combattuta per la Chiesa e per il papato. Le spedizioni in Terrasanta, chiamate più tardi crociate, nacquero in un contesto di promozione della guerra che diventava “santa” se condotta per difendere la fede cristiana. D’altra parte l’inquadramento del ceto militare era un problema ancora aperto anche per i poteri laici. La relativa autonomia delle clientele vassallatiche d’età postcarolingia costrinse gli esponenti dell’alta aristocrazia regia a sperimentare nuove forme di connessione interne al ceto militare: l’intenso ricorso al giuramento di fedeltà, rafforzato da alcune garanzie, e l’entrata dei soldati di professione in una élite superiore, definita ora cavalleria e caratterizzata dall’uso delle armi secondo un codice di autocontrollo condiviso da tutti. L’appartenenza ad un ceto “eletto” tuttavia non cancellava le differenze di livello sociale ed economico tra diversi membri di questo gruppo militare. La qualità del potere dei singoli cavalieri era infatti determinata non solo dall’uso delle armi, ma dal possesso di una signoria territoriale.
La signoria territoriale o di banno ebbe uno sviluppo poderoso nel Medioevo centrale, in parte spontaneo e in parte guidato da alcune tendenze già in atto nei secoli precedenti: la costruzione dei castelli, l’affermazione sul territorio di un potere esteso a tutti i residenti (anche ai contadini che non dipendevano da quel signore) e soprattutto la messa in opera di un efficace sistema di prelievo trasformarono in profondità il volto delle società rurali dei secoli 11 e 12. Le forme di dominazione esercitate da un ceto di signori-militari erano pesanti e basate sulla forza, ma fu all’interno di questo regime che prese forma la prima rivoluzione agricola medievale dopo molti secoli di crisi e stagnazione: l’aumento della superficie coltivabile, le nuove tecniche agricole e una maggiore “libertà” della forza lavoro favorirono una crescita fortissima della produzione e la possibilità, anche per i piccoli contadini, di mettere sul mercato il surplus del raccolto. Nel Duecento le campagne erano molto più ricche e ben coltivate dei due secoli precedenti, le comunità di villaggio più forti e in grado di imporre ai signori una distribuzione meno squilibrata dei carichi di lavoro e una ripartizione concordata delle risorse.
In questo contesto di crescita economica presero forma le città. Ne furono anzi una delle creazioni più originali. Le città divennero centri di trasformazione e di scambio delle merci con le campagne circostanti, mantenendo stretti rapporti di dipendenza con i poteri signorili, che tollerarono e in molti casi favorirono la formazione delle nuove istituzioni politiche all’interno delle mura. Le città europee, infatti, non furono mai anti-signorili, a differenza, in parte, dell’Italia: i magistrati cittadini erano eletti e confermati dai signori laici ed ecclesiastici che esercitavano la loro influenza anche sui centri urbani interni al loro territorio.
Questo mosaico di poteri diversi e intrecciati fece da sfondo alle vicende dei regni fra 11 e 13 secolo. Le monarchie, almeno in una fase iniziale, erano istituzioni deboli, poco estese e con una scarsa capacità di coalizzare i poteri regionali in un disegno unitario condiviso. La crescita territoriale dei regni rimase infatti fino al Duecento relativamente modesta, mentre i rapporto con i principati locali furono caratterizzati da una diffidenza che spesso sfociò in aperta ostilità. Davanti a queste sfide i re cercarono da una parte di imporre un ordine gerarchico alle fedeltà vassallatiche, dall’altra di sperimentare nuove pratiche amministrative in grado di assicurare una rudimentale struttura centrale di governo. Le medesime corti elaborarono pertanto elaborate strategie di sottomissione dei feudi e, allo stesso tempo, innovativi strumenti di indagine per conoscere il potenziale economico e militare dei regni. Tutto poteva essere usato per dare forza a un’idea di sovranità che elevava i re al di sopra dell’intreccio delle fedeltà locali. Del resto la tensione fra pretese regie e poteri territoriali alimentò ancora a lungo il gioco politico dei paesi europei, dall’Inghilterra alla Francia, dalla Spagna alle terre d’Impero e all’Italia meridionale.
Da questo quadro così ampio abbiamo isolato il caso dell’Italia centro settentrionale, contrassegnato da una tipologia specifica di potere territoriale: le città comunali autonome con pretese di governo sul territorio circostante (contado). Non perché si tratti di un caso unico e irripetibile: l’Italia centro-settentrionale faceva parte dell’Impero (come regno d’Italia) e le città italiane presentano molti tratti comuni alle altre città europee. E’ vero tuttavia che le istituzioni urbane, in Italia, hanno assunto un ruolo politico diverso, vicino, per certi versi, a quello giocato dai poteri principeschi negli altri paesi europei. Furono le città – prima coordinate dai vescovi e poi da collegi di consoli – a tentare, con molti sforzi, un riordino giurisdizionale dei territori del regno, riutilizzando le circoscrizioni di antica originecarolingia (i comitati); e furono i magistrati comunali ad assolvere le funzioni di autogoverno cittadino all’interno di un quadro regio ormai privo di istituzioni permanenti. I magistrati comunai riempivano un vuoto, svolgevano una funzione di supplenza, esercitando in città e nel contado gli stessi poteri (pubblici) dei vecchi ufficiali carolingi.
Una finzione, in buona misura, perché quel modello era lontano e non più applicabile e soprattutto perché i re non avevano più nessun controllo delle istituzioni urbane; eppure fu una finzione efficace, che animò esperienze politiche di assoluta originalità nel contesto europeo, con città di fatto autonome, governate da magistrati eletti dai consigli e da assemblee formate dai cittadini scelti a rotazione tra la popolazione urbana. Fu nelle città comunali che maturò il primo lessico politico e che presero forma esperimenti di una statualità non “regia” che segnarono a lungo le vicende di questa parte d’Italia.
Cap. 1 Le istituzioni della Chiesa e l’inquadramento religioso delle popolazioni fra 11 e 12 secolo.
Riassunto
Nel corso del secolo 11 le chiese, benché condizionate sempre di più dai contesti locali come gli altri poteri territoriali, conservarono una maggiore capacità rispetto ai regni di modellare i quadri sociali delle popolazioni europee, di dare una parvenza di ordine al caos delle relazioni di potere interne al mondo signorile, di immaginare schemi di governo in grado di individuare chiaramente una gerarchia di comando. Fu uno sforzo che coinvolse in un primo momento la Chiesa stessa come istituzione sacra sulla terra. Sulla spinta di tante chiese locali, di vescovi capaci, di imperatori pii e di intellettuali militanti si mise in moto un processo di ripensamento delle funzione della Chiesa conosciuto con il nome di Riforma. Nei primi decenni del secolo 11 si individuarono i temi portanti di questa nuova visione della Chiesa: recupero dei beni delle chiese, affermazione della natura inalienabile e indisponibile delle cose sacre, a cominciare dalle cariche che non potevano essere cedute per denaro (simonia), esaltazione del carattere sacro del sacerdozio da non contaminare con i rapporti carnali (celibato del clero), necessità di un vertice della Chiesa libero da condizionamenti esterni. Il programma era lungo, difficile da imporre e ancora più difficile da accettare. Le resistenze vennero in primo luogo dagli stessi quadri episcopali, che pure approvavano molti punti della riforma, ma si opposero all’ondata moralistica dei riformatori radicali che mettevano in discussione le basi tradizionali del loro potere.
Sotto il pontificato di Gregorio 7 questo scontro coinvolse, oltre n numero imprecisato di vescovi, anche l’imperatore Enrico 4. La scintilla fu causata da una questione tecnica, il potere di un’autorità laica di “investire” i vescovi; ma emerse presto il motivo profondo dello scontro: il tentativo del papa di inserire i vescovi in una gerarchia solo religiosa, guidata dal pontefice di Roma, eliminando il ruolo dell’imperatore nella creazione delle cariche ecclesiastiche. Ne seguì una lotta violentissima fatta di scomuniche, deposizioni e maledizioni incrociate, con risultati, sul piano politico, tutto sommato modesti: dopo cinquant’anni di scontro, il compromesso che mise fine alla lotta lasciava le cose più o meno come erano prima di Gregorio.
Cambiò invece, e in maniera sensibile, il modo di pensare le istituzioni ecclesiastiche o meglio di pensare la Chiesa come istituzione. Le istituzioni dovevano avere una vita propria, dovevano seguire delle regole che si ripetessero nel tempo senza farsi troppo condizionare dalla azioni ei singoli. La riflessione dei giuristi diede corpo a questo insieme di regole per definire i funzionamenti delle chiese episcopali, del clero associato alle chiese, dal papato e degli uffici centrali. Si inquadrarono anche i nuovi movimenti monastici all’interno di modelli antichi (regola di San Benedetto) riattualizzati secondo le diverse necessità degli “ordini2. Questo ampio processo di produzione di norme esprimeva una profonda esigenza di stabilità che la Chiesa inseguì a lungo per sé e per la società.
Rendere stabili le istituzioni era condizione necessaria per svolgere meglio il compito fondamentale della Chiesa sulla terra: portare alla salvezza il maggior numero possibile di uomini. I modi di raggiungere la salvezza dovevano essere decisi solo dalla Chiesa. I fedeli, battezzati, rinnovati dai sacramenti, educati dai pastori a una retta condotta di vita, dovevano accettare le regole in silenzio e seguire con fiducia la guida illuminata del clero. Non era necessario capire, era sufficiente ubbidire. Il processo di inclusione dei fedeli in un percorso salvifico si interrompeva solo in caso di aperta ribellione agli ordini del clero o di disobbedienza palese ai suoi recetti di vita. Accadeva spesso che gruppi di persone decidessero in proprio come leggere il messaggio evangelico e quale forma di vita poteva assicurare meglio la salvezza, al di là e al di fuori dei riti della Chiesa cattolica. Questa scelta errata divenne presto un peccato, un reato, un crimine grave, anzi il più grave di tutti perché offendeva la maestà divina. Non era tanto il comportamento peccaminoso ad allontanare il fedele dalla Chiesa (la via del pentimento era sempre aperta), ma la sua ostinazione a negarne la natura malvagia, a ripeterlo ancora nonostante il divieto. Testardo come un “asino selvatico” il fedele disobbediente cadeva in una spirale di perdizione senza fine: diventava eretico, qualcuno che erra, sbanda, si perde; ma anche scismatico, che crea divisioni, porta disordine e provoca la rovina della società. L’eresia, come un cancro che minaccia di espandersi all’intero corpo, doveva essere recisa con decisione. Tra la “parte” e il “tutto” la Chiesa non ebbe indecisioni: bisognava salvare il corpo dei fedeli anche se questo comportava l’uso della forza. A questo dovevano pensare i poteri laici, incaricati di dare la morte agli eretici. Dio li avrebbe perdonati.
Bibliografia
Storia del cristianesimo: religione, politica, cultura, vol. 5: Apogeo del papato ed espansione della cristianità. – Città nuova, 1997
La storia religiosa / G. Miccoli. – In: Storia d’Italia, vol. 2. – Einaudi, 1974
Storia del monachesimo medievale / A. Rapetti. – Il mulino, 2013
Certosini e cistercensi in Italia / a cura di R. Comba, G. G. Merlo. – Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, 2000
Le istituzioni ecclesiastiche della cristianità medievale, 1130-1378, vol. 12 della Storia della Chiesa / A. Fliche, V. Martin. – SAIE, 1973-1974
La nascita del purgatorio / J. Le Goff. - Einaudi, 1982
Eretici ed eresie medievali / G. G. Merlo. – Il mulino, 1989
Il sole e la luna: papato, impero e regni nella teoria dei secoli 12 e 13 / O. Hageneder. – Vita e pensiero, 2000
Cap. 2 La guerra, la Chiesa, la Cavalleria
Riassunto
Dalla fine del 10 secolo l’assenza di una forte autorità centrale era stata avvertita dagli ecclesiastici come un pericoloso vuoti di potere, un elemento di disordine che liberava una violenza incontrollata e senza limiti. Una violenza che colpiva le fasce deboli della società, o poveri, i contadini, gli inermi, gli stessi uomini di Chiesa indifesi dalle scorrerie del ceto militare ormai privo di inquadramento stabile in un esercito regio. Era una conseguenza inevitabile del venir meno di un re “difensore della Chiesa” in grado di salvaguardare gli interessi delle chiese dalla rapacità degli uomini armati. Tra 10 e 11 secolo alcuni vescovi tentarono di frenare questa violenza, di incanalarla verso un uso legittimo della forza, sottoposto al controllo etico degli uomini di Chiesa e a quello politico delle autorità laiche. Se esisteva dunque una violenza giusta che difendeva lo stato di pace, poteva esistere anche una ‘guerra giusta’ o santa per difendere la fede, come scoprirono presto i papi della Riforma.
Nel corso della seconda metà del secolo 11 si assiste a un ampio processo di legittimazione della guerra da parte dei pontefici di Roma. Sulla spinta di questa sacralizzazione della violenza contro i nemici della Chiesa, il tradizionale pellegrinaggio verso i luoghi santi subì, negli anni finali del secolo 11, un’improvvisa torsione bellica: invece di partire per pregare sul santo sepolcro, quattro armate franco-normanne-tedesche partirono per combattere, riuscendo pure a prendere Gerusalemme. Il pellegrinaggio si trasformò in guerra santa. Nacquero nuovi stati “cristiani” nell’Oriente musulmano e nuove forme di unione di vita religiosa e vita militare: gli ordini monastici cavallereschi, esperimento ultimo dello sforzo della cultura ecclesiastica di creare un modello di cavaliere che combattesse per la salvezza della Chiesa.
Tentativo riuscito sul piano della rappresentazione ideologica del ceto militare, ma poco efficace sul piano del disciplinamento delle clientele militari, così poco disposte a sottomettersi a Dio, figuriamoci a un signore unico. Gli elementi che facilitavano l’autonomia degli uomini armati erano numerosi: indebolimento delle fedeltà, attenuazione del servizio militare a favore del signore, ampia disponibilità dei benefici ricevuti che potevano essere anche venduti. A queste forme di dispersione, lo strato alto del ceto militare, quello che aveva maggiore disponibilità di beni e uomini fedeli, cercò di rispondere con una rinnovata concezione dei doveri impliciti nel legame di vassallaggio: aumentarono le occasioni di sequestro del bene concesso (chiamato ora “feudo”) in caso di disobbedienza, fu imposta ai vassalli una fedeltà esclusiva e un impegno a non attaccare il proprio signore. Anche la diffusione di modelli letterari di cavalieri ideali contribuì a rafforzare l’idea di una comune appartenenza a un ceto eletto, dedito alla guerra e geloso al proprio “onore”. E’ bene tuttavia non prendere alla lettera questi modelli: il mondo composito dei militari non si chiuse in una classe nobile esclusiva e impenetrabile. Rimase un gruppo mobile, contraddistinto dall’uso professionale delle armi, ma differenziato al suo interno da livelli di ricchezza e di potenza molto distanti. La differenza non era ancora fra nobili e non nobili, ma fra signori potenti e signor i meno potenti.
Bibliografia
La guerra santa: la formazione dell’idea di crociata nell’Occidente cristiano / J. Flori. – Il mulino, 2003
L’invenzione della crociata / C. Tyerman. – Einaudi, 2000
Le guerre di Dio: nuova storia delle crociate / C. Tyerman. – Einaudi, 2012
I cavalieri di Cristo: gli ordini religioso-militari del Medioevo / A. Demurger. – Garzanti, 2002
La cavalleria medievale / J. Flori. – Il mulino, 2002
Cavalieri e cavalleria nel Medioevo / J. Flori. –Einaudi, 1998
Vassalli, feudi e feudalesimo / G. Albertoni. – Carocci, 2015
Che cos’è il feudalesimo? / L. Ganshof. – Einaudi, 1989
La società feudale / M. Bloch. – Einaudi, 1949
Cap. 3 Il dominio signorile
Riassunto
Il rafforzarsi dell’identità sociale dell’aristocrazia militare si espresse in forme molto concrete in un mutamento e un’accentuazione della pressione e del controllo politico sugli strati sociali inferiori. Il secoli 10 e 11 in tutta l’Europa furono infatti teatro di un mutamento profondo delle forme di potere: si indebolì la capacità regia di controllo, si frammentarono i distretti affidati a conti e marchesi, le chiese e le dinastie aristocratiche costruirono poteri locali autonomi, signorie di piccole e piccolissime dimensioni. Non fu in alcun modo una rinuncia volontaria da parte del regno: le signorie non erano infatti poteri concessi dal re ai suoi fedeli, ma costruzioni politiche dal basso, attuate senza alcuna delega, ma valorizzando le basi locali del potere, ovvero la terra, i castelli e le clientele armate. Se il processo fu comune a tutta l’Europa carolingia, i suoi tempi, le sue forme, e i suoi esiti furono profondamente diversi da un luogo a un altro: possiamo quindi delineare le principali linee di tendenza, sapendo però che in questi secoli ogni luogo fa storia a sé.
I poteri signorili partivano dalla terra, dal grande possesso fondiario: solo chi era ricco di terra aveva le risorse per imporre il proprio dominio sui vicini più deboli. Ma i poteri signorili non erano semplicemente uno sviluppo e un approfondimento del rapporto tra il padrone della terra e i contadini, un legame economico e sociale che era già efficace in età carolingia; qui ci troviamo di fronte a un salto di qualità importante, con il passaggio a una vera e propria forma di potere politico, una dominazione territoriale proiettata non solo sui contadini che coltivavano la terra del signore, ma su tutti i vicini. Il salto di qualità fu connesso prima di tutto alla nuova capacità di azione armata dell’aristocrazia, di quei cavalieri la cui identità sociale si andava consolidando lungo l’11 secolo.
Bibliografia
L’Italia dei poteri locali: secoli 10-12 1998
Signorie di Mezzogiorno: società rurali, poteri aristocratici e monarchia, 12-13 secolo / S. Carocci. – Viella, 2014
Comunità e clientele nella Toscana del 12 secolo: le origini del comune rurale nella piana di Lucca / C. Wickham. – Viella, 1995
I confini del potere / G. Sergi. – Einaudi, 1995
I paesaggi dell’Italia medievale / R. Rao. – Carocci, 2015
Cap. 4 Le città nell’Europa medievale
Introduzione
Nel corso del secolo 11 insieme alle signorie, ai principati territoriali e alla piena affermazione del ceto militare si sviluppò anche una fitta rete di città in molte regioni europee: in particolare la Francia settentrionale intorno a Parigi (Reims, Tours, Chartres); le Fiandre (Ypres, Bruges, Gand) e il corridoio verso le città tedesche lungo il Reno e la Mosa; una piccola ma importantissima costellazione di città sul Baltico; le città della Provenza e della Linguadoca (Arles, Avignone, Tolosa, Montpellier, fino a Marsiglia) e naturalmente l’Italia, dove però il sistema urbano, pur condividendo molti elementi con le esperienze europee, assunse una natura istituzionale diversa, che merita un’analisi separata.
Si trattò quindi di un fenomeno diffuso, che ha riguardato centri di origine molto diversa: dai villaggi rurali, ai borghi nati intorno ai castelli ( città castrensi) o alle abbazie (città ecclesiastiche), dalle città di origine romana, ai piccoli porti di scambio già attivi nei secoli precedenti e rapidamente divenuti città. Gli storici hanno avanzato spiegazioni molto diverse per giustificare questa rinascita urbana così ampia, che ha modificato in profondità l’assetto sociale e politico dei principati e poi dei regni: per alcuni le città erano l’esito inevitabile dello sviluppo economico e della formazione di una nuova classe di borghesi, i mercanti; per altri il frutto di iniziative signorili, appoggiate dagli abitanti; per altri ancora le città si formarono solo dopo una rivolta della popolazione urbana contro i poteri signorili. Sono tutte letture parzialmente valide, ma insufficienti a spiegare un processo che riguarda campi troppo diversi per avere una sola causa. Dobbiamo cercare altre vie per comprendere il fenomeno urbano, a cominciare da una definizione meno statica della città stessa. La città europea non può essere separata dal suo territorio, questo è un dato preliminare da cui dobbiamo partire: viveva con il territorio circostante, ne assorbiva le risorse in surplus, attirava nuovi abitanti, assicurava lo scambio di prodotti e merci lavorate.
Era legata anche ai centri di potere signorile che governavano i principati regionali. Senza arrivare a sostenere che le città furono creazioni interamente signorili, è vero che dovettero molto all’iniziativa dei signori. Le condizioni degli abitanti si definirono spesso in contrasto con i poteri locali, ma non senza un loro esplicito riconoscimento.
Nel corso del 12 secolo questo movimento assunse ritmi più ordinati. Le mura definirono ovunque lo spazio urbano separato dalla campagna, atti giuridici ufficiali sanzionarono lo statuto politico di città; l’affermazione di una nuova élite economica cambiò il modo di fare politica e la stessa struttura sociale. Nel corso del 13 secolo un processo di stratificazione sociale mise in luce i contrasti e le gerarchie interne al mondo urbano. Era un segnale importante della maturità raggiunta dal mondo urbano, a prezzo, appunto, di una forte emarginazione delle frange basse dei seti salariati. Lo spessore economico delle città ne fece dei soggetti politici di primo livello: furono i principi ora ad aver bisogno delle città e più ancora i regni, che conferirono alle città comunali uno statuto privilegiato.
Bibliografia
La città medievale / A. Grohmann. – Laterza, 2003
La città dal Medioevo al Rinascimento / E. Guidoni. – Laterza, 1981
Strutture del potere ed élites economiche nelle città europee dei secoli 12-16 / a cura di G. Petti Balbi. – Liguori, 1996
L’Europa delle città: il volto della società urbana tra Medioevo e Età moderna / M. Berengo. – Einaudi, 1999
Cap. 5 I regni e i sistemi politici europei fra 11 e 13 secolo
Riassunto
Il reticolo dei poteri dell’Europa nei secoli centrali del Medioevo sembra lasciare poco spazio ai tentativi di creare una dominazione politica unitaria sotto il governo di un re: signorie di castello ormai autonome, un ceto militare in cerca di una faticosa sistemazione in reti stabili di alleanze, principati regionali in conflitto e gelosi della propria autonomia, città in crescita come centri economici in gradi di influenzare gli assetti regionali. I re esistevano, naturalmente, ma fino a buona parte del secolo 12 il loro potere aveva limiti ben precisi: controllavano un territorio ristretto, dovevano contrattare le principali azioni di governo con i grandi potentati locali, provenivano da dinastia poco legittimate che faticavano a imporre i propri candidati alla successione al trono.
Una condizione di debolezza che caratterizzò a lungo le monarchie europee. Da nessuna parte era scritto che le monarchie fossero destinate a diventare la struttura politica prevalente nell’Occidente medievale. La storiografia europea tra Otto e Novecento ha spesso peccato di anacronismo, proiettando sui poteri monarchici deboli e intermittenti del secolo 12 un disegno organico di costruzione di uno ‘Stato’ nel senso moderno del termine. I compiti delle monarchie dei secoli tra l’11 e il 13 erano più elementari – e allo stesso tempo difficili – di quanto gli storici abbiamo immaginato: bisognava in primo luogo affermare un ‘diritto a esistere’ come entità politiche superiori, e quindi sforzarsi di recuperare un coordinamento (non certo un controllo diretto) dei poteri sparsi in mani diverse e contesi da principi regionali da tempo abituati a governare in piena autonomia i propri territori. Gli strumenti usati variarono moltissimo da regione a regione, ma ovunque furono improntati al più spregiudicato opportunismo politico, a un’empirica capacità di adattarsi alle realtà circostanti e di superare i vincoli posti dai rapporti di forza esistenti. Fu questa la chiave del successo dei re, almeno di quelli che riuscirono a presentare il proprio dominio come un ‘regno’ in maniera sufficientemente credibile.
Seguiremo alcuni casi più importanti per mostrare le forme e i tempi di questo processo di costruzione di un’istituzione di raccordo superiore: l’Inghilterra normanna da Guglielmo il conquistatore a Giovanni Senzaterra; la Francia fino a Filippo Augusto; la spagna dei regni lanciati verso la riconquista dei territori sotto il dominio musulmano; la Germania imperiale che intrecciò le sue vicende con il regno di Sicilia fondato dai Normanni e passato sotto il dominio di Federico 2 che era anche imperatore e dunque re d’Italia e di Germania.
Conclusioni
L’analisi dei contesti ‘nazionali’ ha messo in luce un quadro pieno di contrasti: i tentativi dei re di porsi come vertice di una configurazione sovraregionale che esisteva solo sulla carta, le contraddizioni generate dalle incerte fedeltà dei grandi, che mal sopportavano il peso dell’inquadramento regio, le tensioni continue con gli apparati pubblici promossi dai re. Il risultato, possiamo dirlo, non è nitidissimo. Se pensiamo alla costruzione di apparati monarchici ‘nazionali’ in termini di processo evolutivo, si trattò certamente di un processo interrotto, tutt’altro che risolto all’affacciarsi del Duecento. Le carte territoriali dei regni sono ancora occupate dalle macchie irregolari e mutevoli dei principati regionali, in teoria legati feudalmente ai re. Guardiamo la Francia a metà del 12 secolo e nel primo quarto del 13: le aree di dominio regio sono leggermente aumentate, ma sono ancora ‘isole’ in un sistema di dominati locali. Per la Spagna valgono le linee di espansione portate avanti dai regni: la linea del 13 secolo si arresta poco sotto la metà della penisola; il sud è ancora sotto i regni musulmani. Anche l’Impero non presenta un quadro molto migliore. Anzi, come si è visto, i principi aumentarono le sfere di autonomia sotto Federico 2, confermando una frammentazione strutturale delle regioni imperiali tedesche.
Il regno normanno d’Italia è apparentemente uno dei più solidi sul piano territoriale. Diversamente dalla Germania l’azione di Federico 2 è stata energica ed efficace sotto il profilo politico.
Se invece guardiamo alle soluzioni pratiche, agli strumenti di governo, ai sistemi amministrativi, allora il giudizio cambia. I re si proposero – o si imposero, secondo i casi – come le autorità legittimate da un lato a ricomporre un quadro unitario di questi poteri dispersi e dall’altro a creare un nuovo equilibrio fra le prerogative della potenza privata dei signori (laici ed ecclesiastici) e ‘esercizio delle funzioni pubbliche di coordinamento e di pacificazione riservate al potere regio. Perché era questo che alla fine il re doveva fare: assicurare una convenienza possibilmente ordinata dei principati, delle città, delle signorie, delle popolazioni rurali, disciplinando la violenza del ceto militare e recuperare, almeno sul piano simbolico, le funzioni di controllo della vita politica degli antichi territori del regno. Non si andava molto oltre. Nessuno pretendeva – né avrebbe permesso – un controllo diretto e capillare dei territori locali da parte dei sovrani né una vera sottomissione degli individui al governo regio. Qualche pretesa in tal senso fu avanzata, ma si arrestò presto davanti alla natura delle cose: i potentati regionali potevano essere messi al servizio del re nei momenti di necessità, ma non ‘appartenevano’ al re come depositario di un potere pubblico unico e sovrano.
In sostanza i re potevano contare sulle fedeltà dei territori, non sui territori in quanto suoi dominati. Per tutto il secolo la mediazione dei signori regionali e dei principi, che potevano controllare le forze militari locali, rimase infatti una condizione inevitabile per determinare il successo e la durata delle monarchie. Come strutturale rimase la tensione fra i progetti di centralizzazione monarchici e le difese delle sfere di autonomia dei grandi.
Per promuovere le funzioni regie, i monarchi usarono metodi molto diversi fra loro, in combinazioni altrettanto variabili. Nonostante la pretesa di superiorità ‘sovrana’ infatti dovevano procedere in maniera empirica e graduale, tenendo conto delle loro forze e delle reali capacità di imporre una fedeltà superiore ai loro vassalli.
In primo luogo, in maniera non dissimile dai vicini potenti, i re fecero ampio ricorso al diritto feudale per intervenire in territori esterni al loro dominio. Rivalutando la loro funzione di senior – il superiore a cui si doveva fedeltà – rispetto ai principi suoi vassalli, intervennero spesso nelle liti fra potenti e fra questi e i loro vassalli minori. Capitava spesso che questi ultimi, sentendosi offesi ingiustamente dal loro signore, facessero appello al re per essere difesi. In questi casi il re interveniva appunto come superiore feudale del principe e poteva arrivare anche a privare del feudo il signore che non si presentava alla sua curia o che veniva riconosciuto colpevole dai pari. Sia i re di Francia che l’imperatore di Germania, come vedremo, usarono spesso le curie feudali per regolare i conti con i grandi vassalli avversari.
Anche un secondo aspetto del sistema feudale permetteva ai re di manipolare i dominati territoriali: la natura ormai patrimoniale del feudo. Lo si è visto prima: nel secolo 12 la gran parte dei feudi o dei benefici era considerata parte integrante del patrimonio dei vassalli e poteva essere trasmesso in eredità o in dote. I re approfittarono di questa trasmissibilità del feudo, sia con politiche matrimoniali accorte sia attraverso un controllo serrato dei passaggi ereditari. E’ vero che affidare la costruzione di un regno ai matrimoni era rischioso, ma il legame matrimoniale creava obblighi giuridici che alimentavano le pretese regie per molti anni. Rivendicare i territori della moglie come dote fu una tattica usatissima dai re di Francia. Altrettanto usata fu la retrocessione (riconsegna dopo un periodo di tenuta) dei feudi di vassalli morti sena eredi o con eredi ancora in minore età, che venivano incamerati per poi essere ceduti ai nuovi eredi a caro prezzo.
La frenetica attività di controllo di nascite, morti, eredità che animava le corti europee del 12 e 13 secolo si spiega in questo modo. Era necessario seguire gli innumerevoli fili delle successioni dei principati per cercare di riunire in una trama unitaria i possessi ‘in mobilità’. In altri casi i re, sempre all’interno di una logica patrimoniale, non esitarono a comprare feudi e principati usando il denaro per acquisire poteri pubblici su territori, in teoria, di loro pertinenza. Ma ancora una volta prevaleva il criterio del possesso: rispetto a una fedeltà incerta e contrattata, l’acquisto in denaro di un feudo dava garanzie enormemente maggiori di stabilità.
Su un piano invece più tecnico-amministrativo, i re capirono che una chiave importante del successo dipendeva dai funzionari di corte e dagli ufficiali locali che dovevano governare i soggetti del loro dominato. Per lungo tempo – ancora nella prima metà del secolo 12 – i maggiori uffici di corte erano affidati, per via ereditaria, a grandi vassalli di rango principesco, spesso gli stessi che guidavano o progettavano le resistenze più accanite contro i re. Al di fuori del loro dominio poi, il controllo dei centri abitati e dei castelli era totalmente in mano ai signori territoriali. Verso la fine del 12 secolo, invece, questa tendenza si invertì. A corte emersero persone di livello sociale medio, spesso di origini non nobili – cavalieri, chierici, agenti contabili di provenienza urbana – che presero il posto dei grandi vassalli: avevano meno ambizioni ed erano più fedeli; soprattutto s dimostrarono capaci di usare tecniche contabili più complesse, perché i regni, come i grandi principati, avevano un pressante bisogno di rinnovare i sistemi di prelievo e gli apparati finanziari per condurre campagne militari efficaci.
La guerra si era monetizzata: per pagare il soldo ai vassalli, grandi e piccoli, che decidevano le sorti di una battaglia, bisognava avere risorse disponibili e in crescita. Il controllo del territorio si rivelò allora uno strumento importante: sul piano giudiziario, in primo luogo, ma poi sempre più su quello fiscale. Sotto la direzione del ristretto nucleo di corte, gli agenti locali, chiamati balivi o maniscalchi – diffusi già nella prima metà del secolo 12 in Normandia e Fiandra e poi in Borgogna e dal 1190 anche in Francia – divennero i collettori locali del fisco regio: curarono la raccolta delle tasse, individuarono nuovi soggetti tassabili e nuove fonti di reddito. Sfruttarono meglio il ‘dominio’ (le terre di proprietà del governante) dei principi, ma riuscirono a integrare nella contabilità regia nuove acquisizioni, prima di tutto le città.
Su un piano tuttavia, le corti monarchiche erano naturalmente superiori ai loro vicini: quello dell’elaborazione culturale e giuridica delle forme del potere. Non si trattava solo di promuovere teorie più o meno generali sulla monarchia – cosa che peraltro alcuni re fecero – quanto di porre il sovrano come “vertice politico” in base a cui gli altri poteri dovevano conformare il proprio spazio di azione. Il re occupava una sfera di potere in qualche modo superiore perché era in grado di fare cose che gli altri principi non potevano ripetere: le funzioni di pacificatore, di giudice supremo, di difensore della fede e dell’ortodossia delle popolazioni, di detentore legittimo dei poteri pubblici concessi feudalmente; tutte funzioni che servivano a identificare i contorni di questa maestà di costruzione.
Bibliografia
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Feudalesimo e potere monarchico in Francia nel basso Medioevo / J.-F. Lemarignier. – Jouvence, 1998
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Gli inizi del diritto pubblico: L’età di Federico Barbarossa: legislazione e scienza del diritto / a cura di G. Dilcher, D. Quaglioni. – Il mulino, 2007
Fra cristiani e musulmani: economie e territori nella Spagna medievale / M. Vaquero Pineiro. – Bruno Mondadori, 2008
Signorie di Mezzogiorno: società rurali, poteri aristocratici e monarchia, 12-13 secolo / S. Carocci. – Viella, 2014
Federico 2, un imperatore medievale / D. Abulafia. – Einaudi, 1990
Federico 2 imperatore / E. Kantorowicz. – Garzanti, 1976
I misteri dello stato / E. Kantorowicz. – Marietti, 2005
Cap. 6 Nuove strutture politiche nell’Italia medievale: città e comuni
Riassunto
Nei secoli passati, la città medievale è stata oggetto di valutazioni altalenanti e contraddittorie. Considerata per lungo tempo il “principio ideale” della storia italiana, il vero centro organizzatore della vita politica della penisola, la città è stata caricata nel corso dell’Ottocento di miti politici assai ingombranti: sede delle popolazioni latine contrapposte a una nobiltà feudale germanica del territorio, primo embrione delle libertà italiane contro l’imperatore tedesco, prefigurazione dei governi liberali rappresentativi del 19 secolo. Di contro dal primo ventennio del Novecento si ebbe una reazione violenta contro il mito comunale della borghesia: le città furono accusate di essere piccoli organismi corporativi, luoghi di passioni politiche insensate e violente, generatrici di fazioni e di quello spirito grettamente “municipalista” che ha segnato le borghesia italiane di antico regime. Negli ultimi decenni il ridimensionamento della storia urbana medievale è continuato, anche se in maniera meno ideologica. Questa volta è stata messa in dubbio la sua capacità di essere veramente un centro in grado di coordinare ambiti territoriali coerenti. Anche sul piano politico si tende a contenere l’esperienza comunale in un campo ristretto di realizzazioni limitate e temporanee. Sono critiche parziali, in parte eccessivamente riduttive di un fenomeno complesso. Sfaccettato, che ha segnato a lungo il panorama politico italiano. E’ ora di ridare centralità – al di là delle mitologie negative e positive – a una delle più importanti “strutture elementari” del sistema politico del basso Medioevo.
Bibliografia
I comuni italiani / G. Milani. – Laterza, 2010
I comuni italiani, 1100-1350 / F. Menant. – Viella, 2011
Cavalieri e cittadini: guerra, conflitti e società nell’Italia comunale / J. C. Maire Vigueur. – Il mulino, 2004
A consiglio: la vita politica nell’Italia dei comuni / L. Tanzini. – Laterza, 2014
Giustizia pubblica medievale / M. Vallerani. – Il Mulino, 2005
Le guerre del Barbarossa: i comuni contro l’imperatore / P. Grillo. – Laterza, 2014
Signorie cittadine nell’Italia comunale / J. C. Maire Vigueur. – Carocci, 1991
Parte 4 Crisi e inquadramento delle società europee: metà 13-15 secolo
Introduzione
Alla fine del Duecento l’Europa aveva raggiunto uno sviluppo ormai imponente: la crescita economica dovuta ai progressi dell’agricoltura e dei commerci aveva rivitalizzato le campagne, trasformato le strutture insediative, disseminato i territori di centri urbani in grado di assicurare uno scambio commerciale regionale e interregionale a lunga distanza. La mobilitazione delle ricchezze monetarie aveva condizionato in profondità le forme di dominazione dei signori di banno, sempre più basate sul privilegio in denaro, e aveva favorito l’affermazione di élite urbane formate da banchieri e da ricchi mercanti. Anche i regni avevano attraversato una fase di crescita, nonostante le debolezze che ancora scontavano nel 13 secolo: grazie a una miscela di strumenti amministrativi e feudali erano riusciti a imporre un ruolo centrale dei poteri monarchici nella costruzione degli spazi politici sovraregionali.
Nei secoli successivi la messa in opera di questi apparati ancora imperfetti si scontrò con una serie di difficoltà strutturali che ne misero in forse l’esistenza. Si trattò di una crisi a più livelli, che scontava alcune contraddizioni fortissime degli assetti politici e sociali. Da un lato le pretese di questi poteri erano altissime: i re e i papi si ergevano al di sopra delle loro istituzioni e della società reclamando poteri quasi assoluti e il riconoscimento dell’origine divina delle loro cariche. Dall’altro queste pretese a volte troppo astratte e slegate dai contesti locali, suscitarono resistenze fortissime in seno alla società e ai gruppi politici più organizzati. Abbiamo ricostruito questo quadro seguendo quattro fili principali: la Chiesa e il controllo dei fedeli, l’affermazione della monarchia come forma di governo, la saldatura fra le istituzioni del regno e le forze sociali, l’inquadramento gerarchico dei rapporti sociali in una convivenza disciplinata di ceti diversi.
La Chiesa sperimentò presto la violenza di questi contrasti. Per tutta la prima metà del Duecento il papato si rafforzò sul piano istituzionale interno ed esterno, imponendo il suo controllo sulla vita delle diocesi e sull’elaborazione dottrinale della fede. Ma dovette fare i conti con un episcopato non sempre disposto all’obbedienza e con una pluralità di modi di vivere la religiosità dei laici assai distante dai disegni unitari del clero cattolico- Esclusi dalle funzioni sacre, i laici riemergevano come corpo di fedeli indocile e non sottomesso. Era necessario trovare strumenti nuovi e più flessibili che integrassero una parte delle esigenze del mondo urbano più dinamico e colto; ma allo stesso tempo si impose una repressione feroce delle resistenze più ostinate, che non accettavano alcuna forma di compromesso. Si spiega così la coesistenza della spiritualità evangelica promossa dai nuovi ordini mendicanti e dell’apparato repressivo dell’Inquisizione affidata agli stessi ordini. Persuasione e repressione erano due facce della stessa medaglia. Di certo la disciplina religiosa della popolazione divenne un elemento centrale nella costruzione degli Stati e la crisi del papato nel Trecento favorì un processo di trasferimento ai re della difesa della fede e della salvezza della comunità.
I regni si dibattevano in contraddizioni altrettanto profonde. La forma monarchica si sviluppò enormemente nel Trecento e ancora di più nel Quattrocento, sia sul piano culturale e ideologico sia su quello istituzionale; ma fu proprio questo il periodo in cui più forte si fece la resistenza ai re (esponenti di dinastie ancora incerte e deboli) e più violenta la lotta delle fazioni per il dominio sui regni. Guerre civili, deposizioni, uccisioni di regnanti, cambi di dinastia e artificiose alleanze matrimoniali accompagnarono la crescita delle monarchie “nazionali” per tutto il basso Medioevo. Anche in questo caso i processi di ricomposizione seguirono vie empiriche e non predeterminate. Alcuni regni superarono la crisi grazie alla forza delle istituzioni centrali che assicuravano un controllo del regno anche in assenza dei re; in altri la nascita di istituzioni rappresentative permise ai re di negoziare le decisioni politiche più delicate con le forze sociali locali; quasi ovunque fu necessario integrare una parte della nobiltà principesca concorrente (e più ostile ai re) in qualche forma di governo condiviso del regno. In sostanza la monarchia si impose o si salvò grazie alla sua flessibilità, alla sua capacità di adattamento alle situazioni più diverse e alla scelta, per certi versi obbligata, di condividere il governo del regno con le élite regionali più dinamiche, dalla nobiltà signorile che controllava di fatto gran parte della società rurale, ai ceti dirigenti delle città che dominavano i giochi dello scambio finanziario ed economico.
Questa relativa stabilizzazione istituzionale andò di pari passo con un processo di inquadramento della società portato avanti dai ceti eminenti del tardo Medioevo (esaminato nell’ultimo capitolo). Nelle campagne e nelle città si avviò una profonda trasformazione dei rapporti sociali, ancora una volta con numerose contraddizioni. I ceti signorili e in generale detentori di capitali e di mezzi di produzione (grandi mercanti, banchieri-investitori, capi bottega) si sforzarono di imporre un controllo diretto e più “economico” sui processi di produzione e sulla forza lavoro. Nuovi assetti proprietari e nuove forme contrattuali si diffusero fra Tre e Quattrocento nelle campagne, già duramente colpite dalle crisi di carestia e dalla peste del 1348. Una massa ingente di contadini rimasti senza terra fu impiegata come forza lavoro salariata alle dipendenze dei signori più vicini e più esigenti; un’altra parte emigrò in città ingrossando le file di un salariato operaio poco specializzato e poco pagato. I rapporti fra queste masse di lavoratori non proprietari (e dunque dipendenti dal lavoro salariato) e i poteri politici ed economici delle città e delle campagne europee furono spesso turbolenti, segnati da ribellioni violente e da repressioni altrettanto feroci. In molte regioni europee, la condizione contadina peggiorò sensibilmente, fino a un ritorno più o meno mascherato del servaggio o comunque a una riduzione sensibile delle libertà personali.
In altri contesti le crisi ripetute portarono i ceti eminenti e i governi a elaborare nuove strategie di contenimento della povertà. Istituzioni caritative, ospedali, confraternite si impegnarono in una diffusa opera di redistribuzione di una parte dei profitti in forme organizzate di “carità pubblica”. Il controllo della povertà divenne per i ceti dirigenti delle città un segno esplicito di sensibilità religiosa verso il deboli, una sorte di redenzione in terra per le ricchezze accumulate e fornì allo stesso tempo una fonte di sostegno necessaria per le fasce a rischio delle popolazioni urbane e rurali. In ogni caso questa capacità di intendere e di gestire l’economia in tutte le sue declinazioni (commercio, finanza, ricchezza dello Stato, bene della comunità) divenne un carattere indispensabile per accedere alla sfera politica delle società della fine del Medioevo per indicare il legame dinamico fra le parti e il tutto. Per continuare a vivere bisognava restare uniti e ripetere nel tempo le funzioni assegnate a ciascun organo. Cambiare ruolo, rifiutare la propria condizione metteva a rischio l’equilibrio generale della società. I re erano garanti di questa necessaria stabilità.
Cap. 1 Il papato, gli ordini mendicanti e la crisi della Chiesa (1215-1378)
Riassunto
La vasta costruzione dottrinale e pastorale elaborata nei 150 anni successivi alla Riforma fu sistematizzata all’inizio del Duecento, sotto Innocenzo3, in un famoso concilio ecumenico (a cui parteciparono tutti i vescovi) tenutosi nel 1215 a Roma, in Laterano. Il concilio lateranense 4 disciplinava e rinnovava la procedura giudiziaria interna alla Chiesa, la lotta agli eretici, le pratiche pastorali da seguire nelle diocesi, inquadrando queste regole in un sistema istituzionale sempre più centrato sulla figura del papa come guida spirituale e politica dell’intera cristianità. La curia pontificia di Roma divenne un vero centro di potere e di controllo della vita religiosa delle diverse diocesi europee. Nel tardo Duecento presero forma anche nuove teorie teocratiche, che attribuivano al pontefice romano poteri di giudice e di legislatore: il papa prendeva sempre le decisioni giuste per la Chiesa, emanava leggi valide per tutti e poteva derogare da quelle stesse leggi grazie all’autorità di dispensare dalla loro osservanza; si preparava il terreno per la dottrina della potestà assoluta del papa e della sua infallibilità.
Il concilio lateranense 4 promulgò anche due canoni che cercavano di dare una forma ai nuovi movimenti religiosi nati nei primi anni del Duecento. Soprattutto ai due principali ordini mendicanti – così chiamati perché avevano rinunciato alle ricchezze e ai possessi sostenendosi con il lavoro e le elemosine – i predicatori, fondati da Domenico di Caleruega, e i minori, seguaci di Francesco d’Assisi (più tardi chiamati domenicani e francescani). La nascita e la rapidissima diffusione dei due ordini rappresentò senz’altro una delle maggiori novità nella vita religiosa delle società europee: con il loro esempio riuscirono a conquistare un ruolo di guida delle coscienze delle popolazioni urbane in qualità di predicatori e di confessori, e si posero come mediatori fra le istanze di ordine della Chiesa e le domande dei laici di una partecipazione attiva alla vita religiosa. Come inquisitori esercitarono certo anche una funzione di ‘polizia’, ma questo rientrava nei loro compiti di difensori della fede e di devoti servitori del papa di Roma.
L’eresia divenne infatti un campo di tensioni fortissime nel mondo politico-religioso del tardo medioevo. Da un lato esisteva chiaramente l’eresia religiosa, quella perseguita dagli inquisitori; dall’altro però il reato di eresia fu sempre di più applicato alla politica: l’infedeltà politica divenne anche infedeltà religiosa, la ribellione si confuse con l’eresia in un unico reato di lesa maestà che richiedeva un intervento eccezionale del potere religioso e civile.
Il ricorso spregiudicato all’eresia per salvare la Chiesa dalle resistenze dei fedeli riottosi non mise il papato del secolo 14 al riparo da una crisi politica senza precedenti. Prima lo scontro fra Bonifacio 8 e il re di Francia nel 1303, culminato con un processo per eresia intentato contro il papa ormai defunto; poi l’abbandono di Roma e il trasferimento del papato ad Avignone per un settantennio (1307-1378). E infine, dopo il primo tentativo di riportare la sede a Roma nel 1378, uno scisma fra un papa romano e un antipapa francese che divise in due l’Europa per un altro cinquantennio. Le pretese di dominio sul mondo cristiano avanzate dai papi romani si scontrarono con le debolezze interne della Chiesa e dovettero fare i conti con il sistema politico dei regni europei che non accettava più inquadramenti dall’alto, neanche sul piano religioso. Anzi, proprio la lotta tra i papi romani e papi francesi mise in luce il carattere “nazionale” delle chiese che sempre di più ubbidivano a logiche locali nelle loro scelte. Il controllo delle istituzioni ecclesiastiche era condiviso ormai con i re e la vita religiosa era anche un affare di Stato.
Bibliografia
Il trono di Pietro: l’universalità del papato da Alessandro 3 a Bonifacio 8 / A. Parravicini Bagliani. – Carocci, 1996
Il diritto nella storia medievale / E. Cortese. – In: Il basso medioevo, vol. 2. – Il cigno, 1995
Frate Francesco / G. G. merlo. – Il mulino, 2013
Francesco d’Assisi: realtà e memoria di un’esperienza cristiana / G. Miccoli. – Einaudi, 1991
Nel nome di San Francesco: storia dei frati minori e del francescanesimo sino agli inizi del 16 secolo / G. G. Merlo. – Edizioni francescane,2003
Francesco e Chiara d’Assisi / a cura C. Leonardi. – FondazioneValla-Mondadori, 2004
I laici nel Medioevo: pratiche ed esperienze religiose / A. Vauchez. – Il saggiatore, 1989
L’ordine dei peccati: la confessione fra Medioevo ed età moderna / R. Rusconi. – Il mulino, 2002
Contro gli eretici: la coercizione all’ortodossia prima dell’Inquisizione / G. G. Merlo. – Il mulino, 1996
L’età dei processi: inchieste e condanne tra politica e ideologia nel ‘300 / a cura di A. Rigon. – Istituto storico italiano per il Medioevo, 2009
La Chiesa, il segreto e l’obbedienza / J. Chiffoleau. – Il mulino, 2010
Cap. 2 La costruzione dello spazio politico dei regni europei
Riassunto
Nel corso del 14 secolo le società europee furono inquadrate in strutture regie più ampie e più definite. Francia e Inghilterra consolidarono i governi monarchici su gran parte dei territori soggetti. I regni spagnoli iniziarono a ordinarsi intorno a un’egemonia della Castiglia. Presero forma anche una serie di nuovi regni nell’Europa dell’est, prima assorbiti nella galassia imperiale tedesca, o poco visibili sul piano politico: Boemia, Ungheria e Polonia estesero la forma monarchica nella regione danubiana, creando le basi di un complesso sistema geopolitico ai confini orientali dell’Europa. Così nelle regioni scandinave: la natura regia dei poteri territoriali acquisì una fisionomia più chiara in Danimarca, Norvegia, Svezia. Alla fine del 15 secolo i regni coprivano buona parte del territorio europeo: Visto dalle corti centrali, sembra un mondo avviato verso un processo coerente di unificazione nazionale degli Stati.
Ma si trattò veramente del trionfo della forma monarchica o do un’inarrestabile affermazione della figura del re come sovrano assoluto di uno Stato Nazione? Per molto tempo si è pensato di si. Soprattutto gli storici francesi, fra Otto e Novecento, hanno insistito sul processo di centralizzazione delle corti regie come motore dello sviluppo dello Stato, che avrebbe compresso irrimediabilmente le autonomia locali e i poteri feudali concorrenti. Le monarchie si affermarono contro le altre forze sociali. Oggi le cose sono sostanzialmente cambiate. Nuove ricerche hanno messo in luce aspetti prima poco noti o poco studiati. Per esempio la vitalità del particolarismo delle signorie locali, che sfruttavano i vantaggi dell’inserimento nella corte centrale del re, senza però rinunciare alle prerogative sui propri territori; la lunga durata dei legami feudali che condizionarono ancora per buona parte del Trecento i rapporti fra i re e i grandi del regno; la capacità di resistenza delle comunità locali e delle città davanti alle esose richieste finanziarie del re; e in generale l’esistenza di solidarietà regionali che identificavano nel “paese” un luogo di appartenenza più vicino e più rilevante rispetto al regno.
In sostanza si tende a dare un peso maggiore a quelle regioni che componevano gli Stati conservando una propria fisionomia politica, anche nei regni più accentrati come la Francia. Si è capito che essere parte di un regno non cancellava le realtà territoriali, anzi, spesso le riattivava, favorendo una riattivava, favorendo una riorganizzazione degli interessi locali prima poco definiti. Davanti alle richieste di un’autorità esterna, le società regionali furono spinte a presentarsi come istituzioni, sotto forma di assemblee, parlamenti, stati provinciali, diete; elaborarono anche una cultura politica che legittimava la difesa degli interessi regionali davanti alle ingerenze del re. Per alcuni storici, soprattutto di lingua tedesca, fu proprio questa dimensione “negoziata” la caratteristica maggiore dello Stato moderno: non l’imposizione di un potere assoluto, ma la lenta integrazione di entità regionali autonome in un regno composito, mobile, che si basava anche sull’ascolto dei propri sudditi. Ci fu dunque uno scambio fecondo di informazioni che contribuiva ad avvicinare governanti e governati. Forse questa è una visione troppo ottimistica, ma è vero che l’attenzione alla dimensione regionale e locale dei poteri, rappresentati nelle assemblee territoriali, è oggi necessaria per capire l’evoluzione anche degli Stati apparentemente più accentrati.
E’ opportuno quindi ricostruire i modi in cui si mise in opera un governo politico del regno attraverso un lento processo di integrazione di diversi gruppi di interesse, dai ceti nobiliari alle élite economiche urbane, in un sistema di istituzioni a guida regia. Lo faremo in due tempi.
In questo capitolo vedremo a grandi linee la dimensione territoriale degli Sati europei: come svilupparono o adattarono a territori diversi un modello di governo impostato sulla monarchia (o su forme imitative della monarchia), pur in presenza di forze nettamente contrarie alla centralizzazione regia. Nel prossimo cercheremo invece di esaminare la natura politica dei rapporti che si crearono tra la legalità, l’amministrazione pubblica e le assemblee rappresentative dei territori.
Gli eventi
1315 Rivolta delle regioni, carte di libertà
1328 Passaggio alla dinastia di Valois
1337 Inizio della guerra dei Cento anni
1356 Sconfitta di Poitiers, prigionia del re francese Giovanni il buono
1392 Infermità di Carlo 6, nascita dei due partiti di Armagnacchi e Borgognoni
1407 Inizio della guerra civile
1420 Pace di Troyes, Carlo 6 nomina erede e successore il re inglese, Enrico 5
1422 Enrico 6 e Carlo 7 competono per il regno
1429 Carlo 7 incoronato re
1453 Fine della guerra dei Cento anni
1461 Regno di Luigi 11
1498 Ultima annessione, la Bretagna
In Inghilterra, dopo il lungo regno di Edoardo 1 i successori misero in evidenza la debolezza strutturale della monarchia:
- un regno incapace di finanziarsi, anzi impoverito e in mano al volere dei grandi
- un ruolo spropositato dei baroni, che per decenni attaccarono i detentori della Corona in una competizione apertissima e senza regole
- un Parlamento – l’assemblea di nobili, ecclesiastici e rappresentanti dei comuni – molto forte nell’imporre un controllo stretto intorno al re e alla gestione delle finanze regie, ma non altrettanto forte nel proposri come garante di un assetto istituzionale stabile
In questo quadro di frammentazione relativa possiamo distinguere tre aree politico-territoriali principali:
1 I grandi stati regionali principeschi
- il ducato dei Savoia, tra il Piemonte e la Savoia (oggi francese)
- lo Stato dei Visconti, tra Lombardia, Piemonte e Emilia
- lo Stato estense, comprendente parti dell’Emilia e di Romagna, con capitale Ferrara
- lo Stato della Chiesa, dai confini ancora incerti tra Lazio, Marche, Umbria e Romagna
2 Le formazioni regionali ancora sotto regimi repubblicani:
- la repubblica di Venezia con la terraferma (Veneto e Friuli)
- la repubblica di Firenze, estesa su quasi tutta la Toscana dopo la conquista di Pisa nel 1406
- la repubblica di Genova
3 Le regioni meridionali inserite nei regni:
- la Sicilia sotto gli Angioini e poi gli Aragonesi
- il regno di Napoli sotto gli Angioini fino al 1442 e poi unito alla corona de Aragona
Conclusioni
Il rapido quadro generale dei principali eventi dei regni europei ci consegna dunque un’immagine fortemente contrastata. La configurazione territoriale dei regni fu condizionata pesantemente dall’intreccio fittissimo di reti parentali e di scelte matrimoniali interne alle aristocrazie europee. Un sistema di potere che la nascita degli Stati monarchici non riuscì a soppiantare. Anzi, le vicende dinastiche rimasero ancora un meccanismo fondamentale della vita politica dei paesi europei alla fine del Quattrocento: la Spagna moderna e l’Impero sotto gli Asburgo ne sono una dimostrazione palese.
Tutti i regni, in ogni caso, dovettero affrontare le resistenze di istituzioni assembleari rappresentative che si ponevano come potere “esterno” alla monarchia, anche se non sempre in conflitto con essa. Il rapporto con queste assemblee fu decisivo per i re. In alcuni casi dovettero far fronte a una supremazia di fatto di questi corpi intermedi, concedendo loro poteri amplissimi, al limite dell’autonomia (Impero e regni dell’est). In altri la contrattazione fu più serrata e diede modo al re di usare le assemblee per entrare in contatto con le forze sociali più rappresentative delle regioni. Alla fine, dopo un periodo di crisi acutissima – intorno alla metà del 15 secolo – i regni trovarono una forma istituzionale più stabile, che si poteva certo modificare o “riformare”, come prudentemente si esprimevano i consiglieri del re nel tardo Quattrocento, ma non più contestare apertamente.
Il definitiva la monarchia resse all’urto di potenti forze contrarie intenzionate a deformarla non perché fosse per natura la forma di governo migliore – come scrivevano i suoi sostenitori – ma perché riuscì a radicarsi come istituzione territoriale, creando una base sociale ampia che aveva interesse a mantenere un livello centrale di coordinamento superiore dei territori regionali. Nessun annullamento dei poteri signorili e locali dello Stato; semmai un coinvolgimento diretto nell’amministrazione dello Stato delle forze politiche potenzialmente dissolutrici.
Le basi ideologiche e materiali di questo potere devono essere ora indagate con maggiore attenzione.
Bibliografia
L’Occidente nei secoli 14 e 15, gli Stati / B. Guenee. – Mursia, 1992
La guerra dei Cent’anni / Ph. Contamine. – Il mulino, 2013
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La corona d’Aragona: storia di un regno medievale / T. Bisson. – ecig,1998
L’Italia degli stati territoriali / I. Lazzarini. – Laterza, 2003
Lo stato del Rinascimento in Italia / a cura di A. Gamberini, I. Lazarini. – Viella, 2014
La formazione dello stato regionale e le istituzioni del contado, secoli 14 e 15 / G. Chittolini. – Einaudi, 1979
Città, comunità e feudi negli stati dell’Italia centro-settentrionale, secoli 14-16 / G. Chittolini. – Unicopli,1996
Lesa maestà all’ombra del biscione: dalle città lombarde ad una monarchia europea, 1335-1447 / F. Cengarle. – Ed. di storia e letteratura, 2014
Baroni di Roma: dominazioni signorili e lignaggi aristocratici nel Duecento e nel primo Trecento / S. Carocci. – Ecole française de Rome, 1993
Il Regno di Napoli: il Mezzogiorno angioino e aragonese, 1266-1494 / G. Galasso. – In: Storia d’Italia, vol.15. –Utet,1992
Governare un regno: potere, società e istituzioni in Sicilia fra trecento e Quattrocento / P. Corrao. – Liguori, 1991
Cap. 3 Società politiche del basso Medioevo: un processo di integrazione conflittuale
Riassunto
La definizione dell’assetto politico dei territori europei si configura come un insieme di processi necessariamente intrecciati: un’integrazione conflittuale fra monarchie, istituzioni territoriali e forze sociali da cui tutti i soggetti uscirono profondamente trasformati. Da un lato, la corte centrale e l’ideologia monarchica si definirono meglio sul piano culturale e amministrativo: elaborarono una nuova ideologia regia e svilupparono un costoso apparato burocratico in grado di estendere il controllo pubblico in odo capillare nei territori del regno. Separarono anche la figura concreta del re da quella astratta della Corona. Se i re morivano e potevano essere deposti, i regni, nella loro proiezione ideale sotto forma di Corona, continuavano a vivere.
Dall’altro lato, anche i “paesi” si organizzarono per proprio contro. Eleggevano i rappresentanti nei singoli luoghi, elaboravano le richieste da fare al re, votavano a maggioranza le decisioni comuni. La loro esistenza, tuttavia – ed è questo il punto che ci interessa – era strettamente legata a quella del regno: per la distribuzione delle risorse, la contrattazione dei carichi fiscali che comunque venivano loro richiesti, la politica estera che li coinvolgeva. Le regioni dovevano essere “regioni di un regno” per contare politicamente. Da qui lo sforzo di usare le assemblee rappresentative come luogo dove mediare e negoziare le richieste dei re con le esigenze locali.
Naturalmente non bisogna esagerare la natura rappresentativa di queste assemblee. Nei Parlamenti e negli Stati sedevano in prima fila le forze aristocratiche più vicine al potere e quindi più interessate a trovare un accordo per loro vantaggioso. Nonostante queste assemblee funzionassero con il voto a maggioranza, vigeva una regola non scritta ma molto seguita: i voti si pesavano e non si contavano. L’aristocrazia, sempre più definita come ordine di nobili separati dal resto della società, il suo peso lo fece sentire sempre e lo fece accettando una relativa integrazione nelle strutture pubbliche. Trasformandosi in nobiltà del regno, si inseriva in un nuovo ordine politico che alla fine del 15 secolo sembra vedere la luce: un grande “corpo della nazione”, con la monarchia come testa e guida delle altre componenti che in armonia dovevano svolgere le funzioni assegnate secondo una scala gerarchica; un disegno organico, immobile, in cui ognuno doveva riprodurre all’infinito i comportamenti assegnati al suo stato sociale
Questo insieme di celebrazioni e di immagini religiose della monarchia non era solo strumento di propaganda. Le virtù assegnate al re furono, in qualche modo, tradotte in poteri di governo in quasi tutti i regni:
- la protezione dei poveri e dei deboli richiedeva un rafforzamento della giustizia pubblica verso i potenti arroganti che affliggevano i sudditi
- la misericordia del re si tradusse ben presto in un potere di grazia in base al quale il re poteva condonare le pene comminate dai giudici, accogliere le suppliche dei sudditi e cambiare il normale corso delle leggi
- l’amore verso il re portava con sé una celebrazione religiosa della sua superiorità istituzionale
- i fondamenti celesti del regno, infine, rafforzavano l’immagine della monarchia come scudo protettivo, guida naturale della nazione
Lo sviluppo di una burocrazia pubblica, nelle corti e nei territori, fu importante per diversi motivi:
- favoriva una via autonoma del regno che funzionava, in caso di necessità, anche “senza re”, come accadde spesso in tutti i contesti europei tra 14 e 15 secolo
- assicurava una presenza capillare nei territori di un corpo di ufficiali che, nel bene e nel male, “rappresentavano” il re in quel luogo
permetteva la promozione del ceto intermedio urbano, favorendo gli esponenti più dinamici delle classi cittadine, che avevano più facilmente accesso a una formazione di base (scrivere e far di conto).
Queste assemblee conservavano alcune caratteristiche “strutturali” che è bene ricordare:
- erano ancora “temporanee” e furono convocate con una periodicità variabile caso per caso
- avevano una rappresentanza sociale “limitata”, vale a dire che, salvo il caso castigliano, non rappresentavano tutti gli ordini nello stesso modo
- non erano ideologicamente contro la monarchia; potevano attaccare un re, ma alla fine furono proprio le assemblee che sostennero l’unità della corona, almeno nei paesi dove più forte si poneva l’istanza regia (Francia, Inghilterra e Spagna)
- e infine, ma non ultimo, fissarono la divisione in ordini, conferendo alla nobiltà un prestigio pubblico che ne sostenne a lungo la preminenza politica oltre che sociale.
I motivi di questo declino (delle assemblee rappresentative) furono diversi ma tra loro collegati:
- i re, alla fine del Quattrocento, avevano in genere reintegrato i beni della corona, ridotto il numero delle guerre e quindi diminuito le richieste di aiuto dei sudditi
- la tassazione ordinaria era ormai un dato accettato e poco contestato anche dai territori: si poteva discutere l’importo ma non la sua imposizione
- infine, in quasi tutti i regni, la nobiltà e la medio-alta aristocrazia terriera e urbana erano ormai esenti dalle imposte ordinarie; se prima dovevano partecipare alle assemblee per difendere i propri interessi (limitare le esazioni pubbliche sui propri domini) alla fine del 15 secolo questo non era più necessario: Le tasse ormai colpivano solo i contadini e le campagne. La nobiltà non si interessava più delle assemblee: le vie di affermazione furono altre e più prestigiose
Cap. 4 Gerarchie sociali alla fine del Medioevo
Riassunto
Lo sviluppo delle istituzioni politiche dei regni ha messo in luce un processo generale di aristocratizzazione della società: Parlamenti, Stati generali, Diete sono organi dove i membri dell’alta aristocrazia riuscirono a imporsi nel corso del 15 secolo sulle altre componenti, al piccola nobiltà, le borghesie urbane, il basso clero. Naturalmente questi ordini venivano ancora convocati e spesso ascoltati, ma le leve dell’iniziativa politica sembrano essere sempre più riservate agli esponenti di una nobiltà signorile in grado sia di controllare i propri territori a livello regionale sia di dialogare con le corti regie della capitale. Alla base del successo delle istituzioni rappresentative che negoziano con i re, ne giudicano le prerogative, limitandone spesso le richieste, non vi erano dunque i “territori”, come un astratto insieme di residenti in un luogo, ma gli esponenti di un’élite sociale ed economica che ne rappresentavano gli interessi in maniera più efficace.
Questa aristocrazie, ormai chiuse in uno stato nobile rigidamente definito, si erano rafforzate ovunque. Nelle campagne avevano radicato il loro potere attraverso un maggiore controllo sulle terre, adesso date in concessione con contratti a breve termine che imponevano prestazioni più pesanti e una dipendenza molto più stretta dal padrone. Una massa ingente di contadini fu di fatto privata della terra, espulsa dalle campagne o costretta a lavorare come bracciante. Un processo simile si ebbe con i lavoranti delle migliaia di botteghe artigiane sparse nelle città europee. Il divario tra élite dei maestri legati al commercio e il resto dei lavoranti si fece incolmabile. Una degradazione costante delle condizioni di lavoro fra Tre e Quattrocento portò molti “garzoni” di bottega a perdere la speranza di un lavoro in proprio, assimilandoli sempre di più ai lavoranti di basso livello, privi di mezzi di produzione e di altre risorse e costretti a vendere il loro lavoro a giornata o a settimana. In sostanza il mondo bassomedievale dovette fare i conti con una massa crescente di persone “non proprietarie”, senza terra e senza mezzi di sussistenza: una massa da far lavorare a salario, che aveva solo il lavoro come risorsa economica. Le classi dirigenti si preoccuparono di fornire un quadro teorico a questa nuova forma di dominazione: sia la cultura ecclesiastica sia quella laica giustificarono l’esclusione politica dei dipendenti salariati in base a un’antica diffidenza per il lavoro manuale dipendente, una condizione che sminuiva la qualità umana della persona.
Si poneva ugualmente il problema del sostentamento di masse urbane che vivevano in uno stato di incertezza continua. Proprio il rischio di cadere in povertà, più che la povertà in sé, spinse le autorità laiche ed ecclesiastiche a costruire strutture permanenti di accoglienza e di aiuto. La redistribuzione degli ingenti flussi di elemosine raccolti dalle istituzioni caritative fu affidata a un’élite mista che si incaricava di raccogliere le offerte, organizzare gli aiuti e soprattutto decidere a quali persone e per quali motivi potevano essere concessi. La carità istituzionalizzata non si limitava dunque a far fronte a momenti di bisogno delle fasce basse della popolazione urbana, ma serviva anche a ridisegnare gerarchie sociali, a graduare il valore delle persone e delle loro attività, a riaffermare un quadro di valori dominanti che dovevano regolare la vita collettiva delle società.
Bibliografia
Economie urbane ed etica economica nell’Italia medievale / R. Greci...et al. – Laterza, 2005
Contadini e proprietari nell’Italia moderna / G. Giorgetti. – Einaudi, 1974
La peste nera / J. Kelly. – Piemme, 2005
La mobilità sociale nel Medioevo / a cura di S. Carocci. – Collection de l’Ecole française de Rome, 2010
Salariati e artigiani nella Parigi medievale / B. Geremek. – Sansoni, 1975
Oltre il tumulto: i lavoratori fiorentini dell’arte della lana fra Tre e Quattrocento / G. Franceschi. – Olschki, 1993
Tra preghiera e rivolta: le folle toscane nel 14 secolo / Ch. M. de la Ronciere. – Jouvence, 1993
I poveri nel Medioevo / M. Mollat. – Laterza, 1993
Visibilmente crudeli / G. Todeschini. – Il mulino, 2009
Come Giuda: la gente comune e i giochi dell’economia all’inizio dell’epoca moderna / G. Todeschini. – Il mulino, 2011
Congedo
Fissare una data finale del Medioevo non è possibile e forse neanche utile. Possiamo dire che alla fine del Quattrocento si moltiplicano i segni di una trasformazione profonda dei quadri territoriali e mentali delle società europee. Le coordinate geografiche si stavano modificando radicalmente con la formazione dell’imponente compagine statale dell’Impero ottomano nel Mediterraneo, l’aprirsi degli spazi europei a est verso i principati della Russia, le nuove rotte intorno all’Africa, l’intensificarsi dei contatti con l’Estremo Oriente, India e Cina. Anche sul piano interno, il mondo culturale e politico europeo fu attraversato da fratture violente dei quadri precedenti: dalle divisioni religiose nate nel paesi nordici dopo lo scisma di Lutero alla rottura con gli schemi culturali passati rivendicata dagli umanisti italiani con il recupero della classicità latina. Si tratta certo di fenomeni complessi che si nutrono tuttavia di materiali già ampiamente presenti nelle società europee del tardo Medioevo.
Su un terreno invece la novità era veramente sorprendente: la scoperta del Nuovo Mondo. Una scoperta che fu compresa, nella sua reale portata storica, solo grazie ad Amerigo Vespucci agli inizi del Cinquecento. Vespucci era uno scienziato, un tecnico della navigazione e della geografia, un vero esploratore che si rese conto, dopo un attento studio delle coordinate dei suoi viaggi, di essere approdato in un continente nuovo, al contrario di Colombo che credeva ancora, dopo quattro viaggi, di essere arrivato in qualche parte dell’India. Vespucci comprese anche che il mondo che aveva scoperto era abitato da un’umanità lontana e totalmente altra da quella europea. Il ritratto che ne fece nella lettera sul Mondo Nuovo disegna una società ancora immersa in un ambiguo “stato di natura”, dove gli uomini potevano vivere senza regole, senza leggi e religione, senza ricerca di lucro, sena desiderio di possesso.
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In più non hanno regole sociali, si nutrono quando vogliono, si uniscono liberamente senza regole matrimoniali.
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Infine non usano denaro e non conoscono proprietà
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Davanti a questo mondo incognito, Vespucci oscilla fra lo stupore per il primitivo (genuino e in molti aspetti positivo) e una più conformista presa di distanza dal “selvaggio”, ma in ogni caso non può fare a meno di notare l’alterità assoluta dei popoli che ha incontrato. Non era certo la prima volta che nei viaggi remoti si scoprivano popoli strani e lontano. Ma era forse la prima volta che si poneva la possibilità di plasmare i nuovi territori e i loro abitanti secondo un modello importato da fuori. L’Europa (in questo caso Spagna e Portogallo) si assunse così il diritto-dovere di costruire una società a sua immagine e somiglianza in una terra nuova abitata da non-uomini non soggetti ad alcuna legge.
Prendiamo questo momento come soglia simbolica di fuoriuscita dal Medioevo: l’Europa che inventa un mondo nuovo. Quali modelli scelse per costruire questo suo alter ego nel continente appena scoperto? Quale immagine esportò di sé stessa per forgiare una società dal nulla?
La prima forma scelta per inquadrare i nuovi territori fu il vassallaggio. I re si dichiararono i signori di tutte le terre conquistate, i proprietari naturali dei diritti sui beni di quei paesi remoti. Esercitavano, dunque, un potere politico basato sul possesso dei beni, che riguardava tutti gli abitanti, anche i conquistatori europei.
Più difficile era la condizione degli indios locali, che in un primo momento furono tenuti isolati e considerati come “privi di anima”. Ben presto però le condizioni si avvicinarono e spagnoli e indigeni furono soggetti alle medesime regole.
A tutti i residenti delle Americhe fu imposto di vivere all’interno di insediamenti accentrati, villaggi e città. La convivenza in comunità doveva favorire una vita ordinata, guidata dalla religione, sottoposta alle leggi e disciplinata dai giudici. La città, come recitano i progetti di popolamento per le Americhe del sud, assicura infatti “una buona amministrazione dei sacramenti e della giustizia e che tutti gli spagnoli vivano in forma di repubblica”. Al di fuori di questi quadri, invece, “ciascuno vive a suo modo sotto il comando delle sue pulsioni” e “senza altra regola che il capriccio e il desiderio”. La paura di “isole sociali” autonome, formate da coloni e nativi, lontane da tutti e allo stato brado animava queste disposizioni dove diritto e morale erano ormai inscindibili, dove giudici e sacerdoti erano entrambi utili alla “repubblica”.
E’ un linguaggio per certi versi modernissimo, che esprime la pretesa d creare una nuova società come un controcanto “civile" alla lettera di Vespucci sulla Natura da disciplinare. Eppure i termini e gli strumenti concettuali di questa opera di creazione avevano una lunga storia che abbiamo più volte ripercorso in questo volume: il vassallaggio come forma di dominio sugli uomini, l’identità di vita religiosa e vita civile, la città come mezzo di incivilimento e di inserimento dei sudditi nello Stato, il possesso come base del potere, la famiglia come schema naturale di riproduzione della società. Un lungo Medioevo che continua e si intreccia in modo inestricabile con la formazione di un mondo che si voleva nuovo.
Cronologia
313 Editto di Milano
324 Fondazione di Costantinopoli
325 Concilio di Nicea
375 Adrianopoli: i Visigoti sconfiggono l’imperatore Valente
380 Editto di Tessalonica
406-407 Crollo del limes romano
410 I visigoti saccheggiano Roma
429 Stanziamento dei Vandali in Africa occidentale
476 Deposizione dell’ultimo imperatore romano d’Occidente
489 Gli Ostrogoti conquistano l’Italia
507 Vouillé: il re franco Clodoveo sconfigge il visigoto Alarico 2
510 Redazione del Pactus legis Salicae nel regno franco
535-553 Guerra greco-gotica
568 Conquista longobarda dell’Italia
622 Egira, fuga di Muhammad a Medina
643 Redazione dell’editto del re longobardo Rotari
661 Uccisione di Alì, quarto califfo: ascesa al potere dei califfi omayydi
717-718 Conquista araba della penisola iberica
751 Ascesa al trono di Pipino 2, primo re carolingio
774 Carlo Magno, re dei Franchi, conquista l’Italia
800 Incoronazione imperiale di Carlo Magno
814 Morte di Carlo Magno
840 Morte dell’imperatore Ludovico il Pio
843 Pace di Verdun tra Lotario, Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico
888 Morte dell’imperatore Carlo il Grosso
909-910 Fondazione dell’Abbazia di Cluny
955 Lechfeld: Ottone 1 sconfigge gli ungari
962 Ottone 1 è incoronato imperatore
987 Morte di Ludovico 5, re di Francia, ascesa al trono di Ugo Capeto
1002 Morte di Ottone 3 imperatore, ascesa al trono di Enrico 2
1030 Primo insediamento di un contingente normanno nell’Italia del sud ad Aversa
1046 Deposizione dei tre papi romani a Sutri da parte dell’imperatore Enrico 3, elezione del papa tedesco Clemente 2
1054 Scisma tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Bisanzio ortodossa
1059 Decreto di Nicola 2 sull’elezione del papa
1059 Giuramento di fedeltà del duca normanno Roberto il Guiscardo al papa Niccolò 2
1066 Battaglia di Hastings e inizio del regno di Guglielmo il conquistatore in Inghilterra
1072 Conquista di Palermo da parte dei Normanni (Ruggero il gran conte)
1074 Elezione di Ildebrando di Soana al pontificato, sotto il nome di Gregorio 7
1075 Concilio di Roma, primo divieto delle investiture degli ecclesiastici da parte dei laici
1076 Concilio di Worms e deposizione di Papa Gregorio 7 da parte dei vescovi fedeli all’Impero
1084 Insediamento di Bruno di Colonia a Chartreuse (certosini)
1086 Redazione del Domesday book sotto Guglielmo 1 re d’Inghilterra
1095 Conferimento a Ruggero d’Altavilla della carica di legato apostolico in Sicilia
1098 Prima comunità fondata da Roberto di Molesme a Citeaux (Cistercensi)
1099 Conquista di Gerusalemme da parte dei cavalieri occidentali, Baldovino di Boulogne incoronato re
1108 Inizio del regno di Luigi 6 in Francia, recupero delle contee ribelli nel dominio
1119 Carta di Carità dei cistercensi approvata dal papa Callisto 2
1122 Concordato di Worms sulle investiture fra papa Callisto 2 ed Enrico 5
1127 Redazione delle Consuetudini dei Certosini
1137 Inizio del regno di luigi 7
1138 Conferma del titolo di re a Ruggero 2 da parte del papa Innocenzo 2
1140 Assise di Ariani del re normanno
1142 Redazione del Catalogo dei baroni del regno normanno
1146 Predicazione di San Bernardo per una nuova crociata in terra santa
1152 Inizio del regno di Federico 1 di Hohenstaufen
1154 Pace dell’Impero proclamata da Federico 1 di Svevia
1154 Enrico 2 dei Plantageneti re d’Inghilterra, duca di Normandia e d’Aquitania
1155 Proclamazione della pace del re di Francia da parte di Luigi 7
1158 Dieta di Roncaglia di Federico 1, definizione dei poteri dell'imperatore e richiesta ai comuni italiani di restituire le regalie (diritti regi)
1162 Assedio di Milano da parte di Federico 1
1167 Primi giuramenti della Lega lombarda stretta fra i comuni lombardi e veneti
1180 Inizio del regno di Filippo Augusto in Francia
1183 Pace di Costanza fra i comuni della Lega e Federico 1
1186 Matrimonio dell'erede all'impero Enrico 6 con Costanza d'Altavilla
1187 Terza spedizione in terra santa
1190 Morte di Federico 1 Barbarossa in Siria
1194 Riccardo cuor di leone re d'Inghilterra
1197 Morte di Enrico 6, il figlio di Federico Ruggero, poi Federico 2, diventa erede
1199 Successione al trono di Giovanni senza terra figlio di Enrico 2
1204 Perdita dei domini plantageneti in Francia: Filippo Augusto re di Francia conquista la Normandia
1209-1210 Viaggio a Roma di Francesco d'Assisi per farsi riconoscere oralmente dal papa la sua forma di vita
1215 Primo riconoscimento dei predicatori di Domenico di Caleruega da parte del vescovo di Tolosa
1216 Onorio 3 riconosce l'ordine dei predicatori; Domenico redige le consuetudini
1212 Battaglia di Las Navas di Tolosa e vittoria del re di Castiglia sull'esercito musulmano
1212 Federico 2 di Svevia eletto re di Germania
1214 Battaglia di Bouvines, vittoria di Filippo Augusto di Francia
1215 Concessione ella Magna Charta ai baroni inglesi
1215 Concilio del Laterano 4 sotto Innocenzo 3
1220 Federico di Svevia unto imperatore da Onorio 3
1220 Costituzioni di Federico contro gli eretici: privilegio ai principi ecclesiastici in Germania
1231 Redazione del Liber Augustalis da parte di Federico 2
1226 Morte di Francesco d’Assisi
1227 Prima scomunica di Federico 2 da parte di Gregorio 9
1231 Federico 2 emana le costituzioni di Melfi o Liber Augustalis
1250 Morte di Federico 2
1273 Elezione di Rodolfo d’Asburgo re dei Romani (imperatore)
1282 Vespri siciliani, rivolta contro il dominio angioino in Sicilia e divisione del regno meridionale: la Sicilia sotto Pietro 3 d’Aragona; Napoli sotto gli Angioini
1296 Primo scontro fra Filippo il Bello di Francia e papa Bonifacio 8 sul contributo fiscale del clero francese
1302 Bolla di Bonifacio 8 Unam sanctam in cui si enunciano i principi della teocrazia papale
1303 Arresto e morte di Bonifacio 8
1307 Prima inchiesta lanciata da Filippo il Bello contro i templari e arresto dei membri dell’ordine di Francia
1309 Trasferimento della sede papale da Roma ad Avignone
1310 Ascesa di Enrico 7 re di Germania in Italia
1313 Morte precoce di Enrico 7 imperatore
1315 Luigi 10 di Francia accorda le carte di libertà alle regioni ribelli, Borgogna, Piccardia e Betagna
1316 Elezione di papa Giovanni 22 ad Avignone e inizio dei processi di stregoneria
1328 Fine dei Capetingi ed elezione di Filippo di Valois in Francia
1337 Edoardo 3 d’Inghilterra rivendica il trono di Francia, inizio della guerra dei cento anni
1340 Edoardo 3 entra a Gand e prende il titolo di re di Francia
1356 Sconfitta dell’esercito francese a Poitiers, il re Giovanni il Buono è fatto prigioniero
1356 Bolla d’Oro, nuova costituzione dell’Impero, e privilegi riconosciuti ai 7 principi elettori
1378 Inizio grande scisma, due papi e due sistemi di fedeltà nei regni europei
1431 Carlo 7 incoronato re di Francia dopo la guerra con i Borgognoni
1431 Concilio di Basilea, si afferma la superiorità del Concilio sul papa
1438 Alberto d’Asburgo eletto re di Germania, inizio del dominio della dinastia d’Asburgo
1440 Federico 3 d’Asburgo succede ad Alberto come re di Germania
1442 Alfonso d’Aragona conquista il regno di Napoli
1453 Fine della guerra dei cento anni
1453 Caduta di Costantinopoli, fine dell’Impero romano d’oriente
1454 Pace di Lodi fra i Visconti e Venezia: inizio della politica dell’equilibrio in Italia
1455 Inizio della guerra delle due rose in Inghilterra
1469 Matrimonio di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, unione personale delle due corone
1492 Caduta dell’ultima enclave musulmana in Spagna, il regno di Granada
1492 Scoperta delle isole caraibiche da parte di Cristoforo Colombo convinto di aver raggiunto le Indie da Occidente
1494 Inizio delle guerre d’Italia
1495 L’imperatore Massimiliano 1 tenta una riforma dell’Impero durante la dieta di Worms
1507 Amerigo Vespucci per primo ha realizzato di aver scoperto un mondo nuovo: il nuovo continente viene chiamato America